Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Marilia__88    06/07/2016    2 recensioni
Una nuova storia che come "Ti brucerò il cuore" riparte dal presunto ritorno di Moriarty e dallo stesso momento. Un'altra versione della quarta stagione con nuove teorie e nuove congetture completamente diverse.
Dalla storia:
“Sherlock, aspetta, spiegami… Moriarty è vivo allora?” chiese John, mentre cercava di tenere il passo dell’amico.
“Non ho detto che è vivo, ho detto che è tornato” rispose Sherlock, fermandosi e voltandosi verso di lui.
“Quindi è morto?” intervenne Mary nel tentativo di capirci qualcosa.
“Certo che è morto! Gli è esploso il cervello, nessuno sopravvivrebbe!” esclamò Sherlock con il suo solito tono di chi deve spiegare qualcosa di ovvio “…Mi sono quasi sparato un’overdose per dimostrarlo!”
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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                   Miss me?







                                        Happy ending






… “E se qualcosa andasse storto? Lo capisci che se Lady Smallwood dovesse fallire, diventerei un ricercato? Non posso farti correre questo rischio, John…è troppo pericoloso!” ribatté Sherlock, abbassando lo sguardo.
Il medico si mise a ridere, attirando l’attenzione del suo migliore amico. “Tu hai detto pericoloso…ed eccomi ancora qua…”.
 
 
 
… And I’m thinking ’bout how people fall in love in mysterious ways
Maybe it’s all part of a plan
Or me I fall in love with you every single day
And I just wanna tell you right now…
So honey now
Take me into your loving arms
Kiss me under the light of a thousand stars
Place your head on my beating heart
And I’m thinking out loud
That maybe we found love right where we are …

Thinking out loud – Ed Sheeran
 
 
 
 


Dopo aver affidato Victoria alle cure della signora Hudson, Sherlock e John corsero velocemente fuori dall’appartamento e salirono a bordo del taxi, che li attendeva davanti casa.
“Qual è il piano?” chiese il medico curioso.
“Ho pensato di andare nel Sussex. Lì c’è una villetta che apparteneva a mio nonno, di cui nessuno è a conoscenza…a parte i miei genitori, ovviamente!” spiegò il detective serio. “…Prima, però, dobbiamo andare a casa di Mycroft…lui ha…aveva una copia delle chiavi…” aggiunse, rattristandosi all’improvviso e voltandosi a guardare fuori dal finestrino. Possibile che non riusciva a parlare di lui, senza provare dolore? Senza sentire quell’asfissiante peso sul cuore, che gli faceva mancare il respiro?
John poggiò la mano sulla sua gamba e la strinse leggermente. Non disse niente, in fondo non c’era niente che avesse potuto dire in quel momento, ma, con quel semplice gesto, si limitò a fargli sentire la sua presenza, come a volergli dire “ci sono io qui con te”.
 
Arrivati alla villa del politico, chiesero al tassista di aspettarli fuori e si diressero di corsa all’interno dell’abitazione.
Sherlock si fiondò nello studio di suo fratello alla ricerca delle chiavi.
John, invece, si bloccò nel soggiorno. Provava una strana sensazione di disagio a stare lì. Se guardava a terra, vicino al camino, poteva ancora vedere il corpo senza vita di Sherlock, poteva ancora vedere i paramedici che tentavano di rianimarlo. Quella notte aveva creduto davvero di perderlo, di nuovo. Aveva provato lo stesso dolore e la stessa angoscia di anni prima, quando lo aveva visto buttarsi da quel tetto. Si guardò le mani e si accorse che stava tremando. Stava sudando freddo e non riusciva ad impedire al suo cuore di battere all’impazzata. Improvvisamente sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla.
“John…” sussurrò il detective “…stai bene?”.
Il medico si voltò di scatto e si passò nervosamente le mani sul viso. “S-si…sto bene…” rispose con voce tremante, avviandosi verso l’uscita.
Sherlock lo afferrò da un braccio, bloccandolo sul posto. “John…”.
“È solo che…” provò a dire John, sospirando pesantemente “…stare qui…mi fa pensare a quella notte…quando tu…i-io credevo davvero di averti perso di nuovo…” aggiunse con gli occhi lucidi. 
Il detective lo attirò a sé e lo abbracciò con forza. “Mi dispiace…”.
 
Dopo alcuni istanti il medico si staccò da quell’abbraccio e gli regalò un sorriso “Hai trovato le chiavi?”.
Sherlock sorrise a sua volta ed annuì, mostrandogli il mazzo, soddisfatto.
 


 
Impiegarono circa due ore e mezza per raggiungere la villetta del nonno di Sherlock. Si trovava tra Seaford e Eastbourne, in una zona isolata vicino alle spettacolari Seven Sisters. Era un luogo da sogno, immerso nel verde e nella tranquillità, con una magnifica vista sul mare.
Il detective pagò il tassista e si avviò verso l’ingresso, seguito da John.
“Questo posto è bellissimo!” esclamò il medico, guardandosi intorno estasiato.
“E ancora non hai visto l’interno…” rispose il consulente investigativo con un mezzo sorriso.
John entrò nella villetta subito dopo il suo migliore amico e, per un istante rimase senza fiato. “Oh, ma è…”.
“Si…” lo interruppe Sherlock “…è spettacolare! Mio nonno aveva decisamente buon gusto…”.
Il medico si guardò intorno. L’ampio salone era arredato in maniera impeccabile. Le vetrate che lo circondavano quasi completamente, offrivano una suggestiva vista sul mare. Si voltò verso il suo migliore amico con l’espressione ancora ammaliata e si accorse che aveva di nuovo quello sguardo triste. “Ehi…” disse, avvicinandosi a lui.
Sherlock si girò e cercò di mostrare un sorriso decisamente sforzato.
“Che succede?” insistette John.
“Era da tanto tempo che non venivo qui…” rispose il detective, voltando lo sguardo verso la vetrata “…sai, John…quando ero piccolo, io e la mia famiglia passavamo qui le vacanze estive…almeno fino a quando Sherrinford…” aggiunse, ma non riuscì a continuare la frase.
Il medico si mise al suo fianco ed iniziò anche lui a guardare fuori. Poi gli cinse un braccio intorno alla vita e si poggiò delicatamente su di lui.
Sherlock parve sorpreso da quel gesto e si voltò a fissarlo. Sorrise e lo abbracciò a sua volta, attirandolo a sé con decisione.

 
“Vieni, andiamo sulla spiaggia” disse all’improvviso il detective, prendendo John per mano e trascinandolo velocemente fuori.
Dopo aver camminato un po' sulla sabbia, alzò gli occhi al cielo e sorrise. “Da qui puoi vedere le stelle che ami tanto…”.
Il medico alzò lo sguardo e si mise a guardare il cielo con attenzione. Poi scoppiò a ridere di gusto.
“Oh, non ricominciare con le battute sul sistema solare!” esclamò Sherlock, capendo al volo i suoi pensieri.
John non rispose, ma continuò a ridere con una finta espressione innocente.
Il detective incrociò le braccia e mostrò il suo classico broncio da bambino offeso. Poco dopo, però, non riuscì più a trattenersi e scoppiò anche lui in una fragorosa risata.

 
Passarono il resto della notte lì, a guardare le stelle, sdraiati sulla sabbia e stretti l’uno nelle braccia dell’altro.
Senza neanche accorgersene arrivò il mattino e le prima luci dell’alba iniziarono ad illuminare il paesaggio intorno a loro, mostrandolo in tutto il suo splendore.
Sherlock si alzò di scatto e si mise seduto. “Fra qualche ora sarò ufficialmente un ricercato, dobbiamo spegnere i cellulari e togliere la batteria per evitare di essere rintracciati…metterò in funzione il mio telefono una volta ogni ora, giusto per pochi secondi, in modo da poter controllare se Lady Smallwood ha provato a contattarmi…” spiegò serio.
Anche John si mise seduto ed annuì. Sperava soltanto che le cose andassero per il verso giusto, sperava di arrivare finalmente alla fine di quel terribile incubo.



 
 
Erano le 8:30 e Greg si recò a Baker Street per accompagnare Sherlock all’aeroporto. Era triste e angosciato quella mattina. Avrebbe voluto poter fare qualcosa per aiutare il suo amico e l’idea che dovesse partire per una missione suicida, senza che lui potesse impedirlo, lo faceva sentire impotente.
Appena si trovò davanti al 221B, sospirò rassegnato e bussò.
Lo aprì un’allegra signora Hudson con in braccio la piccola Victoria.
“Buongiorno signora Hudson!” disse l’ispettore addentrandosi nell’appartamento.
“Buongiorno ispettore! Se cerca John e Sherlock non sono in casa…sono usciti di fretta in piena notte…” rispose la donna.
Lestrade si voltò di scatto sorpreso. “Che vuol dire che sono usciti in piena notte?” chiese preoccupato. “Dove sono andati?”.
La signora Hudson fece spallucce. “Non so dove siano andati, ma aspetti…ho una cosa per lei da parte di Sherlock!” esclamò, precipitandosi nel suo appartamento ed uscendo, poco dopo, con una busta in mano. “Ecco…”.
Greg aprì la lettera e la lesse. Lì dentro Sherlock spiegava tutta la situazione, compreso l’accordo con Lady Smallwood. Non accennava al luogo dove andava a nascondersi, per evitare di doverlo mettere in condizione di mentire, qualora lo avessero interrogato.
Dopo aver finito di leggerla, la strappò e chiese alla signora Hudson di bruciarla, per non lasciare nessuna prova. Poi salutò la donna e si avviò fuori con un ritrovato sorriso. Forse c’era ancora una speranza e forse le cose potevano finalmente andare per il verso giusto.
 



 
Era quasi mezzogiorno e John e Sherlock non avevano ancora avuto notizie.
Il detective camminava freneticamente per casa, sbuffando nervoso. “Possibile che ancora la riunione non sia finita?”.
Il medico lo guardava preoccupato, seduto comodamente sul divano. “È inutile che ti agiti tanto, Sherlock…vedrai che ti avviserà da un momento all’altro”.
“No, ci sta mettendo troppo tempo…c’è qualcosa che non va” rispose Sherlock, passandosi le mani nei capelli.
John si alzò e si avvicinò a lui per tranquillizzarlo. “Cerca di restare calmo…andrà tutto bene, ne sono sicuro…” disse accarezzandogli il viso con dolcezza “…perché intanto non andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia?”.
Il detective sospirò ed annuì poco convinto.
 
Stavano camminando da un po', quando Sherlock si bloccò all’improvviso. Qualcosa aveva attirato il suo sguardo. “Non ci credo…” disse sorpreso.
“Cosa?” chiese il medico.
Il detective non rispose. Lo prese per mano e lo trascinò all’interno di una grotta tra gli scogli. “È esattamente come la ricordavo!” esclamò, guardandosi intorno con uno strano sorriso. Si avvicinò alle pareti della grotta ed iniziò a sfiorarle con una mano.
A guardarlo, sembrava immerso in chissà quali ricordi.
Poi sospirò, continuando a mantenere la mano sulla roccia. “Sai, John…qui è dove io, Sherrinford e Barbarossa giocavamo sempre ai pirati…era la nostra base, il nostro nascondiglio preferito…” disse con la voce carica di tristezza.
John non sapeva cosa dire. Sentire quelle parole pronunciate con tanta malinconia, gli procurava una fitta al cuore. “E Mycroft?” chiese istintivamente.
Sherlock si voltò e sorrise amaramente, mantenendo lo sguardo basso. “A lui non piacevano queste cose…veniva qui soltanto per criticare i nostri metodi di gioco. Amava puntualizzare i nostri errori nel tracciare le rotte e, amava ancora di più, spaventarci con le sue storie sul vento dell’est che un giorno o l’altro, sarebbe venuto a prenderci e ci avrebbe strappato via dalla terra”.
“Simpatico!” ironizzò il medico.
“Si, era un pessimo fratello maggiore…!” rispose prontamente il detective. Poi sospirò, mentre una lacrima gli rigava la guancia “…Ma era anche il fratello migliore che potessi desiderare…”.
John si avvicinò a lui e con una dolce carezza raccolse quella lacrima. Quando i loro sguardi si incrociarono, lo baciò teneramente.
Sherlock si staccò da lui e gli sorrise. Stava per parlare, quando sentì in lontananza il rumore di un elicottero. Si voltò di scatto verso l’uscita della grotta e sentì qualcuno parlare ad un altoparlante. “Sherlock Holmes, sappiamo che è lì…esca fuori con le mani bene in vista!”.
Il medico sgranò gli occhi terrorizzato. “Sherlock, che succede?”.
“È un elicottero dell’MI5…mi hanno trovato…” rispose il detective.
John si passò le mani nei capelli. “Ma come diamine hanno fatto?”.
“Devono aver usato le registrazioni delle telecamere della città e, grazie a quelle, devono aver individuato il taxi che abbiamo preso…non pensavo che facessero così presto…” spiegò Sherlock con un leggero tremore di voce. “…Non mi resta che uscire allo scoperto…” aggiunse voltandosi verso John “…non sanno che sei qui anche tu, John…devi rimanere nascosto…”.
“No, Sherlock…vengo con te!” esclamò il medico, afferrandolo da un braccio.
“Non essere ridicolo! Non puoi farti arrestare! Pensa a Victoria…” rispose prontamente il detective, cercando di divincolarsi dalla presa dell’amico.
John, però, continuò a trattenerlo sul posto, stringendo sempre di più la sua giacca. “Se esci allo scoperto, ti obbligheranno a salire su quell’aereo…” disse con le lacrime agli occhi.
“Non ho altra scelta, John…è finita…” rispose Sherlock, abbassando lo sguardo. Poi sospirò pesantemente e si avvicinò a lui, stampandogli un dolce bacio sulle labbra “Ti amo…”. Aggiunse, sforzandosi di sorridere e liberandosi da quella presa.
Il medico lo lasciò uscire da quella grotta. “Ti amo…” disse con voce rotta. Si affacciò leggermente e lo vide camminare lentamente con le mani alzate, mentre alcuni uomini armati lo raggiungevano e lo ammanettavano. Aveva creduto davvero che le cose potessero finalmente andare per il verso giusto, ma anche stavolta non era stato così. Era evidente che Lady Smallwood avesse fallito, e l’unica speranza di salvezza di Sherlock era svanita per sempre.    
Quegli uomini lo spinsero violentemente verso l’elicottero.
Poco prima di salire, il detective voltò lo sguardo verso il punto in cui era John e si sforzò di sorridere. Era un sorriso amaro che sembrava voler dire “andrà tutto bene, John…”.
Quello che accadde dopo, avvenne nell’arco di una manciata di secondi. Sherlock stava per essere caricato sull’elicottero, quando gli uomini dell’MI5 si fermarono all’improvviso. Un uomo con in mano un cellulare, probabilmente il comandante della squadra, fece cenno ai suoi uomini di lasciare andare il detective.
Appena vide che il suo migliore amico veniva liberato dalle manette, John uscì dal nascondiglio e si precipitò verso di lui. “Sherlock!” lo chiamò a squarciagola. Quando fu abbastanza vicino, sentì quell’uomo parlare.
“Ci hanno appena comunicato che la sua pena è stata revocata, signor Holmes…può andare…”.
 
Sherlock non ebbe il tempo di voltarsi verso il medico, che quest’ultimo gli si fiondò addosso, abbracciandolo con forza. “John…” disse sorpreso.
John si staccò da lui e lo guardò, iniziando a sorridere. “Quindi è tutto finito?”.
Il detective sorrise ed annuì. “Si, John…torniamo a casa…”.
 
 




 
                                                                  UN MESE DOPO


 
John si svegliò e si voltò verso il lato in cui dormiva Sherlock. Non si meravigliò nel trovarlo vuoto. Il suo fidanzato stava lavorando su molti casi di omicidio e, com’era sua abitudine, stava sveglio quasi tutte le notti, intento ad analizzare prove e fascicoli.
Si alzò e si avvicinò alla culla per controllare Victoria, ma si accorse ben presto che non c’era. Confuso e assonnato si recò in soggiorno e sentì qualcuno parlare: era Sherlock.
La scena che gli si presentò di fronte lo lasciò senza parole. Il detective era in piedi davanti al divano e teneva Victoria tra le sue braccia. Era intento a guardare la moltitudine di foto e carte che aveva appeso al muro e ragionava a voce alta.
“Allora Victoria…abbiamo una donna trovata morta in casa sua. Nessun segno di effrazione…quindi deduciamo che la vittima conoscesse il suo assassino. La polizia pensa sia stato il marito, ma sono sulla strada sbagliata come al solito” spiegò Sherlock pensieroso “…tu cosa ne pensi?”.
La bambina sorrise ed iniziò a tirare con la manina un lembo della vestaglia del detective.
“Sono sicuro che abbiamo la soluzione davanti agli occhi…” continuò il consulente investigativo, staccando due foto dalla parete e cominciando ad osservarle attentamente.
Victoria afferrò una delle due foto e continuò a ridacchiare, lanciando un piccolo urlo soddisfatto.
Sherlock la guardò per un secondo e un enorme sorriso si allargò sul suo volto. “Oh…sei davvero geniale…hai ragione…è stato il vicino di casa!” esclamò entusiasta. “Sono stato un idiota a non pensarci! È così ovvio, santo cielo! Erano sicuramente amanti…lei voleva lasciarlo e lui l’ha uccisa!” aggiunse, camminando freneticamente per la stanza.
John era rimasto immobile ad osservare la scena. Era senza parole. Era travolto dalla moltitudine di sentimenti che stava provando in quel momento. Si sentiva sorpreso, estasiato, intenerito e follemente innamorato.
Appena il detective si accorse della sua presenza si bloccò all’improvviso a guardarlo. “John…”.
Il medico non disse niente, ma si limitò semplicemente a sorridere.
“Victoria ha davvero talento, John…promette molto bene…” continuò Sherlock soddisfatto.
John si avvicinò a lui, gli stampò un dolce bacio sulle labbra ed accarezzò sua figlia. In quel momento, in quell’istante e in quell'appartamento, aveva finalmente tutto ciò di cui aveva bisogno, tutto ciò che aveva sempre desiderato. Aveva finalmente trovato la felicità.









Angolo dell'autrice:
Salve! Eccovi l'ultimo capitolo di questa storia! Come ben sapete non sono un'amante delle storie a lieto fine, ma stavolta lo avevo promesso e mi sentivo in dovere di farla finire bene! 
Che dire? Sherlock e John finalmente sono insieme e felici.
Per un attimo il nostro detective ha rischiato di essere catturato, ma per fortuna Lady Smallwood è riuscita ad intervenire in tempo e a far revocare la sua pena!

Sono già all'opera per un'altra storia...un pò diversa! E' una storia che ha iniziato a prendere forma dall'amarezza della terza stagione e che ha assunto una linea ben precisa dopo l'ennesima amarezza del setlock. Non sarà proprio una vera a propria quarta stagione, ma prenderà spunto anche dalle scene del setlock. Il primo capitolo è già in lavorazione, quindi spero di pubblicarlo presto. (Non vi libererete facilmente di me insomma XD). 

Grazie a chi ha seguito questa storia fino alla fine, a chi ha lasciato sempre un commento e a chi l'ha inserita tra le preferite/seguite/ricordate. Grazie a tutti! Alla prossima ;)

 
   
 
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