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Autore: BebaTaylor    08/07/2016    0 recensioni
Lindsay, Ryan e tutti gli altri tornano, dopo Straight Trough my heart. Ma scordatevi le atmosfere divertente della storia precedente.
Perché le persone crescono, i rapporti cambiano e si evolvono, perché c'è sempre chi non capisce, chi pensa al successo e lo vuole anche a costo di distruggere la felicità degli altri, ignorando le tante lacrime versate.
Risate, lacrime — tante — e dolore. I nostri saranno in grado di superare tutto quanto?
Attenzione: nella seconda parte del settimo capitolo ci sono vaghissimi accenni di lime slash.

«Ryan!» strilla Lindsay quando, del tutto casualmente, le tocco il sedere.
«Che c'è?» domando, «Non ho fatto niente.»
Lei mi fissa e sbuffa, «Lo sai cosa hai fatto.» dice, «Mi hai toccato il culo.» sibila.
Le sorrido, «Non l'ho fatto apposta.» dico. Lindsay sbuffa e si volta, dandomi le spalle e fissando la fila di persone davanti a noi. Stiamo andando a New York, ed è inutile dire che Liam è felice di passare del tempo con Svetlana, poi andremo in Europa, per la promozione dell'album. Prima tappa: Dublino. Credo che mi sfonderò di Guinness.

La presentazione fa schifo, scusate. Giuro che la storia è molto meglio!!
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In a World Like this'
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We Start Over

Due
World Of Our Own
*** Funny how life can be so surprising ***



«Èil mio compleanno!» trilla Aaron quando ci incontriamo in corridoio, «Cosa facciamo? Cosa facciamo?» esclama.
«So io cosa fare se non ti dai una calmata.» borbotta Chris con uno sbadiglio.
«Stupido.» esclama Aaron, «Cosa possiamo fare?» mormora, «Cosa...» dice e si volta verso di me, «Conoscete bene New York,» si rivolge a me e Svetlana «perché non ci pensate voi?» domanda, «Tanto sapete cosa mi piace...» scrolla le spalle e io trattengo un sospiro di sollievo. Per un attimo ho temuto che volesse fare qualcosa di specifico, mandando all'aria tutti i piani che io, Svetlana e Carl abbiamo fatto.
«Certo!» rispondo, «Con piacere.» aggiungo con un sorriso. «Per pranzo... che ne diresti di un bel ristorante di pesce, con vista sull'oceano?» propongo.
«Sarebbe perfetto!» risponde Aaron e mi dà  una pacca sulla spalla che mi fa quasi cadere. «Ne voglio uno che abbia le aragoste.»
«Okay.» annuisce Svetlana, «Non ti preoccupare, sappiamo dove andare.»
E il primo punto della lista è andato. Il ristorante di pesce che serve anche aragoste del Maine — le preferite di Aaron — è già  prenotato per oggi.
Dopo pranzo faremo un giretto in spiaggia, attendendo che arrivi l'orario della vera sorpresa. E spero che piaccia ad Aaron, perché, dopo tutto quello che abbiamo speso, mi girerebbero a mille se non gli piacesse. Ma gli piacerà , lo so.
Spero.

«Che cosa?» sbotta Aaron, «Perché doverei metterla?» dice fissando la benda nera che ho in mano.
«Perché ho voglia di un'orgia.» replico e ignoro Ryan che mi chiama, strillando il mio nome come un cretino, «Perché il luogo dove stiamo andando è una sorpresa.» dico e mi metto dietro di lui.
«Ma...» replica lui mentre gli copro gli occhi.
«Ma un cavolo.» sbotto, «Tu hai chiesto a me e Svetlana di organizzare qualcosa, quindi ora ti adegui.» dico e lego la benda.
«Ma... Lindsay...» mormora Aaron.
«Shh!» faccio, «A cuccia.» dico e lo accompagno verso una delle due auto, lo aiuto a salire e mi accomodo accanto a lui.
«Non preoccuparti, ti dico io dove andiamo.» esclama Ryan salendo.
«Tu sai dove andiamo?» chiede l'altro.
«No, ma posso leggere i cartelli, eh.» risponde Ryan.
«Tu non dirai un bel nulla.» replico io e stringo il polso di Ryan. «Altrimenti...»
«Altrimenti non me la dai più, lo so.» sospira lui e mi guarda sorridendo, «Adesso la smetti di infilzarmi le unghie nel polso? Mi fai male.» chiede e allento la presa, «Grazie.» dice, «Cercherò di farti capire qualcosa, Aaron.» ridacchia.
«Guarda che finisci in bianco.» ride Jake, in macchina con noi.
«Ma tu puoi parlare, dirmi dove stiamo andando.» dice Aaron, «Dimmi dove andiamo, per favore.» implora e cerca di togliersi la benda, ma io gli blocco le mani.
«Non ci penso nemmeno.» replica Jake e sbadiglia.
«E perché?» fa Aaron, «Tanto Lindsay non te la darebbe lo stesso, quindi non rischi niente.»
«Ma mi darebbe un calcio in culo, conoscendola.» replica Jake, «E poi,» sbadiglia ancora, «Ho un po' di sonno e vorrei fare un sonnellino.» dice e si sdraia sul sedile di fronte al nostro. «Buona notte.» mormora chiudendo gli occhi.
«Sei fregato.» dico ad Aaron, «Zitto e goditi la sorpresa.» sibilo.
Lui sbuffa, incrocia le braccia e si rilassa contro lo schienale.

Liam slega la benda e Aaron spalanca gli occhi, la sua bocca forma una piccola "o" e lui rimane là, fermo in mezzo alla stanza senza dire nulla per qualche istante. «Voi...» mormora, fissando le decorazioni, i palloncini colorati e il tavolo pieno di cibarie, compresa una torta a forma di cavallo. Non è una di quelle torte-sculture, che sanno di niente e hanno dentro pi๠sostegni di plastica che pan di Spagna e crema. È una semplice torta a forma di cavallo che impenna, tre strati di pan di Spagna, farcito con crema pasticcera e gocce di cioccolato — al latte, fondente, extra fondente e bianco —  ricoperto di crema al burro al cioccolato, scaglie di cioccolato e crema chantilly. E due piccoli cavalli di zucchero troneggiano accanto alle candeline a forma di numero.
«L'avete organizzato voi?» domanda Aaron fissando me e Svetlana.
«Sà.» rispondo, orgogliosa, «E non è finita qui!» trillo e scosto due tendine. Là  fuori ci sono sette cavalli già  sellati.
«Io non ci salgo.» esclama Ryan incrociando le braccia.
«Grazie!» strilla Aaron e travolge me e Svetlana in un abbraccio che ci fa vacillare e probabilmente ci ha spostato di mezzo metro, «È meraviglioso!» esclama e ci bacia il viso, ripetendo almeno un milione di volte €œgrazie.€ Se lo dice un'altra volta lo strozzo, giuro.
«Okay... ancora tanti auguri, Aaron... ma quand'è che si mangia?» esclama Jake, avvicinandosi ai tavoli sistemati a ferro di cavallo.
«Aspetta!» gli dico, «E che cavolo.» sbuffo. «Non hai mangiato abbastanza, a pranzo?» chiedo.
«Parli proprio tu.» borbotta lui ma io lo ignoro, intanto Aaron continua a guardarsi attorno e si accorge del tavolino su cui abbiamo sistemato i regali.
«Mi avete regalato un portatile?» esclama, «Potevate incartarlo.» dice.
«Non è il tuo, è il mio.» spiega Carl.
«E a cosa serve?» chiede Aaron, le sopracciglie bionde inarcate.
«Vedrai.» dico io e prendo la bottiglia di spumate.
«Io su quel coso non salgo, sappiatelo.» squittisce Chris fissando i cavalli che brucano tranquillamente l'erba. «No.»
«Sà, invece.» ribatte Aaron, «È il mio compleanno e fai, fate, quello che dico.»
«Io non cavalco.» esclama Ryan.
«Oh sà che lo farai.» sbotta Carl, «Lo farete tutti quanti,» continua «perché Lindsay e Svetlana si sono impegnate e mi hanno stressato l'anima e quindi lo farete e non si discute.» dice e prende la bottiglia dalle mie mani e la passa ad Aaron che la prende, eccitato come Cameron la mattina di Natale.
«Ma non ci penso nemmeno!» sbotta Ryan.
«Una volta che cadi da cavallo devi risalire.» ride Chris.
Ryan gli lancia un'occhiataccia, «Neppure tu ci vuoi salire.» dice.
«Tu ci sali.» dico, «Lo devi fare, cosà io stasera ti faccio quella cosina che ti piace tanto...» aggiungo a bassa voce sfiorandogli il torace con la punta delle dita.
Lui mi fissa e sospira. «È un ricatto, sai?» dice.
«Oh, lo so.» rido, «Ma funziona.»
«Che cosa gli fai?» domanda Liam e divento rossa di botto. Mi ha sentito?
Cacchio.
«Quello che piace anche a te.» ride Chris.
«Eh?» esclama Liam fissandolo, mentre io vorrei solo scomparire.
«Un pompino.» esclama Svetlana e io la guardo, lei mi fissa e diventa rossa, si copre la faccia con le mani e mormora qualcosa di incomprensibile.
«Vedi,» dice Jake «lei ha capito!» aggiunge annuendo e scoppia a ridere.
«Oh, la piantate?» sbotta Aaron e stappa la bottiglia, «È il mio compleanno.»
Lo spumante viene versato nei bicchieri, brindiamo, accendiamo le candeline, Aaron le spegne mentre io faccio una foto che mi affretto a postare su ogni social network esistente e spero che Melanie si mangi il fegato. Avrebbe potuto essere qui, forse, se non si fosse comportata da psicopatica e piaga e deficiente. E... oops, mi viene in mente che il suo compleanno è già  passato da un paio di settimane e non le ho fatto gli auguri. Bhe, lei non li ha fatti a me, per cui siamo pari.
Mangiamo la torta, i pasticcini e qualche salatino, mandando tutto gi๠con due b0ttiglie di spumante.

«È ora, vero?» domanda Aaron, eccitato, indicando i cavalli. E... saltella, come un bambino che ha mangiato troppi zuccheri.
«Se siamo qui fuori, davanti a loro, direi proprio di sà.» sospiro.
«Devo proprio salirci?» pigola Ryan rigirando il caschetto fra le mani, «Non puoi fare un'eccezione?» mi sorride, «Possiamo starcene qui, tranquilli...» soffia sul mio viso.
«No, ho pagato sette cavalli e tu sali, altrimenti ti prendo a schiaffi.» rispondo, prendo il caschetto e glielo metto in testa, poi lo allaccio.
«Mi spettini.» si lamenta Ryan.
«Sei bello lo stesso,» dico «pecorella.» aggiungo a bassa voce e Ryan mi bacia velocemente, probabilmente per zittirmi.
«Andiamo? Andiamo? Andiamo?» esclama Aaron, già  montato in sella.
«Siete sicure che nella torta ci fosse farina e non altro?» domanda Jake, «È un po'... sopraeccitato.» dice.
«È il mio compleanno.» replica l'interessato con uno sbuffo e io aiuto Ryan a salire e mi assicuro che Jake e Chris non scappino, mi accorgo che Carl li sta controllando, per cui montano a cavallo fra uno sbuffo e l'altro.
«Perché lui non sale?» domanda Chris indicando Carl.
«Perché no.» risponde lui, «E devo anche sistemare il macello che voi avete fatto.» aggiunge.
Chris sbuffa e io ridacchio mentre Svetlana si mette in testa, ignorando le proteste di Liam che la vorrebbe vicino a lui e, finalmente, partiamo.
«Ma... dove siamo?» chiede Aaron, «Non è Central Park.» dice. Cavolo, ce ne ha messo di tempo!
«Nel Queens.» risponde Svetlana.
«Nel Queens?» domanda Chris, «Uno pi๠vicino no?»
«No.» rispondo e guardo Ryan che ha la faccia di uno che vorrebbe smontare da cavallo e fuggire. «Non t'azzardare.» gli dico.
«A fare cosa?» domanda lui, un sorriso innocente sul viso.
«A fermarti e scappare.» rispondo. «Lo so che vorresti farlo.»
«Tu mi hai costretto a salire in groppa a questo cavallo, ricattandomi, per giunta!» ribatte, «Io voglio fermarmi e scappare.» dice, «È logico che voglia fermarmi.»
«Non puoi.» replico, «Abbiamo prenotato per due ore, quindi per due ore tieni le tue belle chiappe su Storm.» 
«Due ore?» strilla Chris, «E io devo stare su questo brocco per due ore?» sbotta, «Ma non ci penso nemmeno.»
«Invece ci stai, dovessi costringerti a forza di calci.» esclama Aaron, «È il mio compleanno!» ripete per la millesima volta.
«Sei noioso.» sbuffa Jake, «Stasera devi offrirci almeno tre birre a testa, lo sai?»
Aaron sbuffa, «E che palle.» dice, «Solo per qualche minuto in sella a un cavallo...» replica.
Bhe, qualche minuto un corno! Sono ben centoventi minuti e mi fa già  male tutto anche se cavalchiamo da appena mezz'ora. Ma non lo ammetterò mai, sopratutto con Ryan.
Dopo una decina di minuti, in cui Ryan e Chris non hanno fatto altro che lamentarsi, arriviamo in un piccolo spiazzo, ci sono alcune panchine di legno, una fontanella d'acqua potabile e uno steccato. Smontiamo dai cavalli e guardo Ryan, che è ancora sul suo.
«Non scendi?» ride Aaron.
«Chi, io?» replica quel testone di Ryan, «Nah, resto qui, sto comodo.» dice.
«Hai paura di cadere!» dice Jake e scoppia a ridere mentre Ryan fa una smorfia offesa, «Dai, se cadi Lindsay può darti un bacino sulla bua...»
Ryan mi fissa e io sbuffo, «Scendi da là.» borbotto alzando gli occhi al cielo. «Subito!» sbotto.
Ryan sospira, «Se cado è colpa tua.» dice.
«Non cadi.» gli sorrido, lascio il mio cavallo ad Aaron e vado ad aiutare quel cagasotto del mio ragazzo. Ryan scende e gli do la mano, aiutandolo ad allontanarsi dal cavallo senza finire per terra. «Hai visto?» dico, «È semplice.»
Ryan borbotta qualcosa di incomprensibile e va a sedersi, camminando piano, le gambe leggermente divaricate «Mi fa male il culo.» dice.
«Puoi chiedere a Lindsay di farti un massaggio.» sghignazza Jake e lo prenderei a sberle. Mi siedo anche io e sbuffo.
«Già , Linds, dovresti farmi un massaggio.» sorride Ryan e mi fissa, mi sfiora il braccio con la punta delle dita e mi guarda con la sua miglior espressione da cucciolo.
Sbuffo, «Non è valido.» soffio. «Forse, vedremo.» dico e mi alzo, vado alla fontanella e giro la manopola. «Se fai il bravo.» aggiungo, metto le mani a coppa e bevo un po' d'acqua. Non mi ero accorta di aver così tanta sente. Bevo ancora, mi asciugo le mani sui jeans e torno da Ryan. «Stai occupando anche il mio posto.» gli faccio notare.
«Non è vero.» replica lui.
Alzo un sopracciglio e lo fisso, sbuffo e mi siedo, facendomi spazio con la forza. Ryan ride, mi abbraccia e mi bacia la testa.
Rimaniamo seduti per qualche minuto, giusto per riposarci un po', prima di rimontare a cavallo e tornare al maneggio.
Ritorniamo nella casetta di legno e mi lascio cadere su una sedia con un sospiro. Sono esausta e se penso che dopo domani sbarcheremo in Europa mi sento male. Sono settimane che giriamo come trottole e io inizio ad essere veramente stanca. Dovrò farmi prescrivere qualche integratore, mi sa. Bha, ci penserò quando torneremo a Miami.
Fisso Aaron che afferra una bottiglia mezze vuota di spumante e bere un sorso da quella, prima di iniziare a muoversi per la stanza. «Sembra un pinguino stitico.» sussurro a Svetlana che ridacchia, coprendosi la bocca con la mano.
«Aaron!»
Ci voltiamo tutti verso il portatile acceso.
«Ehi, signora Caine!» esclama Chris, «Salve!» dice e agita la mano.
«Mamma?» esclama Aaron.
«Auguri, tesoro.» dice la signora Caine trattenendo una risatina. Assomiglia tantissimo al figlio: stessi occhi azzurri, stessi capelli biondi, stesse guance che ti fanno venire voglia di pizzicarle.
«Grazie, mamma.» borbotta Aaron, in evidente imbarazzo. Farsi beccare mentre si tracanna dello spumante direttamente dalla bottiglia e si balla come un cretino imbarazzerebbe chiunque.
«Ti stai divertendo, tesoro?»
«Sì, mamma.»
«E hai ringraziato Lindsay e Svetlana?»
«Sì, mamma.»
«Offrirai loro da bere?»
«Sì, mamma.»
«Sei ubriaco, tesoro?»
«Sì, mamma.» borbotta Aaron, «Cioè... no!» si corregge, si accorge di tenere in mano la bottiglia, la passa a Chris — che scrolla le spalle e beve un lungo sorso — «Non sono ubriaco.» dice.
«Lo spero.» ridacchia sua madre. «Tuo padre ti saluta.» aggiunge, «Ah, grazie Lindsay.»
Io la saluto con la mano, «Di niente, Donna.» dico.
«Tu conosci il nome di mia madre?» mi chiede Aaron, scordandosi che lo sanno tutti quanti, visto che lo ha detto lui in un'intervista.
«Certo tesoro.» ride Donna.
«Ah.» commenta Aaron, «Grazie ancora.» si rivolge a me e Svetlana. Mi limito a sorridergli. Aaron saluta sua madre e Carl chiude Skype.

***

Cedo il bagno a Ryan e sistemo meglio l'asciugamani attorno al mio corpo, cerco di reprimere uno sbadiglio e mi sdraio sul letto, la testa che affonda nei morbidi cuscini. Non ricordavo che cavalcare facesse così male. Ho dolore ovunque, ci manca poco e mi fanno male anche le orecchie!
Piego la gamba destra, portando il ginocchio verso la spalla, afferro la caviglia e stendo la gamba.
Io... cavolo, riesco ancora a farlo! Conto fino a dieci e faccio la stessa cosa con l'altra gamba.
Sospiro e chiudo gli occhi, poso le mani vicino alla spalle, i pollici verso le orecchie, piego le ginocchia e spingo in alto il bacino, formando un arco. Okay, in realtà  avrei dovuto alzarmi in piedi e scendere all'indietro con la schiena, ma per ora va bene così.
Il gomito destro scrocchia e ridacchio ma continuo a mantenere la posizione. Solo che... no, no, ancora no. L'asciugamani si apre e scivola via dal mio corpo, lasciandomi nuda.
«Stai sperimentando una nuova posizione? Credevo che non volessi farlo.»
«Ryan!» strillo e ritorno a sdraiarmi. 
Lui ride, «Bhe, era una bella visione.» dice avanzando verso il letto.
Mi copro, anche se l'asciugamani è tutto spiegazzato e arrotolato, «Idiota.» borbotto.
Ryan si siede e ride ancora, «Sei tu che ti metti in posizioni assurde, eh.» dice.
Faccio una smorfia, «Stavo facendo un po' di stretching.» borbotto.
Ryan ride ancora — quello stronzo — e mi accarezza le gambe, partendo dalle caviglie e arrivando al ginocchio. «Un po' di stretching.» dice, «Sei stanca?» domanda accarezzandomi il viso.
«Sì.» pigolo e lo abbraccio, poso il viso sulla sua spalla e inspiro il suo profumo.
«Sei meravigliosa.» dice lui sfiorandomi la schiena nuda, «Ti occupi di noi cinque, sei un'amica stupenda.» soffia, «Ti amo.» dice.
Sorrido e mi stringo a lui, «Ti amo.» mormoro e gli bacio la spalla, continuando a godermi le sue carezze.
«Dovremo vestirci.» mormora lui baciandomi l'orecchio.
«Già .» sbadiglio, «Vestiamoci.»
Mezz'ora dopo siamo di sotto, al ristorante, e Liam si lamenta perché Svetlana non c'è.
«Viene dopo.» sospira Jake e ho l'impressione che abbia ripetuto questa frase almeno una decina di volta.
«Ma mi manca.» borbotta Liam.
«Due ore passano in fretta.» gli dico con un sorriso, «Basta che non ci pensi troppo, okay?»
Liam mi fissa, sbuffa e afferra il menu, «Okay.» borbotta e sorride, così, finalmente, possiamo decidere cosa ordinare.

Siamo dentro un locale, appena ci hanno visto siamo entrati subito. Merito di Ryan e gli altri, ma non diciamoglielo, altrimenti Ryan inizia a rompere le scatole. La cameriera ci fa accomodare in un privè e ci porge le liste, con un grande sorriso luminoso, che sembra rivolto proprio... a me. Ma mi sbaglierò, starà  sorridendo a Ryan, sicuramente.
«Offri tu, vero?» chiede Chris fissando Aaron.
«Sì.» risponde il festeggiato, «La smetti di chiedermelo?»
«Voglio esserne sicuro.» ribatte Chris e annuisce, «Uh, hanno le 0live ascolane e le mozzarelline in carrozza!» strilla, informando tutta la sala sul menu del locale, «Le voglio!»
«Ma non avete mangiato troppo?» domanda Aaron e ci fissa, squadrandoci, poi sospira, «E va bene,» sospira «prendetele, se volete.» dice. «Ma io pago il  bere e voi il mangiare, okay?»
«Ryan?» chiamo e lui mi guarda, «Offri tu, per me, vero?» dico e sbatto le ciglia, «Io e Svetlana abbiamo già  pagato il ristorante e la festa.» sorrido.
«Va bene.» dice lui e io quasi cado dalla sedia.
Va bene?
Va bene?
«Oh.» faccio, «Grazie.» sorrido, allungo una mano sotto al tavolo e stringo la sua, tanto nessuno ci può vedere, visto che diamo le spalle al muro e davanti a noi, dall'altra parte del tavolo, ci sono gli altri.
Per prendere le ordinazioni viene un'altra cameriera, diversa da quella che ci ha portato qui. E fa gli occhi dolci a Ryan. Dio, la picchierei.
E non sono gelosa, mi dà  fastidio che lo guardi come se volesse spogliarlo con gli occhi. 
Tieni gi๠le zampe, oca!
«Gelosa?» soffia Ryan al mio orecchio.
Lo guardo e lo vedo trattenere una risata, «Chi, io?» faccio, «Ma no!»
Ryan sorride, mi tocca la gamba, «Bugiarda.» replica, «Lo so che sei gelosa.» dice.
Io lo ignoro e guardo davanti a me, fissando Svetlana che sussurra qualcosa a Liam per poi ridere.
«Non sono gelosa.» dico, tornando a guardare Ryan.
«Sì che lo sei.» replica lui, «Lo capivo che avresti voluto spaccarle qualcosa in testa.» dice, «O spaccarle la testa contro qualcosa.»
Non dico nulla, anche perché sarebbe inutile: ha ragione.
«Forse.» borbotto sfiorando le foglie di plastica del centro tavola. Siamo al tavolo quattordici.
«Lo so che ho ragione.» mormora lui piegandosi verso di me, «E lo sai anche tu.»
Non dico nulla e alzo gli occhi e fisso le cameriere che tornano con le nostre ordinazioni. Sono le stesse di prima, e c'è quella che mi guarda, mi guarda e mi sorride. «Caipiroska alla mela verde.» sorride mentre posa il mio cocktail davanti a me.
«Grazie.» le dico e lei, che si chiama Angelina, secondo quello che dice la targhetta appuntata al taschino della polo nera, sorride ancora di pi๠e... e... diventa rossa.
«Hai fatto colpo!» ride Jake quando le cameriere si sono allontanate.
«Io faccio sempre colpo.» esclama Ryan, posando il braccio sullo schienale del divanetto.
«Non parlavo di te,» replica Jake «ma di Lindsay.»
Ecco, se lo dice pure Jake vuol dire che ho indovinato.
«Eh? Cosa?» borbotta Ryan e si volta verso di me, «Lindsay!» squittisce, «Adesso devo essere geloso anche delle ragazze?»
«Ah, quindi ammetti di essere geloso?» ribatto e afferro il mio bicchiere, tolgo il pezzetto di mela incastrato nel bordo e lo mangio.
«Sì, cazzo.» risponde lui, «Certo che sono geloso.» dice, «E lo sei anche tu.»
«Forse.» dico e infilo la cannuccia fra le labbra.
«Forse un corno, tu sei gelosa.» ride Svetlana.
«Anche tu.» replico.
«Mai negato.» sorride lei.
«Okay, siamo tutti gelosi.» sbotta Aaron, «Dai, Ryan... quella cameriera le ha fatto gli occhi dolci, non le ha infilato una mano nelle mutande!»
Ryan sbuffa e incrocia le braccia.
«Festeggiamo?» continua Aaron e solleva il bicchiere, «È il mio compleanno!»  strilla alzando il bicchiere. 
Così brindiamo un'altra volta.
Ryan mi sfiora il collo, poi infila il braccio sotto al tavolo, mi tocca la coscia, la stringe piano, «La gonna mi sembra un po' troppo corta.» soffia nel mio orecchio, prima di bere un sorso di birra.
Io sorrido e non rispondo, mi limito a toccargli la mano e lui la stringe.

***

Sbadiglio.
Ricapitoliamo: partiamo JFK alle cinque e mezza del pomeriggio, il volo dura sette ore e ventitré minuti, arriveremo a Dublino a mezzanotte e cinquantatré minuti. Peccato che a New York saranno le otto e mezza di sera. ! Stupido jet-lag!
Avrò delle occhiaie da paura. Le ho anche adesso, eh, ma domani saranno peggio, lo so!
Sbuffo e ficco i vestiti che la lavanderia dell'hotel ha lavato nella valigia, la chiudo spingendola bene e prego di non dover pagare nessun sovrapprezzo. Non potevo non comprare quelle Manolo, proprio no. Mi stavano chiamando, dalla loro postazione, sopra quello scaffale, illuminate ad arte. Mi chiamavano e io le ho dovute comprare. Come anche quella borsa, quel paio di jeans, quel vestito, quel maglioncino color crema così carino... 
Basta, non devo esagerare con gli acquisti, anche perché cinque settimane sono lunghe...
«Hai fatto?» domanda Ryan entrando nella mia camera.
«Sì.» dico, «Quasi.» aggiungo mentre premo la valigia e tiro la cerniera.
«Hai preso troppa roba.» ride lui sedendosi sul letto, «Compresa quella che hai infilato nella mia valigia.»
«Non ho infilato nulla nella tua valigia.» mento e chiudo il lucchetto, poso il trolley sul pavimento e prendo quell'aggeggio che serve per pesare le valige, lo aggancio alla maniglia del trolley e lo sollevo. Ma quanto diavolo pesa?
«Di quanto sei fuori?» ridacchia Ryan.
Fisso il piccolo display, «Di niente.» rispondo, «Pesa ventiquattro chili e cinquanta grammi.» sorrido vittoriosa.
Ryan fa una smorfia, «E l'altra?» chiede e indica l'altro trolley.
Lo peso, «Ventitré chili tondi tondi.» rispondo. «C'è ancora spazio.» esclamo e lo fisso.
«Allora posso spostare qualcosa dalla mia valigia alla tua.»
Fisso Ryan e incrocio le braccia, «Neanche per idea.» esclamo.
Lui sbuffa, «Sei terribile, lo sai?» ride e mi sfiora i capelli, «Fra poco scendiamo per il pranzo.» dice, «Abbiamo quasi venti minuti abbondanti...» soffia nel mio orecchio.
«Ryan.» sospiro, «Non ti pare di esagerare?» dico, «Venti minuti... te ne basterebbero cinque scarsi.» ridacchio.
«Linds!» esclama lui, «Questa me la paghi.» dice e inizia a farmi il solletico mentre io mi dibatto, ma lui è semplicemente pi๠forte, finiamo sul letto, lui sopra di me.
«Ryan.» ansimo e mi tolgo i capelli dal viso.
«Così impari a dire che duro cinque minuti.» borbotta lui, il suo respiro nel mio orecchio.
«Eddai, te la prendi per cosà poco?» ribatto.
Ryan mi bacia sotto l'orecchio, «Sì.» dice, «È della mia virilità  che stai parlando.» soffia e mi sfiora il fianco con la punta delle dita.
«Virilità , uhmf.» borbotto, «No, Ryan!» rido quando riprende a farmi il solletico. 
«Se avete finito e siete venuti, noi stiamo andando al ristorante.»
«Jake!» grida Ryan, «Coglione.» sbotta e si alza, «Dacci due minuti.» dice.
«Cosà poco?» sghignazza Jake da fuori la porta.
«Idiota.» borbotta Ryan e mi aiuta ad alzarmi, «Un attimo.» dice, «E non t'azzardare a fare battute idiote.» aggiunge e sento Jake ridere.
«Andiamo?» esclamo, «Inizio ad avere fame.»
«Tu hai sempre fame.» replica Ryan, mi stringe i fianchi e mi dà  un bacio, «Andiamo.»
Annuisco, prendo la mia borsa e il cellulare e seguo Ryan fuori dalla camera.
«Ryan... due minuti?» ride Jake per poi lamentarsi quando Ryan gli molla uno scappellotto.
Arriviamo al piano terra, nel ristorante e ci accomodiamo al tavolo riservato a noi.
«Non riesco a crederci che non ti vedrò più per due lunghi mesi.» sospira Liam fissando Svetlana.
«Sono due mesi, mica due anni!» sbuffa Jake.
«Insensibile.» sbuffa Liam, «Tu non capisci.» borbotta fissando Svetlana, che gli sorride, gli occhi blu che brillano.
«Non saranno due mesi.» dice la mia migliore amica.
«Cosa?» esclama Liam.
«Sai in tour con noi?» chiede Aaron.
Svetlana sospira, «Purtroppo no.» risponde, «Ma sarò a Dublino e Londra.» sorride.
Liam apre la bocca, la richiude e la apre di nuovo, ricordandomi un pesce rosso nella boccia, «Davvero?» trilla, «Oh, ciccina.» dice e si sporge verso di lei ma, prima che possa anche solo avvicinarsi alle labbra di Svetlana, Jake lo acchiappa per il colletto della polo azzurra. Liam sbuffa, sospira ma si rimette composto sulla sedia.
«Tu lo sapevi?» mi sussurra Ryan.
«Certo.» dico e afferro il menu, cosa posso prendere? Costata di Angus irlandese è escluso, dato che posso benissimo mangiarla in Irlanda. Quindi... petto di pollo alla piastra con patate al forno. Sì, è perfetto.
Alzo gli occhi su Liam e quasi scoppio a ridere nel vedere la sua espressione: sta fissando Svetlana come se fosse un'apparizione celestiale. E solo perché lei ha detto che rimarrà  cinque giorni in più.
«Stai sbavando.» esclama Chris dando una gomitata a Liam, che scuote la testa e fissa l'amico.
«Eh?»
«Stai sbavando.» ridacchia Chris e Liam fa una smorfia offesa.
«La piantate?» sbotta Carl, «Liam, togliti quell'espressione da fesso, per piacere.» dice, «Gli altri penseranno che sei deficiente!»
Liam fa una smorfia, sospira e rilassa le spalle, «Okay.» borbotta e io mi trattengo dal ridere, perché è veramente buffo.
Ordiniamo e, quando il cameriere se ne va, mi viene in mente una cosa. «Svetlana... quattro anni fa siamo andate a Londra, ti ricordi?» chiedo.
Lei mi fissa e sorride, «Oh, è vero.» ridacchia.
«Che avete combinato a Londra?» domanda Aaron, lasciandomi sorpresa. Come diavolo c'è arrivato?
«Oh, niente.» gli rispondo, «Ci siamo divertite e basta, non è vero?» guardo la mia amica, che sta mangiando un grissino.
«Oh, sà.» annuisce lei, «Ci siamo divertite.»
«Linds... cosa avete combinato?»
«Ryan,» lo guardo «non abbiamo fatto nulla!» dico.
«Linds...» sospira Ryan, «Dimmi la verità .»
«Cos'è, sei geloso di quello che Lindsay ha fatto prima di conoscerti?» ride Chris, «Su, cosa potranno aver combinato, secondo te?» chiede, «Si saranno ubriacate e basta!»
Io taccio e ringrazio il cameriere che posa davanti a me la mia Coca Cola. Sì, ci siamo ubriacate... e abbiamo chiesto aiuto per tornare in albergo perché ci eravamo perse, accorgendoci dopo che l'avevamo insultato, perché non ci rispondeva, che era un manichino abbandonato fuori da un negozio, quello a cui avevamo chiesto aiuto.
«Ha ragione Chris.» dico, «Abbiamo bevuto un po' troppo...»
Ryan mi fissa mentre sorseggia la sua birra, posa il bicchiere e socchiude gli occhi, «E poi?» chiede, «Linds, quando esageri inizi a cantare, lo sai?»
Rido, forse un po' troppo istericamente, «Ma niente!» rispondo e guardo Svetlana, che rimane zitta, lo sguardo fisso sulla tovaglia bianca, «Non è successo nulla di che...»
A parte che siamo entrate in un locale e abbiamo capito dopo  mezz'ora perché ci fossero così tanti maschi che ci guardavano appena e così poche donne e il perché quest'ultime ci provassero con noi. Era un locale gay.
«Ciccina?» domanda Liam, «Cos'è successo a Londra?»
«Oh, piantatela.» borbotta Jake, «Quello che succede a Londra rimane a Londra, lo sanno tutti!»
«Non era quello che succede a Tijuana rimane a Tijuana?» domanda Ryan, «E stiamo parlando di Lindsay, comunque.» dice.
«Oh, piantala di fare il geloso.» sbotta Carl, «Avevano vent'anni, si saranno divertite.» dice, «Lo avete fatto anche voi.» continua, «Anzi, forse avete fatto peggio!»
Peggio che cercare di voler andare in balcone arrabbiandosi con la porta finestra perché non si apriva perché non capivamo che il pomello andava girato e non abbassato? Peggio del chiedersi"Ma sono matti? Guidano dalle parte sbagliata"
Non credo.
«Sarà ,» commenta Ryan guardandomi e io gli sorrido innocentemente «ma devi raccontarmi tutto.»
«Certo.» dico, «Forse.» aggiungo a bassa voce. Non posso mica dirgli che ho cercato di usare la fioriera dell'hotel come bagno!
Ryan mi osserva, «Forse un corno.» dice.
Oops, forse mi ha sentito.
«Tu mi dici tutto quanto.»
Ecco.
«Sì, dopo.» replico e sorrido quando il cameriere arriva con quello che abbiamo ordinato.
Non gli dirò un bel nulla, ecco. O meglio: gli dirò qualcosa: che siamo andati al Museo delle cere, a Hyde Park, sul London Eye, che abbiamo camminato lungo il Tamigi — ma che abbiamo cercato di tuffarcisi dentro evitiamo di dirlo, okay? —, che abbiamo girato Londra in lungo e largo... ma nulla sul resto, sia chiaro.
Lui mi fissa, come se non mi credesse, prende in mano le posate e sospira, «Ho l'impressione che non mi dirai nulla.» borbotta.
Io taccio e alzo gli occhi dal mio pollo e fisso Jake, che si sta trattenendo dal ridere. Chissà , magari immagina quello che abbiamo fatto. O forse ha fatto anche lui le stesse cose.
Al pensiero che Jake sia entrato per sbaglio in un locale gay, accorgendosene solo dopo che un bel maschione gli ha palpato il sedere, mi fa venire voglia di sdraiarmi a terra e ridere fino a rimanere senza fiato. Ma mi trattengo, perché non sarebbe carino. E perché poi dovrei spiegare tutto quanto e non voglio.
Poso il coltello sul bordo del piatto, ficco la mano sotto al tavolo e stringo piano la coscia di Ryan, che sobbalza e mi fissa, io gli sorrido e lo fa anche lui.
Gli racconterò tutto, della vacanza a Londra di quattro anni fa. Quando saremo decrepiti e avremo ottanta anni o gi๠di là. O alla prossima sbronza. Che accadrà  presto, suppongo, visto che fra poche ore metteremo piede nell'Isola di Smeraldo.
Quanta Guinness posso ingurgitare prima di ubriacarmi e sparare stronzate?
Linds, ricordati che a Dublino c'è un fiume, il Liffey, e che anche là guidano al contrario che da noi.
E che le porte a vetri esistono ovunque e che andarci addosso fa molto male.

«Era buonissima, quella torta.» borbotto mentre saliamo in ascensore, dopo aver salutato i genitori di Svetlana che sono venuti per portarle i bagagli e salutarci — e Liam è diventato rosso come un pomodoro maturo quando li ha visti!
«Già .» sospira Ryan e sbadiglia.
«Sonno?» chiedo e mi appoggio a lui, gli stringo la mano e inspiro il suo profumo.
«Un po'.» risponde e mi abbraccia, mi bacia i capelli e sbadiglia di nuovo.
«Ma riuscite a stare separati per cinque minuti?» borbotta Chris, «E sà che vi vedete tutti i giorni, tutto il giorno.»
Rido e mi scosto da Ryan, anche perché l'ascensore è arrivato al piano.
Una volta nella mia stanza vado in bagno, controllo di non aver lasciato nulla in giro, nemmeno un piccolo campioncino o i fiammiferi o le ciabattine date dall'hotel. Recupero le mie valige e la borsa e spingo il tutto nel corridoio, dove uno degli addetti sistema le valige su un carrellino, sistemandole ordinatamente. 
Lo ringrazio e aspetto che anche Chris e Jake si degnino di raggiungerci.
Sono quasi le due e fra poco più di tre ore saremo in volo. Sopra l'oceano Atlantico.
Ommio Dio. L'oceano.
Stritolerò la mano di Ryan, mi sa. Volare sopra l'acqua, per un periodo così lungo, per di mette un po' d'ansia.
Finalmente siamo tutti pronti così possiamo partire.

***

«Devi piantarla di voler sempre il posto vicino al finestrino.» dice Ryan mentre mi siedo.
Lo guardo e sorrido, tirando fuori la mia migliore faccia da cucciolotta, «Lo sai che mi piace.» dice e infilo il libro che ho comprato al duity free nella tasca del sedile davanti, «Su,» batto con la mano sul sedile accanto al mio «siediti e smettila di lamentarti.»
Lui sbuffa e si siede, «Tu vuoi solo che ti tenga la mano.» replica e sorride, «Perché hai paura.» soffia, le labbra che quasi toccano il mio orecchio.
«A te piace tenermi per mano.» replico con un sussurro.
Lui alza gli occhi al cielo e sbuffa, mi guarda e sorride prima di prendermi la mano e stringerla.
Dublino, stiamo arrivando! 



Capitolo più corto del precedente e solo con il pov della carissima Lindsay. Mi è uscito così. Non vi preoccupate, il prossimo capitolo inizia con Ryan!
E scusate il ritardo, il capitolo era già  pronto ma mi sono scordata di postarlo... sorry! Anyway... niente, ma ascoltate Linds: andare contro una porta a vetri fa male!
Il prossimo capitolo sarà  sulla mia amata Dublino.
Grazie a chi legge, chi mette la storia fra i preferiti/seguite/ricordate, chi commenta e commenterà  e chi mi mette fra gli autori preferiti.
Siete dei pasticcini!

   
 
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