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Autore: Ambaraba    09/07/2016    1 recensioni
Cosa accadrebbe se i personaggi che ben conosciamo si muovessero in un mondo in cui non ci sono creature a cui dare la caccia, ma ugualmente pericolose? E se gli angeli fossero robot? E se i fratelli Winchester fossero i capi di un manipolo di esseri umani che lottano per la libertà e Metatron fosse l'artefice di una dittatura in un mondo futuristico?
E se qualcuno, caduto dal cielo per sbaglio, venisse a salvarli?
(Piccola rivisitazione fantascientifica sulla nona stagione.)
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gadreel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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Capitolo 11 - i flashback di Sam

    Buongiorno/buon pomeriggio/buonasera :)
Un saluto a tutti i lettori e i recensori e a tutti coloro che stanno seguendo con affetto questa storia... Rieccomi - puntualmente in ritardo – con ben tre nuovi capitoli, per farmi perdonare :)
Buona lettura dalla vostra
A. ;)

CAPITOLO UNDICI.

    È difficile distrarsi e cercare di pensare ad altro, quando il tuo cervello non fa che ricordarti che sei stato uno stronzo.
Sam tamburella le dita sul davanzale della finestra – quella stessa finestra da cui, soltanto poche ore prima, ha osservato la città insieme a Gadreel.
Ora, le sagome di quegli stessi palazzi sono oscurate dalla
notte. La missione sarà già cominciata, pensa il ricercatore. E qualcosa, dentro di lui, punge di rimorso. Non avrebbe dovuto essere così cattivo. Non avrebbe dovuto fare quello che ha fatto--
    Diamine, non faccio che ripetere a Dean di aprirsi un po' con Castiel, e poi io cosa faccio? Me la prendo con Gadreel solo perché... Già, perché? La domanda scava in territori che Sam non ha il coraggio di esplorare...
    Territori dolorosi che riportano alla mente brutti ricordi.

***

Città Sotterranea. Un funerale.
Dieci anni prima.


    Fiamme.
Le fiamme illuminano guance bagnate e volti segnati dal dolore. La luce aranciata e l'odore di fumo rendono gli interni della sala simile a una grossa fornace.
Nel fuoco, per ricongiungersi alle stelle. Così venivano congedati i guerrieri dell'antichità, e così l'esercito ribelle saluta per l'ultima volta la sua colonna, l'uomo che con infinito coraggio li ha portati alla rivolta e non ha esitato a sacrificarsi, per il bene di tutti.
In prima fila, di fronte alla pira ardente, ci sono i suoi figli. Il maggiore ha gli occhi lucidi e i pugni stretti, il più piccolo piange apertamente.

    Questo
è il funerale di un guerriero. Questo è il funerale di John Winchester.


    A terra è pieno di vetri.
Dopo il funerale, Dean si è ubriacato: comprensibile.
Dopo essersi ubriacato, Dean ha rotto tutto: prevedibile.

Dopo aver rotto tutto, si è come
spento. Si è lasciato cadere in ginocchio, tra i resti di ciò che rimane della sala di comando, tra i tavoli rovesciati e le bottiglie infrante, i caricatori di munizioni sparsi ovunque come dopo un'esplosione.
    Sam guarda il fratello, lo raggiunge, si inginocchia davanti a lui. L'abbraccio è naturale e necessario, tra due creature nate dallo stesso sangue – il sangue di John, il sangue di Mary; il sangue sulle mani spaccate di Dean, il sangue che ribolle forte nelle vene di Sam.
Piangono, tutti e due.

    «Combatteremo fino alla fine,» dice Dean, stringendo il fratello con tutte le proprie forze – la voce arrochita dall'alcol e dalle urla di rabbia e dalle lacrime. Poi si scosta
quanto basta per rivedere negli occhi del più piccolo il riflesso del suo stesso dolore. «Combatteremo insieme, sempre insieme. E se è così che dovrà finire, anche per noi...» Dean posa una mano sulla guancia del minore: un gesto raro, qualcosa che non si dimentica. Come non si dimenticano le rare tenerezze paterne di John. Sono così uguali, in fondo...
    «... Allora moriremo insieme. Perché siamo una famiglia. Ok? Insieme. Sempre insieme, Sammy.»
Sam annuisce. Non se la sente di fare altro, di fronte a quegli occhi arrossati...
    Ma pensa che sia ingiusto un mondo in cui non si può
scegliere come vivere, ma soltanto come morire.

***


Città sotterranea.
Un altro funerale.
Sei anni prima


    Cinquanta centimetri. Solo cinquanta centimetri.
Mezzo metro di distanza tra lui e Jess: una cifra irrisoria. Ma in battaglia basta anche soltanto un millimetro per fare la differenza. Se solo lei non si fosse mossa... Se non fosse scappata avanti per coprire gli altri... Se solo lui fosse stato più svelto.
    Quel proiettile doveva prenderlo lui. Doveva prenderlo lui--
L'aveva vista accasciarsi di colpo, come un'amazzone sconfitta. All'inizio Sam non aveva nemmeno realizzato cosa fosse accaduto – pensava si fosse accovacciata per evitare i colpi, o fosse semplicemente caduta. L'aveva chiamata. Jess non aveva risposto. I capelli biondi le coprivano la ferita alla testa e il sangue non si vedeva ancora. La ragazza teneva gli occhi aperti rivolti alla strada... Come stupita.   
Sam aveva sentito il fucile scivolargli dalle mani, quando aveva capito.
    Cinquanta centimetri, e lei non c'era più.
    Non doveva andare così.


    «Non combatto più.»
Il funerale è stato essenziale ma carico di stanca commozione. Negli ultimi tempi hanno perso così tanti guerrieri che la pira funebre, purtroppo, non ha praticamente mai smesso di bruciare.
C'è sempre odore di fumo, da quelle parti... È rivoltante.
    Sam non è andato alla cerimonia. Ne ha abbastanza di vedere cataste in fiamme e lacrime e distruzione... Ne ha abbastanza di tutto questo.
    «No, Sam. Noi
dobbiamo continuare a combattere.»
Dean è arrabbiato quanto lui. Ne ha persi tanti, di amici. Ne ha versate tante, di lacrime. «Per nostro padre, per nostra madre, per Jess, per Hellen e per Jo e per tutti quelli che abbiamo perso--»
    «Li abbiamo persi per colpa di questa guerra maledetta!»
Sam sbotta, trasformato dalla collera. «Ma non lo capisci che non arriveremo mai da nessuna parte? Che tutto quello che stiamo facendo non serve a niente se non a farci ammazzare tutti? Non possiamo vincere, non potremo
mai vincere!» L'alcol fa male alla testa, rende i pensieri più acuti, le parole taglienti. «Tutto questo è soltanto una corsa al massacro-- Quanti altre persone devono bruciare, ancora, prima che tu te ne renda conto???»
    «È proprio per questo che dobbiamo andare avanti, DANNAZIONE!» Dean strattona il fratello, ma Sam si scosta e resiste a stento alla tentazione di colpirlo. «Se molliamo, tutti i nostri amici saranno morti per niente!»
    «SONO GIÀ MORTI PER NIENTE La rabbia è incontenibile, e i pugni diventano l'unico modo possibile per esprimersi. Sam colpisce il fratello con tutta la frustrazione con cui vorrebbe colpire il destino; la faccia di Dean sanguina ma è come un muro: dura e impenetrabile. Sam urla. «Questa stupida battaglia non vale nemmeno metà della vita di Jess! Non valeva la vita di tutte quelle persone--» Le nocche sbattono contro la mandibola, la reazione di Dean è stata quasi istantanea.
    «Se ti tiri indietro sarà come dargliela vinta!» Strattone, destro. Sinistro. Uno scricchiolio sotto l'occhio.
    «Non c'è bisogno che gliela dia vinta io-- Ci massacrano ogni giorno! Come puoi essere così egoista??? Come fai a non vedere che stiamo
morendo--» Schivata, montante. Sangue dal naso. Una sedia si rovescia. «Combattitela da solo, questa guerra del cazzo!»
    «Sei solo un codardo--!» Qualcosa si frantuma. La rabbia di Dean è feroce.
    «No, sono
stanco! Sono stanco di questa guerra, stanco di questi morti, stanco di questi funerali, stanco di queste maledette armi e di tutta la merda che siamo costretti ad ingoiare per sopravvivere-- Sono stanco di non vedere mai la luce del sole, stanco di dover dormire con la pistola sotto il cuscino, stanco di veder trascorrere i giorni sempre nello stesso clima di paura, come se nulla di ciò che faccio riesca mai davvero a cambiare le cose... Non ce la faccio più, Dean!» Sam è arrivato al limite, l'ira e i colpi gli fanno bruciare la faccia. È arrivato, finito. Non può spingersi oltre.
    I pugni si susseguono, liberatori e pesanti. La schiena di Sam impatta pesantemente contro la parete. Dean gli urla in faccia.
    «Mollare
è da vigliacchi! La gente non smetterà di morire solo perché tu smetterai di combattere!»
    «LO SO, MA ALMENO NON DOVRÒ PIÙ VEDERLO
Si lasciano andare, di colpo. Vorrebbero distruggersi, uccidersi a vicenda per non doversi guardare ancora in faccia e vedersi così spaventati, eliminarsi a vicenda per non sopravvivere ancora un altro di quei terribili giorni... Ma sono entrambi troppo a pezzi, troppo devastati per continuare a farsi male sul serio.
    Lo sguardo di Dean è quello di qualcuno che è stato tradito.
    «Ma lo abbiamo promesso a papà...»
    «No, Dean...
Tu lo hai promesso per tutti e due...»
    «... E tu lo avevi promesso a me.»
Silenzio. Pugni stretti. Sguardi bassi. Respiri affannati.
    «Non voglio più farlo. Non posso. Non ci riesco...» Sam lo mormora, senza più voce. Vorrebbe solo che Dean capisse, che lo lasciasse libero di scegliere, per una volta--
    «Allora non sei più mio fratello.»
    La frase è come un macigno. 
Qualcosa si è spezzato e non tornerà mai più come prima.
    «Dean, ascolta--» Sam vorrebbe chiedere scusa, ora che la rabbia si è attutita, ma la porta sbattuta chiude ogni tentativo di dialogo.
Mai più come prima...

***

   
... Mai più.
Dopo quei fatti, Sam si era ripromesso due cose – ed entrambi i suoi propositi contenevano quelle due parole, così dure e definitive.
    Uno: non combatterò mai più. Due: non mi innamorerò mai più.
Tenere fede al primo mai più è stato facile. Sempre chiuso nell'istituto o in qualche laboratorio, le uniche armi che Sam tiene in mano, ormai, sono quelle che progetta.
    E per quanto riguarda il secondo punto... È stato facile evitare di commettere ancora quell'errore. Seppellirsi vivo di lavoro lo ha aiutato a restare isolato, a tenersi fuori da frequentazioni che avrebbero di nuovo messo a nudo quella stupida parte di lui – quella tanto bisognosa di contatto e di affetto ma anche così maledettamente incline a soffrire, quando le persone a cui tiene fanno una brutta fine.
    È stato facile, facilissimo, restare fuori da queste cose... Almeno, fino ad ora.
    Sam sospira, mentre una sensazione di disagio e di rimorso lo tormenta. La notte, fuori, è densa e spessa, ma la luna splende limpida... Chissà dove sarà Gadreel, adesso. Chissà come starà. Chissà se se la caverà...
L'uomo stringe le palpebre, scuote appena la testa.
    Non pensarci, non pensarci, non pensarci...
    Ma l'immagine di quelle iridi color temporale è troppo nitida, nella sua mente, e cercare di ignorarla serve soltanto a farla riemergere con una forza ancora più travolgente. Fin dal primissimo istante in cui ha incrociato quegli occhi così belli e spaesati, Sam si è sentito legato ad essi in maniera inspiegabilmente viscerale. Gli hanno suscitato empatia, istinto di protezione... E una incontenibile, disinteressata, incondizionata tenerezza. L'uomo ha intravisto in Gadreel un'innocenza e una purezza che credeva ormai perdute, nel mondo in cui vivono ora... E che hanno riportato in superficie dei sentimenti che Sam pensava di non riuscire più a provare.
    L'imperativo
non pensarci, rivolto a sé stesso, diviene presto una preghiera - rivolta a chiunque sia in grado di esaudirla.
    Ti prego, fallo tornare indietro sano e salvo. Proteggilo, tienilo al sicuro... Fallo tornare qui. Devo parlargli, devo chiedergli scusa... Devo rimediare a quello che ho fatto. Fa' che questa sua prima missione sia tranquilla e non gli accada niente... Per favore...
    Sam prega di fronte alla luna d'argento e spera, con tutto sé stesso, che questo suo terribile rimorso non diventi un rimpianto.

  
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