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Autore: blu panda    07/07/2016    4 recensioni
L.A., prospettiva di nuove speranze o gabbia opprimente.
Due donne diverse, agli antipodi nella loro vita precedente, si incontrano nelle sue strade che di angelico hanno ben poco. Due angeli scagliati giù dal paradiso, caduti tra la polvere e i detriti di un'esistenza che rasenta il criminale, ma che forse, insieme, riusciranno a rialzarsi.
E poi... poi Eliza brucia sotto lo sguardo della sua Dama di Ghiaccio.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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FIOR D'IBISCO

 

Correre fuori pista ad L.A. era tutt'altro che facile. Era un vero, losco, business, del tutto assimilabile ad uno show televisivo. C’erano i concorrenti, quelli più in vista, c’erano i boss, che creavano format sempre nuovi per divertire, e c'era il pubblico, i ricchi figli di papà disposti ad aprire borse ricolme d’oro per un po’ di ebbrezza. E naturalmente c’era anche la polizia, decisa a far chiudere i battenti a quel teatrino pericolante.

E così, per sfuggire alla legge e per dare un brivido agli spettatori le gare venivano organizzate all’ultimo minuto, con scenografie e corridori sempre diversi. Un messaggino sul cellulare e bisognava correre, letteralmente, per non farsi soffiare il posto da qualche nuovo venuto, salire in sella e gareggiare.

Capitava che venissero organizzati “eventi”, come venivano definiti, tre sere di fila. Poi un periodo di silenzio che poteva andare da qualche giorno fino a delle settimane.

Non ero abituata a quei ritmi, a quello stress che ti faceva rimanere sveglia per non perderti nemmeno un avviso di comparizione. Perché i soldi in palio erano tanti e mi servivano disperatamente.

Nonostante le notti insonni riuscivo a piazzarmi sempre abbastanza bene. Vivevo di rendita di quello che avevo imparato nella mia precedente vita, arricchendolo di qualche scorrettezza plateale e non, per rimanere a galla. Quando capitava di arrivare dopo il primo o il secondo posto era sempre per colpa dell'uomo in verde, lo stupido ragazzo di Alycia.

Era bravo. Schifosamente bravo.

Alycia... Spesso mi ritornava in mente quel nome, che mi ammorbidiva la bocca come melassa. Forse non era solo l'idea delle gare a tenermi sveglia di notte.

Di nuovo, stavo perdendo la speranza di rivederla. Mi chiedevo se avessi davvero fatto bene a fare quel passo azzardato presentandomi davanti a lei così, d’improvviso. Forse avevo sbagliato a puntare sull'irruenza. Poteva essersi spaventata...

O forse no. Forse aveva solo bisogno di tempo per decidere.

Era appena terminata una corsa. I ragazzi che se ne andavano a finire la serata in qualche locale erano molti e creavano un brulichio di forme attorno a me e Lindsay, che mi stava parlando cercando di essere il più discreta possibile. Ad un tratto mi parve di vedere uno sprazzo di bianco tra tutto quel nero. Il cuore fece un balzo. Affinai lo sguardo, alzandomi in punta di piedi, cercando tra quella gran massa un paio di occhi ben noti.

<< Ma mi stai ascoltando? >>. La voce stizzita di Lindsay mi raggiunse ma non diedi molto peso al tono. Mi chiesi se se la sarebbe presa se l'avessi piantata in asso li, su due piedi.

<< Mi puoi scusare un momento? Possiamo parlarne in officina? >>, le chiesi, già muovendo i primi passi verso una figura alta e ben vestita.

Lo scandalizzato “no!” del mio meccanico mi arrivò alle orecchie che già ero lontana. Ormai avevo solo una cosa in mente.

Mi avvicinai ad Alycia in punta di piedi. Sembrava stesse cercando qualcuno, proprio come me, con il capo proteso che cercava di scrutare attraverso quella fiumana umana.

Le passai dietro, evitando di essere vista e poi, al momento giusto, saltai dentro al suo campo visivo con la faccia più buffa che mi venisse in mente, sperando di vederla per un attimo umana.

Alycia spalancò gli occhi, barcollando indietro, ma poi abbozzò un sorriso. Forse per ora era il massimo cui potessi ambire.

<< Ehi! >>, la salutai. Io non mascherai il sorriso che mi nasceva sulle labbra. Volevo che sapesse che ero contenta di vederla. << Mi stavi cercando? >>, chiesi maliziosa.

<< Ehi >>, fece di rimando lei, evitando accuratamente di rispondermi. Stette in silenzio: probabilmente mi stava dando la battuta. Che donna piena di regole! Tenni la bocca chiusa, curiosa di vedere cosa avrebbe fatto.

Alla fine balbettò qualcosa che sembrava un “Ti-ti ho riportato questo”.

Mi stava porgendo ciò che le avevo lasciato tra le mani l'ultima volta. << Non l'ho pulito perché ho pensato che lo volessi così come l'avevi lasciato. Sembra avere più storia...>>

<< Ma se vuoi posso sistemarlo >>, si affrettò a dire.

<< È perfetto così. Grazie di avermelo riportato >> le dissi con sincerità.

La studiai un po', chiedendomi se un invito da qualche parte l’avrebbe fatta scappare a gambe levate. Avevo paura ad avvicinarmi anche se lo volevo con tutta me stessa, come se lei fosse il coniglietto e io la volpe. Non volevo che si sentisse imbarazzata, minacciata o a disagio. Ma, ci avrei giurato, era tutte quelle cose insieme.

<< Ciao Aly! >>, urlò qualcuno da lontano, con un tono entusiasta. Ci girammo entrambe cercando chi aveva interrotto la nostra conversazione. Il ragazzo si avvicinò a noi e riconobbi uno dei concorrenti contro cui avevo gareggiato poco prima. Sorrideva ad entrambe: pareva aver preso bene la sconfitta.

<< Come mai qui? So che non ti piacciono molto queste cose… >>, disse il ragazzo. Poi, senza nemmeno attendere una risposta, proseguì: << Marcus non corre in questa gara, mi sa che non lo troverai, mi dispiace. Per caso vuoi un passaggio a casa? >>. Probabilmente era ancora sotto l'effetto dell'adrenalina della corsa.

Alycia sembrò d’un tratto tornare a respirare. Potevo intuire che fosse sollevata che quel ragazzo gli avesse trovato una scusa per essere li. Perché, ne ero sicura, non era venuta per il suo fidanzato.

<< Ce l’ha già, un passaggio >>, mi affrettai a dire, beccandomi un’occhiataccia dalla ragazza.

Alycia lo rassicurò che si sarebbe arrangiata da sola con una voce tesa. Sperai che non fosse arrabbiata con me. << Ho la mia macchina, grazie Chris >>.

<< Allora ci becchiamo uno di questi giorni >>, esclamò il ragazzo. Sembrava totalmente fatto: doveva essere ad una delle sue prime gare. Sorrisi, pensando a quando anche a me pareva d'essere in grado di scavalcare un muro a dopo una corsa.

<< Quindi non approvi queste cose, eh? >>, mi affrettai a chiedere per farle dimenticare la mia intromissione di poco prima.

<< Per niente >>, rispose laconica.

<< Posso sapere come mai? Dopo tutto, stai con un corridore >>.

Nei suoi occhi verdi passò un’ombra scura: << Magari un’altra volta… >>

Poi sembrò riscuotersi all’improvviso. << Devo andare >>.

<< Di già? >>.

<< Domani ho il turno di mattina >>. mi rivolse un sorriso veloce. Le afferrai il polso, trattenendola.

<< Quando ci possiamo vedere di nuovo? >>, le chiesi speranzosa. Non era ancora andata via e già ne sentivo la mancanza. Mi sembrava sempre di non aver abbastanza tempo.

<< Sai dove trovarmi >>, e con un occhiolino girò sui tacchi sparendo tra gli ultimi ritardatari.

Me ne stetti lì a fissare l’orlo della sua gonna che spariva inghiottita nella notte.

Mi arrivò alle orecchie la voce di Lindsay: << Tu sei tutta matta, Eliza >>.

 

Mi presentai il giorno dopo, puntuale, all'ora di pranzo, sperando che ciò che mi aveva detto fosse la verità. Ma Alycia non mi pareva una bugiarda.

Non volevo lasciar sfumare quella possibilità: non sapevo perché, ma mi aveva praticamente chiesto d’andare li. Poteva essere la mia occasione di conoscerla, di farle capire che non ero pericolosa.

Parcheggiai nello steso posto, mi sedetti allo stesso sgabello.

Non la vedevo, ma sentivo il suo profumo fresco che permeava l'aria. Si presentò dietro al bancone poco dopo, la solita brocca ricolma di caffè, la divisa leggermente macchiata e l’aria stanca. Doveva essere quasi alla fine del turno. Mi guardò come se si aspettasse di trovarmi.

<< Cosa ti porto? >>.

Il mio cuore accelerò involontariamente.

<< Un toast e del succo >>, le sorrisi, cercando di essere il più affascinante possibile. Ma quella donna era davvero di ghiaccio.

<< Arrivano >>, disse, mentre già spariva in cucina. Non sembrava dare confidenza a nessuno, sul lavoro. Né ai colleghi né tanto meno ai clienti. Si portava sempre in giro quell’aria malinconica ed imbronciata. Mi chiesi il perché.

Tornò poco dopo, portando un grosso bicchiere pieno di succo dal colore corposo e un toast che traboccava formaggio.

La ringraziai, addentando al volo il cibo. Mi guardò masticare e poi mandare giù il boccone.

Ero confusa... perché mi fissava? Probabilmente la guardai con l'aria sbigottita, perché le si imporporarono le gote e si affrettò a chiarire: << Oggi non c'è il nostro cuoco così l'ho preparato io. Mi dispiace se non è molto buono, non sono brava in queste cose >>.

<< È perfetto >>, la rassicurai. Finalmente la vidi sorridere. Colsi la palla al balzo.

<< Si vede che hai cucinato tu >>, le dissi con fare saccente. Mi guardò confusa. << Sei tutta sporca di salsa! >>, le dissi ridendo.

Lei fece una faccia buffa e corse a specchiarsi in una pentola di acciaio abbandonata li in giro. In effetti aveva baffi rossi sulle guance, come se si fosse toccata il viso con le mani sporche. Afferrò uno straccio, passandoselo sul viso.

-Ancora-, mi affrettai a dire.

-Dove?-

Dio, perdonami per tutte le bugie che dico.

-Qui-, le dissi indicando il punto. Lei cercò di pulire la macchia immaginaria con ben poco successo.

-Ancora-, ribadii. -Dammi il panno-.

Mi mise in mano lo straccio. Con delicatezza glielo passai vicino all'angolo della bocca, carezzandole la guancia e fissandola negli occhi.

Rimanemmo così per lunghi minuti, che in realtà furono solo pochi istanti.

Poi lei si ricompose, all'improvviso la magia spezzata. Ma ero sicura di non averlo sentito solo io.

<< D-devo tornare al lavoro ora. Scusami >>. Le sorrisi, nonostante fossi un po' delusa di doverla già lasciare andare.

Finii il mio pranzo dolce e salato insieme e lasciai la mia banconota sul bancone.

Sulla porta mi girai. Alycia, dal tavolo dove stava prendendo le ordinazioni, mi sorrise. Quello squallido bar d'un tratto non sembrò più tanto squallido.

 

Alla fine fare almeno un pasto al Joe's divenne un'abitudine. Mi risolsi a sgraffignare il foglio con gli orari dei dipendenti per potere essere sicura di poterla incontrare. Il cibo non era gran gourmet, il locale non era dei più alla moda: passare le mie giornate lì non era la mia massima aspirazione se lei non era nei paraggi.

Era quasi diventato un rito. E vedevo gli strati di ghiaccio che si scioglievano lentamente.

Spesso la prendevo in giro per il suo strano modo di cucinare, che si riduceva, alla fine, a buttare ingredienti in una padella e accedere il fuoco. Ogni tanto la fissavo negli occhi, giurando, mano sul cuore, che si, questa volta ce l'aveva fatta. Allora lei si convinceva che forse valesse la pensa assaggiare. Afferrava il mio polso e dirigeva il boccone infilato sulla mia forchetta verso la sua bocca. E in quei casi, mi mancava il fiato e il petto si infiammava. Chissà se era consapevole di quello che mi faceva...

Alycia rideva alle mie battute, stava ai miei scherzi... Per mezz'ora ogni giorno il mondo spariva.

 

Un giorno entrai nel bar con un fiore tra le mani, uno di quelli dai colori tropicali che decorano le ville dei ricconi di Los Angeles.

L’avevo visto spuntare dalla siepe di una cinta e avevo pensato subito a lei.

<< Vuoi un vaso? >> mi chiese Alycia appena mi vide. Il locale era semivuoto a quell’ora tarda.

<< Avvicinati >>, le dissi con tono furbo. Stavolta non c'era nessun bancone a dividerci.

Mi venne vicino. Era leggermente più alta di me, che ero già seduta sul mio sgabello sbrindellato.

Le scostai una ciocca dal viso bianco, ponendole nella chioma quel fiore colorato che stava maledettamente bene nei suoi capelli scuri. Mi soffermai più del dovuto a sfiorarle il viso.

No, non era per nulla educato. Infondo, ci conoscevamo a malapena. Eppure era ciò che volevo.

Lei non si fece indietro. Anzi, mi guardava e arrossiva nei punti dove le sfioravo la pelle.

<< Sei bellissima >> le sussurrai in un orecchio. Abbassò lo sguardo, trattenendo un sorriso.

Non sai che effetto mi fai, Alycia.

<< Non so nemmeno come chiamare la persona che dovrei ringraziare >>.

<< Eliza. Mi chiamo Eliza >>.

<< Già, immaginavo che Wanheda non fosse il tuo vero nome. Grazie Eliza >>, mi sussurrò.

Poi si scostò e sorridendomi, questa volta con un sorriso vero, mi chiese cosa volessi da mangiare, nonostante fosse mezzanotte passata, come se nulla fosse.

<< E se invece staccassi prima e andassimo a mangiare fuori? >>, le proposi, colta da un lampo d’audacia.

<< Insieme? >>.

<< Certo che insieme, sciocca! >>, risi io.

Mi guardò con occhi indagatori, ma sapevo che scherzava: << È per caso un invito a cena? >>.

Non feci in tempo ad elaborare una risposta nemmeno vagamente intelligente che la porta dietro di me si aprì con uno scampanio. Io non vidi chi stava entrando, ma Alycia si. Portò frettolosamente le mani nei capelli e tolse quel fiore che le avevo appena appuntato, nascondendolo dietro la schiena.

<< Amore! >>, proruppe una voce dietro di me. Mi girai a vedere chi fosse, scioccata dall’ennesima interruzione -ma non era New York la città che non dorme mai?-, da quel nomignolo orribile in bocca d’altri e soprattutto dal gesto di Alycia.

<< Tesoro >>, miagolò Alycia, con la voce più morbida. Vedevo però che era sorpresa quanto me. Sollevai un sopracciglio, ora più scocciata che scioccata.

Il ragazzo, senza degnare nessuno di una parola, le circondò la vita con fare possessivo, da vero maschio Alpha, e le schioccò un bacio sulle labbra. Avvampai.

<< Che ne dici se usciamo a cena? Voglio festeggiare la vittoria di questa sera >>.

<< Il mio turno non è ancora finito >>, cercò di giustificarsi lei. Parlavano a pochi centimetri da me e quella vicinanza che prima mi era sembrata così intima, ora mi metteva solo a disagio.

<< Parlo io con Aleks. Vai a cambiarti, piccola >>, la rassicurò.

Alycia mi lanciò uno sguardo di scuse, che accolsi con l’espressione più dura che potessi mettere su.

Marcus mi si sedette di fronte, gambe larghe e petto in fuori.

Ehi amico, non c’è bisogno che ti gonfi come un gatto, gli avrei voluto dire. Cercai invece di ignorarlo: non volevo arrabbiarmi e perdere il controllo, rischiando di dire cose che avrebbero danneggiato Alycia. Cercai di ingoiare l'immagine del mio fiore nascosto, di mandarla giù, fin nello stomaco, e dimenticarla.

<< Tu devi essere il famoso corridore che sta spopolando nelle ultime gare, immagino >>, esordì con aria tronfia.

A quanto pare lui non ne voleva sapere di fare il bravo.

<< Sono quella che ti ha fatto il culo alla prima gara, si. Immagini bene >>, gli risposi cerando di mantenere un tono piatto.

Il suo sorriso, comunque, si spense. Doveva essergli bruciata non poco quella sconfitta.

<< Come mai sei qui? >>.

<< Mangio >>. Il tono laconico indicava che non avevo nessun interesse a parlare con lui. Doveva essere tonto per non cogliere. O solo un grande, enorme pallone gonfiato. Propendevo per la seconda.

<< Credo ci sia dell'altro >>, cominciò, come se ci dovesse pensare. << Se sei così brava, perché cerchi di farti amica la mia donna? Pensavo non ti servissi di spionaggio industriale per sistemare i difetti della tua moto. Non si fa Wanheda, no no no >>, disse, sventolandomi un dito davanti al naso. Dietro, un sorriso sarcastico da levare a schiaffi. Te lo dico io dove puoi i… mi morsi la lingua.

<< Sai, Marcus, il mondo non ruota intorno a te. Non cerco nessun segreto qui. Mangio. E basta >>.

La voce di Alycia pose fine definitivamente alla discussione.

<< Sono pronta tesoro. Andiamo? >>. Sembrava nervosa.

<< Andiamo amore. Saluta Eliza. Non credo che tornerà a disturbarti più. Io e lei ci siamo chiariti >>.

Marcus le circondò le spalle con un braccio possente, e lei, piccola com'era, gli si strinse addosso.

<< Ricorda Eliza. La fama come viene, se ne va >>. Non si girò nemmeno a guardarmi mentre mi dispensava di quell’alto consiglio.

Oh, lo so meglio di tutti, pensai.

Uscendo, Alycia mi lanciò un altro sguardo. Niente di confrontabile con tutti gli altri: era mortalmente serio. C’era una specie di avvertimento in quello sguardo.

Rimasi ad osservarli ancora un po', mentre attraversavano il parcheggio diretti al branco di motociclisti che li stava evidentemente aspettando.

Di nuovo, lei stonava del tutto in quell'ambiente. Aveva lo sguardo troppo integro per farne parte.

Vidi Marcus chinarsi a sussurrarle qualcosa all’orecchio. Lei proruppe in una fragorosa risata.

<< Stiamo chiudendo, principessa >>, mi avvertì un’altra cameriera annoiata.

Oh no, io non ero la principessa di quella storia. Io dovevo essere l’eroe che la salva dal cattivo.

Ma se il cattivo riesce a far ridere la bella principessa, allora non cambia tutto irrimediabilmente?

 


Nella foresta del Panda

Va bene, posso dirmi fiera del fatto che ho rispettato la scadenza di pubblicazione di una settimana. Almeno quello!
Eliza ha ricevuto proprio una bella botta in testa vedendo Alycia per la prima volta. Ma i motivi di questa infatuazione fulminante verranno spiegati presto.
Per il resto, spero vi sia piaciuto questo secondo capitolo! Naturalmente, fatemi sapere cosa ne pensate. A presto :)

Blu Panda 
 

  
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