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Autore: Opal636    20/04/2009    2 recensioni
ATTENZIONE! Breaking Dawn spoiler! Questa è la storia del parto di Bella e della sua trasformazione in vampira, scritta dal punto di vista di Edward.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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BREAKING DAWN

EDWARD POV

 

Rimasi impietrito per una frazione di secondo che mi parve eterna, sconvolto dalla visione del corpo di Bella che si dimenava passivamente, mentre dalla bocca le usciva violentemente una sconvolgente quantità di sangue.

La mia mente non riusciva ad accettare ciò che occhi e orecchie percepivano. Riuscivo a percepire lo stesso shock nei pensieri di Rosalie e Jacob…

Mi riscossi nell’esatto istante in cui Rose prese Bella tra le braccia e, insieme, scattammo verso il piano superiore, dove era già disposta la stanza per il parto.

Ero sconvolto.

Una parte di me era fredda e calcolatrice, quasi distaccata da quello che le succedeva intorno, intenta a concentrarsi sul modo di far nascere il bambino sano e salvo, senza uccidere la madre. Sentii quella parte di me urlare a Rosalie di prendere la morfina.

L’altra parte era devastata, inorridita, immersa in una sofferenza così grande da rischiare di impazzire del tutto.

Pur non sentendo i suoi pensieri, lo sconcerto e il dolore di Bella erano palpabili e si raddoppiavano dolorosamente dentro la mia testa, mentre sentivo chiaramente il terrore del bambino che soffocava dentro il corpo della madre.

Fu questo, il pensiero del bambino in pericolo, a fare in modo che la parte razionale non soccombesse al dolore. Non avrei permesso che Bella soffrisse per nulla, non avrei permesso che rischiasse la propria vita per un corpicino morto. Il bambino doveva sopravvivere per lei, per dare almeno un vago senso a tutto questo orrore.

In pochi secondi Rosalie mi porse la siringa con la morfina e, mentre le strappava di dosso i vestiti, la iniettai nel braccio di Bella.

Jacob, sconvolto dalla vista del corpo devastato della ragazza che amavamo, mi chiese cosa stava succedendo. La mia voce si sovrappose a quella di Rose, mentre gli rispondevamo, storditi, che il bambino stava soffocando, che la placenta si era staccata.

Incredibilmente, Bella riprese i sensi in quel momento w ci intimò di farlo uscire, sconvolta all’idea che volessi aspettare l’entrata in circolo della morfina. Non riuscì, però, a terminare l’urlo disperato, perché altro sangue le sgorgò dalla bocca. Le alzai la testa e le pulii la bocca meglio che potevo per farla respirare.

In quel momento, vedendola così inerme, sporca del suo stesso sangue, gli occhi dilatati e arrossati, la mia disperazione minacciò di sopraffare la parte determinata a salvarla, a salvare la mia unica ragione di vita. Vacillai per un infinito istante, ma le disperate urla mentali di Jacob e il terrore sordo del bambino mi riportarono alla ragione.

Vidi Rosalie avvicinarsi all’enorme pancia di Bella con un bisturi.

NO!

Sconvolto le urlai di aspettare! La morfina non era ancora entrata in circolo! Non doveva soffrire ancora di più!!!

Ma Rosalie non mi ascoltò. Nella sua mente l’istinto materno le imponeva di premurarsi solo ed esclusivamente della vita del bambino.

Sentii il rumore lieve della pelle che veniva recisa come un boato assordante nella mia testa.

Il suono del sangue che si riversava copioso sul pavimento mi ricordava la furia di una cascata.

Bella sussultò tra le mie braccia, sensibile al dolore, ma troppo stremata per urlare.
Poi qualcosa cambiò…

Nella mente di Rosalie l’istinto materno fu scalzato via dal mostro assetato di sangue.

“No Rose!” le ruggii, ma non potevo muovermi, le mie mani tenevano Bella nel tentativo di farla respirare.

Mentre guardavo, quasi con distacco, come se la cosa non mi toccasse da vicino, Jacob che colpiva Rosalie con un calcio e le tappava le vie respiratore, la mia mente registrava distrattamente il soave profumo del sangue di Bella. Permeava ogni dettaglio nella stanza chiusa, la gola bruciava orrendamente, ma non vi feci caso. Fu solo un pensiero fugace.

Alice ci raggiunse e le ordinai di occuparsi di Rose.

“Jacob, ho bisogno di te!”

Bella stava perdendo conoscenza, avevo bisogno d’aiuto e Rosalie non poteva più darmelo.

“Respirazione artificiale?” chiesi perentorio a Jacob.

“Si!” mi rispose sicuro.

“Falla respirare! Devo tirarlo fuori prima che…”

Non terminai la frase.

Uno schianto tremendo, uno schiocco secco, inaudito, riecheggiò tra le pareti della stanza.

Nessun rumore giunse da Bella…

Rimasi impietrito dallo shock, ma mi ci volle un attimo per capire cos’era stato. Le gambe immobili di Bella me ne dettero conferma.

L’orrore più nero si impadronì di me e trapelò nella mia voce, mentre ansimavo:

“La spina dorsale”

Jacob, sconvolto quanto me, ma ancora lucido, mi gettò il bisturi e mi ordinò di procedere.

Ormai la morfina era entrata in circolo, così, mentre sentivo l’aria passare dai polmoni di Jacob a quelli di Bella, mossi il bisturi ghiacciato sulla tenera pelle. Altro liquido rosso scuro sgorgò sul pavimento, intensificando il profumo nell’aria.

Scostai con freddezza medica la pelle da umana, scoprendo lo strato granitico sottostante, avvicinai il viso e morsi, forte. Il suono della pelle da vampiro che veniva tagliata dai miei denti riempì la stanza e rimbombò dolorosamente nella mia testa.

Mai. Mai avrei creduto di poter fare una cosa del genere a Bella, mai…

Scossi piano la testa per scacciare pensieri dolorosi, avevo altro a cui pensare ora.

Introdussi lentamente le mani nell’apertura e afferrai delicatamente, ma in modo sicuro, il bambino.

Lo tirai fuori, prestando attenzione ad ogni mio gesto, i sussulti del corpo di Bella cessarono.

Tagliai il cordone ombelicale con i denti, e mi accorsi che la previsione di Bella era errata: non era un maschietto, era una bambina.

Renesmee” sussurrai.

La guardai.

Era bellissima, seppur impiastricciata di sangue e secrezioni, la sua pelle era calda, più calda della pelle della madre, morbida e resistente allo stesso tempo. Le guance avevano un bellissimo colorito rosato e il cuoricino batteva velocemente, come le ali di un colibrì. Respirava velocemente, scioccata e un po’ spaventata dalla brusca nascita. I lineamenti del viso ricordavano molto i miei, mentre i suoi, sbarrati dallo stupore, erano color cioccolato fuso, come quelli di Bella, stupendi. I suoi pensieri erano caotici, confusi, ma vi si intuiva un’intelligenza fuori dal normale, mentre, fissandomi negli occhi, mi fece capire di aver riconosciuto la mia voce. Sapeva che ero suo padre.

Una moltitudine di sentimenti e sensazioni si agitò in me. Mi resi conto che ero padre, che avevo una figlia, una piccola e deliziosa creatura frutto dell’immenso amore provato con Bella.

Prima ero troppo arrabbiato con me stesso per averle procurato tutto questo dolore per pensare lucidamente al fatto che stavo per avere una famiglia tutta mia.

Erano passati pochi istanti dalla sua nascita e Renesmee mi aveva già rapito. La sentivo mia, era parte di me.

Sentii la flebile voce di Bella

“Fammi… dammela”

Non sapevo se era una buona idea, ma non appena la bambina riconobbe la voce della madre, i suoi pensieri furono invasi di felicità e impazienza. La voleva conoscere.

Non ebbi il coraggio di negare questa piccola gioia ad entrambe.

Con la massima cautela, poggiai la bambina sul seno di Bella e, distrattamente registrai la sorpresa di Jacob nel vedere che la assecondavo in quella che lui considerava una pazzia, e il fatto che sentisse la pelle di Renesmee calda.

Non mi ero sbagliato dunque, la sua temperatura era un po’ più calda di quella di un essere umano.

Distratto, mio malgrado, da queste considerazioni, non pensai che Renesmee avrebbe potuto mordere Bella. Rimasi estasiato nel vedere gli occhi della mia amata riempirsi di gioia mentre guardava il visetto della bimba. Renesmee la deliziò con un abbagliante e sincero sorriso che scoprì la sua perfetta dentatura. Si rannicchiò, felice sul petto della madre, e la morse…

Inorridito dal singhiozzo di dolore emesso dalle labbra di Bella, e per essere riuscito a farla soffrire per l’ennesima volta, allontanai immediatamente Renesmee e la guardai, serio, negli occhi.

“No Renesmee” le sussurrai.

Nei suoi pensieri lessi l’inquietante consapevolezza di aver fatto del male alla persona alla quale voleva già così bene e il dispiacere che ne conseguì. Aveva compreso perfettamente… stupefacente…

Ignorai le malignità giustificate nella mente di Jacob, ma sentii chiaramente il cuore di Bella, quel cuore col quale ero talmente in sintonia da percepirlo a chilometri, perdere mezzo battito.

Jacob fu velocissimo nel praticarle il massaggio cardiaco, nei suoi pensieri una disperata preghiera rivolta a lei, perché non smettesse di far battere il suo cuore.

Non c’era più tempo! Bella stava morendo, dovevo iniettarle il veleno! Ma avevo mia figlia tra le braccia, che osservava attenta il mio sguardo disperato, chiedendosene il motivo.

Dissi a Jacob di prenderla tra le braccia, ma la sua sgarbata risposta non mi aiutò.

“Datela a me”

Non mi ero accorto di Rosalie che saliva e, automaticamente, le ringhiai contro all’unisono con Jacob.

Mi assicurò di star bene, i suoi pensieri lo confermavano. Tra le mani stringeva la siringa di metallo contenente il mio veleno, così le lasciai velocemente la bambina, presi la siringa, mi precipitai da Bella, scostai le mani di Jacob dal suo petto e le iniettai il veleno dritto nel cuore, abbassando rapido lo stantuffo, mentre mettevo a parte Jacob di quello che stavo facendo.

Senti chiaramente il cuore sussultare e ordinai, esigente, a Jacob di non farlo fermare.

Sembravano ore, ma dal momento della nascita di Renesmee ad ora, erano passati poco più di due minuti.

Dovevo fare in modo che il veleno le scorresse nelle vene, il più possibile, per essere sicuro che guarisse.

Avvicinai il viso al collo di Bella e morsi quella tenera, adorata, calda pelle. Ripetei il gesto nella piaga del gomito e nei polsi.

Lo feci nel modo più gentile che mi fu possibile.

Poi passai rapidamente la lingua lungo le ferite vive, in modo che il suo sangue, mescolato al mio veleno, le restasse dentro il corpo. Leccai velocemente anche la ferita all’addome, che continuava a gocciolare.

Sulla lingua percepivo il dolce ed ipnotico sapore del suo sangue, quel sangue che mi aveva fatto impazzire sin dal primo istante.

Quel sangue che in questo momento non stava scatenando alcuna brama, né alcun piacere, ero troppo concentrato nel salvare la vita, o meglio, l’esistenza, del mio amore.

Lo dovevo a lei, alla sua battaglia, lo doveva a Jacob, che non l’aveva mai abbandonata anche se vederla lo faceva soffrire, e che continuava a pompare sul suo petto, lo dovevo ai suoi genitori, che me l’avevano affidata, lo dovevo alla nostra bambina, che, di sotto, attendeva speranzosa il nostro arrivo. Ma, egoisticamente, più di ogni altra cosa, lo volevo per me stesso.

Mi colpirono come uno schiaffo i pessimistici pensieri di Jacob.

Si stava arrendendo.

Non c’era più niente; solo io, solo lui. Ad accanirci su un cadavere. Tutto ciò che rimaneva della ragazza che avevamo amato. Quel cadavere spezzato, dissanguato, martoriato. Non potevamo ricomporre Bella.

Questo pensava…

Percepivo chiaramente come l’attrazione che l’aveva sempre legato a Bella, si fosse spostata verso qualcosa al piano inferiore. La porta, intuì lui.

NO! NO! NO!

NON ERA MORTA! NON ERA MORTA!

Con rabbia dissi a Jacob di andarsene, mentre prendevo il suo posto, e premevo frenetico sul cuore di Bella.

“Non è morta! Si riprenderà” dissi a me stesso, più che  lui.

DOVEVA FARCELA!

Coraggio Bella! Coraggio amore mio! Non ti arrendere proprio ora, me l’hai promesso!

Ormai non ragionavo più, continuavo a premere come un forsennato sul quel muscolo ora passivo, vidi un ematoma formarsi sulla pelle intrisa di sangue, appena sotto i miei palmi.

I miei occhi divennero secchi e iniziai a battere le palpebre. Non versavo lacrime, ovviamente, ma stavo piangendo. Immaginai la smorfia di dolore che deformava il mio volto.

La disperazione aveva in vaso ogni singola cellula del mio corpo.

Non so per quanto tempo continuai a muovere meccanicamente le braccia, forse pochi secondi, forse ore, il tempo non aveva più senso.

Bella! Non abbandonarmi! Combatti per me, combatti per Renesmee!!!

Come se avesse ascoltato quest’ultima muta preghiera, il suo cuore cominciò a palpitare da solo, in modo frenetico.

Riconobbi immediatamente il suono; la trasformazione era iniziata.

Levai le mani dal suo petto, mentre il sollievo mi pervadeva e le ginocchia cedevano sotto il peso delle emozioni.

Mi accasciai al suolo, sfinito, non nel corpo, ma nella mente e nella psiche.

Allungai una mano verso il tavolo e strinsi le fredde dita di Bella.

Grazie, grazie amore mio!

 

 

 

 

  
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