Lei non sembrava bella. Il viso pallido con occhiaie profonde e i capelli che parevano tanti sottili fili di paglia biondo chiaro non lasciavano soffermare gli sguardi frettolosi e superficiali della gente sugli occhi color ghiaccio, grandi,profondi, che racchiudevano la sensibilità che tanto tentava di nascondere sotto 3 strati di durezza, 3 perché così diceva lui. Il suo nome forse la descriveva. Crystal. Lo odiava. Tentava, crudele, di mostrare alla gente la sua fragilità. Aveva da poco compiuto 13 anni, anni che aveva speso in un mondo che odiava. Le persone le facevano schifo. Le sue compagne di scuola, con cui alternava falsità e liti per conviverci, i professori, falsamente comprensivi, i vicini e i loro commenti spezzati all'improvviso al suo passaggio, sua madre. Gli uomini che facevano avanti e indietro in casa sua con la droga. La vita in generale. Ma in fondo, dietro gli alberi fitti della foresta incatenata che era sempre stata la sua vita, la sua luce brillava con parole speranzose e sorrisi ironici. Lui, il faro in mezzo alla tempesta che l'aveva sempre guidata in mezzo alla nebbia. Lui, che difendeva sempre chiunque fosse solo lontanamente in difficoltà, che ascoltava tutti, la speranza personificata, l'aiuto di tutti, tranne che di se stesso. Si odiava così tanto. E così tanto lo amava lei. Lui, i suoi capelli arruffati dorati, la sua pelle rosea e le lentiggini. E i suoi occhi viola. Imperscrutabili a tutti. Trasparenti per lei. Era un duro, pensavano tutti. Ma lei no, lei lo conosceva, cosa che gli per gli altri era solo una sciocca convinzione. E ora lui era li al suo fianco davanti a quella porta oscuramente perfetta, davanti alla porta che la separava dal suo fratellino che, forse, l'aveva già cancellata dai suoi ricordi.