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Autore: emmegili    01/07/2016    1 recensioni
- Hai intenzione almeno di dirmi come ti chiami o dovrò tirare ad indovinare?
- Hai intenzione di smettere di interrompermi mentre leggo o devo imbavagliarti?
- D’accordo, tirerò ad indovinare.
- D’accordo, mi toccherà imbavagliarti.
- Sei davvero adorabile, te l’hanno mai detto?
- Sei davvero un rompipalle, te l’hanno mai detto?
--
Ma Oliver... Oliver non muove un muscolo, nemmeno gli occhi. Mantiene lo sguardo fisso nel mio, come un salvagente nel mare in tempesta. Ogni volta che sto per affogare, mi aggrappo alla sua sicurezza.
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Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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3.
 
- Riesci a portarmi uno scatolone di coriandoli? –chiede Arianna dall’altro capo del telefono.
- E dove vado a prenderteli? –esclamo tenendo il cellulare tra la spalla e la guancia.
- Oh, li ho già comprati, solo che non riesco a passare a ritirarli!
- Questo cambia un po’ le cose, Ari. –sospiro frugando nell’armadio.
- Sì, scusa, mi ero scordata di dirtelo. Non devi andare a comprarli, devi solo andare a ritirarli. –la sua voce trema di emozione.
- Sei eccitata? –le chiedo sorridendo.
- Non immagini quanto! I coriandoli sono al negozio di maschere in centro...com’è che si chiama?
- Mm...non ricordo. Quello dove lavora tua sorella? –chiedo, all’improvviso ricordandomene.
- Sì, quello. Ma Rita oggi ha preso ferie. E’ di buon umore.
- Ah, okay. A dopo, allora. –sorrido.
- A dopo. E... Ele?
- Sì?
- Puoi metterti la gonna nera che ti ho regalato quest’estate? Per favore?
Sbuffo.
- Ari...
- Dai, è il mio compleanno! Compio diciassette anni! Diciassette! Ti prego!
Sospiro, rimettendo nel guardaroba i vestiti che avevo scelto per la festa.
- D’accordo. Ma mi devi un favore. –acconsento infilandomi la gonna nera in questione.
- Ha preferenze anche sulla maglietta, signorina? –chiedo.
Arianna ride.
- No, non credo. Grazie. Ti voglio bene!
Chiudo la telefonata. Passo le mani sulla gonna, che arriva giusto sopra il ginocchio. Faccio una giravolta e si solleva un pochino.
Prendo un maglione rosso porpora dall’armadio, lo indosso, infilo gli stivaletti neri saltellando giù per le scale e, prendendo la giacca, bacio Lucas sulla testa che, seduto sul divano, guarda la televisione.
- Mamma è in cucina? –gli chiedo. Lui annuisce.
Corro in cucina agganciando la catenina d’argento con il ciondolo al collo.
- Mamma, io vado! Devo passare in centro a ritirare i coriandoli per Arianna...torno tardi! –la saluto abbracciandola.
- Ciao, tesoro, divertiti!
 
Lo scatolone di Arianna è talmente grande che, se lo porto in braccio, non vedo dove vado. Per lo meno, non pesa.
Suono il campanello di casa della mia amica con il gomito.
Ad aprirmi è una bellissima Rita. Talmente bella –e stranamente sorridente- da farmi restare a bocca spalancata.
- Wow, Rita! –esclamo sorridendo.
Lei ricambia.
Il tubino nero che la avvolge mette in risalto il suo fisico, a dir poco, perfetto.
- Grazie –dice facendomi entrare –Anche tu dovresti metterti la gonna più spesso.
Borbotto qualcosa varcando la soglia.
Le luci soffuse e colorate danno alla casa un’aria rilassata. E’ tutto quello che riesco a vedere, grazie allo scatolone.
- Sono i coriandoli? –chiede Rita.
- Già...
- Ah. Aspetta...vado a chiamare Arianna...
- Sì, certo.
Giro su me stessa cercando di capire cosa mi circonda, ma non ci riesco. Tanto vale aspettare.
Dal salotto arriva della musica. Mi concentro per capire chi abbia superato le selezioni di Arianna.
E’ una voce maschile, giovane. E’ una bella voce, non c’è che dire, calda. Canta in inglese. Sorrido. Arianna si è sempre lamentata del fatto che, grazie alla scuola e alla passione che ho, “conosco l’inglese meglio di un inglese stesso”.
E’ un’esibizione voce e chitarra. Semplice, pulita. Eppure, se mi concentro sulle parole, sull’atmosfera, sul suono dello strumento...è semplicemente bellissimo. Arianna ha scelto bene.
- Ehi, Ele!
Sento la voce di Arianna avvicinarsi.
- Ciao, festeggiata... –la saluto– Senti, dove posso appoggiare lo scatolone?
- Oh, vieni!
Sento una sua mano appoggiarsi sul mio braccio. Prende a trascinarmi dietro di sé.
- Hai sentito che bravo il cantante? –mi chiede.
- Sì, è davvero bravo... –concordo entrando in una stanza, anche se non riconosco quale.
Borbotta qualcosa sul fatto che i coriandoli stiano meglio accanto al palco e mi fa ruotare su me stessa, uscendo dalla camera dov’eravamo appena entrate.
- Oh, sì, è bravissimo! –sospira sognante – E poi...devi vederlo...è tremendamente bello!
Ridacchio mentre, rase al muro, attraversiamo il salotto dove un sacco di gente sta ballando.
- Anzi, ora te lo presento... –decide Arianna.
Arriviamo accanto al piccolo palco allestito per l’occasione. Probabilmente ha fatto spostare qualche mobile del soggiorno, per fare spazio a tutte le sue idee.
La sento urlare qualcosa al cantante, ma nella confusione non capisco le parole né sue, né del ragazzo che smette di cantare. Probabilmente ha annunciato una pausa.
Arianna si avvicina al mio orecchio e mi urla di appoggiare lo scatolone nell’angolo.
Senza musica c’è più silenzio, ma la gente continua a parlare creando un brusio fastidioso. Mi volto e appoggio lo scatolone a terra.
Mi rialzo, prendo un respiro e, sfoggiando un sorriso, mi volto verso Arianna, a pochi passi da me.
- Bene... –freme.
Solo allora il mio sguardo si posa sul ragazzo. Non so se per la sorpresa o per lo shock, il sorriso scompare.
Oliver. Oliver che, sorpreso a sua volta, sorride. Quel suo solito sorriso assassino. La luce delle lampade che gli dà una luce nuova, quasi un’aurea divina. Dalla t-shirt nera traspaiono i suoi muscoli che, la mattina, a causa della giacca, non avevo mai notato.
Arianna mi guarda confusa.
- Ele? –sorride imbarazzata –Tutto bene?
Mi avvicino a lei, sino a trovarmi davanti ad Oliver Dawn. Cerco di annuire.
- Bene, allora... –sorride –Rachele Nardi...
- Secondo me è destino –ridacchia il ragazzo.
- Il destino non esiste, Oliver Dawn –sussurro a denti stretti. La mia idea era quella di fingersi estranei, così che Arianna non capisse mai che il ragazzo dell’autobus era così bello e che l’aveva, addirittura, conosciuto.
- Ma...voi due...vi conoscete? –chiede infatti, alquanto scandalizzata.
- Diciamo che usiamo la stessa corriera per andare a scuola –risponde Oliver incrociando le braccia al petto.
- Aspetta un attimo... –mormora Arianna posando il suo sguardo scioccato su di me –tu sei Oscar!
Le tiro una gomitata piuttosto violenta.
Impreca lanciandomi un’occhiataccia.
Lo sguardo che le rivolgo è disperato, e allora sembra capire.
- Ah... –tossicchia.
Oliver, davanti a noi, sorride divertito.
- Ti ha parlato di me? –chiede ad Arianna.
- Certo che no! –avvampo.
- Sì, be’, diciamo che non si è soffermata sui dettagli –il sorriso della mia amica è malizioso, e mi spavento.
Oliver scoppia a ridere.
Lancio un’occhiata omicida ad Arianna, che mi sorride.
- Va bene, vi lascio soli. Devo andare a verificare se quel biondo che mi lancia occhiate da quando è arrivato...
- Okay, Ari, fermati qui! –la tronco prima che possa perdersi nei dettagli.
Lei borbotta qualcosa e se ne va.
Mi copro il volto con le mani.
- E’ simpatica, la tua amica –dice Oliver.
- Non fare battutine, Dawn.
- Non era una battutina...
Lascio cadere le mani lungo i fianchi e mi guardo attorno. Il salotto di casa di Arianna si è trasformato in una pista da ballo.
- Ti va se quando ho finito ti offro qualcosa da bere?
Il sorriso di Oliver è tenero, sincero.
- E’ la casa della mia migliore amica, non devo pagare, per bere qualcosa –obietto.
Il ragazzo ride.
- Mi piaci –afferma.
Avvampo. Non so se arrossisco, ma sento il volto andarmi in fiamme. Spero solo che le luci strane di Arianna lo nascondano.
Tossicchio abbassando lo sguardo.
- Conto su di te per un drink di fine spettacolo, okay? –sorride.
Annuisco.
Ridacchiando, Oliver torna sul palco e, imbracciata la chitarra, riprende a cantare.
 
- Ti eri solo dimenticata di dirmi che è incredibilmente sexy, Ele, tutto qui! –il tono di Arianna, seduta sul divanetto, è più che ironico. Rita, accanto a lei, scoppia a ridere.
- Ma chi, Oliver? –chiede.
- Sì, Rita.
- Oh, smettetela! –sbotto –Lo conosco appena! E non ho intenzione di frequentarlo sotto qualsiasi altro aspetto che non sia quello attuale di conoscente!
Rita e la sorella si guardano, poi scoppiano a ridere. Forse hanno bevuto troppo, perché non smettono più.
- Okay, dopo questa... –Rita si asciuga le lacrime dal ridere alzandosi dal divanetto.
- Dove stai andando? –le chiede Arianna.
- A farmi un giro. Ci si vede, bellocce... –fischia.
- Ma mi devi aiutare a riordinare! –protesta Arianna. Come se fosse quello il problema. Ubriaca com’è, non arriverà al portico.
La festa sta finendo, le persone iniziano ad andarsene. Oliver sta mettendo la chitarra nella custodia.
Mi alzo e fermo Rita.
- Con la sbronza che hai, forse è meglio se ti accompagno a letto... –le poso una mano sulla spalla.
L’ultima coppia sta salutando Arianna, che non si regge nemmeno in piedi.
Così ora il salone è vuoto. Siamo rimaste noi tre ed Oliver.
- Non dire stupidaggini, Rachele! –ride Rita –Me la cavo benissimo!
All’improvviso diventa pallida e si posa una mano sulla bocca. E vomita tutto quella che ha ingurgitato sul pavimento.
Oliver si avvicina.
- Bevuto un po’ troppo? –chiede, la bocca ridotta ad una linea sottile.
- No, no, no! –strilla Rita.
Arianna bofonchia qualcosa, prima di cadere, svenuta, sul divanetto.
- Oh, Santo Cielo! –esclamo esasperata.
- Tranquilla, ti aiuto io...
Oliver mi viene accanto e prende Rita in braccio, con un braccio sotto le sue ginocchia e l’altro attorno alle spalle.
- Vieni, ti faccio strada... –mormoro uscendo dal salone.
- La vuoi portare in bagno? –chiede.
- Mettetemi giù! –strilla Rita –Sono più che lucida!
- Sì, Rita, ti stiamo solo dando un aiutino...
Salendo le scale, la ragazza continua a protestare.
Arrivati al piano di sopra, apro la porta del bagno a Oliver, che, una volta entrato, adagia Rita sul pavimento, accanto alla tazza del water.
Mi passo una mano tra i capelli, frustrata, mentre Rita si allunga per vomitare, ancora una volta, dentro la tazza.
Mi avvicino e le tengo i capelli all’indietro, fermandoli con una pinza recuperata dal cassetto del mobile lì accanto.
- Vado a prendere Arianna, d’accordo? –avvisa Oliver guardando Rita preoccupato.
- Sì, grazie. La sua stanza è alla fine del corridoio.
Il ragazzo esce dal bagno e sento i suoi passi giù per le scale.
Sospirando, mi siedo sul bordo della vasca da bagno.
Rita smette di vomitare e si siede appoggiando la schiena al muro di piastrelle.
Emette un sospiro e chiude gli occhi. Le porgo un fazzoletto umido, con il quale si pulisce la bocca.
- Okay, forse è meglio andare a dormire... –tossisce.
Ridacchio stanca. Sento Oliver attraversare il corridoio.
- Vado ad aiutare Oliver. Tu non ti muovere –la avverto alzandomi. Mi lavo le mani sotto il rubinetto ed esco.
Quando arrivo nella stanza di Arianna, Oliver la sta sdraiando sul letto.
Arraffo la coperta di lana sulla sedia della scrivania e gliela stendo sopra.
- Rita come sta? –chiede Oliver appoggiandosi al muro.
- Ha vomitato anche l’anima, credo –bisbiglio guardando Arianna.
Sospiro e mi volto verso di lui.
- Grazie.
Lui sorride.
- Rachele! –la voce roca di Rita strilla dal bagno.
Corro da lei.
- Sì? –chiedo avvicinandomi.
- Ho lo stomaco sottosopra... –biascica.
- Posso immaginarlo, Rita –sorrido tendendole una mano.
Un volta in piedi, la ragazza si sorregge a me.
- Grazie –mormora.
Oliver mi aiuta a portarla sino alla sua stanza, dove Rita crolla sul letto quasi subito.
Torno in corridoio e mi appoggio al muro con la schiena, per poi sedermi a terra.
Mi prendo la testa tra le mani.
- Si sono date alla pazza gioia, le tue amiche –ridacchia Oliver sedendosi accanto a me.
- Sì, be’, Arianna è tenuta un po’ al guinzaglio dai suoi...
- A ragione, a quanto vedo... –ridacchia.
Restiamo in silenzio. L’aria è così pesante e consunta...
All’improvviso mi sento mancare l’aria.
- Ho bisogno di aria fresca –boccheggio alzandomi e scendendo le scale. Oliver mi segue a ruota fino fuori casa. Mi siedo sui gradini del portico di legno.
L’aria fredda autunnale mi riempie i polmoni. Respiro a grandi boccate.
- Va meglio? –chiede Oliver poggiandomi una mano sulla schiena.
- Sì, grazie –mormoro –L’odore dell’alcol era troppo, presumo...
- Si, può essere...
Le stelle brillano sullo sfondo nero.
C’è una leggera brezza.
- Dio –sospiro chiudendo gli occhi –Menomale che i loro genitori sono fuori per il fine settimana...hanno combinato un disastro...e domani saranno poltiglia vivente, non riusciranno mai a riordinare tutto in tempo...finiranno nei guai...ma perché cazzo hanno dovuto bere fino a svenire, eh?
- Rilassati, Rachele –sorride Oliver.
Gli lancio un’occhiata.
- Mi devi un drink –borbotto –Ma magari facciamo qualcosa di analcolico.
Il ragazzo scoppia a ridere.
- Una Coca Cola? –suggerisce alzandosi.
Mi alzo dai gradini anche io.
- Ne ho proprio bisogno, grazie.
Entrando in casa, mi sento mancare le forze.
E’ un disastro. C’è il vomito di Rita sul pavimento, in mezzo al salotto, circondato da bicchieri usati e coriandoli, che Arianna ha voluto lanciare in aria a mezzanotte.
Decido di passare oltre, raggiungendo diretta la cucina.
Apro il frigorifero e ne tiro fuori due lattine di Coca Cola.
Mi appoggio al tavolo e ne porgo una a Oliver.
- Arianna è una brava ragazza. E un’amica eccezionale. Si è solo lasciata trasportare. –puntualizzo sorseggiando la bevanda fresca.
- Non c’è bisogno che la giustifichi. Tutti abbiamo fatto delle stupidaggini.
Un sorriso gli compare sul volto mentre guarda il pavimento, forse accompagnato da qualche ricordo.
- Anche l’impeccabile Oliver Dawn? –sorrido.
- Io non ho mai detto di essere impeccabile.
- Non ho detto questo. Dai, racconta.
Oliver mi guarda scettico, ma con un sorriso.
- Come puoi pretendere di sapere tutto di me, quando io so solo che ti chiami Rachele Nardi e che hai un’amica che ama i coriandoli?
Sospiro.
- Ma le tue storie sono belle. Felici. Le mie no. –sussurro.
Oliver mi fissa con gli occhi socchiusi.
- D’accordo. Ma se ora ti parlo dei miei amici, poi tu mi racconti qualcosa di te.
- Va bene. Non ti dispiace se pulisco un po’ mentre racconti? –chiedo –Voglio dare una ripulita a questo posto, così poi Arianna non finirà in punizione per Dio solo sa quanto.
Mi avvicino al cassetto dove so che la madre di Arianna tiene i sacchi dell’immondizia.
- Ti do una mano. –esordisce Oliver.
- Non hai un coprifuoco? –chiedo lanciandogli il rotolo nero, in cerca di una scopa.
- Mia zia è... particolare –sorride strappando un sacco.
- Va bene, al lavoro allora!
 
- Scott, Jay, Ross e Will.
- Scott, Jay, Ross e Will –ripeto raccogliendo l’ultimo bicchiere.
- Sì. –Oliver sorride –Sono i migliori. Un po’ fuori con la testa, ma i migliori. Potresti adorarli. Avete lo stesso carattere.
- Lo stesso di tutti e quattro? –chiedo ridendo.
- Be’, no...di Scott e Jay. Li conosco da quando avevamo due anni.
Sorrido buttando nell’angolo l’ultimo sacco di immondizia. Abbiamo pulito ogni cosa. Abbiamo rimesso tutti i mobili al loro posto.
- Il secondo nome di Jay è Giselle –ridacchia il ragazzo –Ma tieni conto che non lo sa nessuno.
Sorrido.
Stanca, mi butto sul divano. Oliver si accascia accanto a me.
- Che ora abbiamo fatto? –biascico.
Oliver prende il cellulare dalla tasca dei jeans.
- Le cinque. Caspita. E’ praticamente mattina.
Chiudo gli occhi. Ho le palpebre pesanti.
- Ora tocca a me, o sbaglio? –mugugno.
Sento lo sguardo di Oliver su di me. Probabilmente non se la aspettava.
- Ti ascolto –sussurra.
- A casa ci siamo solo io, mia madre, e mio fratello Lucas. Mio padre ci ha abbandonati dieci anni fa. E’ andato a lavorare in America, e non è più tornato, praticamente. Si è rifatto una vita con una donna che potrebbe essere mia sorella e hanno un figlio. –racconto rapida. Meno dico, più indolore sarà la cosa.
- E’ terribile –dice con un filo di voce Oliver –Ti manca?
- Oh, tanto.
Potrei aggiungere un sacco di cose. Potrei parlagli di Lucas. O della torta speciale della mamma. Potrei dirgli che mi sento sola. Che la mancanza di mio padre mi ha lacerata dentro. Ma lui non lo chiede, e io non glielo dico.
 
- Ma guarda che carini!
- Smettila, sei infantile.
- Ammetti che sono teneri.
- Ammetto che sono i nostri angeli custodi, guarda che lavoro hanno fatto!
- Incredibile, non è vero? Dici che dobbiamo svegliarli?
- Nah, lasciali dormire.
- Ma è pieno pomeriggio! Diana sarà preoccupata. Conoscendola, non penso che Rachele abbia avvisato sua madre...
- Shh! Guarda che li stai svegliando...
- Ops...
Buio.
Sbatto le palpebre più volte, e la luce mi acceca.
Gemo e mi strofino gli occhi.
Davanti a me, Arianna e Rita mi fissano con dei sorrisi strani.
Mi guardo attorno. Sono sul divano di casa loro. Accidenti, devo essermi addormentata. Un braccio mi cinge le spalle. Ma che cosa...
Accanto a me, Oliver apre gli occhi.
Oliver!
Mi sono addormentata abbracciata ad Oliver!
Scatto a sedere.
Lui sembra svegliarsi completamente e, passandosi una mano tra i capelli, si siede dritto.
Fisso Arianna e sua sorella, sgomenta.
- Buongiorno! –sorride la mia amica.
Tossicchio e mi alzo.
- Sì, buongiorno...
- Che ora è? –chiede Oliver alzandosi accanto a me. Imbarazzata, gli lancio un’occhiata, per poi tornare a rivolgermi a Rita, che sorride.
- Oh, le cinque del pomeriggio, dormiglioni! –esclama Arianna.
- Cosa? –scatto –Mia madre mi ucciderà!
- Ti avevo detto che si era dimenticata di chiamarla! –sospira la mia migliore amica lanciando un’occhiata eloquente alla sorella.
Cerco con lo sguardo allarmato la mia giacca, nella cui tasca avevo lasciato il telefono.
Rita me la porge.
Con foga apro la cerniera e ne tiro fuori il cellulare. Non si accende.
- Merda, merda, merda! –strillo –E’ morto!
- Calma gli animi! –interviene Rita divertita tendendomi il telefono fisso.
Compongo rapida il numero di casa.
Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.
- Pronto?
- Ciao, mamma, sono...
- Rachele Nardi! –tuona talmente forte da farmi stringere gli occhi. Accanto a me, Oliver si passa una mano sul collo e sospira.
- Mamma, io...
- Non mi interessa cosa hai da dire! Si può sapere dove sei?!
- A casa di Arianna...mi sono addormentata. –lancio un’occhiata ad Oliver, che sorride, forse ricordandosi di ieri sera.
- Si è addormentata! Si è addormentata! Scommetto che eri ubriaca!
- No, non ero ubriaca, lo sai che non bevo...
Arianna e Rita abbassano lo sguardo.
- Torna. Subito. A. Casa. –il suo tono è furente.
- Sì, arrivo...
Chiudo la telefonata. Porgo il telefono ad Arianna.
- Sei nei guai? –chiede in un filo di voce.
- Sì, Arianna, sì. –sospiro –Quando passa la prossima corriera?
Rita ed Arianna restano in silenzio.
- L’ultima è passata mezz’ora fa. Sai, è domenica...
Mi siedo sul divano.
- Scusa, avremmo dovuto svegliarti... –borbotta Rita.
- Io sono venuto in macchina. –interviene Oliver –Posso accompagnarti a casa.
Potrei accettare, o potrei ringraziarlo ma no, troverò un altro modo. Eppure l’unica cosa che riesco a dire è:
- Mi spieghi perché se hai la macchina, prendi la corriera per andare a scuola?
- E’ l’auto di mia zia. E non la uso per andare a scuole perché è... imbarazzante –sorride nervoso.
- Cosa significa “imbarazzante”? –chiede Rita con un sorriso sornione.
- Be’, ecco...
- Non è importante, ora! –esclama Arianna –Ti riporta a casa Rita con la sua macchina, chiede scusa a Diana e le spiega che ci siamo ubriacate e che tu e Oscar avete fatto tutto questo lavoro!
- Oscar? –sibilo fulminandola con lo sguardo.
Lei ridacchia.
Oliver sorride in uno sbuffo.
- Scusa, ma perché devo andare io a scusarmi? Sei tu che sei svenuta! –protesta Rita.
- Vengo anche io, se preferisci, ma mamma e papà tornano tra venti minuti e non trovarci a casa potrebbe metterci nei casini più di quanto già non siamo.
Quella di Ariana suona più come una minaccia.
Rita sospira.
- Sì, in fondo te lo devo... –borbotta accalappiando le chiavi dell’auto dal tavolino –Andiamo.
 
- Giuro che non uscirai più di casa...Rita?
Mia madre sembra stupita di vedere la ragazza, accanto a me.
Chiudo la porta di casa alle nostre spalle mentre Rita, piuttosto imbarazzata, prende un respiro profondo.
- Ciao, Diana –sorride.
- Ciao, cara. Tutto bene? –ora mia madre è preoccupata.
- Sì, sì, benissimo. Ho solo accompagnato Rachele perché ha perso l’ultima corriera.
- Ah –l’occhiata assassina di mia madre non ha pari.
- E volevo dirle che non deve punirla, perché...ecco, io e Arianna abbiamo alzato un po’ il gomito, ieri sera, e ci siamo sentite male. Rachele ci ha aiutato...ci ha portato a letto, e poi lei ed Oliver sono restati tutta la notte a pulire casa nostra, perché non finissimo nei guai, dato che i miei tornano oggi. E poi si sono addormentati sul divano. –Rita è rossa, mentre racconta.
- Chi è Oliver? –chiede mia madre, confusa.
Rita mi lancia un’occhiata, io chiudo gli occhi.
- Te ne parlo ora, mamma. Rita non c’entra. –intervengo.
Mia madre resta zitta, guarda me e poi Rita ad intervalli quasi regolari.
- Credevo che fosse giusto dirglielo di persona –aggiunge la ragazza.
Mia madre annuisce e la saluta mentre Rita esce, sale in auto e riparte.
Una volta rientrata in casa, mia madre si accascia su una sedia in cucina.
- Non hai idea di quanto mi sia preoccupata –mormora.
- Scusa, mamma.
Sospira e mi guarda.
- Così hai aiutato le tue due amiche ubriache e sistemato la loro intera casa perché non finissero nei pasticci, per poi finirci tu?
Sì, detta così sembra pura fantascienza. Però sono rimasta perché Oliver rimaneva. No, sono rimasta perché all’improvviso mi sono ricordata che Oliver mi doveva una Coca Cola, e una cosa tira l’altra...
- Suona strano, lo so. –borbotto.
E’ arrivato il momento di raccontargli di Oliver.
- La vuoi sentire una storia, mamma?
 
- Puoi invitarlo a cena qui. –sorride servendo la cena in tavola. Lucas freme dalla fame.
- Come, scusa? –chiedo, quasi strozzandomi con l’acqua.
- Oliver. Potresti invitarlo a cena, una volta. Magari con sua zia.
La guardo per capire se sta scherzando. Dato che non aggiunge altro, deduco che è seria.
- E perché mai? E’ un mio conoscente...l’unica persona che mi hai fatto invitare a cena è Arianna. –ricordo lentamente.
- Sì, lo so, però...
- Magari tra un po’, mamma –sussurro fissandola.
Lei si stringe nelle spalle.
- Come vuoi... –bofonchia servendo mio fratello.
- Oh, grazie al cielo! –esclama lui infilando in bocca una forchettata di pasta.
Lo guardo sorridendo.
- Allora, hai pensato a quella cosa di papà? –chiede, con la bocca piena.
Normalmente, mamma lo sgriderebbe e gli direbbe che non si parla con la bocca piena. Invece ora lascia cadere la forchetta sul piatto.
- Credevo che l’argomento fosse chiuso. –sussurra. Mi lancia un’occhiata in cerca di supporto.
Resto immobile.
- Anche a me farebbe piacere vederlo. –azzardo –Potremmo fare un viaggio in America e incontrarlo.
- Non avremmo abbastanza soldi da permettercelo –taglia corto.
- Lo so, ma papà sì. Non è forse un milionario? –suggerisco.
Mia madre resta spiazzata.
- Non ci si approfitta così delle persone, Rachele.
- Non è “approfittarsi”. Voglio dire, andremmo comunque là per lui. Solo un giorno, mamma, poi potremmo avere cinque o sei giorni per rilassarci, visitare il posto...staremmo in albergo...
Mi lancia un’occhiata disperata.
- Tuo padre mi ha fatto male, Rachele. Non ho intenzione di rivederlo.
- Ma è comunque mio padre, mamma.

ANGOLO AUTRICE:

Eccomi qui, di nuovo! ^^
Grazie a tutti quelli che seguono la storia! Mi fa davvero piacere!
In questo capitolo scaviamo nelle storie die due personaggi, in quella rose e fiori di Oliver e in quella più burrascosa di Rachele.
Che vi sembra? Perchè io non sono troppo convinta...
Grazie mille!
emmegili
   
 
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