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Autore: herr    29/06/2016    1 recensioni
Hilda è una giovane giornalista di Castelia che rischia di perdere il lavoro quando comincia ad instaurare un rapporto di scambio con un misterioso individuo di nome N. Grazie a lui, Hilda riuscirà a brillare nel mondo del giornalismo, ma comincerà a capire che per mantenere il gioco — e l’attrazione — di N dovrà rinunciare a ciò che le è più caro, mentre Castelia si farà sempre più pericolosa ai suoi occhi.
{ ferriswheel ; Hilda centric ; introspettivo qb ; pain and suffering }
COMPLETATA, FOR FUCK'S SAKE


« Non erano questi i patti »
« Quali erano, i patti? »
« Mi hai ingannato »
« L’ho fatto? Ti ho dato quello che volevi, Hilda. Non hai mai voluto il tuo lavoro, quello che volevi era un senso alla vita spenta che conducevi, ed eccomi qua. Questi erano i patti »
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellocchio/Looker, N, Nuovo personaggio, Team Plasma, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cards - Hilda Baskerville's story '
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PREVIOUSLY ON CARDS N, dopo aver saputo da Zinzolin che deve interrompere la sua relazione con Hilda, fa visita alla giovane a Nimbasa e trascorrono la sera alla ruota panoramica della città. Ad Opelucid, Shauntal accetta che Iris venga nominata come Campionessa, ed in seguito a ciò la sua auto, con lei all'interno, viene fatta esplodere in aria. Nel frattempo Julie torna a Castelia, come suggerito dalla lettera anonima, ed in un ospedale una ragazza si risveglia da un coma: è Natalie, ed è viva.
 
flashback — Castello di N e del Team Plasma — 21/05/11
Un grosso masso di cemento si staccò dal soffitto e crollò rovinosamente sul pavimento, a poche spanne dagli occhi dell’uomo. La terra tremava, scuoteva le fondamenta del palazzo e ruggiva, rimbombando minacciosa nelle sale del Castello: un rumore che più di qualsiasi altro gettava nel terrore Ghetsis. Il suo impero stava crollando sotto i suoi piedi. 
Si trascinò al trono, e vi si accasciò.
« Cosa sta succedendo, N! » urlò una voce, emergendo nel fracasso del crollo. Apparteneva ad un ragazzo che, perso fra i corridoi dell’edificio, correva guidato dalla poca e fioca luce che raggiungeva le tenebre nelle quali vagava.
« Hilbert! Sono qua! » rispose un’altra voce, anch’essa ricercando il suo interlocutore. Era stavolta N a parlare, pregando in cuor suo di raggiungere l’amico sano e salvo. Continuò a correre, aggrappato al ricordo della voce dell’amato che riecheggiava come un flebile ricordo nella sua mente. 
« Dove sei, Hilbert! » gridò « segui la mia voce! »
Si infilò in un corridoio più stretto, scavalcò una colonna che era crollata sul pavimento e raggiunse una sala esterna, per la metà affondata nel terreno: era lì, agonizzante, Hilbert, costretto a terra da un mobile cadutogli sopra. La stretta al cuore che provava poco prima si allentò.
« Hilbert, stai bene? » esclamò, adoperandosi per rimuovere l’ostacolo « pensavo di averti perso quando non ho più sentito la tua voce »
« Anche io, N… » una lacrima solcò il suo volto « non lasciarmi più, promettimelo »
Un sorriso illuminò il viso del ragazzo. « Te lo prometto, Hil. Ora alzati, abbiamo una lunga strada da fare »
Hilbert afferrò il braccio di N e rialzatosi lo seguì attraverso il complicato labirinto di stanze e corridoi che li separavano dall’uscita. Il boato del terremoto vibrava nelle pareti ed ogni cosa, dai quadri alla mobilia pregiata, finiva in macerie sul pavimento. 
Proseguirono nel loro percorso sino a quando non si ritrovarono in un’ampia sala, adiacente alla scalinata d’accesso al palazzo, dove si fermarono ad osservare lo spettacolo che si proponeva ai loro occhi: i Sei Saggi erano stati sconfitti e, stremati, riposavano a terra. Un mugolio di respiri saturava l’aria, brevi ed affannati.
« Cos’è successo? » ansimò N « dov’è Ghetsis? »
Un saggio, Ryoku, volse lo sguardo verso il ragazzo e tentò di parlare.
« I Capipalestra ci hanno sconfitto, N »
« E Ghetsis? Dov’è Ghetsis? »
« È rimasto intrappolato nella sala del trono » s’intromise Zinzolin « il crollo del soffitto ha chiuso l’entrata »
Un’espressione di terrore si dipinse sul volto di N. Ricercò lo sguardo degli altri saggi, sperava che fossero allarmati per la situazione nella quale versava il loro Re, ma ottenne che un freddo e disinteressato responso. 
« Morirà! » 
Zinzolin parlò ancora, fissando intensamente gli occhi del ragazzo. « Lasci andare me a salvarlo »
« Pensi di farcela? »
Asserì col capo, rimettendosi in piedi.
« Qualsiasi cosa per il mio Re » tuonò, il suo volto illuminato ed i suoi occhi che scintillavano « ma andate, voi, non è sicuro rimanere qua »
A seguito delle sue parole, il gruppo si sciolse. Zinzolin imboccò un corridoio del palazzo, mentre N guidava il resto dei saggi fuori dall’edificio. 
Come si addentrava nelle stanze più interne, lo scenario della distruzione aggrediva ogni suo senso. Il fragore dell’esplosione rimbombava nelle sue orecchie, poteva immaginarsi dalla potenza del suono le mura della struttura accartocciarsi e cedere, affondando nella ghiaia. L’odore della terra e della sabbia alzati del crollo raggiungeva le sue narici e lo infastidiva, ma non era certamente quello il suo problema maggiore. Di fronte ai suoi occhi una scia di macerie ostruiva il raggiungimento della sala del trono. 
A detta del suo orologio passò mezz’ora prima che potesse raggiungere il suo Re, scavalcando od ostacolando ogni ostacolo a cui veniva incontro, e quando alzò gli occhi dalle lancette l’immagine che lo aspettava era spettacolare a dir poco. Una voragine si apriva sotto i loro piedi, unica ancora di salvezza era la passerella che congiungeva il trono dall’entrata per quella ventina di metri che distavano. Le travi che reggevano il soffitto erano crollate e ricoprivano la scalinata al seggio, assieme a blocchi di pietra e mattoni. Ai lati, le mura erano squarciate e ampie fasce di luce illuminavano l’ambiente e la polvere alzatasi. 
Ghetsis sedeva al trono, senza palesare alcun movimento o dare segni di vita. Nonostante, ciò, un’aura di luce quasi etera lo illuminava.
« Mio Re, sono arrivato! » esclamò Zinzolin accorrendo all’anziano, ed alzò le braccia al cielo in segno di sollievo « quanto mi sono penato nel cercarla, mio Re »
Gli prese una mano e sorrise al suo volto, sussurrando nelle sue orecchie un saluto.
« Zinzolin… cosa fai qua? » farfugliò, mentre le sue palpebre faticavano ad aprirsi. Le scoprì, e ciò che si presentava ai suoi occhi era quanto di più possibile pauroso. 
« Che fine… » 
Fece un profondo respiro, deglutì e riprese a parlare. « Che fine hanno fatto gli altri? »
« N li sta portando in salvo, mio Re »
« E cosa ci fai qua? Dovresti essere con mio figlio a salvarti, non al mio cospetto »
« Dovevo salvarla, mio Re! Non avrei mai potuto lasciarla a morire »
« A muovere le tue azioni non è la compassione né la benevolenza, Zinzolin » continuò Ghetsis, ritraendo la mano dalle grinfie del saggio « non mi fiderò del veleno della tua lingua »
« È la verità, mio signore… Dobbiamo scappare »
« Il mio destino è stato già decretato, mettiti in salvo finché sei in tempo »
Il saggio fece un passo indietro, portando lo sguardo alla distruzione che lo aspettava alle spalle. Il suo corpo tremava all’idea di dover attraversare una seconda volta quell’inferno, ma nessun tipo di aiuto pareva venir in suo soccorso al momento. Per una frazione di secondo, il silenzio aveva seguito al clangore del terremoto e l’unico suono udibile erano i respiri affannosi dei due.
« Perché sei giunto fin qui, Zinzolin? »
La voce roca e stremata del Re saturò l’aria. Poteva udire nella sua voce strascichi di vita, un ricordo flebile che da lì a poco sarebbe cessato. Non sarebbe sopravvissuto alla giornata.
« Io… »
Chinò il capo sulle mani, sporche di sabbia e di sudore. « Io… »
Alzò lo sguardo, lo fece scivolare lungo il pavimento e l’immagine di Ghetsis, i cui occhi serrati non poterono ricambiare, e come per la prima volta le sue pupille esitarono sul maestoso arazzo che scendeva dal soffitto sino alle spalle del Re. A quanto pareva, il terremoto non aveva intaccato l’integrità dell’intreccio.
Rappresentata sulla stoffa era l’immagine di un’incoronazione.
« Dov’è… dov’è la corona? »
 « … la corona? » 
« La corona degli Harmonia, la corona che indossava al momento dell’ascesa di Reshiram e Zekrom… » continuò, perso nei pensieri, perlustrando con lo sguardo il terreno adiacente a lui « dev’essere qui, dev’essere qui da qualche parte! »
Un sorriso piegò le labbra di Ghetsis.
« Sei sempre stato un essere infimo ed inutile, Zinzolin » rise sommessamente, mentre osservava il saggio andare alla ricerca dell’oggetto.
« Dov’è, Ghetsis? Dov’è la corona?! »
« Nonostante quello che la tua piccola mente possa pensare, avere la corona non ti farà Re »
Le sue parole riecheggiarono buie e minacciose nella mente di Zinzolin. Avere la corona non ti farà ReAvere la corona non ti farà Re.
« ZITTO! » urlò, avventandosi sul corpo di Ghetsis « te lo chiedo per l’ultima volta. Dov’è la corona? »
Ghetsis rise, e si abbandonò allo schienale del trono, chiudendo placidamente gli occhi. Lo riconobbe, da lui non avrebbe avuto mai una risposta.
Si guardò attorno, tastò il terreno ricercando un oggetto acuminato che trovò in una scheggia di vetro colorato appartenente ad una finestra. Lo strinse nel pugno, affondando la pelle sulla lama, ed una scossa di dolore si riflesse nella sua mano.
« Avere la corona non mi farà Re… » sussurrò, lanciando un’occhiata avida a Ghetsis « ma uccidere il Re sì »
Si lanciò nuovamente su di lui, alzando il frammento vitreo in aria, per poi scagliarlo sul petto dell’uomo, che esalò. Un verso di dolore, un suono dolce melodioso alle orecchie del saggio.
« Finché non sei ancora morto posso ancora farti provare dolore, Ghetsis »
« Pensi… » cercò nella sua gola quanto più fiato poté, ma ogni sua parola rimbombava nella stanza come un respiro affannato « pensi che basti questo… »
Il suo respiro si fece più sottile, il corpo scivolò dal trono come privato di energia e gli occhi si spensero. Ghetsis cadde sulla scalinata, il petto rivolto al cielo, e Zinzolin lo calciò indietro. Diede un ulteriore calcio, ed un altro ancora, avvicinandosi considerevolmente al ciglio della voragine. Guardò sotto, nel buio, e spinse la carcassa del Re all’interno, lasciandolo in balia della gravità. 
 
Chapter X
The Blind Beholder


 
presente — Opelucid City — 26/10/11
Il rumore emesso dalle sirene saturava l’aria.
« In che relazione era con la vittima? »
Looker rivolse uno sguardo alla equipe di agenti che perlustrava il soggiorno. A giudicare dalla scena che si presentava ai suoi occhi, pareva che un uragano avesse attraversato la città di Opelucid. 
« Lavorativa… lavorativa, direi. È stata lei a contattarmi, aveva intenzione di parlarmi riguardo una situazione alla Lega »
« E cosa le ha detto? »
Continuò a guardarsi attorno, alla ricerca di qualche particolare che potesse rivelare la presenza di informazioni. Non dava reale attenzione all’uomo con cui stava parlando.
« Cosa le ha detto la vittima? »
Rivolse un’occhiata spaesata all’altro. « Uh? Oh, nulla di che » avanzò, prendendo in mano una lampada « potrei dare uno sguardo alla stanza? »
« No »
Un sorriso illuminò il suo volto. « Molto bene, allora… » la sua attenzione fu catturata da un ragazzo intento a sistemare i reperti in un poco professionale mucchio « allora… ma c’è Fritz! »
« Come scusi? »
« Mi lasci un attimo salutare un mio caro amico, e sarò fuori in men che non si dica! »
L’uomo rimase interdetto come osservava Looker attraversare la stanza ed allontanarsi.
« Fritz! Fritz! » esordì, rivolgendosi ad un ragazzo in camice bianco « che bello incontrarti! Non pensavo ti trovassi qua! »
« Mi scusi? »
« Sono Looker! Non ti ricordi di me? »
Fece scivolare l’occhio sulla cima di reperti che giaceva alla destra del ragazzo « Il tempo è stato certamente clemente con te! »
« Non capisco—
« Non preoccuparti, va tutto bene » continuò, cingendogli il busto « e oh, c’era un tizio che ti stava cercando »
« Come? Chi era? »
« Quello là » fece, indicando l’uomo con il quale aveva parlato poco prima « sembrava arrabbiato »
« Cos—» il ragazzo si liberò dalla stretta di Looker e corse in direzione del suo capo, lasciando l’investigatore a curiosare fra ciò che avevano raccolto nella serata.
« Grazie Fritz, ti offrirò un caffè se ci rivediamo » borbottò a sé stesso, come si era chinato ad osservare il bottino. Un ragazzino in un negozio di caramelle.
Alzò la pila, dissotterrando ciò che si trovava più in basso: erano perlopiù scartoffie e ritagli di giornale, contenti informazioni sulla Lega e sul Team Plasma. Scostò anch’essi e vagliò in profondità, sino a quando trovò un plico di fogli sul quale faceva capolino un post-it.
“Mostrare a Looker”.
« Ehi, cosa stai facendo? »
Un brivido corse lungo la schiena dell’uomo. L’avevano scoperto. A quanto pareva, il suo scherzo non era durato abbastanza.
Prese la busta in mano e la nascose dentro la giacca, riponendo come meglio riuscì il mucchio di prove.
« Io? Me ne sto andando! » esclamò, gettandosi verso una parete « è stato un piacere ritrovarti, Fritz! » 
Il buio calò nella stanza come egli premete l’interruttore collegato alla lampada. Un brusio si liberò nell’aria, voci confuse ed indistinte che andavano alla sua ricerca.
Seguì la sensazione di freddo che lo pervadeva, una corrente d’aria che lo avrebbe portato alla terrazza dell’appartamento, e come ne fu uscito all’esterno le luci della città lo guidarono. 
« Staraptor, esci! » gridò, e la sua Pokeball scintillò nel cielo notturno « si va a Castelia »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
Un’altra giornata si apprestava a cominciare a Castelia, come i raggi del sole lentamente s’insinuavano fra gli scintillanti grattacieli della metropoli e la tiepida brezza che spirava da sud spazzava via i ricordi della sera precedente. I primi rumori del traffico si fecero strada nella mente di Hilda, in procinto di tornare dall’aeroporto, e l’odore dello smog misto all’alcol a cui era stata abituata la accolse a casa. In confronto all’immagine di lusso e svago che ricordava di Nimbasa, la fatiscente strada di città nella cui viveva si tinse di tonalità ancor più grigie e smorte. Fece un grosso respiro, dopodiché entrò nella palazzina.
Le richiese un grande sforzo trascinarsi dietro per i cinque piani di scale il bagaglio a ruote, ma finalmente dopo quello che considerò un interminabile quarto d’ora giunse alla meta. A insospettirla della presenza di qualcuno fu una sottile lama di luce, proveniente dalla porta del suo appartamento, che tagliava il pavimento del pianerottolo. Diede un’occhiata più vicina alla porta, come estraeva le chiavi, e vide i suoi dubbi confermati. La porta era semichiusa, ed un rumore indistinto di passi proveniva dal suo interno.
Spinse lentamente la maniglia, sporgendo il capo, ma nulla di strano si mostrò ai suoi occhi.
« Entra pure, Hilda » esordì una voce, roca e fredda « mi vorrai scusare se ho provveduto a farmi comodo nel tuo piccolo “angolo di paradiso” »
A tradire la segretezza dell’individuo fu il tono, e le sfumature che vi lesse all’interno. Un timbro che come poche cose al mondo la ripugnava e la repelleva.
« Chi ti ha fatto entrare? » ringhiò « o forse hai scassinato la serratura? Non ti si addice l’immagine di ladro »
Il saggio sorrise. « Oh no, nulla di tutto ciò, Hilda »
« E allora come fai ad esser qua? » esclamò esasperata « non sei certamente un fantasma »
« Una cosa alla volta, non credi? Tutto ti sarà più chiaro a fine discorso »
Indicò alla ragazza di accomodarsi al tavolo, mentre il fischio di una teiera saturava l’aria. « Oh, il the è pronto! Gradisci dello zucchero? »
Scosse il capo.
« Molto bene, allora lo prenderò solo per me »
Si avvicinò ai fornelli ed afferrò la maniglia del bollitore, coperta la mano da un panno umido, per poi portarla a tavola. Nell’altra mano reggeva due tazze capienti, una delle quali diede a Hilda assieme ad un filtro. 
« Dicevo » continuò, versando acqua calda nei due recipienti « sono giunto sin qui per comunicarle delle notizie molto importanti. Prima di tutto, sono venuto a conoscenza del suo licenziamento e ne sono molto rattristito, ma non se ne deve preoccupare, ho già provveduto! »
La giornalista si mostrò confusa e cercò lo sguardo dell’uomo, intento a mescolare il filtro nell’acqua. Notò come fosse spaesata, e le sorrise in ritorno.
« Ho comprato una piccola tipografia in centro città, e l’ho chiamata in tuo nome. Grazie alle “Tipografie Baskerville” potrai così continuare a pubblicare gli articoli che ti chiederò ed a diffondere la mia parola »
Doveva ammetterlo, era impressionata. Non credeva di trovarsi di fronte ad un individuo così potente ed influente, ed in cuor suo tanta era l’impressione quanto la paura. Fino a quanto si sarebbe spinto per ottenere ciò che voleva?, si chiese. Ricordò i suoi incontri passati, ed un agghiacciante disegno si dipinse nella sua mente.
« Non dici nulla? »
« Sono… » stette a ragionare una risposta, tagliando fuori le sue impressioni a riguardo, e riprese a parlare « come farai a sapere che non divulgherò altre informazioni? Che potrebbero metterti in cattiva luce? »
« Lo farai, Hilda? » un sorriso curvò le sue labbra « correrai un rischio così grande? »
Abbassò lo sguardo, fissando il suo riflesso nello specchio d’acqua della sua tazza. Vide riflettersi una ragazza insicura, infima alle questioni le quali si trovava ad affrontare ed attraversata da una tempesta di dubbi e domande. Messa alle strette, non era altro che una ragazzina.
« Come mi obbligherai a farlo, ora? Ho perso il lavoro, non hai più nessun tipo di influenza su di me »
« Che uomo pensi che io sia, Hilda? Ho pensato a tutto » 
Prese fuori un documento di proprietà e lo porse alla ragazza, che si era mostrata incuriosita da esso. Come i suoi occhi scorrevano lungo le parole, cominciò a capire la ragione dietro quell’incontro e dietro tutte le azioni dell’uomo. Aveva influenza, aveva voce in capitolo, la possedeva.
« Esatto, Hilda. Ho comprato l’edificio dove abiti, e ciò include il tuo appartamento. D’ora in poi risponderai a me per l’affitto »
Le sue mani accennarono un cedimento. Presero a tremare, e delle rade lacrime bagnarono i suoi occhi. « Perché? » singhiozzò, « perché mi stai facendo questo? »
« Potrei dirtelo »
Sbatté la tazza sul tavolo, ed un rumore metallico vibrò nell’aria. Il riflesso di Hilda nel the si fece confuso e si perse in piccole onde concentriche.
Zinzolin si alzò, allontanandosi in direzione della porta.
« Potrei dirtelo, sai, ma che divertimento avrebbe? »
Hilda era concentrata a leggere il documento, ancora ed ancora, persa in un connubio di emozioni contrastanti fra loro, così che le sue parole si persero nel vuoto nell’aria.
« È il dubbio che muove l’uomo. Senza le lacune che abbiamo, non esisterebbe la scienza. Senza il motivo di tutto questo, il gioco è molto più divertente »
Afferrò la maniglia della porta, e la avvicinò a sé. 
« Avrai mie notizie, Hilda » sussurrò varcando la soglia « arrivederci »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
9:36 AM
client — N
Possiamo vederci?

Stette a guardare il riflesso che il suo viso produceva sulla superficie laccata del legno. 
Nessuna risposta sembrava voler arrivare.
9:38 AM
client — N
Possiamo vederci? È urgente

Il riflesso non mutava. La stessa Hilda.
9:45 AM
client — N
Dove cazzo sei, rispondimi

 
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presente — Castelia City, testata giornalistica del Castle — 27/10/11
A giudicare dall’indirizzo contenuto nella lettera, constatò che si trovasse al posto giusto.
Diede un’altra occhiata al pezzo di carta, solcato da sottili linee di piegatura, e lo stropicciò nelle sue mani, riponendolo in tasca. Come alzò lo sguardo, ciò che vedeva era la hall di un grattacielo ricolma di persone che andavano e venivano dagli affollati ascensori. 
Con il nome Hilda marchiato a fuoco nella sua mente, andò nella loro direzione.
« Mi scusi signorina, dove pensa di andare? »
« Io? » 
Rivolse un caldo sorriso all’uomo dall’altra parte del bancone. « Stavo prendendo un’ascensore »
« Com’è che non l’ho mai vista? »
« Io… ahem… » si guardò attorno, ricercando un aiuto dalle persone che di secondo in secondo passavano « in realtà stavo cercando una certa Hilda »
L’altro la fissò basito. « Lavorava qua? »
« … sì? »
« Mi dispiace signora, ma non penso di pot—
« Hilda Baskerville? »
Una terza voce si unì alla discussione. 
« Non è un così comune nome, Hilda » ridacchiò la voce, catturando l’attenzione di Julie e dell’uomo.
Julie si girò e cercò chi fosse ad aver parlato.
« Penso che sia lei… con chi sto parlando? »
« Francis Wiseman » sorrise lui, stringendole la mano « sono il suo ex capo »
« Oh, che bel— perché ex? »
Frank rise, facendole segno di allontanarsi da quella zona, e continuarono a parlare usciti dall’edificio. 
« L’ho licenziata qualche giorno fa »
« Mi… mi dispiace…. »
« Non si dispiaccia, se l’è meritato » continuò lui, figurandosi nella mente l’irritante espressione di gioia sul volto della castana « piuttosto, perché la stava cercando? »
« Avevo una questione in sospeso con lei… sa dove posso trovarla? »
« Certamente » esclamò « dovrei avere il suo indirizzo da qualche parte »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
12:03 AM
client — N
Possiamo incontrarci?

2:52 PM
client — N
Incontriamoci

4:23 PM
client — N
Ti prego, leggi uno dei messaggi

Una brezza autunnale spirava nelle strade di Castelia, proveniente dal mare. 
Correva fra i capelli della castana e li muoveva, scuoteva i rami degli alberi del viale ed alzava la polvere nei suoi occhi. Nuvole di smog si alzavano dalle macchine, svettanti attraverso lo snodo stradale.
Hilda lanciò un’occhiata allo schermo del telefonino, ma nessuna risposta baluginava sullo schermo.
Sapeva cosa avrebbe fatto.
Aprì il cellulare e cercò il numero di N, cliccandovi sopra. Vi cliccò un’altra volta, venendo indirizzata ad una chiamata.
« Pronto? »
« Pronto, EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, sono Martina, come posso aiutarla? »
« Buongiorno Martina! » esclamò entusiasta, fissando  la strada ed il via vai di automobili di fronte a lei « volevo chiederle un favore »
« Ha intenzione di iniziare un’offerta con la EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza? »
« Ancora meglio » sorrise lei « ho intenzione di uccidermi »
« Come scusi? »
Hilda si avvicinò al ciglio della strada, osservando una vettura scintillante di rosso sfrecciarle davanti.
« Ho intenzione di farmi investire da una macchina »
« Non capisco, signora »
« Ha visto che bel sole che c’è? È un bel giorno per morire »
Fece un passo avanti. Ora si trovava sull’asfalto.
« Signora, devo chiudere la c—
« Non lo faccia, la prego! Mi illustri quali offerte avete per il gas, se devono cremarmi ne servirà molto non crede? »
« Signor—
« Uh! » esclamò lei, mentre osservava numerose altre macchine attraversarla di striscio « aspetti, ancora meglio! »
Alzò lo sguardo agli edifici adiacenti alla strada sino a che non incrociò una telecamera e vi sorrise, agitando la mano in segno di saluto.
« Ora mi vedete! Mi dia un consiglio, secondo lei questo rossetto sta bene con la mia pelle? »
« Signora mi trovo costretta a chiudere »
« Così presto? Allora mi tocca darci un taglio! Beh, mi saluti N »
Chiuse la chiamata e ripose il telefono in tasca, portando la vista a terra. Un bolide dai toni scuri stava correndo nella sua direzione, e non l’avrebbe mancata.
Fece un passo in avanti, cercando di porsi esattamente nella sua traiettoria, e chiuse gli occhi. Il vento spirava fra i suoi capelli ed il sole la baciava in volto. Aprì le braccia e le distese all’esterno, in attesa della morte.
Ma non arrivò.
Quando riaprì gli occhi, trovò con disappunto la vettura grigia fermatasi davanti a lei, ed una fila consistente di macchine si era formata dietro di essa. 
« Hilda, cosa stai facendo là? » esclamò una voce, mentre l’interlocutore portava il capo al di fuori del finestrino.
« N » rispose lei, atona.
« Hilda » ribatté « vuoi continuare il gioco dei nomi o preferisci parlare? »

« Perché non hai risposto ai miei messaggi? »
« Io—»
« Sei uno stronzo »
« Grazie, Hilda » sorrise lui, evitando il suo sguardo accusatorio « ma c’è una questione di cui dobbiamo parlare. A dire il vero, questa intera conversazione non dovrebbe esistere »
« Perché dici così? Cos’è successo? »
« Hilda… » 
Si allontanò dalla ragazza, mente lei ricercava la sua mano. « Cosa? »
Una lacrima solcò il suo volto. 
« È finito, Hilda. Noi è finito » sospirò « tutto questo è finito »
La voce di Hilda si spezzò. « Cosa stai dicendo? Zinzolin—
« Zinzolin ti assegnerà da ora in poi un intermediario » continuò, asciugandosi una lacrima dal viso « ma non potremmo più vederci »
« N—
« Non parlare » singhiozzò N, mentre voltava lo sguardo da lei « lasciami… lasciami andare »
« Come puoi dirmelo così? Perché deve finire? Perché? » gridò, la voce che usciva dalla gola corrotta ed incrinata « come puoi lasciarmi senza neanche un addio? Valeva così poco quello che abbiamo avuto? »
« Hilda… »
« Oh—» ripensò a Nimbasa, alla loro serata assieme, ed ogni cosa prese senso. « Quello a Nimbasa… era un addio, N? »
« Non rendere tutto più difficile, Hilda »
« Rispondimi! Rispondimi, o giur—
« BASTA! » esclamò, fissandola negli occhi. Occhi bagnati dalle lacrime, scintillanti di acredine. Il suo tono era differente dal solito, era quasi come se N fosse diventato umano, lontano dall’aure etera che emanava quando era con la ragazza. Hilda stentò a crederlo, ma lo vedeva provare emozioni, emozioni tangibili. « Basta. Non cercarmi più, il numero è stato disattivato. Niente più EKI, niente più me, i giochi sono finiti. Addio ragazza del giornale, addio Hilda Baskerville »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
Il tramonto calava tiepido sulla città, chiudendo un altro triste capitolo nella vita di Hilda. Aria di tempesta spirava dall’entroterra, rappresentando con efficacia il suo stato emotivo all’interno della sua mente. La ruota degli avvenimenti negativi continuava a girare sulla giovane e non accennava a smettere.
« Mi scusi, sa se qua abita una certa Hilda Baskerville? »
« Hilda… sono io Hilda Baskerville, perché mi sta cercando? »
« Oh, finalmente! Piacere, sono Julie Jackson, e penso che abbiamo un amico in comune: N »



Alla fine il capitolo è uscito, chi lo avrebbe mai immaginato. E magari la finisco pure!

herr
   
 
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