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Autore: Everian Every    29/06/2016    0 recensioni
Viaggiamo insieme alla scoperta del passato degli abitanti dell'Ever World, scoprendo la loro storia, ma anche vedendo scorci del futuro di un intero mondo in cui nulla, nemmeno l'eternità, garantisce certezze.
A voi alcune storie spin-off sui miei oc. O almeno. Su alcuni...
Enjoy this :D
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Over Worlds'
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Il primo abbozzo del progetto Nemesi, o progetto MN, come lo chiamavano gli addetti al suo sviluppo, venne preso in considerazione circa dieci anni prima dello scoppio della guerra tra Entes nell'Everyverse. Era solo un'idea, un'ipotesi ancora da rettificare, da rifinire, tutto doveva ancora decidersi e non erano poche le remore, allora. Non che nel tempo fossero diminuiti i reclami di molti dei componenti del gruppo di ricerca, tra cui io spiccavo.
Ma il progetto MN nacque molto prima, nella mente del capo, l'Every originale. Colui che aveva creato quell'universo col fine di rinchiudervi tutto ciò che rappresentava la fine, la morte, la distruzione.
Era un giorno come ogni altro, una mattina soleggiata e fresca di metà marzo, credo. Every passeggiava per i giardini della rocca in cui avevamo stabilito io, lui e i primi sei OthEry, ovvero gli Every creatisi con i viaggi temporali dell'originale. Io lo accompagnavo, come solitamente era mio uso, lungo i viali alberati. E così immersi nel profumo dei peschi chiacchieravamo del più e del meno. Era una delle cose che preferivo, così rilassante e piacevole, camminavamo su e giù per il labirinto di vialetti discorrendo placidamente di qualsiasi cosa ci capitasse in mente, arrivando anche a perdere ore tra i fiori.
Ma quel giorno di metà marzo lo ricorderò per sempre. Eravamo tornati da quasi una settimana Scesi nei giardino cinti dalle mura del grande palazzo d'ossidiana e quarzo bianco e lo trovai seduto su una delle panchine in marmo grezzo al limitare della via principale, sotto un grande albero di pesco. Teneva il volto semi nascosto tra le mani intrecciate e puntava lo sguardo fosco nel vuoto. Lo salutai e lui si riscosse, abbozzando un sorriso inquieto. Avrei voluto chiedergli cosa lo turbasse, ma preferii lasciare che fosse lui ad iniziare il discorso. Ci mettemmo a camminare e a parlare come nostro solito, ma potevo sentire già solo dalla sua voce malinconica e stentata che qualcosa non andava. Dopo un po' ci riducemmo al silenzio, sia per mancanza di argomenti, sia perché Every non aiutava molto nella conversazione, rispondendo per lo più con monosillabi.
Camminammo in silenzio per qualche minuto, finché Every non sollevò il volto al cielo limpido e mi iniziò a parlare di un'idea che gli frullava in testa da qualche giorno a quella parte. Io ascoltai muto, allibito, la sua proposta delirante. Alla fine lo fermai e lo scrollai per le spalle. Gli chiesi che cosa diavolo gli fosse preso, se si rendeva conto della follia che si era inventato, ma lui mi fissò vacuo e mi chiese di rimando se non fossi certo di essere io ad aver perso la testa. Per un po' ci fissammo, nessuno di noi voleva cedere. Alla fine gli dissi di darsi una regolata e me ne andai infuriato. Forse avrei dovuto parlarne agli altri subito, ma invece non aprii bocca, sperando seriamente che Every capisse da solo quale pazzia fosse. Dopo quel giorno, il capo tornò a comportarsi come sempre. Pensai che avesse rinunciato e potei rilassarmi.
Passarono gli anni, la nostra squadra si ingrandì di nuovi membri. I nostri nemici si fecero più potenti, più pericolosi. Iniziarono gli attacchi di Blaso, che aveva preso a farsi chiamare Omino di mai. Fu allora che Every riprese la sua vecchia idea, credo. Iniziò a sparire nel Mondo di mai, dapprima in rari casi, poi sempre più spesso fino ad andarsene almeno un paio d'ore al giorno, a volte stando via per intere settimane. Per circa due mesi andò avanti così, finché una sera non apparve nella mia stanza con l'aria stravolta. Mi pregò di seguirlo senza fare domande e così feci.
Mi condusse nei sotterranei. Erano tre piani interrati che si estendevano ben oltre il perimetro del castello, creando una sorta di città sotterranea che noi usavamo come archivio e magazzino di tutti i trofei di guerra. Al primo piano incontrammo una decina di OthEry. Il team era ormai diventato ben nutrito, contavamo quarantasette membri, oltre all'originale. Nel gruppo trovai Seraphino, Oblian, Igknight e altri tra i più intelligenti della squadra. Li guardai cercando nei loro occhi una risposta al quesito che tutti ci stavamo ponendo: che stavamo facendo lì sotto a quell'ora di notte? Nessuno seppe dirmi più di quanto non sapessi da me.
Every ci ordinò (non chiese, ordinò, fu decisamente categorico) di seguirlo e noi obbedimmo spinti dalla curiosità. Scendemmo al terzo piano interrato fino ad una porta che nessuno di noi aveva mai visto prima. Il capo ci ordinò di tenere segreto quanto stava per mostrarci e noi accettammo. Io inizia a temere quello che avremmo potuto trovare là dietro. Mi fulminò per un istante l'idea che quell'idiota potesse aver davvero messo in pratica la follia che mi aveva spiegato quel giorno di metà marzo di qualche anno prima. Scacciai quel pensiero, ritenendolo fin troppo perfino per Every. Insomma, era sempre stato un po' eccentrico, più di tutti i suoi alter ego, ma non fino a superare il limite della decenza. Risi della mia troppa ansia. Quanto feci male a proseguire oltre quella porta e a non darmi ascolto.
Every aprì la pesante anta di metallo e ci fece scendere una ripida scala che conduceva ad una caverna sotterranea, umida e buia. Giungemmo in uno spiazzo parecchi metri più in basso. Eravamo avvolti dall'oscurità e nemmeno Brybe, con i suoi poteri che gli permettevano di fendere il buio più tetro, riusciva a vedere alcunché. Io ricordo ancora la sensazione orribile che provai immerso in quel buio, una sensazione che avevo avuto modo di sperimentare solo un'altra volta, visitando un piccolo pezzo dell'Abisso della Paura.
Every ci disse di non muoverci fino al suo ritorno e si inoltrò nella coltre impenetrabile che venne smossa come fosse nebbia. Aspettammo un po', sul chi vive. Il pensiero di essere immersi nell'Abisso iniziava a diventare plausibile nella mia mente. Dopo quelle che mi parvero ore, il capo spuntò dalla foschia, rincuorandomi subito. Ma dietro di lui fece la sua apparizione qualcuno che avrei preferito non vedere. L'occhio sinistro segnato dalla quintessenza viola, il destro completamente invaso dall'oscurità. Il volto giovane e affilato, bellissimo e perfetto con quel sorriso sottile e falsamente gentile che sembrava prenderci in giro, erano inconfondibili. Il signor Nero fece capolino da dietro Every, sovrastandolo con la sua longilinea figura nera, sottile e agghiacciante, più nera del nero più profondo. Il capo ci parlò. Ci descrisse il suo progetto, perché ci aveva portati lì, le motivazioni che lo avevano spinto sino a quel punto, tutto. Tutto tranne il dettaglio più importante, ovvero l'obiettivo finale, quello che voleva creare con quell'esperimento. Spiegò per filo e per segno quello che aveva accennato a me anni prima, quel giorno di metà marzo. Io ascoltai con la bocca spalancata. Non volevo crederci. Provai a protestare, anche altri di noi si misero a dar voce a dubbi e a remore. Era un progetto ambizioso e avrebbe di certo portato a qualcosa di incontrollabile e pericolosissimo. Ma Every fu irremovibile. Mai dimenticherò anche quella volta. Quella fu la prima volta che il capo ci attaccò. Quando io e un paio di OthEry cercammo di imboccare la scalinata per tornare in superficie, per dire addio a quell'insania, lui schioccò le dita e Nero ci sbarrò il passo. Aveva dimensioni normali, quasi due metri di altezza, alto, ma non troppo. Eppure sembrava essere più alto di tutto la grotta, sembrava ridurre ad un microbo perfino il pianeta in cui si eravamo stabiliti, racchiudendo quella grandezza in un corpo umano. Sorrideva, ricordo che sorrideva, ma gli occhi erano coperti dalla tesa del cilindro. Un lieve filo di fumo nerastro gli usciva però dal volto nascosto dal cappello.
Ammutoliti, non potemmo far altro che accettare la richiesta di aiuto di Every e ad incamminarci con lui in quello che sembrava sempre di più un pezzo di Abisso trasportato dal Mondo di mai alla Realtà. Arrivammo ad un edificio sospeso in quell'oscurità innaturale, scortati da Nero. Le pareti erano di pietra e la sola entrata era sbarrata da una porta in acciaio. Every la aprì ed entrammo.
Dentro trovammo il frutto della paranoia del capo.
Il progetto Nemesi.
Si trattava di una macchina che convogliava l'Abisso dentro un altro oggetto reale. L'Abisso, infatti, era una parte di Nero, un essere vivente a metà tra l'esistenza e la non esistenza. Al suo interno, perfino gli oggetti inanimati provavano paura, una paura così grande da smettere di esistere nel giro di qualche anno di atroci torture psicologiche. L'Abisso si nutriva di ogni cosa venisse portata al suo interno e solo la protezione di Nero che lo teneva a bada come un cagnolino permetteva di resistere alla sua forza consumatrice. Immettere un minuscolo frammento di Abisso in qualcosa avrebbe significato distruggere quella cosa.
Nella struttura squadrata, tuttavia, trovammo un laboratorio con, al centro, una stanzetta dalle pareti di vetro spesso trenta centimetri, senza accessi. All'interno della colonna di vetro stava un lettino con legacci in metallo per tenere ferme braccia e gambe di un'eventuale cavia. Quattro arti robotici pendevano dal soffitto, manovrabili dall'esterno per procedere con gli esperimenti. Every ci disse che grazie ad un accordo con Nero, aveva trovato il modo di incanalare l'Abisso dentro un essere vivente. Ricordo bene che io impallidii. Oblian, il più restio tra di noi a collaborare a quell'abominio, gridò il suo dissenso, ricevendo solo uno sguardo spento da parte del capo. Ci ripeté perché lo stava facendo.
Per proteggerci.
A nulla valsero le nostre proteste. Alla fine, ci obbligò a promettere che avremmo mantenuto il segreto, facendoci contrassegnare da un sigillo da Nero, che ci impresse la runa con cui saremmo stati obbligati a mantenere l'accordo ad ogni costo sulla spalla destra. Io lo ottenni sulla sinitra, visto che avevo perso il braccio destro da tempo.
I giorni seguenti furono tra i più difficili della mia vita. Il giorno conducevamo una vita tesa, tra missioni e un segreto che ci dilaniava, di notte dovevamo scendere là sotto ed ultimare i preparativi al laboratorio in vista dell'immissione della cavia sotto le macchine. La paura più grande era non sapere chi di noi sarebbe stato vittima dell'esperimento.
Alla fine, dopo quasi tre settimane di duro lavoro, riuscimmo a raggiungere il risultato tanto ambito da Every. Una notte scendemmo la scalinata più abbattuti che mai e arrivammo all'edificio grigio. Una volta entrati, rimanemmo di sasso. Ricordo ancora la sensazione di disgusto che mi accompagnò durante tutto l'esperimento. Alla macchina era attaccata una bambina. Cristo santo, una bambina! Ancora non ci credo che abbiamo fatto questo ad un essere così innocente.
La ragazzina era addormentata e Nero stava accanto a lei e al tempo stesso fuori dalla gabbia di vetro, per sorvegliare noi. Every non c'era, forse non aveva il coraggio di assistere alla creazione di quella... cosa. Sotto comando del demone, avviammo il procedimento. I bracci meccanici scesero dal soffitto e fecero spuntare aghi sottili dai palmi, conficcandoli due nel cuore e due negli occhi della creaturina. Nero le prese delicatamente la testa tra le mani e le impedì di svegliarsi. Lei si agitò appena, ma al contatto coi guanti bianchi dell'Ens si chetò. La sostanza viola scuro dell'Abisso scese nei bracci meccanici e da lì venne iniettata nel corpo della bimba finché non fu letteralmente strabordante. Dai punti in cui gli aghi avevano iniettato la sostanza nel suo gracile corpo fuoriuscì qualche goccia che le rigò le guancie pallidissime come delle lacrime.
Aspettammo qualche istante, chi con la testa china, troppo carico di vergogna per quello che avevano fatto per sostenere la vista di quello scempio. Non ci volle molto perché fosse più chiaro quanto avessimo sbagliato quella sera. Improvvisamente, il corpo della ragazzina esplose e una nube grigia scurissima invase la colonna di vetro, nascondendo il Nero al suo interno dalla vista. Mi avvicinai incuriosito alla struttura, ma mi ritrassi subito quando vidi due lumi arancioni molto sfocati fissarmi nella nebbia e quella che poteva essere una mano altrettanto sfocata e grigia battere sul vetro. Presi dal panico, attivammo il sistema di sicurezza e la gabbia di vetro fu avvolta da una recinzione di acciaio. Uscimmo di corsa, mentre l'autodistruzione iniziava il conto alla rovescia. Nero era sparito, anche se ricordo benissimo che la sua risata ci accompagnò durante tutta la fuga.
Corremmo su per la scalinata e ci chiudemmo in fretta la porta blindata alle spalle.
Quando ci voltammo, sono sicuro, tutti sentimmo un tuffo al cuore. Davanti a noi stava Nero con in braccio la bimba, illesa e addormentata, intento a cullarla e a sussurrarle con voce melodiosa una dolce ninna nanna. Ci fissò e ci sorrise con espressione di scherno. Lasciò la bimba in una culla apparsa dal nulla e svanì, facendo aleggiare nell'aria solo la frase: "Questo è ora un problema vostro..."
Dopo un po' ci decidemmo a prendere la bimba e a portarla con noi. Vinta la paura, la portammo nel palazzo. In fondo era solo una bambina.
I giorni seguenti furono addirittura sereni, se così si può dire. La piccola era felice di stare con noi, giocava con Sibillian, il più giovane OthEry. Pareva normale. Every non si faceva ancora vivo, però. Nessuno sapeva dove fosse. Per un po' tutto si svolse nella più assoluta normalità. La ragazzina sembrava solo affetta da una grande paura di quasi tutto ciò che vedeva. Si metteva a piangere solo nel guardare la sua ombra e ci volle molta fatica per farla abituare a tutti gli OthEry.
Un giorno Every tornò. Senza nemmeno darci il tempo di parlargli, prese con sé la piccola e la portò nel suo studio. Non uscirono per ore e Nero fece la guardia affinché nessuno entrasse a disturbarli. Maledetto spaventapasseri, verrà il giorno in cui riuscirò a fartela pagare...
Al termine della giornata, Every uscì dalla stanza, ma della ragazzina non c'era traccia.
Nessuno chiese niente, visto che appena io avevo provato a fiatare, Nero mi aveva quasi spezzato una spalla solo poggiandovi sopra un dito.
Ci dimenticammo di tutta la faccenda per un po', fino a quando non si presentò un nemico davvero terribile. Non ricordo il suo nome, ma era davvero devastante. Fu allora che Every mise in pratica il progetto Nemesi.
Durante lo scontro lanciò una sfera metallica che riconobbi subito: era un portale meccanico automatico pre impostato per collegare il luogo in cui veniva usato con uno già stabilito. Il portale si spalancò e ne uscì la ragazzina, timidamente.
Quello che accadde dopo fu... agghiacciante. La piccola fu travolta e massacrata dalla creatura, venne fatta a pezzi senza pietà. Quando ebbe finito, il mostro si pulì le fauci imbrattate di sangue e si avvicinò a noi, lasciandosi alle spalle il cadavere. Ma a quel punto iniziò il pandemonio. La voce infantile della piccola, che non avevo potuto udire fino a quel giorno, parlò, sollevandosi come un fil di fumo dal corpo maciullato. Chiese: "Signore, lei ha paura di questo brutto mostro?" col tono tipico dei bambini curiosi.
Every ci gridò di chiudere gli occhi e di stenderci a terra. Tutti ubbidimmo. Ricordo solo le urla strazianti della creatura. Quando riaprimmo gli occhi, il mostro era sparito, completamente volatilizzato. La ragazzina, illesa, ci fissava sorridendo e ondeggiando nel suo bel vestitino bianco.
 
I giorni seguenti, io e gli altri che avevamo partecipato alla creazione del Progetto Nemesi fummo convocati da Every. Ci spiegò che la ragazzina era diventata la loro nuova arma finale.
Ci spiegò finalmente tutti i dettagli del progetto MK.
Il progetto MK, o progetto Nemesi, prevedeva la creazione di qualcosa che funzionasse come "cura" ad ogni possibile "malattia". In sostanza, si trattava di creare qualcosa che potesse sconfiggere qualsiasi minaccia. Il ragionamento di Every prendeva in considerazione l'aumento esponenziale di poteri dei loro nemici. Secondo lui, era necessario costruire un'arma che potesse sconfiggere qualsiasi nemico, a prescindere dalla sua forza.
E quello era il risultato raggiunto.
Congiungendo l'energia dei Superiori donata da Nero alla materia dell'Abisso, avevano creato qualcosa di indistruttibile e immortale, ovvero la ragazzina. Ma i suoi poteri non si limitavano a questo. Essendo pervasa dall'Abisso, poteva controllare le proprie emozioni e decidere di cosa avere paura e in che misura. Ma la sua forza risiedeva nell'ultima sua capacità: qualsiasi cosa incontrasse sulla sua strada, se quella cosa (animata o meno che fosse) faceva paura ad almeno una creatura esistente in tutta la Realtà, allora la piccola acquisiva automaticamente tutti i poteri e le capacità necessarie ad eliminare quella cosa al cento per cento, senza possibilità di sopravvivenza per la vittima. Per questo si chiamava Nemesi, perché rappresentava il nemico invincibile di tutto. Era in grado di sconfiggere tutto ciò che esistesse, perché le bastava decidere di aver paura di qualcosa per distruggerlo.
Ben presto, divenne incontrollabile. Dopo lo scoppio della guerra degli Entes, si rivoltò contro di noi, c'è chi dice controllata da un OthEry, addirittura. Ci massacrò tutti finché, con l'aiuto di un ragazzo adepto di Nero, non riuscimmo a rinchiuderla in una foresta su un pianeta abitato da equini colorati. Ma so che è riuscita a liberarsi.
Quella creatura... quell'arma spietata... si considera come il lato oscuro di Every, perché è nata proprio dalla paranoia del nostro originale, e ci odia per quello in cui l'abbiamo trasformata. E come darle torto del resto? Il problema è che lei può letteralmente sconfiggere chiunque, indipendentemente da chi esso sia. Solo gli Entes non sono influenzati dalla sua capacità, ma questo è ovvio... Loro non esistono.
Ora si fa chiamare ME. Non so per cosa stia. Forse Monster Enemy, similmente a MK, che significava Monster Killer. Ma penso che nessuno lo saprà mai.
Bisogna trovarla, sigillarla di nuovo. Se cadesse nelle mani sbagliate... Sarebbe la fine. Un potere così grande e irripetibile potrebbe causare la fine di tutto ciò che esite.
 
Murano "Murmure" Every;
Progetto Nemesi;
 
Angolo di ME:
Io pensavo a "Mieti Every". Suona bene, no?
Aaanyway.
:3
Eddai, non ho delle belle origini, pure io? E poi... in fin dei conti, non so nemmeno perché odio tanto Every. Insomma, mi ha tramutata in un essere praticamente invincibile, dovrei essergli grata, no? No, perché ucciderlo mi piace più come alternativa, piuttosto che farmelo amico.
Spero di rivedervi, bocconcini...
Attenti a chi fate paura. Potrebbe chiamare me...
   
 
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