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Autore: Aleki77    20/04/2009    2 recensioni
Un bacio rubato e poi un altro ancora e tutto precipiterà. Riprende da dopo la visione di THE ITCH (il prurito)
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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YKB - Quattordicesimo capitolo – Black

Quattordicesimo capitolo – Black

Wilson aveva appena comunicato una notizia infausta al signor Drachen e il suo umore non era certamente gioioso.

Distrattamente guardò nello studio dell’amico, gli era venuta la strana voglia di fargli la morale per una questione qualsiasi, del resto era facile trovare House in fallo, ma, invece di vedere il diagnosta che giocava con la sua palla sovradimensionata, vide Cuddy. Era in piedi, ferma immobile, come se un maleficio l’avesse resa di pietra. Guardava avanti senza vedere e il respiro era tanto lieve che quasi non si notava l’escursione toracica.

L’oncologo non ci pensò un istante ed entrò in quell’ufficio stranamente più gelido del solito.

“Lisa, che ti succede?” – Scegliendo istintivamente di usare il suo primo nome.

Lei non ebbe nessuna reazione.

Wilson allora toccò gentilmente la spalla della donna e quella si sciolse in lacrime silenziose.

Guidato dal suo grande cuore, l’oncologo la abbracciò stringendola piano al petto mentre con una mano dava dei delicati colpetti alla schiena. Lo sguardo di Wilson era smarrito eppure quello che stava facendo sembrava esattamente ciò di cui aveva bisogno la donna: un posto caldo e confortevole che non giudicasse il proprio momento di debolezza.

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L’acqua calda scorreva gentile sul suo corpo portando con sé almeno una parte di quella malefica tensione che non le permetteva di affrontare con serenità il lavoro. Appoggiò il capo al muro piastrellato e lasciò i pensieri vorticare liberi nella propria mente.

Stare con lui le aveva dato quel genere di stabilità e tranquillità che aveva sempre invidiato a tante altre coppie, eppure … Dio come si era sentita viva baciando House.

Strinse i pugni fino a conficcare le unghie nei palmi, doveva dimenticare, ma come?

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“Cominci con un ritmo lento e tranquillo.” – Disse la giovane dottoressa Hadley. – “Tra circa un minuto comincerà a percepire una certa resistenza come se fosse in salita.”

Il signor Patrick Highland, coperto di ogni sorta di cavi, pedalava adagio su una cyclette tecnologica. – “Dov’è la dottoressa Cameron?” – Chiese l’uomo impacciato.

Uno sguardo imbarazzato corse tra Kutner e Taub che fu notato da Irene, normalmente non sarebbe stata ammessa in quel laboratorio di fisiopatologia, ma i suoi grandi occhi verdi sembravano essere il miglior passepartout del mondo.

Hadley fece scorrere le dita tra i capelli e con un sorriso ammaliante entrò nel campo visivo del loro paziente che ancora attendeva una risposta. – “La dottoressa era impegnata, ci raggiungerà per la lettura dei risultati.” – “Premette un tasto vicino a un monitor e il bracciale dello sfigmomanometro iniziò a gonfiarsi. – “Si rilassi signor Highland e cerchi di non parlare, a breve percepirà un aumento della resistenza.

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In qualche modo era riuscito a pilotare Lisa fino al proprio studio, ma ancora non sapeva che cos’era successo, o meglio, sapeva che c’entrava House e che probabilmente aveva a che fare con quella cosa dei sentimenti che il diagnosta aveva accantonato tempo prima, ma non riusciva proprio a immaginare che cosa avesse potuto scatenare nel decano di medicina tanto dolore da renderla quasi apatica.

“Se non mi dici che succede come ti posso aiutare?” – Chiese Wilson in un disperato tentativo di estorcerle la verità.

La donna aumentò la presa sulla camicia dell’uomo, quasi che ne dipendesse la propria vita, ma non proferì verbo.

I sussulti si erano placati, ma il bisogno impellente di essere stretta in un caldo e comprensivo abbraccio erano ancora presenti.

“Se devo fargli la ramanzina ho bisogno di un appiglio da cui iniziare.” – Propose ancora l’oncologo.

Un sorriso blando comparve sul volto di Cuddy. – “Ha solo detto la verità, niente di più.” – Con un incerto filo di voce.

“Lui ci gioca con la verità e riesce sempre a fargli dire quello che vuole senza mai tenere conto di quanto dolore provoca nelle persone.” – Sussurrò perplesso mentre continuava delle carezze ritmate sulla schiena della donna.

Cuddy lo guardò finalmente negli occhi e si accorse che lui provava pena per lei. Si staccò dall’abbraccio dell’uomo e si rannicchiò nell’angolo più lontano, non voleva che qualcuno avesse pena di lei.

Wilson rimase quasi shoccato da quel comportamento, ma saggiamente non disse nulla, si limitò ad attendere che lei dicesse qualcosa.

Lei abbassò lo sguardo e si mise a giocare distrattamente con le proprie unghie, era cosciente dell’attesa di lui, ma per Lisa era troppo difficile ammettere quella cosa che negava anche nel silenzio della propria coscienza.

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House entrò nello spazioso laboratorio, ma non fece nulla per farsi notare, solo un cenno del capo verso Kutner che stava per rompere il monotono ronzio della cyclette.

“Come andiamo signor Highland?” – Chiese Taub mentre segnava su un modulo l’ultima pressione rilevata.

Con un cenno del capo l’uomo fece capire di potercela fare ancora.

“Deve cercare di avvisarci circa un minuto prima del suo esaurimento fisico.” – Disse Taub ponendo l’accento ancora una volta quella particolare condizione. – “Sta andando molto bene.”

Nonostante il boccaglio che serrava tra i denti, Patrick riuscì a inviare un sorriso rassicurante verso Irene che sembrava sempre più tesa.

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Cameron si tamponò il corpo con un grande telo da bagno bianco e poi si sedette sulla panca di legno appoggiando il capo al muro. Si sentiva stremata nonostante avesse sempre ritenuto la doccia rigenerante, ma per giornate simili un lungo bagno sarebbe stato il vero tocca sana.

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Lisa si abbracciò le ginocchia e vi appoggiò sopra la fronte. – “Mi sono illusa.” – Sussurrò talmente tanto piano che Wilson pensò di esserselo immaginato. – “In queste settimane mi sono cullata nell’idea che House poteva essere quello giusto per me.” – Aggiunse piano mentre cercava di ignorare un pungente imbarazzo che le premeva nello stomaco.

Wilson fece per parlare, per dirle quanto giusta fosse quell’impressione, che non c’era nulla di male nel pensare che House potesse essere quello giusto per lei, ma un tragico sospiro lo fece desistere.

“Lo avevo immaginato come padre dei miei figli.” – Esorcizzando finalmente quel sogno proibito. – “Nonostante tutto io penso che sarebbe bravo sul serio con i bambini.” – Cercando di giustificare quella fantasia che per settimane aveva tenuto segreta. – “Quando … quando lei … quella ragazza … si è ripresa la mia Joy, il mio cuore si è rotto, ma quel bacio improvviso ha alimentato una speranza impossibile.” – Un lungo sospiro la interruppe. – “Ho cercato di razionalizzare la cosa, ci ho provato sul serio, ma tutti quei discorsi sul provare a cercare di avere una relazione con lui, mi hanno fatto perdere la lucidità necessaria per sapere che era semplicemente impossibile.” – Le spalle si alzarono e abbassarono con lentezza e profondità. Lisa voltò il capo verso Wilson e un amaro sorriso le tirò gli angoli delle labbra. – “Patetico vero?”

L’oncologo era rimasto in silenzio, quasi impietrito. Dentro di sé sentiva la colpa per quell’incitamento con cui aveva spronato Cuddy ad avere una relazione con House, dall’altra il suo cuore martellava furioso perché House aveva rifiutato ancora una volta una persona tanto bella e tanto sincera. – “Mi spiace.” – Bisbigliò colpevole.

Lei allungò una mano per stringere quella di Wilson. – “Non hai fatto niente di male, hai solo pensato alla felicità di due persone a te care.”

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Una pedalata, un’altra ancora e poi un’altra. Ormai il rombo del proprio sangue nelle orecchie gli impediva di sentire che cosa stava dicendo quella dottoressa magra dai capelli castani di cui non ricordava il nome. Una pedalata, un’altra ancora e poi un’altra. La testa gli girava e non riusciva più a mettere a fuoco quello che lo circondava. Che cosa gli aveva detto il piccoletto con quel grande naso? Non riusciva a ricordarlo. In testa gli era rimasto solo un ordine e quello gli diceva di pedalare senza fermarsi. Il sangue pompava veloce e poi il nero lo avvolse.

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