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Autore: DeniseCecilia    07/07/2016    7 recensioni
Una fanfic dedicata a Judy, a Nick e a un possibile "noi".
Alle scelte che il mondo ci chiede di fare e che non possiamo ignorare, se vogliamo crescere.
Ma che, in fondo, sono soltanto nostre, e di chi amiamo.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Hopps, Judy Hopps, Nick Wilde, Stu Hopps, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Tematiche delicate
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Ancora un passo avanti!
Non so se fra voi lettori ci sono dei romani, e magari, chissà, qualcuno che ascolta rap.
In tal caso qualcosa vi suonerà familiare, perché in questo capitolo mi sono divertita a infilare qua e là delle citazioni, rimaneggiate dove necessario, da quel gioiellino che è
"Vita" dei Colle der Fomento.
La sto ascoltando a ripetizione in questo periodo e mi è sembrato che fosse un'idea carina giocare col testo intrecciandolo alla storia ^___^

 



XIV. Vita

 

Il profilo della città, dietro le spalle del capitano Bogo, vibrava come un miraggio nel deserto sotto l'effetto della precoce cappa di calore che l'aveva investita quel giovedì. La vetrata a tutta parete doveva creare un piccolo inferno in quell'ufficio, d'estate, ma un piccolo inferno per tre mesi l'anno era un prezzo più che ragionevole per poter godere di quel panorama mozzafiato.
“Non credo di aver capito cosa mi state chiedendo”, comunicò il bufalo ai due sottoposti seduti di fronte a lui.
“E' semplice, capo”, tentò nuovamente Nick Wilde, prima volpe in forza alla ZPD, e ostentatamente orgoglioso d'essere tale. “Io e la qui presente agente Hopps desidereremmo effettuare un cambio turno con Wolferson e Bale”.
“Per i giorni ventuno e ventidue”, precisò Bogo.
“Esatto, capo. Bei numeri, non trova?”, domandò affabile Nick.
“Numeri che, del tutto casualmente immagino, corrispondono ad un sabato e una domenica”.
“Esatto, capo”, replicò per nulla intimorita la volpe. “Vede capo, è successo che – ”
“Crede che m'importi di cosa le succede fuori di qua, quando non è in servizio, agente Wilde?”, lo interruppe il superiore.
Fece una pausa teatrale, portandosi lo zoccolo sotto il mento come a riflettere profondamente.
“Lasci che la illumini: non m'importa”, concluse poi. “Con la faccia tosta che ha, perché non porge la sua ennesima richiesta direttamente agli interessati?”.
“Perché in questo momento svolgono il servizio di collegamento presso un altro distretto, signore”, gli ricordò Nick.
Bogo sbuffò, rivolto alle vetrate.
“So dove si trovano i miei uomini, Wilde, lo so sempre”, ribadì.
Lo sapeva, infatti, come sapeva che non poteva richiamarli in centrale solo per risolvere una questioncina di quel tipo.
“Non è questo il punto. Crede di essere il più furbo di tutti perché è una volpe?”.
Judy occhieggiò il partner, chiedendosi quanto quel luogo comune potesse averlo infastidito. Sembrava averlo digerito più che bene, pronto anzi a dar battaglia per ottenere quei due giorni liberi nel weekend. Ma quel che nessuno dei due sapeva era che la battaglia era già decisa.
“Vi darò una notizia che potrebbe sconvolgervi”, ironizzò Bogo tornando a guardare Nick, avvicinandosi e sovrastandolo con la sua mole. “Il più furbo, qui, sono io”, tuonò.
“Potete avere anche questo fine settimana libero”, aggiunse infine soave, lasciando volpe e coniglia ugualmente perplessi, mentre riprendeva posto alla propria scrivania e sfogliava un fascicolo con attenzione.
“Signore, mi scusi”, intervenne Judy dopo qualche secondo.
Bogo alzò lo sguardo. “Sì, Hopps?”.
“Ecco... la ringrazio... la ringraziamo entrambi per la sua disponibilità”. Lo pensava davvero, quel bufalo burbero era, in fondo, un capo comprensivo. “Se è tutto, noi andremm – ”
“Potete avere il fine settimana libero, Hopps”, ripeté lui. “Ma ad una condizione”.
Il disappunto sul volto di Nick era palese: riprodusse l'identica smorfia di quando vide Judy scambiarsi un civile, e perfino amichevole saluto con Mr. Big. Una trappola stava per scattare, e in quella trappola c'era la sua zampa... forse Bogo avrebbe risparmiato la partner, qualunque idea gli stesse frullando in quella piccola testa incassata su spalle troppo grandi, ma non avrebbe certo avuto pietà di lui.
Siccome nessuno dei due colleghi s'azzardava a riprendere il discorso, fu di nuovo il capitano a farlo.
“Wilde, Hopps. Voi siete entrambi novellini, ma avete già avuto abbondante modo di constatare che questo mestiere non è fatto soltanto di inseguimenti e sparatorie. E neppure, se è per questo, di stimolanti e agguerriti interrogatori”, cominciò, l'aria pensosa. “Putroppo, soprattutto per chi si trova ad occupare i piani alti, questo mestiere è fatto anche, molto di politica”.
Nick e Judy ascoltavano ora Bogo con sincera curiosità. Capivano che quanto stava dicendo loro aveva una grande importanza ai suoi occhi.
“E la politica”, aggiunse quello con enfasi “la politica dà alle cose il significato che vuole, che trova comodo per i propri scopi. Per questo voglio che, durante il vostro fine settimana libero, cominciate a prepararvi per l'intervista che la ZNN intende farvi fra un paio di settimane”.
I due mammiferi sgranarono gli occhi. Se il silenzio avesse avuto un'apposita scala di misurazione, in quel frangente avrebbe toccato l'apice.
“Signore...” attaccò la coniglietta dopo essersi scambiata un'occhiata terrorizzata con la volpe. Il ricordo della dannosa conferenza stampa del caso Bellwether le affiorò alla mente come uno stronzo di cane alla deriva nell'oceano.
“L'unico modo per non farsi sopraffare dai media è anticiparne le mosse, Hopps”, tagliò corto Bogo. “E questa non è, sottolineo: non è una conferenza stampa. Ci sarà ben poco di improvvisato, la rete ci tiene ad organizzare una trasmissione senza intoppi, e Lionheart ci tiene altrettanto a promuovere con due testimonial d'eccezione il suo Progetto di Integrazione Mammifera. Dunque, si rilassi Hopps”.
Judy sospirò. “Come desidera, capo”. L'idea non le piaceva per niente, ma dire di no avrebbe significato mettere in una posizione difficile tante, troppe persone.
“No, aspetta, Judy” intervenne Nick. “Non sei tenuta a finire in televisione, davanti a milioni di spettatori, se non lo vuoi. E io so che non vuoi”, rimarcò. Per la verità, nemmeno lui ci teneva affatto.
“Temo che, nella vostra situazione, ciò che volete conti relativamente”, disse allora Bogo richiamando l'attenzione su di sé.
Judy non diede segno d'aver colto alcuna stranezza in quella frase, ma a Nick si rizzò subito il pelo sulla nuca.
“A questo punto, temo di dovervi chiedere: c'è qualcosa che vorreste dirmi, prima che diventi di pubblico dominio?”.
La frase calò in mezzo alla stanza esattamente come un grosso sasso avrebbe potuto piombare nel centro di un lago, con un tonfo, sollevando schizzi ovunque.
Seppure il condizionatore fosse guasto, e non riuscisse a scacciare l'afa dall'ufficio, Judy e Nick sentirono un freddo immediato avvolgerli.
Non potevano essere certi che Bogo si riferisse alla loro relazione, per altro freschissima, eppure... non potevano immaginare come, in quel caso, ne fosse venuto a conoscenza, eppure...
“Parlerò io” li trasse d'impaccio il bufalo.
Non vedeva l'ora di sbrigare quella faccenda, terminare di evadere l'ordine del giorno e filarsela a casa. Che grana, i politici. Che grana, i media. E che grana, quei due novellini così entusiasti – soprattutto Hopps – e così scavezzacollo – soprattutto Wilde. Teneva a quei due come ai propri figli tuttavia, per sua disgrazia.
“Il regolamento della ZPD, a differenza di quello d'altri corpi di polizia in altre città, ammette le relazioni tra colleghi” esordì, confermando i sospetti dei due.
“Se proprio volete saperlo, di chi sta con con chi, a me, non importa” – la frase fece spuntare, nonostante tutto, un sorrisetto complice sulle labbra degli agenti – “non mi importa, perché non lo considero sbagliato, purché non incida sul rendimento lavorativo”, disse abbassandosi gli occhialetti sul naso e fissandoli duramente, finché non li vide annuire.
“Tuttavia, voglio evitare a tutti i costi che questa... cosa diventi una valanga in grado di travolgere il Dipartimento. Come mi pare di avervi già detto, la politica, e i media, fanno polpette dei fatti e se li mangiano a colazione. Poi li risputano trasformandoli a modo loro. Non abbiamo potere su tutto”.
Sospirò.
“Ma, mi pare di avervi già detto anche questo, chi gioca d'anticipo vince. Vi ho fissato un incontro la prossima settimana con la signora Carter della ZNN, la vostra intervistatrice, per concordare domande e risposte. Fatevi trovare preparati, e se è vero quel che un uccellino mi ha suggerito, raccontate tutto prima ancora che sia lei a toccare l'argomento. Intesi? Se ci tenete al vostro cambio turno, certo. E al vostro impiego”, terminò.
Improvvisamente, così com'era venuta, l'espressione grave sul muso di Bogo sparì.
Amava quel lavoro, dannazione. Ma le pastoie burocratiche e gli intrighi di corte di quei ciarlatani in municipio lo facevano uscire di testa. Certe volte sognava spiagge bianche, Vodka Martini come se piovesse, e la voce incantevole di Gazelle che al suo arrivo l'accoglieva: Benvenuto ai Caraibi.
Invece, anno dopo anno restava fedele, al suo posto, a far da sentinella. Spesso quella vita era più di parole che di fatti – conferenze stampa, statistiche, riunioni vuote di senso. Alle tante, però, erano più i risultati degli inutili progetti. E quelli gli bastavano come riserva d'aria, fino alla prossima boccata.
“E' lecito chiederle chi è quell'uccellino, signore?”.
La voce melliflua di Wilde lo riportò alla realtà.
“Nick!”, la volpe fu ripresa dalla collega.
“Che c'è? Mostravo il mio interesse. Vorrei fare due parole in simpatia con chiunque si sia fatto gli affari nostri”, spiegò lui.
“Oh, niente di più facile, Wilde”, rispose Bogo come nulla fosse. “E' sufficiente scendere le scale e recarsi alla reception della centrale”.
Ci volle un lungo momento perché l'informazione si depositasse ed i neuroni della volpe la elaborassero.
“Mi sta dicendo che Clawhauser... mi sta dicendo che...”.
“Oh, Ben”, disse Judy, portandosi una zampina alla fronte.
Ma certo. Aveva sempre tifato per loro, se si poteva dir così, li aveva incitati dal loro primo ingresso in centrale come partner. E quando loro insistevano nel dirgli che erano soltanto colleghi, appunto, lui non demordeva. Siete una così bella coppia, era il suo ritornello preferito, subito dopo Ho un calo di zuccheri, ho bisogno di mangiare qualcosa. Alla fine, aveva avuto ragione.
“E' un bravo ragazzo. E nient'affatto sciocco come sembra. Ma, come sapete, dalla sua bocca entrano ciambelle ed escono gossip come dalla catena di montaggio di una fabbrica”, notò il capitano.
“Ed ora, fuori dai piedi, tutti e due. Avete un caso da chiudere prima del vostro benedetto weekend, o sbaglio?”, disse, accompagnando le proprie parole con l'indice puntato alla porta, senza neppure guardarli.
“Sì, signore, certo. Grazie”.
Nick e Judy si alzarono, frastornati, e tornarono al lavoro.

 

Ci vollero loro tre ore per sbarazzarsi dell'incombenza – una lotta intestina in un clan di donnole aveva condotto a svariate uccisioni, e prima che gli riuscisse di mettere all'angolo gli esecutori ottenendo una confessione decente, avevano sudato tanto sangue da poter riempire una piscina.
“Non è ancora finita, Carotina”, disse Nick rientrando in sala interrogatori e trovandola col muso abbandonato sul tavolo d'acciaio. “Sanchez dice che Bogo ci vuole tutti di là tra un minuto, per pianificare l'irruzione negli appartamenti dei due capibanda”.
Le accarezzò la testa, attese che la rialzasse e le porse il bicchierino del caffé.
“Grazie”.
“Di nulla”.
La volpe sollevò il proprio bicchiere invitandola ad un brindisi.
“Abbiamo fatto un buon lavoro, comunque”.
“Sì”, concordò lei. “Siamo una bella coppia, come dice Ben”.
Risero, scaricando la tensione e ricaricando l'umore, prima di avviarsi.

 

Non ebbero occasione di parlare delle novità fino a sera.
Mentre camminavano in direzione della reception, trascinandosi dietro la spossatezza nonostante la lunga doccia appena fatta, decisero che, dopotutto, Benjamin Clawhauser aveva fatto loro un favore.
Pur nella sua incoscienza, non aveva fallito una sola volta nel mostrarsi pronto a sostenere entrambi. E, forse, questa faccenda dell'intervista poteva rivelarsi meno terribile di quanto apparisse a prima vista: avevano parlato di matrimonio, diamine, cosa mai poteva essere un'intervista al confronto?
Il ghepardo li vide arrivare e sventolò in aria una ciambella glassata di rosa a mo' di saluto.
“Hey, ragazzi! Come state?”, chiese allungandogli la scatola di dolci.
“Ciao, Ben”, gli sorrise la coniglietta.
“Benny”, fece Nick, servendosi. “Noi stiamo bene. Io e Judy, sai”, aggiunse cripticamente, appoggiando un braccio attorno alle spalle di lei e fissandolo con il suo miglior sguardo sornione. “Judy ed io, se preferisci”.
“Nick, non fare lo stupido”, lo ammonì lei.
“Ma è così, Carotina. Ci siamo io, e te, qui davanti a Benny. Vero Benny?”, rincarò la dose la volpe.
La qual cosa gli costò una gomitata nel fianco.
“Ben, quel che Nick vuole dire è che... aspetta, avvicinati”.
Il ghepardo eseguì, con l'aspettativa dipinta sul muso.
“Mi raccomando, acqua in bocca. Nessuno deve saperlo, per ora”, si raccomandò la poliziotta, ignara del compagno che alle sue spalle si godeva la scena come fosse al cinema.
Un breve bisbiglio, un nanosecondo in cui il faccione dell'addetto alla ricezione crollò, somigliando paurosamente al famoso dipinto “L'urlo” di Zebrard Munch, e poi uno squittìo acutissimo risuonò per tutto l'atrio.
Ci fu tra i mammiferi più sensibili chi si tappò le orecchie – Judy e Nick non ne ebbero il tempo –, chi sfoderò l'arma di ordinanza guardandosi attorno guardingo e, infine, chi si chiese se i vetri degli uffici avrebbero retto all'evento.
I vetri ressero, dopotutto.
Le gambe di Clawhauser no.
“Oddio, ragazzi. Oddio. Devo sedermi, scusate”, disse, e si lasciò cadere sulla sua girevole come corpo morto cade.
“Ben... è tutto okay” fece Judy saltando sul bancone per verificare lo stato dell'amico. “E' tutto okay?”, riformulò poi la frase notando che quello si stava tenendo una zampa sul cuore. Con tutti i carboidrati che ingollava, chi poteva escludere che stesse avendo un malore?
“Oh, Judy!!”, esclamò invece il ghepardo, tirandosi su all'improvviso.
“Ben!”, fece lei, sobbalzando.
“Judy!”, ripetè Ben.
“Sì, certo”, si interpose la volpe, scuotendo il capo. “E io sono Nick. Non bevo da tre giorni. Ora dite: ciaaaooo, Niiick; con enfasi, prego”.
L'ironia, preziosa alleata. Mascherava le tue emozioni, o al contrario le esponeva in vetrina, secondo la necessità. L'ironia era stata per Nick l'unico spiraglio di luce in mezzo al caos, l'unico supporto in mezzo a cose futili, l'unica cosa che l'avesse salvato nei momenti difficili. Finché non aveva conosciuto Judy: adesso, l'ironia poteva essere anche soltanto un mezzo innocente per giocare con due mammiferi che gli stavano a cuore.
“Nick!”, gli si rivolse il ghepardo. “E' merav... scusa”, abbassò la voce “è meraviglioso. Ah, ma io lo sapevo! Siete una così bella coppia... davvero, sono tanto felice per voi. Prometto che da questa bocca non uscirà una parola”, terminò sussurrando.
“Ci contiamo, Ben”, Judy ritenne utile sottolineare, ma con una dolcezza nel tono e gli occhi tanto luminosi che, vedendoli da fuori, chiunque avrebbe potuto giurare che fossero loro due, il ghepardo e la coniglia, a stare insieme.
Nick stava per aggiungere un'ulteriore battuta a quel proposito, quando vide passare a pochi metri Harper, la talpa con cui aveva un piccolo conto in sospeso. Una questione di biglietti per la partita dei NutCrackers, e qualche altro dettaglio da sistemare, una richiesta di mandato da fermare per esempio.
Giudicò che il momento fosse propizio per allontanarsi.
“Torno tra un minuto” si scusò rapidamente con Judy e Benjamin, lasciandoli alle reciproche congratulazioni.

 

Ogni carota un pensiero, o una sua porzione.
La sera era giovane, il cielo azzurro scuro appena screziato dei colori del tramonto in campagna.
Stu Hopps lavorava ancora – gli piaceva quel momento della giornata per la raccolta, accompagnare le sue riflessioni con quel procedere ritmico. Era una cosa che ristabiliva l'ordine dentro di lui, per movimentate che fossero state le ore precedenti.
Raccoglieva e intanto rifletteva, con l'aroma della terra umida che gli invadeva le narici.
La vita, si disse, devi desiderarla. Non basta prendere quel che viene, con rassegnazione. Molti dicono che bisogna accettare quel che non possiamo cambiare, ma non sanno di cosa parlano. Credono di poter stare seduti e lasciare che sia quel che sia. Ma accettare significa abbracciare gli eventi inattesi e lasciarsi coinvolgere, lasciarsi modellare da essi.
Lui si era lasciato coinvolgere, si era lasciato modellare da Bonnie; una femmina che non aveva cercato o voluto, ma che ora era una parte irrinunciabile della sua esistenza. E c'erano stati commenti, critiche, anche aspre, anche da parte di perfetti sconosciuti che nulla sapevano.
Ma era la loro vita. Non di quell'altra gente. Era la loro scelta.
La loro vita, sì. Della vita la gente cosa ne sa?, si chiese il coniglio avanzando tra i solchi nel suolo. Non ne sa niente. La assaggia soltanto, la guarda passando, distante.
Chi pensa troppo prima di agire. Lui aveva dovuto decidere subito: sì, no. Sposarsi e farlo funzionare, oppure rinunciare e deludere suo padre, ma un po' anche se stesso.
Chi resta nel suo posto. Avrebbe potuto impuntarsi, rifiutarsi. Ma il ribelle lo poteva fare chiunque, chiunque poteva recitare la parte del duro. Gli avevano dato del conformista, del pavido. Come se non avesse osato abbastanza legandosi a vita ad una coniglia che neppure aveva scelto.
Chi sa sempre quello che deve fare. No, cosa dovesse fare ora non lo sapeva: spingere Judy a complicarsi la vita in una relazione con una volpe? Non voleva complicarle la vita. Impedirglielo? Ma stava facendo né più né meno ciò che aveva fatto lui: reinventarsi con ciò che aveva a disposizione. E se il materiale era valido... se Nick era una brava persona...
… pensare troppo, restare fermi al proprio posto, saper sempre cosa fare: niente di tutto questo era vita.
Il cesto appeso al suo braccio adesso era pieno, il rosa in cielo aveva virato verso il viola, ricordandogli un po' gli occhi della figlia.
Della loro adorata figlia, cui augurava la migliore delle vite, piena, felice, e serena come lo erano quelle ultime ore del giorno.
Stirò leggermente la schiena indolenzita, mosse i passi verso casa e sorrise.

 

“Il prossimo passo, cara? E che ne so?”, Stu rispose ad una Bonnie sconcertata.
“No, dico, li hai invitati qui per il fine settimana. E a me sembra un'ottima idea, beninteso. Ma qual è il piano?”, fece lei.
Stu scosse la testa, le orecchie seguirono il movimento come pendoli.
“Non c'è un piano”, rise. “E' roba tua, quella. Il prossimo passo, lo posso soltanto supporre: ci godiamo un paio di giorni insieme, conosciamo meglio Nick, e facciamo tutto quel che ci chiederanno per aiutarli”.
Fece una pausa, ma la moglie non pareva trovare le parole per ribattere.
“Sto parlando seriamente. E credo, cara, che dovremmo sfruttare meglio il nostro venerdì che non discutendo. Non facciamo la figura dei fessi davanti a loro. Non diamo l'impressione di una vecchia coppia inacidita, non lo siamo. Sarebbe un peccato, e saremmo un pessimo esempio”.
Le si avvicinò posandole la zampa su un braccio.
Lo specchio applicato all'anta del guardaroba imitò loro figure pienotte che s'appoggiavano l'una all'altra.
Bonnie era così fiera del suo compagno che evitò di contestargli alcunché. Obiezioni ne aveva, e non avrebbe lasciato che Judy si sposasse senza neppure ascoltarle. Ma non era il caso di insistere proprio adesso.
Adesso era il caso di lasciare che i figli dormissero un sonno profondo, e di chiudere a chiave la porta della loro stanza.

  
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