Buongiorno/buon
pomeriggio/buonasera :)
Un saluto a tutti i lettori e i recensori
e a tutti coloro che stanno seguendo con affetto questa storia...
Rieccomi - puntualmente in ritardo – con ben tre nuovi capitoli, per farmi perdonare :)
Buona lettura dalla
vostra
A. ;)
CAPITOLO UNDICI.
È
difficile distrarsi e cercare di pensare ad altro, quando il tuo
cervello non
fa che ricordarti che sei stato uno stronzo.
Sam
tamburella le dita sul davanzale della finestra – quella stessa
finestra da cui, soltanto poche ore prima, ha osservato la città
insieme a Gadreel.
Ora, le sagome di quegli stessi palazzi sono
oscurate dalla notte.
La missione sarà già cominciata, pensa il ricercatore. E qualcosa,
dentro di lui, punge di rimorso. Non avrebbe dovuto essere così
cattivo. Non avrebbe dovuto fare quello che ha fatto--
Diamine,
non faccio che ripetere a Dean di aprirsi un po'
con Castiel, e poi io cosa faccio?
Me la prendo con Gadreel solo perché...
Già, perché? La
domanda scava in territori che Sam non ha il coraggio di esplorare...
Territori
dolorosi che riportano alla mente brutti ricordi.
***
Città
Sotterranea. Un funerale.
Dieci anni prima.
Fiamme.
Le
fiamme illuminano guance bagnate e volti segnati dal dolore. La luce
aranciata e l'odore di fumo rendono gli interni della sala simile a
una grossa fornace.
Nel
fuoco, per ricongiungersi alle stelle. Così venivano congedati i
guerrieri dell'antichità, e così l'esercito ribelle saluta per
l'ultima volta la sua colonna, l'uomo che con infinito coraggio li ha
portati alla rivolta e non ha esitato a sacrificarsi, per il bene di
tutti.
In
prima fila, di fronte alla pira ardente, ci sono i suoi figli. Il
maggiore ha gli occhi lucidi e i pugni stretti, il più piccolo
piange apertamente.
Questo
è
il funerale di un guerriero. Questo è
il funerale di John Winchester.
A
terra è
pieno
di vetri.
Dopo
il funerale, Dean si è ubriacato: comprensibile.
Dopo
essersi ubriacato, Dean ha rotto tutto: prevedibile.
Dopo
aver rotto tutto, si è come spento.
Si
è lasciato cadere in ginocchio, tra i resti di ciò che rimane della
sala di comando, tra i tavoli rovesciati e le bottiglie infrante, i
caricatori di munizioni sparsi ovunque come dopo un'esplosione.
Sam
guarda il fratello, lo raggiunge, si inginocchia davanti a lui.
L'abbraccio è naturale e necessario, tra due creature nate dallo
stesso sangue – il sangue di John, il sangue di Mary; il sangue
sulle mani spaccate di Dean, il sangue che ribolle forte nelle vene
di Sam.
Piangono,
tutti e due.
«Combatteremo
fino alla fine,» dice Dean, stringendo il fratello con tutte le
proprie forze – la voce arrochita dall'alcol e dalle urla di rabbia
e dalle lacrime. Poi si scosta
quanto basta per rivedere negli occhi del più piccolo il riflesso
del suo stesso dolore. «Combatteremo
insieme, sempre insieme. E se è così che dovrà finire, anche per
noi...» Dean posa una mano sulla guancia del minore: un gesto raro,
qualcosa che non si dimentica. Come non si dimenticano le rare
tenerezze paterne di John. Sono così uguali, in fondo...
«...
Allora moriremo insieme. Perché siamo una famiglia. Ok?
Insieme.
Sempre insieme, Sammy.»
Sam
annuisce. Non se la sente di fare altro, di fronte a quegli occhi
arrossati...
Ma
pensa che sia ingiusto un mondo in cui non si può
scegliere come vivere, ma soltanto come morire.
***
Città
sotterranea. Un altro funerale.
Sei
anni prima
Cinquanta
centimetri. Solo
cinquanta centimetri.
Mezzo
metro di distanza tra lui e Jess: una cifra irrisoria. Ma in
battaglia basta anche soltanto un millimetro per fare la differenza.
Se solo lei non si fosse mossa... Se non fosse scappata avanti per
coprire gli altri... Se solo lui fosse stato più
svelto.
Quel
proiettile doveva prenderlo lui. Doveva prenderlo lui--
L'aveva
vista accasciarsi di colpo, come un'amazzone
sconfitta. All'inizio Sam non
aveva nemmeno realizzato cosa fosse accaduto – pensava si fosse
accovacciata per evitare i colpi, o fosse semplicemente caduta.
L'aveva chiamata. Jess non
aveva risposto. I capelli biondi le coprivano la ferita alla testa e
il sangue non si vedeva ancora. La ragazza teneva gli occhi aperti
rivolti alla strada... Come stupita.
Sam
aveva sentito il fucile scivolargli dalle mani, quando aveva capito.
Cinquanta
centimetri, e lei non c'era
più.
Non
doveva andare così.
«Non
combatto più.»
Il
funerale è stato essenziale ma carico di stanca commozione. Negli
ultimi tempi hanno perso così tanti guerrieri che la pira funebre,
purtroppo, non ha praticamente mai smesso di bruciare.
C'è
sempre odore di fumo, da quelle parti... È rivoltante.
Sam
non è andato alla cerimonia. Ne ha abbastanza di vedere cataste in
fiamme e lacrime e distruzione... Ne ha abbastanza di tutto questo.
«No,
Sam. Noi dobbiamo
continuare
a combattere.»
Dean
è arrabbiato quanto lui. Ne ha persi tanti, di amici. Ne ha versate
tante, di lacrime. «Per nostro padre, per nostra madre, per Jess,
per Hellen e per Jo e per tutti quelli che abbiamo perso--»
«Li
abbiamo persi per colpa di questa guerra maledetta!»
Sam
sbotta, trasformato dalla collera. «Ma non lo capisci che non
arriveremo mai da nessuna parte? Che tutto quello che stiamo facendo
non serve a niente se non a farci ammazzare tutti? Non possiamo
vincere, non potremo mai
vincere!» L'alcol fa male alla testa, rende i pensieri più acuti,
le parole taglienti. «Tutto questo è soltanto una corsa al
massacro-- Quanti altre persone devono bruciare, ancora, prima che tu
te ne renda conto???»
«È
proprio per questo che dobbiamo andare avanti, DANNAZIONE!» Dean
strattona il fratello, ma Sam si scosta e resiste a stento alla
tentazione di colpirlo. «Se molliamo, tutti i nostri amici saranno
morti per niente!»
«SONO
GIÀ MORTI
PER NIENTE!»
La rabbia è incontenibile, e i pugni diventano l'unico modo
possibile per esprimersi. Sam colpisce il fratello con tutta la
frustrazione con cui vorrebbe colpire il destino; la faccia di Dean
sanguina ma è come un muro: dura e impenetrabile. Sam urla. «Questa
stupida battaglia non vale nemmeno metà
della vita di Jess!
Non valeva la vita di tutte quelle persone--» Le nocche sbattono
contro la mandibola, la reazione di Dean è stata quasi istantanea.
«Se
ti tiri indietro sarà come dargliela vinta!» Strattone, destro.
Sinistro. Uno scricchiolio sotto l'occhio.
«Non
c'è bisogno che gliela dia vinta io-- Ci massacrano ogni giorno!
Come puoi essere così egoista??? Come fai a non vedere che stiamo
morendo--»
Schivata, montante. Sangue dal naso. Una sedia si rovescia.
«Combattitela da
solo, questa guerra
del cazzo!»
«Sei
solo un codardo--!» Qualcosa si frantuma. La rabbia di Dean è
feroce.
«No,
sono stanco!
Sono stanco di questa guerra, stanco di questi morti, stanco di
questi funerali, stanco di queste maledette armi e di tutta la
merda che siamo costretti ad ingoiare per sopravvivere-- Sono stanco
di non vedere mai la luce del sole, stanco di dover dormire con la
pistola sotto il cuscino, stanco di veder trascorrere i giorni sempre
nello stesso clima di paura, come se nulla di ciò che faccio riesca
mai davvero a cambiare le cose... Non ce la faccio più, Dean!»
Sam è arrivato al limite, l'ira e i colpi gli fanno bruciare la
faccia. È arrivato, finito. Non può spingersi oltre.
I
pugni si susseguono, liberatori e pesanti. La schiena di Sam impatta
pesantemente contro la parete. Dean gli urla in faccia.
«Mollare è da vigliacchi! La
gente non smetterà di morire solo perché
tu
smetterai di combattere!»
«LO
SO, MA ALMENO NON DOVRÒ PIÙ VEDERLO!»
Si
lasciano andare, di colpo. Vorrebbero distruggersi, uccidersi a
vicenda per non doversi guardare ancora in faccia e vedersi così
spaventati, eliminarsi a vicenda per non sopravvivere ancora un altro
di quei terribili
giorni... Ma sono entrambi troppo a pezzi, troppo devastati per
continuare a farsi male
sul serio.
Lo
sguardo di Dean è quello di qualcuno che è stato tradito.
«Ma
lo abbiamo promesso a papà...»
«No,
Dean... Tu
lo hai promesso per tutti e due...»
«...
E tu lo avevi promesso
a me.»
Silenzio.
Pugni stretti. Sguardi bassi. Respiri affannati.
«Non
voglio più farlo. Non posso. Non ci riesco...» Sam lo
mormora, senza più voce. Vorrebbe solo che Dean capisse, che lo
lasciasse libero di scegliere, per una volta--
«Allora
non sei più mio fratello.»
La
frase è come un macigno.
Qualcosa si è spezzato e non tornerà mai
più come prima.
«Dean,
ascolta--» Sam vorrebbe chiedere scusa, ora che la rabbia si è
attutita, ma la porta sbattuta chiude ogni tentativo di dialogo.
Mai
più come prima...
***
... Mai più.
Dopo
quei fatti, Sam si era ripromesso due cose – ed entrambi i suoi
propositi contenevano quelle due parole, così dure e definitive.
Uno:
non combatterò mai più.
Due: non mi innamorerò mai più.
Tenere
fede al primo mai più
è stato facile. Sempre
chiuso nell'istituto o in
qualche laboratorio, le uniche armi che Sam tiene in mano, ormai,
sono quelle che progetta.
E
per quanto riguarda il secondo punto... È
stato facile evitare di commettere ancora quell'errore. Seppellirsi
vivo di lavoro lo ha aiutato a restare isolato, a tenersi fuori da
frequentazioni che avrebbero di nuovo messo a nudo quella stupida
parte di lui – quella tanto bisognosa di contatto e di affetto ma
anche così maledettamente incline a soffrire, quando le persone a
cui tiene fanno una brutta fine.
È
stato facile, facilissimo, restare fuori da queste cose... Almeno,
fino ad ora.
Sam
sospira, mentre una sensazione di disagio e di rimorso lo tormenta.
La notte, fuori, è densa e spessa, ma la luna splende limpida...
Chissà dove sarà Gadreel, adesso. Chissà come starà. Chissà se
se la caverà...
L'uomo
stringe le palpebre, scuote appena la testa.
Non
pensarci, non pensarci, non pensarci...
Ma
l'immagine di quelle iridi color temporale è troppo nitida, nella
sua mente, e cercare di ignorarla serve soltanto a farla riemergere
con una forza ancora più travolgente. Fin dal primissimo istante in
cui ha incrociato quegli occhi così belli e spaesati, Sam si è
sentito legato ad essi in maniera inspiegabilmente viscerale. Gli
hanno suscitato empatia, istinto di protezione... E una
incontenibile, disinteressata, incondizionata tenerezza. L'uomo ha
intravisto in Gadreel un'innocenza e una purezza che credeva ormai
perdute, nel mondo in cui vivono ora... E che hanno riportato in
superficie dei sentimenti che Sam pensava di non riuscire più a
provare.
L'imperativo
non pensarci, rivolto
a sé stesso, diviene presto una preghiera - rivolta a chiunque sia
in grado di esaudirla.
Ti
prego, fallo tornare indietro sano e salvo. Proteggilo, tienilo al
sicuro... Fallo tornare qui. Devo parlargli, devo chiedergli scusa...
Devo rimediare a quello che ho fatto. Fa' che questa sua prima
missione sia tranquilla e non gli accada niente... Per favore...
Sam
prega di fronte alla luna d'argento e spera, con tutto sé
stesso, che questo suo terribile rimorso non diventi un rimpianto.