Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.338 (Fidipù)
Note: Salve salvino! Con questo capitolo torniamo al presente, con
i nostri Miracolati e ritorniamo a Parigi e lasciamo l'esotica Nanchino.
Che cosa si può dire? Vengono spiegate un po' di cosette, che avevo
lasciato in sospeso nei precedenti capitoli e...beh, niente. Non mi sembra
ci siano informazioni extra da aggiungere, quindi vi lascio subito alla lettura.
Ma prima...
Beh, prima ci sono i soliti ringraziamenti di rito!
Grazie a tutti voi che leggete silenziosamente (fatevi sentire!), a chi commenta qui e su FB, a chi inserisce questa storia in una delle sue liste e a chi è giunto fino a questo capitolo, penso sia dura sopportarmi così tanto...
A tutti voi, grazie di tutto cuore!
Fu
inspirò profondamente, riaprendo gli occhi e tornando con la mente nel
ventunesimo secolo: osservò i sei ragazzi davanti a lui, gli sguardi seri
che ricambiavano il suo, e abbozzò un sorriso: «Adesso sapete tutto.»
mormorò, lisciandosi la camicia dalla stampa hawaiiana sul petto e
abbassando lo sguardo: «Avrei preferito tenervi all’oscuro di tutto ciò,
perché non è il periodo migliore della mia vita e…»
«Quindi Coeur Noir è...» Marinette si portò una alla bocca, aggrottando lo
sguardo serio.
«Bridgette Hart, Marinette.» concluse Fu per lei, abbozzando un sorriso:
«Anche se dovrei dire Willhelmina Hart, dato che adesso si fa chiamare
così.»
«Poteva scegliere un nome meno complicato da dire…» borbottò Rafael,
scuotendo il capo: «E qualcosa di più corto.»
«Se non ricordo male…» Fu si alzò, dirigendosi verso il grammofono e
carezzando la tromba in ottone: «Era il nome della madre di Bridgette.»
spiegò, voltandosi verso i ragazzi e sorridendo: «Sinceramente non so se
Liu si fosse sbagliato su Felix e Bridgette o se loro non erano ancora
pronti a ricevere i Miraculous. Anche se io non sono in grado di poter
parlare: ero giovane e ho fatto i miei sbagli…» si fermò, sospirando: «Da
quando sono Gran Guardiano, ho sempre cercato di non donare i gioielli, se
non in tempi in cui era necessario che qualcuno si elevasse a protezione
dell’umanità: prima di voi, c’è stata solamente Pavo. Non ho mai dato i
Miraculous del Gatto Nero e della Coccinella, finché non ho incontrato voi
due.» dichiarò, fissando orgoglioso Marinette e Adrien: «Mi ricordate
moltissimo Bridgette e Felix ma, vi ho osservato in questi anni, vedendo
come combattevate e come il dovere venisse prima di tutto: se ho avuto il
coraggio di donare ancora i restanti Miraculous lo devo a voi due.
Grazie.»
«Chi è Pavo?» domandò Adrien, ignorando il resto del discorso dell’uomo:
«Non ho mai sentito nessuno con questo nome. E noi ce l’abbiamo già il
nostro pavoncello.»
«Prima di donare il Miraculous del Pavone a Rafael, c’è stata un’altra
persona che l’ha portato…»
«Davvero?»
Fu annuì, sorridendo al biondo che scuoteva la testa incredulo: «Era tua
madre, Adrien.»
«Siamo la famiglia degli Incredibili?» domandò Adrien, entrando come un
uragano nello studio del padre e poggiando le mani sulla scrivania: «Ho
per caso un fratello rinchiuso nella cantina della casa che si chiama
Jack-Jack?»
«Prego?»
«Mister Miyagi mi ha detto che la mamma era una Portatrice di Miraculous.»
«Ah.» mormorò Gabriel, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi il setto
nasale: «Immaginavo che, prima o poi, saresti venuto a conoscenza di
questo piccolo dettaglio.»
«Piccolo dettaglio?» sbottò Adrien, alzando le braccia al cielo: «E tu lo
chiami piccolo dettaglio?»
«Sinceramente, non sapevo come dirtelo: come potevo spiegarti che tua
madre possedeva un gioiello magico che la faceva trasformare…»
«Potevo capirlo, quando eravamo all’oscuro delle nostre identità ma, in
questi ultimi quattro anni, non ti è mai venuto in mente che potevi fare
qualche accenno alla cosa? Che so, magari durante la colazione: Ehi,
Adrien. Mi sono dimenticato di dirti che tua madre aveva un Miraculous.
Già anche lei, che cosa buffa, eh!»
«Prima o dopo il caffè?»
Adrien sbuffò, lasciandosi cadere su una delle poltrone e fissando il
genitore: «Il fatto che è sparita centra qualcosa con il Miraculous che
aveva?»
«In verità non so di preciso cosa è successo, ho solo fatto teorie:
all’epoca tua madre aveva un rivale, uno scienziato fissato con i
Miraculous per qualche teoria che aveva elaborato…» Gabriel si sedette
dall’altra parte del tavolo, incrociando le mani davanti a sé e
sospirando: «Un giorno, tua madre decise di seguirlo in Tibet: all’epoca
tu avevi dieci anni ed io cercai in tutti i modi di fermarla, ma senza
riuscirci: un giorno lei sparì semplicemente, se ne andò e, dopo qualche
mese, arrivò un pacchetto contenente il gioiello del Pavone…»
«Tibet.» Adrien si addossò contro lo schiena della poltrona, portandosi il
pugno alle labbra: «C’era qualcosa nella tua cassaforte sul Tibet!»
«Dopo aver ricevuto il Miraculous del Pavone, partii subito per il Tibet,
venendo a conoscenza del Tempio di Nêdong e, da una donna della zona,
scoprii l’esistenza di Fu, tornai a Parigi e lo cercai.»
«Così hai preso il Miraculous della Farfalla e sei diventato Papillon.»
«Esattamente.»
«Poi Nooroo ti ha raccontato dei Miraculous della Coccinella e del Gatto
Nero e…» Adrien si fermò, agitando una mano per aria: «Beh, il resto è
storia.»
«Avrei voluto tornare in Tibet, raccontarti tutto…» Gabriel si fermò,
scuotendo il capo: «Ma tu eri così felice e non mi sembrava giusto
distruggere il tuo mondo.»
«E’ mia madre.»
«E’. Era. Io non so più quale tempo usare quando parlo di lei: il più
delle volte penso che sia morta, poi ci sono momenti in cui sono sicuro
che sia viva. Da qualche parte.»
«Forse è così.»
«E’ passato troppo tempo.»
«Se c’è una cosa che ho imparato da Marinette è che non dobbiamo mai
arrenderci.» dichiarò Adrien, alzandosi e sorridendo al genitore: «E vedi
di dare da mangiare a Jack-Jack, il mio fratello nascosto nelle segrete
della casa.»
«Provvederò.»
Il ragazzo sorrise, uscendo dallo studio con un peso in meno sulle spalle;
sbadigliò, salendo l’ampio scalone e diretto verso la sua stanza: doveva
ancora finire i compiti di letteratura, poi un bel bagno e una bella
dormita ristoratrice. Senza la sua lady.
Il giorno successivo aveva la sfilata della linea Agreste e, quindi, la
ragazza gli aveva proibito di andare da lei: oltre a pensare al suo
riposo, quasi sicuramente, voleva anche metabolizzare la storia che il
maestro aveva narrato loro: «Ce la facciamo una fermata in cucina?»
domandò Plagg, volandogli attorno al volto e dandogli dei lievi colpetti
sulla guancia: «Tu. Io. Una bella forma di camembert…»
«L’hai già mangiato.»
«C’è sempre spazio per il camembert, miscredente!»
«Mi spieghi dove lo metti tutto il formaggio che mangi? A quest’ora
dovresti essere formato extralarge!» bofonchiò Adrien, posando una mano
sulla maniglia e guardando il suo kwami; rimase in attesa, scuotendo poi
il capo e aprendo la porta della sua stanza.
«Ti devo ricordare che il camembert è ciò che da energia al mio potere?
Senza camembert non c’è Cataclisma.»
«Se lo dici tu…»
«State di nuovo litigando?» domandò una voce femminile, facendoli
sobbalzare entrambi: Adrien si voltò, osservando Ladybug in piedi, accanto
al finestrone e con un sorriso timido sulle labbra: «Ciao.»
«Sbaglio o qualcuno mi aveva detto che mi avrebbe portato dal veterinario,
se mi fossi fatto vedere…»
«A casa mia.» sentenziò la ragazza, intrecciando le mani davanti a sé e
dondolandosi sui talloni: «Non penso faccia bene al tuo bel visetto
alzarti presto e…»
«Bel visetto?» domandò Adrien, coprendo la distanza che lo separava dalla
giovane e accogliendola nel suo abbraccio, stringendola a sé: «Mi sei
mancata.»
«In queste ultime cinque ore che non ci siamo visti?»
«Ogni minuto lontano da te è un’eternità.»
Ladybug ridacchiò, stringendo la maglia chiara con la mano guantata di
rosso e sospirando: «Mi sei mancato anche tu.» bisbigliò, chiudendo gli
occhi e crogiolandosi nel calore della stretta del biondo: «In verità non
sarei voluta venire: domani hai la sfilata ed io…»
«Che cosa c’è che ti preoccupa?»
Ladybug si allontanò leggermente, quanto bastava per vedere l’altro in
volto: «Non mi piace il fatto che mi riesci a leggermi così bene.»
«Dici? Io l’adoro! Vuol dire che siamo veramente uniti.» dichiarò Adrien,
sorridendole e passandole un braccio attorno alle spalle, scortandola fino
al divano in pelle bianca: «Allora?»
«Tikki mi ha parlato un po’ di Bridgette.» mormorò la ragazza, sedendosi e
portando su le gambe, in modo poggiare il mento sulle ginocchia: «Dal
maestro Fu era sconvolta, perché aveva sospettato che potesse trattarsi di
lei ma non ne era certa…Comunque mi ha raccontato il periodo che ha
trascorso con lei e di come è finita. Ti ricordi che hanno trovato gli
orecchini della Coccinella con l’anello?»
«Sì.»
«Ce li ha lasciati Bridgette. Tikki mi ha spiegato che ha combattuto
contro Chiyou, o meglio l’imperatrice posseduta ed era riuscita a separare
lo spirito dalla donna, ma poi le forze le son venute meno e....»
«Chiyou l’ha posseduta.»
«Sì. Era ancora trasformata, mentre Chiyou le entrava dentro: si è tolta
gli orecchini e li ha lanciati lontani da lei; secondo Tikki, in Coeur
Noir è rimasto un po’ del potere della creazione di Ladybug e con quello
ha creato i nostri primi nemici.»
«Capisco.»
Ladybug annuì, fissando davanti a sé: «Comunque dopo che la nave è saltata
in aria – e Tikki non sa bene come possa essere successo -, Bridgette ha
protetto gli orecchini e, dopo essere tornata al molo, li ha lasciati con
l’anello.»
«Forse in quel momento era ancora lei, magari possedere qualcuno sfinisce
un po’ Chiyou.»
«Non so dirti.» mormorò la ragazza, portandosi una mano guantata di rosso
all’orecchio e carezzando la pietra liscia: «In ogni caso, non ho potuto
fare a meno di notare quanto Bridgette ed io siamo simili…»
«Simili nel senso che entrambe non avete saputo resistere allo charme di
quell’affascinante felino nero che vi gira attorno?»
«Nel senso che abbiamo entrambe amato senza essere ricambiate e…»
«Ehi! Tu sei ricambiata al 100%! Mi sento offeso!» dichiarò il ragazzo,
premendole l’indice sul naso e sorridendo: «Mh. Sì, posso capire cosa
intendi: anche io ho sentito una certa affinità con Felix, anche se
all’inizio non t’ignoravo brutalmente come Fu ha detto faceva lui. Felix,
non ha mai conosciuto l’identità della sua signora, però se l’è scop…»
«Adrien!»
«Che vi servo?» domandò Rafael, osservando il trio dall’altro del bancone:
Lila e Sarah si guardavano attorno curiose, mentre Wei era rivolto verso
di lui: «Fammi indovinare, amico. Qualsiasi cosa senza alcool.»
«Esattamente.» dichiarò il cinese, osservando l’altro sorridere e iniziare
a trafficare con le bottiglie: «Oggi non c’è tanta gente.»
«Beh, rispetto a quando ci siamo venuti per il concerto di Jagged sì.»
spiegò il moro, mettendo alcuni cubetti nello shaker e versando due tipi
differenti di succhi di frutta, chiuse il contenitore e iniziò ad
agitarlo: «Poi siamo nel mezzo della settimana. Direi che è una buona
serata…»
«Sai, Rafael, questa maglietta nera mette in risalto certe tue doti.»
dichiarò Lila, pungolando con il gomito l’americana: «Vero, Sarah?»
«Cosa?» mormorò la bionda, osservando l’amica e poi il ragazzo dall’altro
lato: «Tu non dovresti avere una sfilata domani?»
«Sì.»
«E ti puoi permettere di rimanere sveglio e lavorare?»
Rafael sospirò, finendo di agitare e aprendo lo shaker, versando il
liquido rosso in un bicchiere lungo: «Volevo rimanere a casa, ma dopo
quello che ci ha detto Fu…» si fermò, scuotendo il capo e poggiando il mix
di succhi davanti a Sarah: «Sinceramente non ce la facevo a rimanere a
casa. Flaffy è stato d’accordo di venire a Le Cigale, almeno mi distraggo
un po’.»
«Capito.» dichiarò l’italiana, osservando il cocktail e poi lo
pseudo-barista: «E i nostri?» domandò, indicando alternativamente Wei e se
stessa.
«Arrivano, piaga.»
«Quindi hai raccontato tutto a quei ragazzi.» commentò la voce di Fa,
dall’altro capo del telefono: «Sei certo che sia stata la scelta migliore?
E se questo pregiudicasse il loro comportamento contro Coeur Noir?»
Era quello che aveva temuto anche lui, per questo aveva tergiversato e
cercato di non narrare loro niente, ma non ci era riuscito: la risolutezza
e la determinazione di quei sei l’aveva fatto vacillare: «So che faranno
la cosa giusta.»
«Anche Liu lo pensava di noi…»
«Tu non li hai mai visti, Fa. Sono forti, determinati, coraggiosi, in
gamba: hanno messo la missione davanti a ogni cosa e prendono seriamente
il loro ruolo di Portatori di Miraculous. Ladybug e Chat Noir hanno sempre
protetto Parigi e sempre lo faranno, come hanno promesso; Volpina è
una ragazza che ha imparato dai propri sbagli e ha capito come
essere migliore. Peacock è un ragazzo che è cresciuto ed è diventato
forte. Bee? Ha attraversato l’oceano per combattere Coeur Noir, trovandosi
in un paese straniero eppure combatte ogni giorno. E Tortoise è un
Portatore della Tartaruga cento volte migliore di me: è saggio, sicuro e
determinato a proteggere chi gli sta intorno. E alla fine Papillon, un
uomo con un passato difficile alle spalle ma che ha saputo migliorarsi e
diventare qualcosa di buono.» si fermò, ritrovandosi ansante per il
fervore che aveva messo nel proteggere i suoi pupilli: «Sono molto
migliori di come eravamo noi un tempo.»
Fa ridacchiò e l’uomo quasi se la immaginò mentre scuoteva il capo: «Mi
piacerebbe conoscere questi tuoi pupilli. Sei orgoglioso di loro. Sono
felice di ciò.»
«Sono in gamba, Fa.»
«Li hai scelti tu, quindi mi fido. Volevo solo metterti alla prova,
vecchio caprone.»
Gabriel ascoltò le risate allegre che provenivano dal piano superiore:
Marinette doveva essere giunta a trovare Adrien e di ciò era felice.
Allungò una mano, aprendo il primo cassetto della scrivania e tirando
fuori la foto della moglie: lei sorrideva felice, i capelli biondi stretti
in una coda e gli occhi verdi allegri.
Ricordava perfettamente quando era stata scattata: lei lo aveva
letteralmente rapito per portarlo via da Parigi, quando ancora era un
giovane assistente di uno stilita famoso, e lo aveva trascinato in una
romantica gita sulla Loira; si erano fermati a Saumur e lì l’aveva
immortalata in quel secondo: «Sei da qualche parte, vero?» mormorò,
carezzando i lineamenti del viso attraverso il vetro: «Dimmi che sei da
qualche parte. Viva. E che prima o poi tornerai da me.»
Sorrise, scuotendo il capo e riponendo il ritratto nel cassetto:
illudersi, continuare a sognare che lei fosse ancora in quel mondo avevano
portato a un uso errato del Miraculous e alla sofferenza.
Era giunto il tempo di cambiare, di voltare pagina.
Era giunto il momento di smettere di sperare che lei sarebbe tornata.
Osservò per un’ultima volta il ritratto, chiudendo poi con forza il
cassetto.
Chiyou sorrise, osservando il suo riflesso e portandosi il bicchiere di
vino alle labbra: «Delizioso…» mormorò, schioccando le dita e voltandosi
verso la finestra: la Tour Eiffel era illuminata, un faro nella notte
parigina: «Direi che è tempo di porre fine a tutto. Per colpa di quella
stupida donna, ho atteso fin troppo…»