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Autore: Diffondolodioconamore    30/06/2016    2 recensioni
Storia breve ispirata alla reale esperienza da Cupido della mia Parabatai.
La copertina è un'immagine di su_pectrum (instagram)
Alexander è un liceale tranquillo e diligente, campione di tiro con l'arco e capo del Consiglio Studentesco dell'Institute.
Ha un solo problema: il suo amico Jace e la sua totale propensione all'egocentrismo.
A causa di uno stupido tatuaggio consigliato al suo amico da un ancora più stupido antenato, Alec si ritrova in uno studio di tatuaggi con il suo migliore amico, intento a salvarlo da una scelta deturpante.
Solo che non sono da soli.
Con l'intero team Shadowhunters rivisitato e un contributo dei Nascosti, Jace Herondale si lancerà nella sua impresa più grande: fare in modo che Alec superi la timidezza e abbia un appuntamento con il ragazzo esageratamente stravagante a cui non smette più di pensare.
La salvezza della sanità mentale della sua ragazza, Clary, e dei suoi amici, dipende solo dalla riuscita di quella che passerà alla storia come OPERAZIONE MALEC.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Operazione Malec


 
















Questa breve fic è ispirata ad una storia vera guidata dal potere dell'amor.... della mia parabatai. 
Non credo ci sia altro da aggiungere. Passate dalle mie altre storie.
Godetevi ciò che un pomeriggio afoso e un buon aneddoto posso creare.

 

Parte 1: Tutta colpa di antenati Herondale

Nessuno, guardando Alexander Gideon Lightwood, l'avebbe considerato un ragazzo particolarmente estroverso. Al contrario del suo migliore amico, un Herondale in tutto e per tutto con quello sguardo dorato che svettava in almeno tre foto nella bacheca della scuola, sezione "giocatori dell'anno" dell'Institute, Alexander, affettuosamente chiamato Alec contro la sua povera e inascoltata volontà, preferiva non attirare troppo l'attenzione. Cosa impossibile, con un amico come Jace o con una sorella come Isabelle, capo cheerleader, ma lui ci provava lo stesso.

Era un ragazzo serio, ligio alle regole, gli occhi azzurri brillavano di un'intelligenza acuta e sorprendentemente vivace. Ed era bello, nessuno avrebbe mai detto il contrario. Forse non quanto Jace, ma non esistevano persone belle quanto Jace Herondale, o almeno era quello che c'era scritto sullo zaino di quest'ultimo e quello che, a detta della sua nuova ragazza, aveva intenzione di farsi tatuare sul braccio.

"Devi aiutarmi a fermarlo." gli stava dicendo a quel punto, battendo le mani piccole e delicate sul tavolo della mensa. Jace era impegnato negli allenamenti di football, quindi avevano campo libero per un'ora buona, ma Alec non sembrava intenzionato a darle ascolto.

"Jace è grande e vaccinato." disse infatti, senza staccare gli occhi dal libro di scienze. "Se vuole sembrare ridicolo, peggio per lui."

"Alec!" sbraitò lei, con l'unico risultato di farlo sospirare. Clarissa Morgenstern era una piccola rossa dal carattere esuberante, prima nel corso di arte della sua scuola ma sostanzialmente inutile nel sistema scolastico. Tutti si erano sorpresi, dunque, del sapere che aveva attirato l'attenzione del capitano degli Shadowhunters. Per quanto riguardava Alec, beh, lui e Jace si conoscevano da quando entrambi non arrivavano al primo ripiano della dispensa, e poi Alexander era il fiero capitano della squadra di dibattito e del Consiglio Studentesco. Non una celebrità, insomma, ma mai inosservabile quanto Clary. Con il tempo però aveva iniziato a starle simpatica: ad entrambi piacevano gli stessi film, ed erano gli unici, insieme ad Izzy ed al suo ragazzo Simon, a sapere della paura irrazionale di Jace per le anatre. Fu solo in nome di quel flebile legame di amicizia, -e per un forte autocontrollo- che il maggiore dei Lightwood non la liquidò in maniera colorita. Chiuse il libro, togliendosi gli occhiali da lettura ed appendendoli sulla maglietta che una volta doveva essere stata nera, ma che ora aveva assunto una colorazione marrone stinta veramente triste. Eppure i Lightwood sono ricchi, pensava Clary, perché non si compra qualcosa di nuovo?

"Gli parlerò, te lo prometto." accettò, ricambiando con una pacca amichevole l'abbraccio di quella ragazzina almeno venti centimetri più bassa di lui, anche se da seduto la superava solo di poco.

"Grazie, ti devo un favore."

"Sì, sì." Clary se ne andò saltellando dalla mensa, alzando un braccio per attirare l'attenzione di Isabelle, appena tornata dall'allenamento con il gruppo visto che portava ancora l'uniforme. Alec si appuntò mentalmente di far richiesta al consiglio studentesco di accollare di più quelle divise, anche se sapeva che sua sorella probabilmente l'avrebbe modificata da sola, se solo ci avesse provato. Sospirò e tornò al capitolo sui mitocondri. Se Clary avesse saputo come si sarebbe evoluta la situazione, probabilmente avrebbe tenuto la bocca chiusa e avrebbe lasciato fare a Jace quel ridicolo tatuaggio.

"E' un'idea idiota."

"E' così che esprimo il mio essere." Dopo scuola Alec aveva raggiunto Jace nel campo da football sul retro dell'Institute, interrompendolo durante il suo stretcking con un "non puoi essere così idiota da volerlo fare davvero!" talmente apatico da risultare quasi forzato. Jace si era tolto il casco nero, portato dietro i capelli sudati con un gesto che Alec aveva trovato altamente affascinante, forse smorzato un po' dalla puzza di sudore che il suo amico emanava in quel momento, e poi aveva replicato che lo avrebbe fatto a qualsiasi costo.

"Tu non capisci, amico!" aveva detto, puntandogli un dito coperto dai guanti sul petto. "Devo farlo. Mi è stato consigliato in sogno da un mio antenato." Alec alzò un sopracciglio, decidendo che quella avrebbe proprio voluto sentirla.

"Un tuo antenato ti ha raggiunto in sogno dicendoti di tatuarti "Il più bel biondo d'America" sul braccio?" Jace annuì, aprendosi in un sorriso luminoso.

"Ora che ci penso, ti somigliava un po'." Tornò ad allungare i muscoli delle gambe, ed Alexander si premurò a rimanere a debita distanza per avere una visione completa del suo amico teso e sodo sotto la tenuta da giocatore. Come già detto, nessuno avrebbe mai detto che era estroverso, così come nessuno avrebbe mai potuto immaginare che Alexander Gideon Lightwood, pupillo dei Lightwood, i finanziatori dell'Institute, affermati affaristi di Brooklin, potesse essere gay. Nessuno tranne Jace e i suoi amici, e Alec aveva la dannata impressione che l'amico si divertisse a punzecchiarlo ogni tanto, tipo in quel momento. "Comunque ormai ho deciso. Inutile insistere. Gli Herondale non cambiano idea."

"Gli Herondale sono stupidi."

"E i Lightwood sono dei cazzoni. La vita va così." Alec si portò una mano alla fronte, dicendosi che aveva fatto abbastanza per non sentirsi in colpa nei confronti di Clary. Jace finì l'allungamento con una vistosa verticale a una mano, per poi atterrare sui piedi e portare un braccio intorno alle spalle di Alexander. "Vado a farmi una doccia. Vieni anche tu, almeno potrai rifarti gli occhi." Il moro alzò gli occhi al cielo, allontanando l'amico con una mano sul viso.

"Puzzi di morte, Jace." La risata di quest'ultimo li accompagnò mentre attraversavano la porta dello spogliatoio.

Fortunatamente per Clary, la quale aveva proposto a Jace anche un pegno in natura per convincerlo a non fare quel tatuaggio, una volta nello studio il biondo aveva notato una bella sagoma di aironi in volo e lo aveva trovato un buon modo per onorare il suo bizzarro antenato. Aveva costretto Alec ad accompagnarlo, nonostante le sue proteste. Aveva un test di biologia tra due giorni, una ricerca da consegnare e doveva revisionare gli abbozzi degli annuari per il Consiglio d'Istituto. Ovviamente tutto questo era scomparso davanti allo sguardo infantile del suo migliore amico, nonché vicino di casa ed esperto suonatore di campanelli fino allo sfinimento. Maryse e Robert alla fine avevano fatto uscire il figlio a calci solo per far smettere a quel "dannato ragazzino che ti ostini ancora a frequentare" di torturare il loro povero campanello. Ora Jace aveva tre piccoli aironi a volargli sulla spalla, con sotto la frase latina Hoc Signo Vinces.

"William sarebbe fiero di me." disse, riferendosi al suo antenato. Aveva fatto delle ricerche e, con sorpresa generale, era davvero esistito un William Herondale. Un londinese un po' matto del diciannovesimo secolo.

"Voglio proprio vederti a vincere la prossima partita usando un airone." lo prese in giro Alec, finendo il suo hot dog e lanciando la carta nel cestino a pochi passi da loro. Centro perfetto, come da manuale.

"Potrei sempre usarlo come scudo, o come mazza." Improvvisamente Jace si fermò, toccandosi le tasche dei pantaloni neri ed imprecando a mezza voce. "Credo di aver lasciato il telefono dal tatuatore." Alec lo guardò in malo modo, scuotendo la testa.

"Jace, devo studiare."

"Ci vorranno solo cinque minuti. Sai che se non rispondo a Clary per più di cinque minuti mi da per morto."

"Questo perché l'ultima volta che sei rimasto da solo suo fratello Jonathan ti ha teso un agguato e preso a pugni."

"Non me lo ricordare." Il fratello di Clary era quello che Jace avrebbe definito "un fottuto stronzo bipolare". Era un anno più grande, frequentava le ultime classi dell'Institute, e per qualche arcana ragione Jace gli era antipatico. Lui, il ragazzo più dolce di quella parte del pianeta. Non riusciva a capacitarsene, ma quando lo psicopatico aveva scoperto che circuiva la sua povera sorellina lo aveva accerchiato con quella sua banda di amici disagiati e lo avevano picchiato per un po'. Alec e Simon erano giunti in tempo per salvarlo, ma anche loro avevano preso qualche botta. "Secondo me suo padre faceva esperimenti su di lui, quando era piccolo. Quel Valentine mi ha sempre fatto ribrezzo." Alec si trovò a concordare, ascoltando gli sproloqui del suo amico sulla possibilità di vendicarsi di Jonathan senza che Clary lo venisse a sapere. Avevano vagliato cinque possibili soluzioni insieme, tra le quali annegarlo in un fiume e far trascinare il corpo dalla corrente, quando varcarono di nuovo la soglia del tatuatore. La porta era chiusa, sicuramente era arrivato l'altro cliente. Alexander guardò il legno con espressione affranta.

"Ci toccherà aspettare. "

"Certo, come no." Prima che potesse fermarlo, Jace aveva afferrato la maniglia e aperto la porta, esclamando un "Ho dimenticato il cellulare!" e facendo bloccare il tatuatore con l'ago a pochi millimetri dalla pelle del cliente. Alec, rosso come Dio solo sa cosa, guardava la scena imbarazzante da dietro le spalle dell'amico, nonostante la sua altezza gli impedisse di nascondersi. Il tizio che si stava facendo tatuare era seduto sulla sedia, con la schiena nuda e una lampada puntata addosso. Mentre il tatuatore riconsegnava il cellulare a Jace con un'espressione scocciata e una minaccia di denuncia, alzò lo sguardo e lo puntò dritto sui due intrusi. Aveva occhi di un verde brillante, chiusi in un taglio che aveva un ché di orientale. I capelli, leggermente lunghi e con qualche sfumatura blu e fucsia tra il marrone scuro, gli ricaddero davanti al viso e lui li scostò, scocciato.

"E tu chi sei?" chiese, guardando dritto verso il moro ed usando un tono che lasciava trasparire non di poco la vera origine di quella domanda. Questo bastò ad Alec per distogliere il suo, di sguardo, da quella schiena tesa e ben tornita ad una velocità impressionante.

"C-Ci dispiace p-per l'interruzione." balbettò, e Jace gli lanciò un'occhiata divertita. prima che il tatuatore sbattesse fuori a calci entrambi. L'aria fresca di Brooklin colpì Alexander come una pugnalata, facendolo tornare a respirare correttamente. Accanto a lui, Jace ridacchiava compiaciuto.

"Davvero carino il ragazzo alla sedia, eh parabatai?" Il moro sapeva che quando Jace lo chiamava in quel modo affettuoso aveva qualcosa in mente. Qualcosa che lo avrebbe umiliato nel profondo, come quando lo aveva convinto ad evadere da casa per andare con lui ad un concerto nel cuore della notte. Erano stati presi dai loro genitori al rientro e costretti ad una permanenza forzata in casa per due settimane.

"Niente di speciale." lo liquidò quindi, tornando a camminare. Dandogli le spalle, Alec non potè vedere il sorriso sornione sulle sabbra rosee di Jace Herondale.

 

Parte 2: Quando Jace diventò un fanboy

 

Si chiamava Magnus Bane. Un nome davvero singolare per una persona singolare, pensò Jace, scorrendo il suo profilo Facebook con attenzione. Simon Lewis, accanto a lui, mangiucchiava un pacco di patatine piccanti con addosso la sua maglietta "I Gamers lo fanno meglio".

"Quindi Alexander cuore di ghiaccio Lightwood si è preso una cotta." disse, eccitato all'idea. Alec lo guardava con aria di superiorità da quando aveva scopero che da piccolo Simon aveva una grossa cotta per Clary, mai confessata. La trovava una cosa stupida, e adesso Simon sperava di potergli restituire fino all'ultima battuta sarcastica.

"Una stra-cotta. Dovevi vederlo, non riusciva neanche a parlare." Jace sospirò, voltandosi verso l'amico e mettendo in mostra la maglietta scura e perfettamente aderente che Clary gli aveva regalato per il compleanno. La stampa recitava "100% biondo naturale". "Credo che inizierò a tifare per la loro unione. Potrebbe superare la mia ultima One True Pairing."

"Calma i bollori, Jace." lo fermò Clary, appostata sul piumone starwarsiano di Simon. Il biondo aveva ritenuto opportuno convocare anche lei e Isabelle, questo nella totale ignoranza di Alexander, con la scusa che avrebbe dovuto parlare loro di una sorta di Bene Superiore. E lo era davvero, un Bene Superiore. "Non voglio che tu finisca come l'ultima volta che hai tifato per una coppia."

"Continuo ad insistere che tu e Isabelle sareste una coppia fantastica."

"Piantala!" Le ragazze gli lanciarono due cuscini, che lui evitò con una calma invidiabile prima di riprendere con i suoi sproloqui. "Non siamo neanche sicuri che questo tipo sia gay." Simon interruppe Clary mostrandogli una foto sul desktop.

"Beh, se non vogliamo credere al cliché dell'omosessuale tutto glitter e capelli colorati, credo che questa foto di lui con una maglietta arcobaleno con scritto Bisessuale e fiero di esserlo possa aiutare." L'urlo di vittoria di Jace ricordò a Simon quel film con i Moicani che aveva guardato da piccolo, e temette per un attimo che quello scimmione gli avrebbe rotto il tablet con una manata dovuta alla troppa gioia.

"Okay, abbiamo indizi su dove trovarlo?" chiese Izzy, passandosi una mano tra i lunghi capelli fulvi. Simon guardò ancora sul suo computer, scuotendo la testa.

"No, a meno che la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts non sia un nuovo pub sulla ventinovesima."

"Anche ad Alec piace Harry Potter. E' destino." Jace era sempre più felice, stava sulla sedia a malapena e dentro di sé sperava che il suo amico più caro sarebbe diventato meno frigido una volta liberata la sua sessualità, altrimenti avrebbe dovuto pensarci lui a suon di pugni. Clary ormai era in balia degli eventi, e si limitava a guardare i suoi pazzi amici con un blocco da disegno e una matita tra le mani. Aveva ancora due tavole da finire per l'Accademia delle Belle Arti, e il colloquio di ammissione era a sole due settimane di distanza. Il problema che l'affliggeva era l'assoluta mancanza di idee, ma tutto ciò passava in secondo piano di fronte alla vita sentimentale di Alexander, a quanto pareva.

"Oh, ho trovato qualcosa." esclamò Simon, attirando l'attenzione generale. "Ho digitato il nome sulla barra di ricerca, e..." girò lo schermo ancora una volta, soddisfatto nel mostrare un'immagine apparentemente sobria del soggetto preso in esame. "Eccolo qui. Magnus Bane, diciotto anni, frequenta l'ultimo anno alla Downworld."

"La Downworld?" ringhiò Jace, indurendo lo sguardo. "Abbiamo affrontato quegli stronzi nella scorsa stagione."

"Già, ricordo la gomitata che hai preso da quel colosso di Ragnor Fell." Simon scoppiò a ridere, asciugandosi teatralmente una lacrima. "Ho riso per una settimana. Sembrava quella scena rallenty di Matrix, quando Neo fa ribaltare il virus con gli occhiali e..."

"Abbiamo capito, tesoro." Isabelle gli accarezzò un braccio, facendolo zittire.

"Comunque..." continuò, tornando in sé. "Adesso sappiamo dove va a scuola. Potremo organizzare un incontro casuale."

"Alec non frequenta quelle zone." disse Isabelle "Mamma e papà hanno sempre detto che i ragazzi della Downworld sono dei disagiati poco di buono."

"Beh, sul disagio aveva ragione." Simon piegò la testa in avanti, colpito da un manrovescio di Izzy. "Ahia. Cosa ho detto?"

"Un ex di Izzy frequenta quella scuola." spiegò Clary, continuando a disegnare simboli a caso. "Un tipetto molto hippie. Ha i capelli blu."

"Non importa, ora." Jace si mise in piedi sulla sedia, dando sfoggio di tutte le sue abilità da leader. "Ciò che importa è che Alec non avrà mai il coraggio di avvicinarsi. E' timido e represso, una combinazione letale, quindi toccherà a noi fare il lavoro sporco."

"E come?"

"Semplice." Con un balzo abile toccò il pavimento, ponendosi al centro del gruppetto. "La chiameremo Operazione Malec."

"Malec?" Clary alzò un sopracciglio rosso.

"Sì, Magnus e Alec. Malec."

"Mi piace." Simon gli diede man forte, seguito da Isabelle. Clary li guardò tutto con sufficienza, poi poggiò il blocco e si alzò a sua volta. Sapeva che l'avrebbero trascinata in qualcosa di cui poi si sarebbe pentita, ma alla fine concluse che in mancanza di ispirazione non aveva niente di meglio da fare, e questo la rattristò un po'.

"Voi siete pazzi."

Alec posò gli occhiali sul tavolo, massaggiandosi la radice del naso e cercando di placare il mal di testa che lo stava tormentando da un'ora. Aveva finito biologia e si stava dedicando alla ricerca di storia per ottenere quel dannato credito extra. Pensò che il professor Hodge avrebbe potuto concederglielo senza fargli sprecare tempo e fatica per ricomporre l'albero genealogico della sua famiglia. Era il migliore del suo corso, in fondo. In due ore tutto ciò che Alec aveva scoperto sui suoi avi era che uno di loro era morto di sifilide, dopo aver contagiato anche la moglie, e che un altro si era tolto la vita a causa della sua omosessualità.

"Fantastico." mormorò, ripensando al ragazzo dello studio tatuaggi. Era particolare, non avrebbe mai pensato che uno così appariscente avrebbe mai potuto attirare la sua attenzione, ma quegli occhi... quella schiena... Era passata una settimana e ancora non era riuscito a dimenticarlo. "Grazie mille per l'eredità, Silas Lightwood." ringhiò, continuando a scrivere. Non si vergognava del proprio essere, ma era restio a farlo sapere al resto del mondo, primi fra tutti i suoi genitori. Quando c'era stata quella parata per il gay pride, tre mesi fa, Isabelle era piombata in casa sua vestita come un arcobaleno sexy e aveva insistito affinché anche lui si buttasse nella mischia, ma era bastato il vociare concitato dei suoi genitori che borbottavano diffamazioni sulla comunità gay per farlo tornare al suo esercizio di freccette. "Alec, non potrai negare te stesso per sempre. Prima o poi dovranno saperlo." Scosse la testa, allontanando le parole della sorella mentre il viso di quel tipo gli si ripresentava davanti.

E tu chi sei?

Il modo in cui lo aveva detto... "Silas, vaffanculo!" Ma non poteva ereditare gli occhi verdi di Gabriel Lightwood? O la propensione al controllo di Gideon Lightwood? Intorpidito dai suoi stessi pensieri, Alec prese come una benedizione il segnale di vita che diede il suo telefono. E se fosse lui? Magari mi ha trovato su Facebook. Se è lui cosa faccio? Ma non era lui. Una chiamata di Izzy.

"Che vuoi?" Alec cercò di non sembrare troppo deluso, anche perchè non avrebbe dovuto esserlo. Dall'altra parte del telefono sua sorella sembrava scocciata.

"Sei ancora vivo? Sei chiuso nella tua stanza da ieri. Hai passato il venerdì a studiare, esiste qualcosa di più triste?"

"Sì, tu che mi chiami da dietro la mia porta." Non appena finì la frase la suddetta porta venne aperta con un calcio. Isabelle indossava un top elasticizzato e un paio di leggins che me rifinivano perfettamente il contorno delle gambe muscolose. I capelli erano legati in una coda di cavallo e il viso non mancava del trucco vistoso che la sorella indossava praticamente sempre. Gli lanciò addosso un paio di pantaloncini e una maglietta che profumavano di bucato.

"Andiamo in palestra." disse lapidaria. "Ti aspetto di sotto. Non una parola." Gli puntò un dito contro per marcare il concetto, per poi guardarsi intorno: la stanza era perfettamente pulita, ma completamente buia e puzzava di chiuso e libri, come una vecchia biblioteca. "E apri un po'. Sembra che ci sia morto qualcosa, qui."Alec non ebbe neanche il tempo di replicare che sua sorella si era già sbattuta la porta alle spalle. Guardò ciò che aveva in mano, poi il telefono, che ora rimaneva muto. Nessuna richiesta d'amicizia inaspettata. Alla fine Alec decise che, forse, un po' di sfinimento fisico gli avrebbe fatto comodo.

"Eccolo lì, il glitteromane." Simon passò il binocolo a Jace, bevendo un sorso della sua Coca-Cola. Sorrise. Erano appostati su una panchina, abbastanza lontani dal negozio di vestiti in cui Magnus e un suo amico mortalmente pallido stavano discutendo animatamente su qualcosa riguardante un'orribile camicia fucsia a stampe di gatto.

"Perfetto. Isabelle?"

"Sta portando Alec in palestra. Abbiamo venti minuti." I due si guardarono, decidendo di entrare in azione. Il piano era semplice: Jace avrebbe attirato Magnus fuori dal negozio, strategicamente posizionato a pochi metri dalla palestra, e lo avrebbe tenuto lì fino all'arrivo di Izzy. Clary era già dentro, lei avrebbe dovuto distrarre l'amico. Quando entrarono nel negozio la rossa stava già avendo una piccola discussione con quest'ultimo.

"Io invece credo che il tuo amico abbia stile. Ci vuole fascino per indossare certi vestiti." stava dicendo proprio in quel momento, guadagnandosi un'occhiata di apprezzamento da Magnus.

"Mi piace, la nanetta rossa." disse, e l'altro si limitò a sbuffare qualcosa di irripetibile in quello che sembrava spagnolo. Quando gli occhi verdi e divertiti di Clary incrociarono quelli di Jace, lei annuì impercettibilmente.

"Oh, eccovi qui." urlò, indicando i due amici appena entrati. Magnus si voltò, rimanendo per un attimo ad osservare il biondo, forse cercando di capire dove lo avesse già visto. "Ragazzi, questi sono Magnus e Raphael. Loro sono Simon e Jace." Bane schioccò le dita, lasciando perdere la camicia.

"Sei quello del tatuaggio." lo riconobbe, e l'altro annuì. "Dove hai lasciato il ragazzo carino con gli occhi azzurri?"

"Intende Alexander Lightwood?" esclamò Simon, fintamente sorpreso, premurandosi di scandire bene il nome. Clary sospirò, senza riuscire a credere che con tutto il lavoro che aveva da fare si fosse ridotta a stare al gioco per quel piano assurdo e malefico che il suo forse prossimo ex-ragazzo aveva architettato.

"E' nella palestra qui accanto." buttò lì Jace, schioccando un'occhiata eloquente a Magnus. "Se volete..."

"Oh, madre de dios!" L'amico accanto a Magnus sbottò, guardando con due occhi gelidi i tre nuovi arrivati. "Quanto ci credete stupidi, biondino? E' da una settimana che tu e i tuoi tre amichetti ci pedinate. E ora che guardo bene ne manca una." I tre trasalirono, senza credere di essere stati scoperti. Eppure erano convinti di essere stati quasi invisibili. Okay, forse era stato quel "quasi " a fregarli. "Eravate fuori dalla nostra scuola, nella sala bowling, al compleanno di Camille Belacourt e adesso qui. Si può sapere cosa volete?" Clary e Simon erano entrati in una sorta di mutismo. Solo Jace sembrava avere ancora la capacità di parlare, e decise che quello era il momento di sfruttarla al meglio.

"Okay, ci avete scoperto." ammise, alzando le mani al cielo. "E' colpa mia. Volevo attirare l'attenzione di Magnus e..."

"Beh, sono lusingato, biscottino." disse quest'ultimo, assumendo la sua espressione più contrita. "Ma, per quanto tu sia favoloso in giubbotto di pelle nera, non sei esattamente il mio tipo." Simon sentì vibrare il cellulare. Era l'ennesimo messaggio di Izzy che si informava sul loro ritardo.

"Ma non è per lui!" gridò dunque, facendo zittire gli altri. Raphael alzò un sopracciglio, incrociando le braccia coperte da una giacca grigia.

"E per chi, allora?" I tre complici si guardarono compiaciuti, esibendosi in sorrisetti furbi. Non era ancora finita.

 

Parte 3: Shirtless is the new black

 

La palestra puzzava di chiuso e sudore, ma la vista non era delle peggiori. A quell'ora del pomeriggio era particolarmente vuota, solo due o tre persone si allenavano con le macchine o con i pesi, e dei numerosi sacchi da boxe messi a disposizione dal proprietario ne erano occupati solo due. Jace, Simon e Clary fecero strada ai due della Downworld, e il biondo indicò con nonchalance uno dei boxer.

"Ecco, è per lui." Magnus seguì la traiettoria del dito con sguardo interessato, fino a scontrarsi con l'immagine idilliaca di un Alexander sudato e a petto nudo che tirava calci armoniosi e lineari al sacco, facendo risuonare l'abitacolo di quel rumore secco di gomma contro gomma. Non si era accorto della loro presenza, troppo concentrato a sfogare la sua frustrazione su quel povero oggetto inanimato.

"Qualcosa da dire, Raph?" chiese, senza staccare gli occhi da quello che, aveva deciso, sarebbe stato il suo futuro oggetto del desiderio. Il più basso si limitò a scuotere la testa, infastidito dall'odore che aleggiava in quel posto.

"Cerca solo di non fargli troppo male." Non era chiaro il significato di quelle parole, ma i tre non ebbero tempo di fare domande. Magnus li aveva già scostati e si stava dirigendo verso Alec come un leone verso la gazzella. Clary guardò la scena con una punta di preoccupazione.

"Non lo stiamo dando in pasto ai lupi, vero?"

"Certo che no."

"Sì." Jace e Raphael risposero in contemporanea, aumentando solo la sua angoscia. Intanto Magnus aveva raggiunto la schiena del ragazzo, ancora ignaro di ciò che stava per succedergli. Si prese un minuto per ammirare i contorni ben fatti di quel corpo, la pelle bianca e immacolata, i capelli neri, già sudati, che gli si appiccicavano al collo. Per bello, è bello.

"Se fai un passo indietro, il calcio uscirà più dritto." Alec si fermò, voltandosi verso la voce e battendo un attimo gli occhi quando si ritrovò davanti un complesso gioco di colori che andavano a finire in un viso che aveva visto fin troppo spesso, nella sua testa.

Successero un paio di cose contemporaneamente.

Sbarrò gli occhi, smise di respirare, fece un passo indietro per poggiarsi al sacco ed evitare il mancamento, con il solo risultato di finire a gambe all'aria sul pavimento, le guance rosse che accentuavano fortemente l'azzurro ghiaccio degli occhi. Jace si voltò per non guardare, mentre Raphael ridacchiava divertito.

"Il vostro amico è timido, eh?"

"E' il fascino di Alec." minimizzò Simon, facendo spallucce. Magnus stava ridendo di quella buffa presentazione, mentre Alexander pensava ad un modo veloce per uccidersi con un asse del parquet sotto di lui.

"I-io... ehm... io...n-non..."

"Non sarai mica balbuziente, vero?" Balbuziente? No. Incredibilmente imbarazzato e incapace di avere una reazione da normale essere umano? Più probabile, ma lui era Alexander Gideon Lightwood, era quello intelligente, quello con le idee geniali, non poteva rimanere lì a terra, come un'ameba, a balbettare difronte a quel tipo. Quando ebbe riacquistato il suo respiro regolare, decise che avrebbe fatto meglio ad alzarsi.

"No. S-Sono..." Dannazione, Alec! "Sono Alexander Lightwood." L'altro sorrise, guardando quella mano tesa e leggermente tremante.

E' così tenero.

La strinse con sicurezza, quasi a sottolineare la differenza tra i due. "Magnus Bane. Non ti ho mai visto alla Downworld." Lightwood si bloccò per una frazione di secondo. Il suo sogno erotico frequentava quella scuola per disagiati. Ai suoi genitori non sarebbe sicuramente andato a genio, ma d'altronde di quel passo i suoi genitori non avrebbero saputo neanche della sua esistenza. Non poteva continuare in quel modo. Voleva forse aspettare il matrimonio per rivelare al mondo di essere omosessuale?

"Frequento la Institute." Quindi decise che non gli importava poi molto di quale scuola frequentasse. Magnus gli diede un'occhiata veloce, e solo in quel momento Alec si ricordò nelle condizioni in cui versava. Prese la maglietta da terra e se la rimise velocemente, rischiando di indossarla al contrario.

"Sei ancora più carino quando non sei terrorizzato, sai?" Ha detto che sono carino? Improvvisamente si ricordò del loro primo incontro, dell'orribile figura che aveva fatto irrompendo nella stanza del tatuatore e di quello stesso ragazzo, mezzo nudo, seduto in quel modo così vulnerabile.

"Grazie." sussurrò, per poi schiarirsi la gola e tentare di guardare quegli occhi verdi senza sentirsi in carenza di ossigeno. Perché il suo corpo reagiva in quel modo? Mentre sentiva questi pensieri frullargli in testa si accorse del silenzio che era calato tra loro due. "Anche tu non sei male." disse, per poi realizzare che forse aveva detto la sua prima cosa sensata. Ho la vaga sensazione che ci sia Jace dietro a tutto questo. Magnus ridacchiò, palesemente divertito dalla situazione e in parte sbalordito che un ragazzo così carino potesse essere anche così timido. Alexander non era mai stato bravo a rimorchiare. Un po' perché non ci aveva mai provato veramente e un po' perché di solito erano le ragazze che andavano da lui, e lui era costretto a liquidarle nel modo più carino possibile. Prima le passava a Jace, ma poi Clary si era messa in mezzo e la situazione era diventata ancora più complessa. Il momento più imbarazzante di quella spirale discendente che era stata la sua vita sentimentale era stato quando, incurante della decenza, aveva chiesto ad una poliziotta se andasse spesso... in una stazione di polizia. Solo a ripensarci gli venne da ridere. "Vieni spesso qui?" Non poteva credere di averlo fatto di nuovo! Al contrario della poliziotta, però, che lo aveva fulminato con lo sguardo, quello strambo ragazzo gli diede una nuova occhiata abbastanza esplicita.

"Adesso lo farò." Okay, Alec, calmati. Magnus allungò una mano verso di lui, sfiorandogli il braccio quasi erroneamente. Alexander trasalì a quel contatto, non era abituato a quella sensazione. Si sentiva quasi... leggero, febricitante, felice. Era bello, nonostante tutto. "Se hai finito qui potremo prenderci qualcosa da bere al bar qui vicino." sentì dirsi, e prima che potesse pensare a qualcosa, come ad esempio come avrebbe fatto Izzy a tornare a casa, la sua ricerca, gli annuari, la sua bocca emise un unico e veloce: "Perfetto."

"Sì!" Entrambi si voltarono verso destra, ma Clary e Isabelle, aggiuntasi da poco, erano state abbastanza veloci da tappare la bocca a Jace e nascondersi dietro alla macchina per i tricipiti, trascinandosi dietro anche Simon e un Raphael recalcitrante. Alec alzò un sopracciglio, confuso.

"Hai sentito anche tu quel..."

"No." si affrettò a dire l'altro, mettendogli una mano sulla spalla e spingendolo verso l'uscita. "Dai, andiamo."

"Dovrei farmi una doccia." Magnus gli fece l'occhiolino, esponendosi in un lieve sorriso sghembo.

"E dove credi che ti stia portando?" La faccia sconvolta di Alec non fece altro che far ridere Bane per l'ennesima volta.

"Sto scherzando. Dio, sei davvero adorabile."

"Sono davvero carini." Jace era euforico, seduto sulla panchina che dava una perfetta visuale del tavolo in cui il suo migliore amico e quel ragazzo bizzarro avevano preso posto. Il binocolo con cui li stava osservando attirava l'attenzione della gente intorno a loro, ma nessuno di quel gruppo di cinque sembrava badarci, troppo concentrati ad osservare.

"Fa vedere." Izzy gli spostò leggermente la testa, dividendo l'oggetto con lui e sorridendo entusiasta. "Il tuo amico vuole pagare il conto." disse, tirando un colpetto a Raphael che, in mezzo a quei mezzi sconosciuti, si sentiva estremamente a disagio. Almeno il nerd accanto a me è carino.

"In effetti era da un po' che non vedevo Magnus così preso da qualcuno." concordò, anche se di malavoglia. Non avrebbe ammesso neanche sottotortura di aver passato una settimana insieme a Ragnor Fell a cercare su ogni profilo Facebook esistente la faccia di quel moretto imbranato, e tutto perché Magnus era tornato da quello studio per tatuaggi con un viso talmente luminoso da abbagliare la stanza ed annunciando un felice: "Credo di essermi innamorato!" che i due non sentivano da quando aveva rotto con Camille, più di un anno prima. Poi Ragnor aveva notato Jace Herondale e il suo gruppetto di amici e, quando lo avevano fatto notare al loro amico, avevano dovuto trattenerlo per le braccia per non farlo correre da quel biondino così familiare a chiedere indicazioni sul "tipo carino con gli occhi azzurri" di cui andava ciarlando da giorni. Quindi sì, era felice di poter vedere quel momento, anche se la compagnia non era delle migliori.

"La mia Malec è bellissima."

"Jace."

"Taci, donna. Sto osservando il miracolo." Clary si portò una mano in fronte, tenendo il block notes ancora vuoto sulle gambe. Il suo ragazzo era incredibile: lei era in alto mare con le bozze e lui si metteva a fare Cupido, con ottimi risultati, per giunta. E lei si era lasciata trascinare. Cosa avrebbe dovuto disegnare? Magnus e Alec che prendevano un caff... Clary sgranò gli occhi verdi, alzandosi in preda ad una nuova felicità.

"Ma certo!" esclamò, sollevando la matita in aria. Simon guardò gli altri e fece spallucce, ma Clarissa aveva già salutato tutti e schioccato un sonoro bacio sulla guancia di Jace. "Devo andare. Fai gli auguri ad Alec da parte mia." urlò, ma era già lontana. Jace, d'altro canto, senza sapere cosa avesse fatto per meritarsi quel bacio, era semplicemente felice che fosse successo. Simon si grattò la testa, facendosi passare il binocolo. Doveva ammettere che quei due stavano bene insieme. La forte eccentricità di Magnus era smorzata dalla bellezza semplice di Alec. Si mettevano in risalto l'uno con l'altro. Era come guardare due poli opposti che si attraevano prima di formare uno scoppio.

"E questo, signori, è il fascino degli Herondale."

Clary buttò i fogli perfettamente ordinati sul tavolo della giuria per l'Accademia, sorridendo. Era stata in piedi per tre notti, ma alla fine ce l'aveva fatta. Il capo giuria, una donna corpulenta con un simpatico caschetto rosso stinto, passò i fogli ai suoi colleghi dopo averli visionati. Clary era agitata, ma non aveva dubbi sul suo lavoro. Era quanto di più personale potesse esserci, con un leggero tocco fantasy per soddisfare le richieste. La donna incrociò le mani in avanti, guardandola senza una particolare espressione.

"Qual è il nome del suo lavoro?" chiese, e Clary non ebbe dubbi.

"Operazione Malec. E' ispirato ad un'esperienza personale. Vede, io e i miei amici abbiamo..." Un'occhiata della giuria le fece capire che quella storia non interessava a nessuno. Peccato, sarebbe stata bella.

"Davvero promettente. Un mago e un Cacciatore di Ombre che vengono aiutati nella loro relazione da un gruppo di amici scalmanati." Le riconsegnarono il lavoro, e la donna le porse un sorriso e una mano tesa. "Benvenuta tra noi, signorina Morgestern." Clary la strinse, pensando alle persone che l'aspettavano fuori da quella porta. Magnus era stato particolarmente felice di vedersi rappresentato come un mago esuberante, e anche ad Alec piaceva il suo ruolo, anche se insisteva nell'ammettere che non era così imbranato come veniva descritto. Stranamente, in quel momento di realizzazione professionale che aveva sognato per almeno sue anni, a Clary venne in mente soltanto una cosa.

In effetti Malec non suona poi così male.

   
 
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