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Autore: _marty    06/07/2016    1 recensioni
Eric e Claire si incontrano dopo tre anni. Hanno tanto da dirsi, da raccontarsi ma si parlano sempre allo stesso modo con parole strozzate, omesse, mai dette a fare da sfondo. Tre anni passati a dimenticarsi, a non parlarsi, a superare tutto quel tempo in cui si erano amati ed appartenuti in silenzio. Tre anni passati ma senza che qualcosa fosse realmente cambiata.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
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Capitolo 21
presente



*I protagonisti del capitolo sono Eric e Claire, i loro POV si alterneranno.
Il nome in grassetto all’inizio del paragrafo cambia il punto di vista.*


Eric era infuriato ed era appena uscito da casa di Claire.
Quasi non riusciva a credere che tutto fosse precipitato, di nuovo, così velocemente. Rimase davanti il portone qualche minuto, sperando di vederla scendere per rimangiarsi tutto ciò che aveva detto, ma più passava il tempo e più si rendeva conto che era solo un illuso a pensare una cosa del genere. Poggiò le mani sui fianchi e sbuffò rumorosamente, era davvero stupido a pensare che Claire fosse cambiata in quegli anni, lei era sempre la solita, sempre incapace di prendere una qualsiasi decisione. Guardò l’orologio e si rese conto che avrebbe dovuto prendere il bus entro pochi minuti per non rischiare di perderlo e aveva perso fin troppo tempo per quella giornata. Se vederla con Robert gli aveva smosso lo stomaco, adesso sentiva di averlo del tutto capovolto. Non era bastato fare l’amore con lei e parlare dentro alle coperte nudi per far andare via la paura, forse non avrebbero mai trovato il modo di mandarla via, era ormai intrisa in ogni loro parola e sguardo. Forse avevano troppa paura di ferirsi e che all’ennesima ferita sarebbero scappati via. Ormai era diventato fisiologico per loro, ad ogni felicità che si regalavano seguivano tagli sempre più profondi. Ad ogni taglio corrispondeva una cicatrice ed ormai i loro corpi erano pieni di segni, tutte tracce precise che conducevano al loro passato e a ciò che erano stati.
Raggiunse la fermata del treno senza pensare ad altro, guardò verso il tabellone indicante l’orario d’arrivo e poi si rese conto di aver intravisto una figura familiare. Era sicuro che quella tonalità di rosso non potesse passare inosservata a lui che per un paio da mesi aveva cercato Charlotte in continuazione. L’ultima volta si erano visti dentro la macchina di lei, lui l’aveva baciata ed era stato quel contatto a fargli capire che se lui si fosse coinvolto maggiormente in quel rapporto non si sarebbe mai ripreso, non quando lei voleva già qualcun’altro. Non era sicuro che lei volesse vederlo, ma sapeva che se non l’avesse fermata se ne sarebbe pentito. Provò a destreggiarsi tra tutte quelle persone e poi iniziò a chiamare il suo nome. Avevano parlato poco, ma sapeva che Charlotte non voleva che lui fosse irruento, lui riusciva ad avvicinarsi a lei solo quando era lei a permetterglielo e in quei mesi ne aveva avuto continue prove. La vide girarsi verso di lui e stupirsi.
“Eric?”
Si avvicinò verso di lui, stupita ma allo stesso tempo quasi felice che l’avesse chiamata.
“Come stai?”
Eric alzò l’angolo destro della bocca formando una smorfia, a tratti ironica, e si rese conto di come a lei in realtà nemmeno importasse cosa avesse da dirle. Lui si era avvicinato ogni volta che lei voleva, a volte si era allontanato era vero, ma sapeva che a lei importasse poco di lui. Vide Charlotte sorridergli e cambiò espressione.
“Adesso ti importa?”
Era serio, forse fin troppo.
“Avresti potuto chiedermelo mille volte, ma secondo il tuo punto di vista ero troppo insistente o troppo curioso.”
Si guardò le scarpe solo per non guardarla dritta negli occhi e si rese conto di quanto fosse stanco di starsene lì a subire a non dire niente.
“Hai la luna storta?”
Spostò i suoi occhi e la guardò, notando che aveva arricciato un sopracciglio e che fosse visibilmente perplessa.
“Non te ne rendi nemmeno conto, Charlotte? Davvero?”
“Ma di cosa?”
Sapeva che lei non si meritasse nemmeno un po’ quel trattamento e che in realtà fosse solo nervoso per colpa di Claire e di come per l’ennesima volta si fosse avvicinato così tanto da bruciarsi.
“Senti, Eric, non so qual è il tuo problema ma io ti ho sempre detto chiaramente come stavano le cose e adesso sei solo risentito.”
“No, Charlotte, non sono risentito. Ho solo avuto la conferma che dopo tre anni amo ancora la mia migliore amica e che nessuno sarà mai come lei.”
Lo aveva detto così veloce che quasi si era dimenticato come respirare.
“E ci ho provato ad innamorarmi di te, ma eri solo una distrazione.”
Aveva scordato pure le buone maniere anche se, in fondo, Charlotte gli aveva solo ricordato una vita che non gli sembrava di aver mai vissuto.
 
Eric le sorrise, forse era il sorriso più triste che Charlotte avesse mai visto nella sua vita.
“Il fatto è che, Charlotte, io voglio stare con te. Non provavo una cosa del genere da tanto tempo e all’improvviso sento un’irrefrenabile voglia di sapere ogni singola cosa di te, dal tuo colore preferito alla tua canzone preferita ed è terribilmente sbagliato volere queste cose da te.”
“Perché?”
“Perché è evidente che tu non puoi provare qualcosa per me, nemmeno un po’. Tu hai la tua vita e il famoso ragazzo che ami e che è sempre presente. In questa macchina è come se ci fossero tre persone e non due e io non posso, non di nuovo.”
Charlotte non riusciva più a sostenere il suo sguardo, così lo abbassò osservandosi a lungo le mani.

[…]
“Ne sono sicuro. In ogni caso qui c’è la cioccolata che ti avevo portato e dentro c’è pure il mio numero. Grazie.”
Lo guardò con sguardo incredulo.
“Per cosa?”
“In questa macchina mi hai mostrato tanto di te stessa e penso che se rimango un minuto di più qui dentro rischio di innamorarmi definitivamente di te.”



“Volevi dire questo in macchina, quando sei andato via?”
“Avrei voluto dirti di non ferirmi, di non scheggiarmi e di considerare ogni mio sentimento. Avrei voluto dirti tante cose, ma alla fine stavi solo richiamando alla mia mente un’altra persona.”
Charlotte prese la mano destra e andò ad accarezzargli la spalla.
“Perché non ti vuole?”
Eric la guardò, capendo che quella domanda lui non se l’era mai fatta.
“Mi vuole, ma è complicato stare insieme.”
Lo guardò ed iniziò ad osservarlo come faceva sempre.
“Ti assicuro che non c’è niente di complicato quando due persone vogliono stare insieme.”
E sapeva che lei lo avesse provato in prima persona perché una volta glielo aveva anche detto. Vide Charlotte spostare il proprio sguardo dietro di lui, notò i suoi occhi illuminarsi e poi si girò a guardare verso quella direzione vedendo per la prima volta il ragazzo di cui lei si era innamorata. Era sicuro che se Eric lo avesse visto tra la folla nemmeno lo avrebbe riconosciuto, ma girandosi a guardare Charlotte si rese conto di come lui, nonostante tutto, non avesse mai avuto una vera chance con lei. Non avrebbero mai potuto intraprendere qualcosa di serio, non quando guardavano in quel modo le altre persone, non quando i loro cuori erano già occupati da altri volti.
“Eric, ti presento Andrew.”
Gli sembrò quasi che il sorriso di Charlotte fosse appiccicato, da quando aveva visto Andrew era rimasto lì immobile sul suo volto; Eric pensò che a lui sarebbe venuto, sicuramente, un crampo con tutto quel sorridere. Si girò verso il ragazzo e notò quanto la sua fisionomia gli ricordasse qualcuno, nonostante non sapesse dire chi potesse essere.
“Io sono Andrew.”
Sorrideva anche lui e gli aveva pure teso la mano.
“Eric.”
Era sicuro che Charlotte non avesse nemmeno accennato ad Andrew chi fosse, d’altronde che tipo di senso poteva avere? Nemmeno lui aveva mai parlato a Claire di Charlotte o di Nat. Erano stati tutti insignificanti rispetto a lei, tutti modi per placare la solitudine che nessuno avrebbe mai colmato. Osservò Andrew e notò come, anche lui, guardasse allo stesso modo Charlotte. Vederli insieme era come guardare un’unica persona riflessa ad uno specchio, avevano lo stesso modo di guardarsi, di perdersi nei dettagli dell’altro ed Eric non poté fare altro che guardarli e sperare che decidessero di andare via. Si sentiva scomodo in quella situazione e sapeva che anche lui e Claire avrebbero potuto avere tutto ciò, se solo lei si fosse decisa.
“Allora io vado, ragazzi.”
Decise di portare con sé le parole di Charlotte e si rese conto che avesse ragione, due persone che vogliono stare insieme non hanno bisogno di tutti quei giri per ritrovarsi. Lo salutarono all’unisono e lui rispose solo con un sorriso debole sulle labbra. Vide gli occhi di Andrew spostarsi veloci verso Charlotte, sorriderle e in quell’esatto momento Eric capì perché gli fosse così conosciuto. Andrew gli ricordava Martin ed Eric era sicuro che potesse aggiungere anche lui in quella lista a cui pensava qualche minuto prima, altre labbra per non pensare a ciò che gli mancava davvero.
 
 
Claire era rimasta immobile. Guardava aldilà della finestra e gli ultimi raggi del sole le illuminavano debolmente la stanza. Si sentiva stanca, a tratti svuotata e non riusciva nemmeno a recuperare le forze per alzarsi dal letto e per una volta fare la cosa giusta e corrergli dietro. Non ne capiva il senso, non quando aveva detto quelle parole che non sarebbe mai riuscita a rimangiarsi. Sentì il telefono squillare, i trilli risuonare per tutta la casa e capì che era quello il suo motivo per alzarsi. Erano passi lenti i suoi e le sembrava di non essersi mossa se non di pochi centimetri. Il telefono smise di squillare, lei sospirò e, adesso, sul ciglio delle scale non sapeva se scendere o ritornare in camera sua. Guardò lo specchio di fronte a sé ed iniziò ad osservarsi. Le lentiggini erano ancora lì, i capelli sembravano sgualciti di quante volte Eric glieli aveva accarezzati, si passò le dita sul lobo dell’orecchio destro e sfiorò i piccoli morsi che lui le aveva lasciato. Erano passati tre anni dall’ultima volta che avevano fatto l’amore e non poteva pensare altro se non che fosse diventato davvero esperto. Sorrise davanti a quello specchio e notò come il solo pensare a qualcosa che lo riguardasse la facesse divertire e diventare più bella. Si toccò l’angolo destro della bocca solo per verificare che quel sorriso fosse vero e poi si rese conto che solo lui riusciva a farla sentire in quel modo. Staccò la mano dal suo viso e, con un elastico di fortuna, si legò i capelli in una coda. Si guardò ancora e, nonostante la diversa capigliatura, quel sorriso era ancora lì ogni volta che pensava a qualcosa che lo riguardasse. Non sapeva nemmeno di avere quell’espressione qualsiasi volta che si parlava di lui e guardarla allo specchio l’aveva resa solo più consapevole di ciò che avesse perso. Lasciò liberi i capelli e si decise a scendere le scale. Sentì nuovamente il telefono suonare e, questa volta, riuscì a recuperarlo.
“Pronto?”
“Claire, sono Mel.”
Sbarrò gli occhi, solo perché si rese conto che fossero in qualche modo telepatiche.
“Mel?”
“Tua madre mi aveva detto che saresti tornata in questi giorni e ho pensato di chiamarti.”
La sentì ridere dall’altra parte della cornetta.
“Sai come ai vecchi tempi.”
“Quelle telefonate che duravano ore mancano anche a me, Mel. Maledetta Inghilterra.”
“Poverina, lasciala stare. Come va allora?”
Claire sospirò e Mel sembrò averlo capito.
“Dimmi che non stai per parlarmi di Eric.”
Rise nervosamente.
“Se vuoi lascio stare allora.”
“La colpa è stata mia. Non dovevo chiederti niente.”
Dalla voce sembrava fin troppo rilassata e in attesa di una risposta.
“Da dove comincio, Mel?”
 
***
 
“Vedo che siete rimasti gli stessi idioti del liceo.”
Mel l’aveva ascoltata e quella frase era l’unica cosa che riusciva a dirle.
“Dopo tutto questo tempo, Claire, non riesco a comprendere il motivo per cui tu non lo vuoi.”
Corrugò la fronte, alzando un sopracciglio.
“Mi spiego meglio.”
Tossì e poi riprese il discorso.
“Finalmente avete capito che quell’anno eravate con il corpo e con i sentimenti allo stesso posto, adesso siete ancora allo stesso posto e allora che motivo c’è di stare così lontani?”
“Io abito stabilmente in Inghilterra.”
“Non hai mai sentito parlare di videochiamate o sesso telefonico?”
“E la quotidianità dove la metti?”
“Quotidianità?”
“Io ho sempre voluto un rapporto come quello dei miei genitori.”
Si schiarì la voce e poi riprese a parlare.
“Stare insieme ogni giorno e condividere ogni cosa.”
Mel sorrise e non riuscì nemmeno a trattenersi dal risponderle male.
“Ma questo modo assurdo di amare chi te lo ha insegnato? Amiamo tutti un modo diverso, Claire, siete voi a crearvi il modo.”
 
 
Sua madre l’aveva portata a teatro per la prima volta, le aveva detto che avrebbero visto un balletto e Claire si era preparata a quell’evento mettendosi addosso tutti i gioielli che aveva ricevuto per il precedente compleanno. Ricordava ancora le luci che attraversavano i cristalli del lampadario, i vetri in cui vedeva riflesse le persone e gli abiti di quelle donne, così pomposi che non ricordava di aver mai visto tutta quell’eleganza tutta insieme. Sua madre aveva avuto i biglietti da una sua amica, ma aveva deciso di portare Claire con sé e lei ne era entusiasta. Si era seduta su quelle poltrone rosse, dove era sicura ci sarebbe entrata anche Vicki, e al momento dell’apertura del sipario le si erano illuminati gli occhi. Aveva davanti a sé tanti ballerini, vestiti e tutù bellissimi, e non riusciva a staccare gli occhi da quelle figure che si muovevano davanti a lei. Erano così delicate ed ogni passo veniva inghiottito da quella musica che sembrava calzare a pennello con i loro movimenti. I due protagonisti avevano cominciato a ballare, i loro corpi paralleli, le loro mani pronte a sfiorarsi e poi il ragazzo aveva preso la mano di lei, l’aveva guardata dentro gli occhi e poi l’aveva stretta a sé. C’era il suo petto a stringerla dalle spalle e lei aveva chiuso gli occhi, quasi volesse prendere il meglio di quel contatto. L’aveva vista allontanarsi e poi girarsi verso di lui, sfiorarlo ancora e poi il ragazzo l’aveva presa dai fianchi ed alzata per aria. Riusciva a scorgere le punte dei piedi tesi, la schiena incurvata verso il corpo del ragazzo e non aveva la minima idea di come facesse ad affidarsi così tanto a lui. Lui la stava sostenendo, lei lasciava che lui la tenesse e, piano piano, lui aveva fatto strofinare i loro corpi quasi impercettibilmente, facendole poggiare i piedi a terra. Percepiva i battiti del cuore così forti da sentire pulsare l’orecchio destro e vedendo gli sguardi dei ballerini agganciati pensò che lei avrebbe ricercato sempre quel tipo di amore nella sua vita. Guardarsi fino a consumarsi, sino a sperare che fosse l’altro a staccare lo sguardo, dirsi tutto attraverso gli occhi, come se ogni parola fosse superflua e inutile dinanzi a quell’amore che riuscivano a leggere lì dentro.
 
Solo adesso Claire poteva rendersi conto che dentro gli occhi di Eric c’era sempre stato amore puro, quell’amore viscerale che lei aveva sempre sperato di provare e che non era riuscita a leggere fino a quel momento per colpa della sua paura.
“Claire?”
Era tornata indietro con i ricordi e si era pure dimenticata di Mel.
“Io te l’ho detto cosa ne penso, però cazzo non buttate tutto all’aria un’altra volta.”
Poteva anche rinunciare alla quotidianità se Eric la guardava in quel modo.
“Io ti consiglierei di andare da lui.”
Sorrise, forse aveva solo bisogno che qualcuno la spingesse verso ciò che aveva sempre voluto.
“Forse dovrei farlo.”
Chiuse il telefono ancor prima che Mel potesse risponderle e si precipitò a recuperare il cellulare. Aveva eliminato il numero di Eric il giorno stesso in cui era arrivata in Inghilterra, si era decisa che così avrebbe dovuto comporre cifra per cifra quel numero ogni qualvolta avrebbe voluto chiamarlo. Nonostante non lo avesse memorizzato sulla rubrica, ogni numero era come marchiato a fuoco dentro al suo cervello e nessuno di quei tratti le risultava sbiadito o sfocato. Digitò le prime tre cifre velocemente, poi si interruppe un attimo e riprese a scrivere il numero, anche se con fatica. Non doveva più tirarsi indietro, il tempo per scappare era finito.
 
Eric era ancora sull’autobus quando sentì vibrare il telefono. Quasi gli venne un colpo non appena lesse il nome di Claire sullo schermo e rimase per tre vibrazioni consecutive con il dito sul tasto verde senza avere la forza di rispondere. Socchiuse gli occhi e pensò un attimo a come Charlotte ed Andrew si guardavano, a come avesse disperatamente bisogno di essere felice allo stesso modo con Claire e come sperasse che lo stesse chiamando per quel motivo. Gli occhi chiusi non lo avrebbero mai aiutato a far avverare il suo desiderio, ma forse era il caso che le rispondesse almeno per l’ultima volta.
“Che c’è?”
“Possiamo vederci, Eric?”
Continuava a farlo rimbalzare da una parte all’altra della città senza che ne fosse consapevole. Si accorse della vicinanza della fermata successiva e si decise a scendere.
“Scusa un attimo.”
Si fece largo tra tutte le persone e riuscì a respirare nuovamente.
“Cosa stavi dicendo?”
Non voleva nemmeno che tutti coloro che erano all’interno del vagone sentissero la sua conversazione.
“Se potessimo vederci.”
La sentiva impaziente e non ne capiva nemmeno il motivo.
“Non puoi dirmelo al telefono?”
Non voleva essere stronzo ma solo che lei non si prendesse più gioco di lui. Gli rimbombarono le parole che aveva detto a Charlotte e si rese conto che lei non centrasse niente, che la vera destinataria di quelle parole fosse stata sempre e solo Claire.
 
« Avrei voluto dirti di non ferirmi, di non scheggiarmi e di considerare ogni mio sentimento. »
 
“Eric.”
Aveva detto il suo nome con la stessa intonazione di quando si erano rivisti e lui capì che forse non era caso parlarne in quel modo. Sentiva nel silenzio di Claire tutto ciò che non si erano mai detti e, adesso, non c’erano più parole vuote o apparentemente senza significato.
“Non voglio più fuggire.”
C’era qualcosa di nuovo e che lui non sapeva nemmeno se sarebbero mai stati capaci di creare.
“Non voglio più essere una codarda, voglio rischiare.”
“Dove sei?”
“Ancora a casa.”
“Sto arrivando.”
Chiuse il telefono, lo buttò dentro le tasche e poi iniziò a cercare con lo sguardo una bici che fosse senza catena. Ne individuò una e si precipitò a prenderla, sapeva che fosse sbagliato rubare qualcosa ma tecnicamente la stava prendendo in prestito ed era sicuro che quella persona troppo distratta se avesse saputo il motivo lo avrebbe subito perdonato. Non era solito pedalare la bici perché per muoversi in città si spostava sempre in treno o a piedi; dopo il furto del suo motorino cinquanta non aveva più guidato nessun mezzo a due ruote, forse per non dimenticare la sensazione di libertà che sentiva ogni volta che il vento gli si incastrava tra i capelli. Pedalò più veloce che potesse, prendendo un senso vietato e camminando sopra i marciapiedi, scostandosi ogni volta che poteva dai pedoni.
 
«Avrei voluto dirti tante cose, ma..»
 
C’era stata solo un’altra volta in cui aveva corso in quel modo e, anche in quel caso, doveva raggiungere Claire ma all’aeroporto. Continuava a pedalare e finalmente arrivò davanti il portone di quella casa, posò la bici sul muro, buttò fuori tutta l’aria e poi si decise a schiacciare il pulsante del citofono. Una breve pressione e Claire gli rispose subito, quasi stesse aspettando lì dietro. Chiuse la porta alle sue spalle e poi iniziò a correre verso di lei, la vide aprire la porta e andò ad abbracciarla.
“Devi promettermi una cosa.”
Glielo aveva detto all’orecchio solo perché se l’avesse guardata negli occhi, avrebbe colto un po’ di paura e lui aveva bisogno di dirglielo senza tirarsi indietro.
“Non ferirmi, Claire.”
Aveva preso a baciarle la fronte.
“Non scheggiarmi.”
Poi era arrivato al naso.
“Considera sempre ogni mio sentimento.”
Adesso le stava sfiorando le labbra. Sapeva di averle dato un peso enorme e Claire con un bicchiere di cristallo come Eric doveva fare molta attenzione.
“Questa volta prenditi cura di me.”








spazio autrice
era arrivato il momento di aggiornare. Ci sono stata più del dovuto, ma alla fine eccomi qui :) Alcune parti sono state riscritte mille volte solo per dare loro la giusta connotazione. Spero che sia tutto di vostro gradimento e spero di leggere i vostri pareri. Grazie come sempre a tutti voi che seguite la storia, alla prossima <3

   
 
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