Fanfic su artisti musicali > EXO
Segui la storia  |       
Autore: Ehyca    04/07/2016    5 recensioni
Minseok non è davvero bravo in cinese, Luhan è lo studente nuovo con dei segreti, Jongdae dà pessimi consigli, ma Kyungsoo no. Sehun apprezzerebbe davvero tanto se Kim Jongin smettesse di interessarsi a lui, Baekhyun e Chanyeol sono davvero sul confine del più-che-solo-amici, e niente, la loro vita si incasina giusto un po'.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Un po' tutti, Xiumin, Xiumin
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Kyungsoo non disse mai, mai, a Minseok come stesse quando era in ospedale, o di quando si aspettasse di tornare a casa. Minseok sapeva che non era per le proprie ragioni egoistiche. Sapeva che nemmeno Kyungsoo sapeva dare risposta a quelle domande. Riceveva tutti gli aggiornamenti sulle sue condizioni dai suoi genitori, perché anche se Kyungsoo avesse voluto condividerli con lui non avrebbe potuto. Kyungsoo non chiedeva mai ai medici se stesse bene, se avessero trovato qualcosa di nuovo, nemmeno quale fosse la sua diagnosi. Sapeva come si sentiva ovviamente, ma a quanto pare Kyungsoo sapeva di non potersi affidare solo su quello quando si trattava della sua salute. E non chiedeva mai quando sarebbe potuto tornare a casa. Non voleva saperlo.
Non voleva mantenere le speranze troppo alte, perché troppo spesso quando era più piccolo, gli avevano detto una cosa, per poi informarlo il giorno seguente che le cose erano cambiate.
Nonostante questo, a Minseok faceva piacere sapere, anche solo per alleggerire la propria coscienza, quindi riceveva aggiornamenti regolari dai genitori di Kyungsoo. Sapeva che le cose sarebbero potute cambiare nel giro di un'ora o anche meno, ma voleva sapere almeno come stavano andando le cose. Quindi sapeva che Kyungsoo stava leggermente migliorando quando lui tornò a scuola quel mercoledì (ancora malato e debole ma abbastanza lucido da poter lasciare la casa), e che lo avrebbero dovuto dimettere sabato; quando però ebbe una ricaduta il giovedì, rimandarono la data almeno fino al martedì successivo. Aveva sentito che Kyungsoo aveva cominciato a tossire sangue a un certo punto, ma che per fortuna aveva smesso qualche giorno fa. Aveva sentito che Kyungsoo, debole e fragile, era così esausto per la ricaduta improvvisa e per il costante sforzo fisico di tossire che aveva dormito per diciannove ore di fila (ed era per questo che non aveva mandato messaggi a Minseok per tanto tempo, facendolo preoccupare tantissimo). Ma sapeva anche che Kyungsoo si era ripreso rapidamente dall'infezione secondaria, molto più in fretta di quanto non fosse abituato, e che la data di dimissione del martedì rimase programmata.
Questo rendeva la sua permanenza in ospedale di esattamente due settimane, e paragonato alle volte in cui ci era rimansto per mesi quando era più piccolo, sembrava quasi un miracolo, e Minseok li considerò estremamente fortunati.
Kyungsoo tornò a casa martedì, ma se i suoi genitori non glielo avessero detto esplicitamente, non lo avrebbe mai saputo. Kyungsoo non gli disse nulla, nemmeno quando era già a casa, ma Minseok sapeva di non doversi aspettare altrimenti, ma lo stomaco gli si strinse comunque per l'ansia. Mandò un messaggio all'amico, dandogli il bentornato a casa, ma non ricevette risposta. C'era da aspettarselo. Non ebbe il coraggio di dire nulla a Luhan; sapeva che il ragazzo voleva vedere Kyungsoo, e non voleva dirgli che non poteva farlo.
Oltre all'impressionante guarigione rapida di Kyungsoo, l'unica notizia ottimista a cui Minseok poté appigliarsi fu che Kyungsoo non chiese ai genitori di distruggere tutte le cose della sua stanza, come era abituato a fare. La madre di Minseok era andata nella sua stanza lunedì notte per aiutare a disinfettare ogni minimo centimetro – come infermiera, era l'unica persona della quale Kyungsoo si fidasse. Quello, almeno, fece sentire Minseok leggermente meglio. Avevano affrontato di peggio in passato. Questo potevano superarlo.
Mercoledì non sembrò andare meglio di martedì. Dopo la scuola, Minseok era tornato a casa e aveva gettato la propria sciarpa gialla sopra il muro che divideva i loro balconi, un segnale, e aspettò li fuori al freddo per ore, nonostante lui stesso si fosse appena ripreso dalla malattia. Kyungsoo non aprì mai la sua porta.
Quella notte, Minseok pensò per più di un'ora prima di mandare un altro messaggio al vicino. Mi piacerebbe davvero parlare con te, Soo.
Ci volle un'altra ora prima che ricevesse risposta.
Kyungsoo: Non posso, hyung.
Minseok si morse il labbro e prese un profondo respiro. Ti prego, Kyungsoo. Ho bisogno di te.
Kyungsoo: Per favore non rendermi tutto più difficile. Non posso.
Minseok si ritrovò a cacciare indietro le lacrime. Ti prego, prenditi cura di te, fu tutto quello che poté rispondere.
Giovedì si costrinse ad andare a casa di Kyungsoo e bussare alla sua porta, anche se aveva paura di peggiorare le cose. Rispose il padre, e confermò quello che Minseok aveva già immaginato: Kyungsoo non usciva dalla propria stanza, né per Minseok né per nient'altro se non andare in bagno, e anche allora solo dopo essersi assicurato che fosse stato pulito. Minseok annuì triste e tornò a casa.
Venerdì, Minseok ne ebbe abbastanza della reclusione di Kyungsoo, e decise che un approccio più diretto fosse ovviamente necessario. Lo aveva fatto solo una volta prima, quando erano considerevolmente più piccoli, ma aveva funzionato allora, e Minseok non si sarebbe arreso fino a che non avesse funzionato anche stavolta. Non avrebbe lasciato che accadesse ancora.
Quindi si mise il giubbotto, la sciarpa e il cappello, e uscì in balcone, scavalcò goffamente il muro che li divideva e bussò al vetro di Kyungsoo.
Le tende erano chiuse, quindi non poteva vedere Kyungsoo o sapere se avesse sentito, ma a meno che non fosse stato in bagno, doveva per forza averlo sentito. “Kyungsoo,” disse, cercando di non lasciare che la voce gli tremasse. “Kyungsoo, posso parlarti un secondo, per favore?”
Non ci fu risposta. Minseok non se ne aspettava una. “Kyungsoo, ho davvero bisogno di parlarti. Ho bisogno che esci.”
Il silenzio si prolungò, e Minseok era piuttosto sicuro di star provando uno di quei cambi d'umore dati dal diabete, e probabilmente se ne sarebbe dovuto preoccupare, ma al momento non gli importava, quindi sbatté i piedi e disse, “Kyungsoo, esci in questo momento,” cominciando poi a gridare per la rabbia, la paura e lo stress e un milione di altre emozioni travolgenti. Si voltò e si sedette con la schiena poggiata alla porta, sbattendo la testa sul vetro un paio di volte mentre cercava di darsi una calmata, prendendo dei profondi respiri e asciugandosi gli occhi quando il dolore alla testa cominciò a farsi sentire. Si rese conto che la stava ancora sbattendo contro la finestra e si fermò, pensando che si sarebbe procurato una commozione cerebrale e questo sicuramente non avrebbe migliorato le cose. “Kyungsoo ti prego,” disse, con voce debole. “Sono preoccupato per te e mi manchi e so cosa ti stai facendo, e non deve andare per forza così, e ho bisogno che esci. Ti prego, esci.”
Tutto rimase perfettamente immobile e silenzioso, e Minseok sentì il bisogno di ricominciare a sbattere la testa alla porta. Prese un profondo respiro e si asciugò ancora le guance, immaginandosi Kyungsoo seduto nella sua stanza, probabilmente sul letto, raggomitolato e spaventato e solo, e cercò di ricomporsi. “Kyungsoo,” disse ancora, con voce più ferma. “Ne abbiamo già parlato prima, no? Non puoi lasciare che la tua paura abbia la meglio su di te. So che sei spaventato, e so che sei stravolto, che senti di non poterne fare a meno, ma io so che puoi. So che sei forte, e che non hai mai lasciato che qualcosa del genere ti sconfiggesse prima. So che è terrificante, che senti che sia troppo, ma ho bisogno che pensi un secondo all'anno appena trascorso, okay? Ascoltami e basta. Pensa a tutte le cose che hai fatto quest'anno. Ti sei fatto dei nuovi amici, giusto? Luhan e Baekhyun e Chanyeol e Junmyeon. Sei venuto a casa mia, hai dormito qui. Ti sei seduto sul mio divano e hai mangiato marshmallow arrostiti al tuo compleanno, e hai toccato la sabbia. Te lo ricordi? E hai lasciato che io e Luhan entrassimo in camera tua. E so che ti sei ammalato, e so che è stato spaventoso, difficile e doloroso, ma pensa a tutte le cose che hai fatto. E a quanto in fretta ti sei ripreso. Nonostante tutto, Kyungsoo, sono così orgoglioso di te. Sei così forte, più forte di quanto non potrei mai essere io, e so che uscire dalla tua stanza e affrontare ancora il mondo sembra pericoloso e terrificante, lo capisco, ma tu sei più forte di così. So che lo sei. So che è un rischio, ma Kyungsoo, a volte devi correre dei rischi per essere felice. Voglio solo che tu sia felice.”
Prese un gran respiro e chiuse gli occhi. “E pensa a me, Soo. Come pensi che sopravvivrò senza di te? Sai che non farei mai niente che penso possa farti male, vero? Sai che voglio solo il meglio per te. E io... non so nemmeno cosa fare senza di te. E pensa a Luhan. Sai come si sente in questo momento? È così preoccupato per te. Mi chiede di te cento volte al giorno. Non so mai cosa dirgli. Vorrei dirgli che supererai tutto questo, che tornerai ad essere quello di prima, ma ho bisogno che tu mi dica che ci proverai. Dipende tutto da te, Kyungsoo, e questo non significa che noi non ti aiuteremo e supporteremo, ma tu devi fare il primo passo. Luhan vuole parlare con te, vuole assicurarsi che stia bene, si sente così in colpa per tutto e vuole solo che le cose migliorino. Tutti vogliamo che le cose migliorino. Rivoglio indietro il mio Sooseongong. Quindi ti prego, ti prego, vieni fuori.”
Detto questo, Minseok si sporse in avanti e chiuse gli occhi, rabbrividendo per il freddo e contando indietro da cento, aspettando, sperando. Novantotto. Novantasette. Probabilmente sarebbe arrivato a zero e avrebbe ricominciato. Novantacinque. Novantaquattro. Sentiva come se il freddo gli stesse circolando nel sangue. Novantadue. Novantuno.
La porta si aprì. Minseok sussultò, girandosi e sollevando lo sguardo per vedere Kyungsoo sulla soglia, che sbirciava dai quattro o cinque centimetri di porta aperta, vestito con il pigiama e dall'aspetto fragile ma vivo. Minseok sbatté le palpebre, gli occhi gonfi e rossi.
“Ho paura,” sussurrò, con voce così sottile che quasi si perse nel vento invernale.
“Lo so,” rispose Minseok, alzandosi in piedi. “Ma lo supereremo.”
“Ho paura,” ripeté Kyungsoo, con le lacrime che gli scendevano sulle guance.
Io credo in te,” disse lui, deglutendo a fatica. “Devi fidarti di me.”
E lentamente, con esitazione, Kyungsoo annuì. Era un inizio.


Kyungsoo sapeva molto sui meccanismi di coping. Aveva letto un sacco di libri e di ricerche, e sopratutto li aveva sperimentati in prima persona. Crescere e capire lentamente sempre più circa la sua condizione lo aveva portato a conoscere diversi modi di gestire tutto per evitare di essere travolto, che ovviamente era la sua prima reazione. Aveva attraversato diversi periodi di negazione, regredendo ad inaccettabili comportamenti infantili, dissociandosi da tutto e praticamente chiudendo tutti fuori, e rendendo tutto una specie di grande gioco malato. Aveva un terapista quando era più piccolo, qualcuno che veniva a casa sua per lavorare con lui un paio di volte a settimana, ma a un certo punto aveva sviluppato una terribile fobia delle persone che entravano a casa sua, e di lasciarla lui stesso, quindi la cosa si era conclusa abbastanza in fretta.
Aveva passato un periodo di profonda depressione per circa un anno, ed era stato davvero difficile per lui uscirne; si richiudeva in passatempi oscuri e faceva delle ricerche su argomenti strani per distrarsi dalla negatività della propria vita. La distrazione era diventata la sua ultima spiaggia, per evitare di pensare troppo a tutto. Minseok era diventato una distrazione. Un amico certo, ma anche una distrazione. Minseok era sempre stato suo amico, ma per la maggior parte del tempo, Kyungsoo gli aveva tenuto nascoste tutte le sue difficoltà, per paura di perdere l'unico amico che avesse mai avuto. Minseok lo aveva aiutato molto, anche senza accorgersene. Era sempre stato infinitamente di sostegno, infinitamente di supporto, e infinitamente orgoglioso di lui. Come se Kyungsoo meritasse il suo orgoglio.
Kyungsoo aveva lavorato duramente per meritarlo, anche solo un poco.
Ora, e in questi ultimi anni, Kyungsoo stava molto meglio. Lo sapeva. Aveva ancora dei giorni difficili, e dei giorni tristi, ma aveva imparato a gestirli. Aveva alterato il proprio modo di pensare, ed era diventato molto più ottimista, in qualche modo. Per altre cose, Minseok gli aveva detto che doveva ancora lavorarci su. Kyungsoo sapeva di aver sviluppato irrazionali fobie e un disturbo ossessivo compulsivo, e sapeva che erano quelle le aree in cui aveva ancora bisogno di lavorare, ma erano chiamate irrazionali per un motivo. Anche se Kyungsoo sapeva di essere troppo paranoico, e che molte delle cose di cui aveva paura non erano nemmeno reali, a volte gli sembravano terribilmente, insopportabilmente reali.
Era migliorato, ma ammalarsi di nuovo aveva cambiato molte cose.
Ammalarsi significava molte cose per Kyungsoo, che era stato nella stessa situazione innumerevoli volte prima. Ammalarsi significava stare davanti alla porta della morte, con le dita che a volte sfioravano il suo campanello. Ammalarsi significava avere paura della morte, averne così tanta paura da non riuscire ad aprire gli occhi perché forse, se li avesse tenuti chiusi, questo significava che non era mai stato vivo dopotutto. Ma allo stesso tempo in cui temeva la morte, Kyungsoo lottava contro l'istinto di accettarla, perché accettarla come possibilità sembrava così invitante, gli avrebbe sollevato un bel macigno dal petto; ma dopo l'accettazione arriva il desiderio. Il desiderio di scomparire. Il desiderio di essere libero dal dolore, libero dal terrore, libero dalla sofferenza. La morte lo stava aspettando da molto tempo. Sin dal giorno in cui era nato. Sarebbe stato così facile arrendersi semplicemente.
A volte, il desiderio era tanto spaventoso quanto la paura iniziale.
E poi era migliorato. A volte, nei suoi momenti più bui, Kyungsoo biasimava il processo di guarigione. Era una speranza, ma a quale prezzo? Un altro paio di mesi di paranoia e solitudine prima di ammalarsi di nuovo? E la paranoia era sempre così forte quando stava meglio. Tutto sembrava una minaccia. Gli sembrava come se la sua pelle bruciasse per i batteri, come se tutto quello che toccava fosse infetto, come se niente e nessuno fosse sicuro. Non poteva lasciare la sua stanza perché tutto era pericoloso, persino la sua stanza era pericolosa, raramente si muoveva dal letto, perché l'ultima volta che l'aveva fatto si era ammalato, e guardate dove l'aveva portato.
E poi era arrivato Minseok. Come sempre, era arrivato Minseok, e gli aveva ricordato perché avesse lasciato la sua stanza. I suoi amici. Nuove esperienze. Quella luminosa e distante possibilità di felicità, anche se effimera. Le cose per le quali valeva la pena vivere, persino per Kyungsoo. E Minseok era così orgoglioso. Come se Kyungsoo meritasse quell'orgoglio.
Kyungsoo voleva meritarlo, quindi mercoledì pomeriggio era uscito da camera sua e si era seduto in cucina, dove Minseok lo aveva raggiunto.
Hey Soo,” disse piano il maggiore, sedendosi di fronte a lui e sorridendogli gentilmente. “Come stai?”
Kyungsoo dovette fermarsi e prendere dei profondi respiri, perché Minseok si era seduto a pochi centimetri da lui e Kyungsoo sapeva che fino alla settimana scorsa era malato e anche se lui sapeva che non era più contagioso, il suo cuore aveva cominciato a correre perché il suo cuore non sapeva nulla di scienza e medicina. Minseok aspettò pazientemente, e alla fine Kyungsoo disse, “Sto bene.”
Minseok aveva chiamato la cucina di Kyungsoo una 'zona neutrale'. Non doveva lasciare casa sua, ma nessuno doveva entrare nella sua stanza. Era meglio di qualsiasi altra opzione, se non altro. Gli piaceva di più rispetto al salotto. I divani lo rendevano nervoso; i materiali morbidi erano molto più difficili da pulire e disinfettare rispetto a quelli duri. “Te la senti ancora?” Gli chiese con cautela Minseok.
Kyungsoo annuì lentamente. Erano passate tre settimane da quando era stato ricoverato in ospedale. Era decisamente arrivato il momento di farlo (Minseok sarebbe stato orgoglioso di lui). “Sì. Puoi... puoi dirgli di entrare.”
“Ne sei assolutamente certo? Potrebbe agitarsi. Potrebbe agitare te.”
Kyungsoo annuì ancora. Onestamente, non sapeva come avrebbe reagito. Non aveva mai conosciuto le persone che lo avevano contagiato prima. Non sapeva come si sarebbe sentito. “Voglio parlargli.”
Okay,” rispose piano Minseok, poi si alzò in piedi e andò alla porta, aprendola per far entrare Luhan. La prima reazione automatica di Kyungsoo fu quella di balzare in piedi e andarsene, ma si costrinse a rimanere seduto mentre i due ragazzi tornavano al tavolo e si sedevano di fronte a lui. Luhan lo guardò con gli occhi spalancati e lucidi, e Kyungsoo deglutì e usò tutto l'autocontrollo che possedeva per incontrare il suo sguardo invece che guardare dove le mani del ragazzo stavano lasciando sudore, batteri e germi sul suo tavolo.
“Ciao Kyungsoo,” sussurrò Luhan.
“Ciao hyung,” sussurrò lui in risposta, mordendosi il labbro.
Io—tu—sembri... stare bene.” la voce di Luhan tremava pericolosamente, e Kyungsoo dovette sorridere per la scelta delle sue parole.
“Sto bene,” rispose. “Più o meno.”
“Questo—mi fa davvero piacere,” disse sinceramente Luhan. Kyungsoo non dubitò nemmeno un secondo di quelle parole. “Sono davvero contento, Kyungsoo, non ne hai idea.”
“Lo so, hyung,” disse Kyungsoo. E lo sapeva davvero.
“Mi dispiace non averti potuto mai mandare un messaggio personalmente,” si scusò il ragazzo. “Non ho un cellulare, quindi dovevo sempre chiedere a Minseok di dirti le cose, e mi dispiace, volevo parlare con te ma non potevo e avevo così paura e—”
“Lo so, hyung,” disse ancora Kyungsoo, sorridendo leggermente. Luhan chiuse la bocca, gli occhi grandi spalancati. “È tutto okay. Non ti do la colpa.”
“Tu—no?”
Kyungsoo scosse la testa lentamente. “Per nulla. Penso di averlo fatto un po', subito dopo essermi ammalato. Ma non più. Pensavo che l'avrei fatto, quando ti avessi visto. Ma non è così.”
Nemmeno un po'?” chiese Luhan, con la gola secca. “Ma io – era colpa mia, dovresti incolparmi.”
No, non dovrei,” disse Kyungsoo. “So molte cose sulle malattie, hyung. So che le persone diventano contagiose prima che sentano loro stesse i sintomi. Ecco perché sono sempre così paranoico. Ma non era colpa tua. Non ti biasimo.”
Luhan lo fissò a lungo, e poi il suo labbro cominciò a tremare e le lacrime cominciarono a scendergli lungo le guance. “Mi dispiace così tanto, Kyungsoo,” singhiozzò.
“Non piangere, hyung,” disse Kyungsoo, con gli occhi che gli bruciavano, sorridendo per evitare di crollare del tutto. “Comincerò a piangere se non la smetti. Ti prego non piangere, non è stata colpa tua. Mi ammalo e basta a volte, è così che va.”
Luhan tirò su col naso e si asciugò velocemente le guance, cercando di darsi un contegno. “Scusa,” mormorò.
E Kyungsoo rise, per la prima volta in tre settimane. “Non scusarti più,” disse. “Da ora in poi, basta più scuse e... si va avanti.”
Luhan sbatté le palpebre, asciugandosi l'ultima lacrima. “Sì?” chiese titubante.
Kyungsoo esitò, poi annuì deciso. “Sì. Ci proveremo.”
Guardò Minseok, e il ragazzo stava sorridendo e annuendo leggermente.
Kyungsoo avrebbe reso Minseok orgoglioso, e se stesso felice, non importava quanto ci sarebbe voluto.


Le settimane passate erano state strane per Minseok. Essere malato gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo, intrappolato nel suo piccolo mondo fatto di tosse, febbre e Luhan. E poi, dopo la malattia, c'erano state due settimane di niente se non scuola e Kyungsoo. Era rimasto terribilmente indietro con la scuola, e dovette rimanere quasi ogni giorno dopo le lezioni per fare test di recupero e ricevere aiuto dagli insegnanti o dai compagni, e Luhan non poteva aiutarlo perché lavorava letteralmente ogni ora che non passava a scuola, per recuperare tutti i giorni che aveva perso quando era stato male. Non diceva mai nulla, ma Minseok sapeva che a malapena dormiva, arrivava a scuola con delle profonde occhiaie, lavorava talmente tanto che probabilmente si sarebbe ammalato ancora. E tra tutti i test e i compiti, Minseok si preoccupava anche per Kyungsoo, pensando a come poter migliorare la situazione, lavorando insieme al vicino, facendo i passi necessari verso il progresso.
Era stato così impegnato con la sua vita e a tenere sotto controllo lo stress che non si era nemmeno accorto che periodo dell'anno fosse. Senza che se ne rendesse conto, Gennaio era diventato Febbraio e, entrando in cucina dopo l'incontro con Kyungsoo, seguito da Luhan, vide il piccolo calendario sul bancone: 12 Febbraio.
“È quasi San Valentino,” disse sorpreso, alzandosi in punta di piedi per prendere un bicchiere dallo scaffale alto.
“Lo so,” disse Luhan, da qualche parte dietro di lui. “Il mio capo – quello di giorno, non quello di notte – mi ha dato venerdì libero. Ha detto che dovrei uscire invece che lavorare tutto il tempo.” rise esausto; Minseok sapeva che tutta questa cosa di Kyungsoo lo aveva stancato tanto quanto le lunghe ore di lavoro. Doveva comunque andare fra un paio d'ore, dopo cena.
Minseok si concentrò nel prendere un altro bicchiere. “Un appuntamento?” chiese, mantenendo un tono di voce leggero.
“Già,” rispose Luhan. “Credo pensi che abbia una ragazza.” Rise ancora, come se solo il pensiero fosse ridicolo (o come se fosse davvero esausto e trovasse tutto divertente).
“E cosa le hai detto?” chiese Minseok, portando i bicchieri al frigo per riempirli d'acqua. Non guardò Luhan.
“Le ho detto che lo avrei fatto, perché volevo un giorno libero,” rise lui. “Ho così sonno.”
“Allora dormi,” gli disse, concentrandosi nel liquido che si riversava nel bicchiere invece che sull'immagine di Luhan che usciva con una delle tante ragazze che a scuola continuavano a sorridergli. “Manca ancora poco più di un'ora a cena. Puoi fare un sonnellino se vuoi.”
Mmmh,” acconsentì, e poi all'improvviso delle braccia circondarono i fianchi di Minseok, delle mani si chiusero sulla sua pancia, un petto premette contro la sua schiena, e una testa si posò sulle sue spalle. Si irrigidì subito, facendo quasi cadere il bicchiere a terra.
“Co-cosa stai facendo?” gli chiese, arrossendo e balbettando per poi schiarirsi la gola.
“Un sonnellino,” mormorò Luhan, con la voce che vibrava lungo il suo corpo, facendolo arrossire ancora di più.
“Su di me?” chiese, con voce quasi roca.
“Esatto,” rispose lui, per poi rimanere in silenzio per un momento. “Sei così caldo e profumato.” Minseok tossicchiò nervoso. “E in più ricevo un abbraccio così. Mi piacciono gli abbracci.”
“Ho notato,” mormorò lui, anche se era impossibile dire qualcosa senza che Luhan lo sentisse, data la vicinanza. A Luhan piacevano davvero gli abbracci, però. Ultimamente abbracciava tutti, soprattutto quando aveva sonno come oggi; Sehun, quando lo vedeva in corridoio dopo le lezioni, o Jongdae a pranzo, persino la madre di Minseok, quando andava a casa sua. Di tanto in tanto ne era vittima anche lui, quando non prestava abbastanza attenzione da evitarlo. Gli abbracci non erano una cosa buona. Gli abbracci gli facevano provare cose. (Luhan abbracciava tutti. Non significavano niente).
Luhan sospirò, soffiando aria calda contro la schiena di Minseok. “Volevo abbracciare Kyungsoo,” disse piano. “Ma non potevo. È stata dura.”
Minseok annuì. Conosceva quella sensazione. “Ecco, vuoi un po' d'acqua?” chiese, per distrarsi dal regolare battito dell'amico contro la sua schiena, e dal suo profumo.
Luhan scosse la testa. “Berrò dopo essermi svegliato,” mormorò.
Okay,” disse, bevendo anche l'acqua dell'amico, perché si sentiva ancora piuttosto accaldato (e forse avrebbe potuto usare la scusa del bagno se avesse bevuto abbastanza).
Le dita di Luhan gli solleticarono la pancia da sopra il maglione, e Minseok le schiaffeggiò via imbarazzato, “Ti va di vedere un film con me venerdì?”
Minseok sbatté le palpebre sorpreso. “Un film? Dove?”
“Al cinema,” sbadigliò lui. “Sono sempre voluto andare in un cinema.”
“Non ci sei mai stato?” chiese incredulo Minseok, quasi dimenticandosi che i fianchi di Luhan erano a pochi centimetri dal suo fondoschiena.
No, non ne avevamo uno nel mio piccolo paese in Cina, e costava troppo andare in quello della città,” mormorò l'amico. “Volevo andare, per fare delle foto per il mio progetto.”
Ci volle un po' prima che il suo cervello connettesse. “Vuoi che venga con te a San Valentino?”
Mmph,” disse vagamente Luhan. “È il mio giorno libero. E sei il mio compagno per il progetto. E il mio migliore amico.”
Minseok non sapeva come sentirsi per quei titoli, e per quelle ragioni. Lusingato? Sollevato? Deluso? Provò tutte e tre le emozioni. “Non lo so…” disse lentamente, perché non era sicuro fosse una buona idea.
“Ti preeego?” piagnucolò piano Luhan, scuotendo leggermente il corpo del maggiore. “Non voglio andarci da solo. Voglio che vieni con me.”
Il cervello di Minseok stava per abbandonarlo completamente, quindi disse semplicemente, “D'accordo.” Non era nello stato migliore per pensare bene alla cosa e per soppesare i pro e i contro delle possibili conseguenze. Ed era piuttosto sicuro che Luhan sarebbe comunque stato capace di convincerlo, in un modo o nell'altro. Quindi tanto valeva accettare subito.
Luhan emise un suono compiaciuto e lo strinse più forte, e Minseok arrossì, grato che l'amico non potesse vederlo.
Fu ancora più grato per il fatto che quando la madre entrò in cucina un minuto dopo, era riuscito a darsi un contegno. Eppure, quando vide il figlio in piedi con un ragazzo che lo abbracciava da dietro, tutto comodo e mezzo addormentato, sembrava piuttosto sospettosa. Minseok cercò di comunicare la propria impotenza con lo sguardo. “Sta facendo un sonnellino, a quanto pare,” disse.
“Lo vedo,” disse la donna, guardandoli attentamente. Lo faceva spesso ultimamente – Minseok era abbastanza sicuro che avesse qualcosa a che fare con tutte le volte che li aveva beccati accoccolati insieme (o meglio, Luhan si accoccolava su Minseok) mentre l'amico stava da loro.
Luhan annuì e disse, “Salve mamma di Minseok. Sto rubando suo figlio.”
“Capisco…,” disse lei, sollevando un sopracciglio. Minseok fece un'espressione sconfitta. “Luhan, perché non vai a riposarti sul divano?”
Okay,” rispose il ragazzo, ma non si mosse. “Posso portare Minseok con me?”
La donna guardò il figlio, che la implorò di dire no. “Um, ho bisogno che Minseok mi aiuti con una cosa. Vai a sdraiarti per un po'.”
Ah. Okay.” Alla fine le braccia di Luhan caddero da attorni ai suoi fianchi, e si diresse assonnato, con gli occhi mezzo chiusi, in salotto. Minseok fece un sospiro di sollievo.
Vide la madre lanciargli uno sguardo, e scosse la testa. Non ne voleva parlare. Aveva già abbastanza problemi così; riconoscerne un altro gli avrebbe solo causato più dolore.


Junmyeon era davvero il più grande enigma di Jongdae. Non capiva davvero come funzionasse quel ragazzo. Sembrava avere solamente un'emozione: piacevole e amabile. Lo aveva visto sempre e solo in questo modo. Jongdae di solito era un ragazzo spensierato, ma a volte si arrabbiava e altre volte era di malumore, triste, turbato o frustrato. Junmyeon no. Era come se fosse permanentemente programmato per essere sempre piacevole e amabile, e tutto il resto fosse una variazione di quei tratti.
Silenziosamente piacevole e amabile. Cupamente piacevole e amabile. Entusiasticamente piacevole e amabile. Distantemente piacevole e amabile.
Jongdae non lo capiva. Era così difficile capire come il maggiore si sentisse davvero, perché sorrideva sempre e la sua voce era sempre leggera, gentile e allegra. Gli ricordava la sua insegnante delle materne o l'infermiera o qualcosa del genere. Le uniche volte che non aveva sorriso era quando parlavano di Kyungsoo (aveva chiesto a Jongdae dell'amico spesso, mentre Kyungsoo era in ospedale) o di altri argomenti ugualmente tristi o seri. Ma non appena l'argomento cambiava, tornava il suo solito lato allegro.
Era quasi impossibile dire come si sentisse Junmyeon, ma allora perché a Jongdae sembrava che di recente si fosse allontanato e fosse diventato freddo con lui? Continuava a sorridere, a chiacchierare e fare battute, come sempre, ma c'era qualcosa di diverso e Jongdae non riusciva capire cosa, ma sin dal giorno in cui Junmyeon gli aveva chiesto della teoria di Minseok, aveva sentito il cambiamento. Se lo sentiva nelle ossa. Qualcosa era diverso, e non in senso buono.
Per un po', Jongdae aveva considerato la spaventosa ipotesi che Junmyeon pensasse ancora che fosse gay e che questo lo mettesse a disagio. Ma Junmyeon non gli sembrava il tipo che si preoccupa per qualcosa del genere. A meno che non pensasse che Jongdae fosse innamorato di lui, probabilmente per qualcosa che gli aveva detto Minseok (quell'idiota). Ma non sembrava nemmeno a disagio, a dire il vero. Solo un po'... scoraggiato. O deluso da lui.
Oh merda, e se avesse detto qualcosa con la quale Junmyeon non era stato d'accordo, ma era troppo educato per affrontarlo? Jongdae non si ricordava nemmeno cosa gli avesse detto durante quella conversazione, ma si era sentito piuttosto agitato quindi era possibile che avesse detto qualcosa di molto stupido e possibilmente offensivo. E se ora Junmyeon stesse evitando Jongdae perché pensava che fosse un completo idiota e non voleva essere associato a lui?
Non andava affatto bene. Jongdae aveva il più alto rispetto per l'opinione di Junmyeon; per lui aveva molta importanza cosa pensasse il maggiore. Per ragioni di... ammirazione e cose così, ovviamente. Perché Kim Junmyeon era una persona fantastica e Jongdae voleva che pensasse che anche lui fosse fantastico!
Ed era per questo che, durante il loro incontro dopo le lezioni di giovedì, Jongdae sollevò lo sguardo dal poster pubblicitario che stava facendo e mormorò, “Che fai domani?” (Era importante che Jongdae distruggesse ogni traccia di ostilità con il maggiore.)
Junmyeon lo guardò sorpreso. “Domani? È San Valentino.”
Oh. Questo cambiava le cose. “Oh, giusto. Heh, quasi me ne dimenticavo. Ma ancora meglio! Perché tutti quelli che conosco fanno qualcosa domani, ne sono sicuro. Tipo, Minseok-hyung a quanto pare va da qualche parte con Luhan-hyung, come amici dice lui, ma vabbè. E Chanyeol e Baekhyun hanno le prove della commedia. Quindi sì! Tu sei libero?”
Um—” Cominciò il ragazzo.
“Solo per sapere!” disse velocemente Jongdae, sentendo il bisogno di spiegarsi prima che Junmyeon lo fraintendesse. “Voglio dire. Non ho niente da fare. E io sono un ragazzo, tu sei un ragazzo, dico, se entrambi non abbiamo niente da fare potremmo semplicemente sfuggire a tutte quelle disgustose coppiette che fanno cose disgustose e magari passare un po' di tempo insieme, se ti va. Per divertirci, sai, se non sei impegnato.”
Junmyeon sbatté le palpebre per un momento, chiaramente colto di sorpresa ma anche qualcos'altro, qualcosa che, per una volta, non era piacevole e amabile. Fissò Jongdae per un po'. Poi disse, “Scusa, Jongdae-yah, sono impegnato domani.”
“Ah... ah sì?” Jongdae non l'aveva considerata una vera possibilità.
“Già,” disse Junmyeon. “È San Valentino. Esco con la mia ragazza.”
La mente di Jongdae si annebbiò per pochi secondi o minuti o ore. Non ne era sicuro. Fissò il ragazzo fino a che il maggiore probabilmente non si sentì a disagio, e poi alla fine disse, “Cosa?”
“Sì” rispose lui lentamente. “Questo... questo è quello che si fa il giorno di San Valentino. Si esce con la propria ragazza.”
“Tu... non sapevo avessi una ragazza,” disse debolmente Jongdae. Si sentiva frastornato e sconquassato.
Junmyeon sorrise leggermente, un po' imbarazzato. “È una cosa recente,” disse. “E va in un'altra scuola. Si è dichiarata e io... beh, mi sono buttato, no? È... è molto gentile, e carina, e sembra che le piaccia. Sai, in quel modo. Non come certe persone.”
Jongdae ormai a malapena lo stava ascoltando. C'era una sensazione spiacevole che lo riempiva, e il suo cervello aveva finalmente ripreso a funzionare. Una ragazza. Certo. Ovvio che Junmyeon aveva una ragazza. Era un ragazzo attraente, stra-gentile, fantastico e etero. Aveva senso che avesse una ragazza. Jongdae era... felice per lui. E glielo avrebbe detto. Arrivò a dire 'Sono' ma poi il resto gli rimase bloccato in gola e tossì e disse semplicemente, “Ah.”
Junmyeon annuì lentamente. “Scusa,” disse.
Jongdae sapeva che si stava scusando per non averglielo detto prima, o forse per non poter uscire con lui, ma sentiva che si stava scusando anche per qualcos'altro. Jongdae non voleva accettarlo. Ma alla fine, disse, “Oh, no, non c'è problema, sto bene. Assolutamente bene.” E proprio in quel momento, tirò fuori il cellulare, “Oh, è mia mamma, devo andare. Scusa hyung, devo tornare a casa. È un'emergenza. Ciao.” E lasciò la biblioteca senza guardarsi indietro perché solo pensarci gli faceva male, e non doveva davvero andare a casa, e sua madre gli avrebbe chiesto perché fosse tornato così presto, quindi cambiò direzione e andò dritto a casa di Minseok.
Il suo migliore amico era agonizzante su qualche equazione matematica o qualcosa del genere quando entrò. Sollevò lo sguardo e lo guardò. “Che ci fai qui?”
“Volevo solo stare qui per un po',” rispose Jongdae, con voce debole. Si sdraiò sul divano dell'amico e fissò il soffitto.
“Non dovresti essere con Junmyeon, a pianificare l'evento o qualcosa del genere?”
Jongdae emise un piccolo suono al nome del ragazzo. “Me ne sono dovuto andare,” disse onestamente.
“E sei venuto qui?” gli chiese incredulo Minseok. “Perché?”
Jongdae si voltò verso lo schienale del divano. Lo fissò per un po'. “Junmyeon ha una ragazza. Lo sapevi? Me l'ha appena detto.”
Ci fu un lungo silenzio. Poi, alla fine, Minseok chiese, “Stai bene?”
Jongdae rise, anche se era doloroso. “Sì, certo. Non è che... non che mi piacesse, o niente del genere. Chi se ne frega. Ero solo sorpreso.”
Sentì Minseok avvicinarsi. “Hai bisogno che ti consoli?” chiese.
Il più piccolo si strinse nelle spalle e grugnì. “Chiudi il becco,” disse. “Il tuo scherzo non è più divertente.”
L'amico rimase in silenzio per un po', prima di dire, “Sono serio, Jongdae.”
Jongdae strinse gli occhi e non si girò. “Beh, chiaramente non ce n'è bisogno,” disse, ma lasciò comunque che Minseok gli accarezzasse la schiena, che gli passasse le dita tra i capelli e che gli portasse qualcosa da mangiare. Minseok non fece altre domande, né insinuazioni, e Jongdae era grato per il fatto che, almeno, il migliore amico sapeva quando doveva smetterla di parlare.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > EXO / Vai alla pagina dell'autore: Ehyca