Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.944 (Fidipù)
Note: E con questo capitolo termina la storia di Fu: ancor più che
nei precedenti, in questo si capisce quanto di parte è la visione di
questa storia. Spero di rendere giustizia a questi Black Cat e Ladybug,
quando ne scriverò la storia.
Detto questo, non ho nient'altro da dirvi (strano, vero? Logorroica come
sono!) se non i soliti ringraziamenti di rito: un grazie a tutti voi che
leggete silenziosi (fatemi sentire la vostra voce!), un grazie a chi
commenta qui e su FB e un grazie a chi inserisce questa storia
in una delle sue liste.
Semplicemente grazie!
Il
maestro Liu era immerso nella lettura del grande tomo che aveva davanti a
lui, ignorando completamente la scodella di riso e il contorno che il
padrone della locanda aveva portato loro: «Sembra una lettura
interessante.» commentò Fu, portandosi il riso alla bocca e chiudendo le
labbra attorno alle bacchette, buttando poi giù il boccone: «Di che
parla?» domandò, allungando il collo e osservando il dipinto della pagina
che il maestro stava leggendo: una fanciulla, in vesti orientali rosse con
pois neri, intenta a usare la propria arma: «Ladybug? Maestro, ma…»
«Questo libro è un testo importante e prezioso, Fu.» dichiarò Liu,
chiudendo il tomo e carezzando la copertina scura: «Ciò che è contenuto
qua dentro riguarda i Miraculous e non deve mai cadere in mani nemiche.»
«Perché mi sta dicendo questo?»
Liu sorrise al ragazzo, alzandosi e poggiandogli una mano sulla spalla:
«Ti ho osservato in questi ultimi mesi, Fu. Ho visto il giovane fanciullo
diventare un uomo acerbo; stai combattendo bene come Genbu e hai
instaurato un bel rapporto con gli altri Portatori…» Fu aggrottò le
sopracciglia, fissando il maestro e non capendo quale fosse il fine di
quel discorso: «Quel lontano giorno, in cui ti raccolsi dalla strada, vidi
il tuo futuro: il dolore sarà presente per molto tempo, difficile sarà
dimenticare la perdita ma andrai avanti e diventerai un grande Guardiano.»
«Io? Un Guardiano? Maestro, ma…»
Liu sorrise, poggiando il libro davanti al ragazzo: «Un giorno dovrai fare
delle scelte, le stesse che ho dovuto fare io. Sono certo che questo ti
sarà di aiuto.» dichiarò l’uomo, annuendo con la testa e poi posando una
mano sul capo del ragazzo, scompigliandogli i capelli scuri: «Cerca di
andare d’accordo con Fa.»
Fu abbassò lo sguardo sulla copertina, scuotendo la testa e rialzandola,
non trovando più il maestro al proprio fianco: era stato così strano e
quelle parole…
Perché avevano il sapore amaro dell’addio?
«Fu. Hai visto il maestro?» domandò Fa, entrando nella stanza con una
manciata di mele tra le braccia; la ragazza l’osservò, accomodandosi sulla
stuoia e facendo scivolare la frutta per terra: «Allora?»
«Era qui fino a poco fa…»
«Cos’è quel libro?»
«Me l’ha dato il maestro. Ha detto che è prezioso.»
«E perché l’ha dato a te, allora?»
«Non lo so…»
Fu si rigirò nel suo giaciglio, ascoltando il respiro addormentato di Fa e
non riuscendo a prendere sonno: quella notte non c’erano stati
combattimenti, i guerrieri di Chiyou sembravano dissolti nel nulla, dopo
nottate che avevano attaccato ininterrottamente; Zorro e Pavão erano stati
contenti della serata tranquilla, mentre Abeja aveva abbozzato un sorriso,
lo sguardo preoccupato rivolto verso la nave imperiale attraccata al
porto: la notizia dell’accordo, che l’imperatrice era riuscita a
concludere per il matrimonio della figlia, era scivolata in tutta
Nanchino, arrivando anche alle orecchie dei Portatori.
Presto la donna, colei che era posseduta da Chiyou, avrebbe lasciato la
città e sarebbe tornata nella sicurezza del Palazzo Imperiale.
E per loro sarebbe stato molto più difficile sconfiggere il nemico…
«Non riesci a dormire?» domandò Fa, nel buio della stanza: il ragazzo si
issò, appoggiando il peso sui gomiti e osservando i pochi contorni che,
grazie alla luce lunare, riusciva a intravedere.
«Sì.»
«Anche io.» mormorò la ragazza, muovendosi sulla sua stuoia: «Il maestro
non è ancora tornato e nell’aria…» Fa si fermò, respirando profondamente:
«Ho la sensazione che succederà qualcosa e non sarà bello.»
Fu annuì, sentendo una leggera disperazione nella voce della compagna: Fa
teneva a Liu molto più di lui, poiché era suo zio, sangue del suo sangue,
ed era la persona che l’aveva salvata dall’esistenza che avrebbe avuto
come donna dell’impero celeste, portandola a Nêdong e dandole uno scopo.
«E’ come essere sull’orlo di un baratro…» mormorò Fu, stringendo la mano e
guardando il pugno: «E il vento si sta alzando: impetuoso e forte…»
Un sospiro, lungo e lugubre si levò da Fa: «Mi fa male il cuore…» mormorò
la ragazza, con la voce grave come se stesse trattenendo le lacrime:
«Tanto male.»
Quando Fu uscì dalla locanda, quella mattina, sapeva già che avrebbe
trovato qualcosa di spiacevole: era una sensazione che si era radicata in
lui da quella notte, da quando la sua compagna aveva accusato un dolore al
cuore; osservò il maestro Liu, accasciato contro il muro dell’abitazione
dall’altro lato della strada, con i lunghi capelli scarmigliati, lo
sguardo era spento e le vesti candide sporche di sangue: una grossa
macchia si espandeva al centro del petto tingendolo di scarlatto.
Fu socchiuse le palpebre, sentendo le lacrime farsi prossime; chinò il
capo, inspirando profondamente: «Giuro di vendicarvi, maestro.» mormorò,
alzando la testa e osservando il cadavere di Liu: «Chiyou pagherà per ciò
che ha fatto.» lo sguardo gli cadde sui caratteri che erano stati scritti
vicini al corpo, pochi ma con un significato profondo per un Portatore
come lui: I miracoli non sconfiggeranno mai l’oscurità.
Chiyou sapeva.
Chiyou li stava attendendo.
Strinse i denti, ritornando all’interno della locanda e raggiungendo
velocemente la stanza che aveva condiviso con Liu e Fa, in quei mesi a
Nanchino: tre lunghi mesi erano trascorsi da quando erano giunti in quella
città e avevano iniziato la lotta contro Chiyou: «Che succede, Fu?»
domandò Fa, alzandosi a sedere e osservandolo con sguardo assonnato.
«Dobbiamo andarcene.» sentenziò secco il ragazzo, infilando il libro che
gli era stato lasciato da Liu e i suoi pochi effetti in una sacca.
«Ma Liu non è ancora…»
«Liu non tornerà.»
«Cosa? Come puoi…» Fa si fermò, sgranando gli occhi e velocemente si alzò,
correndo fuori dalla stanza: avrebbe dovuto fermarla, lo sapeva, ma era
anche conscio che non sarebbe servito a niente; l’urlo di dolore della
ragazza gli giunse da fuori, facendogli stringere forte i pugni e chiudere
gli occhi: sto sognando. Il maestro Liu
a breve mi sveglierà ed io…
Fu riaprì le palpebre, osservando la stanza e alzandosi per radunare le
poche cose di Fa, lasciando al loro posto quelle del loro maestro: il
locandiere le avrebbe avute come pagamento per la stanza; si preparò
velocemente, uscendo poi dalla stanza e raggiungendo la compagna
all’esterno della locanda, trovandola china contro il corpo del congiunto:
«Dobbiamo andare, Fa.» dichiarò, afferrandola per un braccio e
trascinandola via dal cadavere di Liu.
Il tempo ormai era giunto al termine.
Liu l’aveva saputo la sera prima, quando gli aveva lasciato il tomo sui
gioielli miracolosi.
Chiyou lo sapeva, quando aveva lasciato il cadavere del loro maestro
davanti la locanda ove alloggiavano.
Era tempo di metter fine a tutto.
Era tempo dell’ultima battaglia.
Aveva lasciato Fa dagli Alvares, spiegando velocemente cosa era successo a
Henrique e Maria, che avevano ascoltato in silenzio e rammaricandosi per
la morte di un uomo che non avevano mai conosciuto, ma solo sentito
parlare dai racconti dei due ragazzi.
Fu sospirò, sentendosi un verme per aver lasciato la sua compagna, ma
qualcosa l’aveva spinto ad andare in quella villa: alzò lo sguardo,
sorridendo alla giovane occidentale che correva verso di lui, tenendo le
pesanti e ingombranti gonne dell’abito: «Fu!» esclamò allegra Bridgette,
fermandosi davanti a lui e sorridendo gioiosa.
Dov’eri mentre Liu veniva ucciso?
Perché non stavi facendo il tuo dovere di Ladybug?
Fu strinse i pugni, chinando la testa, incapace di reggere lo sguardo
dell’altra: la sua amica, la ragazza che aveva conosciuto, l’eroina
fragile che aveva visto come Genbu, tutto era sparito…
«Fu?» sentì una nota di curiosità nella voce di Bridgette, che lo
costrinse ad alzare lo sguardo e incontrare quello chiaro: «E’ tanto che
non ci vediamo…»
«Sono venuto per dirti addio.»
«Cosa?»
Io stasera affronterò Chiyou, ma non so
se tu sarai al mio fianco come Ladybug.
«Addio, Bridgette.» mormorò, chinando la testa e voltandosi; uscì
velocemente dall’abitazione, ignorando la voce della ragazza che lo
richiamava: iniziò a correre, alzando la testa e accogliendo l’aria fresca
contro il viso, evitando gli ostacoli che si mettevano sul suo cammino e
giungendo fino al porto, osservando la nave maestosa che s’imponeva su
tutte le altre.
Stasera…
Stasera avrò la mia vendetta.
Black Cat abbozzò un sorriso, facendo lo sgambetto a un guerriero e
mandandolo a finire contro Genbu che, con il suo scudo, lo placcò,
trattenendolo a terra: «Gran bell’idea, sì.» commentò il felino,
osservando il porto brulicante di guerrieri di Chiyou e scuotendo il capo:
«Massì, andiamo in missione suicida nella base del nemico.»
Pavão sbuffò, parando l’assalto di due guerrieri neri con i suoi ventagli
e calciandoli poi lontani: «Dovevamo farlo. Chiyou…»
«Sì, sì.» sbuffò Black Cat, prendendo il proprio bastone e roteandolo per
aria, usandolo poi come una spada per parare gli assalti di un guerriero
nero: «Allora, il piano qual è? Andiamo da Chiyou e poi…»
«Poi lo uccidiamo.» decretò freddamente Genbu, lanciando lo scudo e
atterrando tre guerrieri neri, osservando Ladybug purificarli prontamente;
afferrò nuovamente la sua arma, avanzando verso l’esercito nemico e
colpendo qualsiasi cosa gli si parasse a tiro; sentì uno sbuffo dietro di
sé e un’ombra nera scivolare alla sua sinistra.
«Hai intenzione di farti uccidere, ragazzino?» ringhiò Black Cat, parando
l’assalto di un guerriero che Genbu non aveva visto e spendendolo poi
contro gli altri: «Perché questo tuo atteggiamento, porterà proprio…»
«Black Cat!»
L’urlo di Ladybug fece voltare il Portatore del Miraculous del Gatto Nero,
ma non abbastanza in tempo per schivare l’affondo del nemico: un gemito
strozzato uscì dalle labbra del felino, mentre con una mano afferrava la
spada infilzata nel proprio addome: «Questo non dovevi farlo.» ringhiò,
tirando fuori l’arma dal proprio corpo e calciando il guerriero; si chinò,
portandosi una mano alla ferita e respirando faticosamente, mentre un
nuovo guerriero nero si avvicinava e lo calciava lontano, sotto lo sguardo
attonito di Genbu.
Fai qualcosa.
Muoviti.
Rimase immobile, osservando Black Cat venire ferito dai guerrieri scuri,
finché con un ultimo gemito strozzato il felino si accasciò a terra:
«mi…a…si…gno…ra…» gemette, allungando una mano davanti a sé, la stessa a
cui era infilato l’anello magico; i capelli biondi sporchi e incrostati
del sangue delle ferite, una macchia cremisi che si espandeva sotto il
corpo, stretto in un changshan scuro come la notte.
Black Cat abbozzò le labbra in un sorriso, l’ultimo ghigno, prima che la
vita lasciasse il suo corpo per sempre.
Genbu si mosse, usando lo scudo per proteggere Black Cat dall’affondo di
un nuovo guerriero e, dopo averlo mandato lontano, si voltò: «Black Cat?»
mormorò, toccando il corpo e sentendolo ancora caldo: «Black Cat?» il
giovane alzò lo sguardo, osservando Ladybug poco lontana da lui: lo
sguardo sconvolto, le mani premute contro il viso e il corpo scosso dai
tremiti.
Dolore e disperazione.
Il suono del Miraculous gli fece riportare l’attenzione sul corpo di Black
Cat: l’anello esalava l’ultimo respiro, rilasciando la trasformazione e un
kwami nero come la notte si materializzò, mentre il changshan nero
lasciava il posto ad abiti occidentali e il volto, sgombro dalla maschera
scura, era quello di qualcuno che Genbu conosceva.
Felix Norton.
Boccheggiò, osservando incredulo l’uomo: colui che Bridgette aveva sempre
amato, l’uomo per cui aveva spasimato era sempre stato al suo fianco.
Felix era Black Cat.
Black Cat era…
Si voltò verso la ragazza, osservandola fare un passo incerto verso di
lui: «Sergente Norton?» domandò, con la stessa intonazione che aveva avuto
quel lontano giorno al mercato: «No. E’ un incubo…» mormorò, chinandosi
anche lei accanto al corpo senza vita di Felix e allungando una mano:
«Black Cat non poteva essere…»
«Ladybug!»
«Io sono andata con lui….»
«Ladybug!»
«Era Felix. Era sempre stato…» la ragazza si portò le mani al volto,
toccandosi le guance asciutte: «Perché non piango, Genbu? Io ho sempre
amato il sergente Norton, perché non sto piangendo ora?» gli chiese
Ladybug, alzandosi e correndo verso l’esercito di guerrieri neri, con il
suo yo-yo alla mano.
«Ladybug!» Genbu si alzò e la inseguì, osservandola lanciare l’arma contro
l’albero maestro della nave dell’imperatrice e issarsi a bordo:
«Bridgette!» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, assestando colpi
di scudi ai nemici che gli si paravano davanti a lui: doveva andare…
Doveva raggiungerla…
Doveva…
Qualcosa lo colpì alla nuca, una fitta di dolore che s’irradiò per tutto
il corpo, facendolo rovinare a terra e cadere nell’oblio più profondo.
Bridgette.
Aprì faticosamente le palpebre, ritrovandosi a osservare un soffitto che
non conosceva: dov’era? Che cosa era successo? Perché era lì?
Il volto tranquillo e pacato di Maria entrò nella sua visuale: «Finalmente
ti sei svegliato.» gli mormorò, allungando una mano e scostandogli alcune
ciocche dalla fronte: «Abbiamo temuto per la tua vita, Fu.»
«Che cosa è…»
«Dieci giorni fa, siamo andati al porto per sconfiggere Chiyou.»
«Lo ricordo.» mormorò il ragazzo, issandosi a sedere e osservando la
donna: «Abbiamo perso Black Cat e Ladybug…»
«Ladybug è saltata sulla nave, mentre tu sei stato colpito da uno dei
guerrieri di Chiyou; Pavão ti ha preso in tempo, prima che la nave
dell’imperatrice saltasse in aria: Xiao Quan Cheng è morta. Siamo
riusciti…»
«E Ladybug?»
Maria inspirò, allungando una mano e stringendo quelle del ragazzo: «Sono
tutti morti, Fu. Nessuno si è salvato.»
Ladybug. Bridgette era morta…
Fu annuì, trovandosi stranamente sereno a quella notizia, forse perché lo
aveva capito nel momento in cui lei era saltata a bordo della nave:
l’aveva chiamata con il suo nome, in un ultimo disperato tentativo di
fermarla ma non ci era riuscito.
E adesso lei è morta.
«Gli altri?»
« Pavão è partito qualche giorno fa: si è rammaricato molto di non poterti
dire addio, ma doveva tornare in Portogallo.» mormorò Maria, allungandosi
e afferrando tre scatoline nere: «Ti ha lasciato questo: sono il suo
Miraculous e quelli del Gatto nero e della Coccinella, che ha raccolto dal
pontile, prima di andare via: ha detto che quello di Ladybug era stato
messo vicino all’anello di Black Cat..» Fu accettò le tre piccole scatole,
posandosele in grembo e carezzando il legno scuro: «Henrique ed io
aspettavamo che ti svegliassi, poi torneremo a Macao e daremo a te i
nostri Miraculous.»
«Cosa? No…»
Maria sorrise, inclinando il capo: «Per quanto ci dispiaccia dire addio a
Vooxi e Mikko, non abbiamo più la forza di combattere. Non dopo quello che
è successo quella notte.»
Fu annuì, ascoltando le parole della donna e poi guardandosi intorno nella
stanza: «Fa dov’è?»
Un piccolo gazebo in mezzo a un lago artificiale.
Una ragazza che osservava la superficie dell’acqua.
Tutto ciò riportava Fu indietro nel tempo: «Ti sei svegliato…» mormorò Fa,
alzando la testa e osservandolo: «Come stai?»
«Mi riprenderò.»
La ragazza annuì, voltando di nuovo la testa verso il laghetto: «Qualche
giorno fa è arrivato un messaggero da Nêdong.» lo informò, giocherellando
con le maniche del qipao: «Voleva parlare con Liu e non sembrava stranito
quando gli ho detto che era morto: mio zio, Liu, aveva mandato un
messaggio al tempio, designandoti come suo successore.»
Fu annuì, assimilando l’ennesima notizia e poggiandosi contro la
balaustra: «Sarò il nuovo Gran Guardiano.» dichiarò, inspirando e
rilasciando andare l’aria: «Chiyou…»
«Non so dirti se è stato sconfitto, in vero. La tua amica, Ladybug,
sicuramente ha combattuto contro di lui sulla nave ma…» la ragazza si
fermò, scuotendo il capo: « Xiao Quan Cheng è morta; quindi sì, è stato
sconfitto.»
«Almeno loro non sono morti invano.»
«La memoria dei nostri compagni sarà sempre in noi.»
«Sì.»
Fa rimase in silenzio e lui poteva sentire il suo sguardo addosso: «Che
cos’hai, Fu? Sei così strano…»
«Io li ho odiati. Erano così presi l’uno dall’altro che ho odiato
Bridgette per non aver salvato Liu: come poteva farlo? Lei neanche sapeva
chi era e ho odiato Black Cat che aveva trasformato la mia amica…» il
ragazzo scosse il capo, picchiando il pugno contro la balaustra: «Volevo
vendicare Liu, volevo dimostrare che potevo farlo senza di loro ma Black
Cat – il sergente Felix Norton – è morto per salvarmi e Bridgette…»
«Non puoi addossarti la colpa, Fu.»
«Come puoi dirlo?»
«Perché ero lì anch’io, perché ho provato i tuoi stessi sentimenti verso
quei due inglesi che ignoravano la missione che ci era stata data.»
mormorò Fa, alzandosi e avvicinandosi all’amico: «Non addossarti la colpa
di essere stato umano, Fu. Non farlo.» dichiarò, posando le mani sulle
spalle del giovane e sorridendo: «Non farlo e sii il Gran Guardiano che
mio zio ha visto in te.»
1950, Parigi.
La Tour Eiffel si imponeva sulla capitale francese, un gigante quieto che
sorvegliava la città: «Come mai Parigi, maestro?» domandò Wayzz, facendo
capolino da sotto il cappello dell’uomo, mentre questi si guardava
intorno, osservando entusiasta il fermento intorno a lui: «Prima New York,
poi Roma…» continuò il kwami, scuotendo il capino: «E adesso Parigi?»
«Non fa male vedere il mondo, Wayzz!»
«Di certo fa male ignorare i messaggi dal tempio di Nêdong. La maestra
Fa…»
«Oh! Ignora quella vecchia incartapecorita! Da quando si è sposata e ha
messo su famiglia è diventata insopportabile!»
«Quale sarà la prossima tappa, dopo che avremmo visitato questa città?»
«Non ci sarà una prossima tappa, Wayzz.» decretò Fu, stringendo il manico
della valigia che conteneva lo scrigno dei Miraculous: «Questa sarà casa
nostra: c’è qualcosa…» mormorò, sorridendo: «Qualcosa che mi dice di aver
finalmente trovato il posto in cui stare.»
«Se ne è sicuro lei, maestro.»
Fu annuì, piegando le labbra in un sorriso, calcandosi il cappello sulla
testa e mischiandosi fra la gente che affollava la stazione di
Saint-Lazare: una ragazzina corse di fianco a lui, la gonna ampia che
ondeggiava a ogni passo e i lunghi capelli scuri stretti in due codine,
facendolo sorridere quando, poco lontano da lui, la giovane quasi inciampò
nel marciapiede.
Fu scosse il capo, guardandosi attorno e inspirando profondamente,
avvertendo l’aroma del pane e dei dolci appena sfornati della boulangerie
poco distante, mentre un auto sfrecciava lungo la strada: «Sono a Parigi,
Bridgette.»