CAPITOLO DODICI.
«Sei
pronto?»
Dean
guida con gli occhi fissi sulla strada, serio e concentrato. Però
riesce comunque a scorgere il sorriso lieve sul volto di Castiel,
illuminato dalla luce intermittente dei fari e della luna.
«Sì.»
Il robot annuisce, guardando dritto avanti a sé.
È la verità. Si sente
infinitamente tranquillo, prima di una missione – accanto
a Dean.
«Bene,»
ribatte Dean, annuendo lentamente a sua volta. Castiel scruta il
paesaggio in movimento fuori dal finestrino, e quasi sussulta di
sorpresa quando sente la mano dell'altro stringergli affettuosamente
un ginocchio e poi cercare la sua.
Il
robot si volta verso l'uomo, intrecciando le dita con le sue, e si
stupisce del sorriso incredibilmente caldo e sereno che trova sulle
sue labbra. Sembra quasi il Dean di una volta...
Restano
mano nella mano per tutto il tempo che resta. Dean non scioglie mai
la presa, nemmeno per cambiare marcia – e Castiel, dopo tanti mesi
di incertezze e discussioni, si sente finalmente felice.
Sul
retro del furgone, il ronzio continuo del camion è
quasi rilassante e le chiacchiere sciolgono un po'
la tensione, aiutano a passare il tempo prima dell'azione.
«Posso
farti un'altra domanda?» Gadreel si è
abituato ai lievi sussulti e agli scossoni del furgone e rimane il
più
morbidamente possibile appoggiato con la schiena lungo la parete, per
assorbire gli urti.
Gabriel
si gira verso di lui stringendosi nelle piccole spalle, con il
consueto piglio ironico sul viso dai lineamenti buffi.
«Non
hai fatto altro da quando ti conosco! Dimmi.»
«Tu...
Mm--» Imbarazzo. È
così che gli umani chiamano quella sensazione di quando non sai bene
come esprimerti e ti trovi in difficoltà?,
si chiede Gadreel. «--
Tu conosci bene Sam?»
Il
piccolo umanoide solleva un sopracciglio.
«Alce
scemo? Il fratello di
Dean, dici? Be'... Direi abbastanza, sì. Perché?» Gli altri
occupanti del camion sembrano non fare caso alla conversazione che
sta avvenendo, quasi sottovoce, tra i due.
Gadreel
abbassa lo sguardo sulle proprie mani, nervosamente strette attorno
allo zaino che il maggiore dei Winchester gli ha affidato. Ha
l'impressione di aver fatto qualcosa di sbagliato con Sam, prima. La
sensazione di non aver colto qualcosa di importante, di essersi
fermato sulla superficie di qualcosa a cui avrebbe dovuto prestare
più attenzione...
«Niente,
è
che... Quando gli ho detto che sarei venuto con voi... Non so, ha
smesso di essere gentile.»
Non sei nessuno per me.
Quelle
parole ancora resistono, nella mente di Gadreel.
«È
vero, io so poco degli esseri umani, e poco di lui, nello specifico,
ma... Mi era sembrato una brava persona. E non riesco a capire come
mai sia cambiato così all'improvviso.»
Imitando il gesto di Gabriel di poco prima, Gadreel si stringe nelle
spalle. «Pensavo fossimo amici,»
confessa, con rammarico. «Si dice così... Giusto?»
Gabriel
guarda l'ultimo arrivato con una punta di intenerimento. Ne ha
conosciuti altri, di androidi che hanno dovuto conoscere il mondo
partendo da zero, ma Gadreel è...
Ingenuo.
Davvero, davvero ingenuo. Sembra più un bambino che un robot, in
realtà.
«Sai
Gadreel, gli umani sono tutti molto complicati. A volte, nemmeno loro
sanno bene cosa vogliono davvero, e si comportano in modo del tutto
opposto a ciò che intendono realmente. Sono difficili da capire.
Perciò... Ecco, noi androidi dobbiamo avere pazienza, tutto qui,»
risponde il più basso. «E sì, hai ragione su Sam. È
buono, e intelligente... Si preoccupa per gli altri. È una brava
persona, insomma. Ma ha avuto delle brutte esperienze legate a questa
guerra, e da allora non vuole più sentirne parlare.»
Gabriel posa una mano sulla spalla dell'altro androide, per
confortarlo. «Probabilmente ha preso male la tua decisione. Ma sono
sicuro che intendesse esattamente il contrario di ciò che ti ha
detto.»
«Ma
mi ha detto che dovevo scegliere da solo...» aggiunge Gadreel,
socchiudendo appena gli occhi. Ha le idee più confuse di prima. «Non
capisco.»
«Puoi
sempre chiederglielo quando torni. E comunque, te
l'ho detto: gli umani sono strani. A volte li prenderesti a sberle,
ma non è
colpa loro... Sono così sopraffatti dai sentimenti che non riescono a
vedere le cose chiaramente. Per questo hanno bisogno di noi: gli
serve qualcuno che li salvi da loro stessi. Gli umani sono
tutti pazzi, Gadreel... Per farla breve: sono adorabili,»
dice Gabriel, con il tono leggero e divertito di sempre, sotto lo
sguardo perplesso di Gadreel. Poi, il piccolo umanoide lo prende da
parte e abbassa il tono di voce, accostandoglisi come per confidargli
un enorme segreto: «E poi, se sono alti è
ancora peggio! Non devi prendere mai
sul serio quelli alti. Si sa, gli spilungoni sono tutti scemi—»
Quando
Gadreel inclina leggermente il capo di lato, con un grosso punto
interrogativo sopra la testa, Gabriel si ricorda improvvisamente
della quarantina di centimetri di differenza tra di loro e tira una
gomitata gioiosa nel fianco del suo nuovo – altissimo - amico.
«Cioè...
Non tutti, ovviamente,»
sorride, per rimediare.
Gadreel
vorrebbe chiedergli ancora qualcosa, ma tutto a un tratto
l'oscillazione si placa e il furgone si ferma. Nel breve istante
prima che il portellone si schiuda, nel camion cala il silenzio e
ogni traccia di divertimento svanisce – mentre schioccano le armi,
le facce si fanno serie e i soldati si alzano in piedi, pronti a
balzare giù e a scendere in campo. I primi a scendere sono Benny e Garth, i più vicini al portellone.
«Fuori,
fuori,» la voce di Dean
giunge fino all'interno, trasportata dal vento fresco della notte.
Gabriel è
già in piedi, il grosso fucile appeso a tracolla.
«Ci
siamo, novellino,» dice, afferrando Gadreel per un gomito e
facendogli cenno di seguirlo, prima di saltare giù dal pianale.
L'androide lo imita, con il grosso zaino appeso a una spalla--
... E
poi ci sono tante, troppo cose da vedere, tutte assieme: e, per un
attimo, tutto quanto – il movimento, le istruzioni dei capisquadra,
la battaglia imminente, - sembrano congelarsi e passare in secondo
piano, agli occhi spalancati e stupefatti di Gadreel.
La
luna è
alta, piena e rotonda. Galleggia nel cielo sereno e limpidissimo,
spruzzato di stelle che brillano di luce lontana e chiarissima come
una distesa infinita di piccole lucciole. Il suono del vento e il
profumo della terra giungono come una sorpresa, travolgono il sistema
dell'androide con sensazioni inaspettate e inedite, bloccandolo sui
propri passi. Avevi
ragione,
papà, pensa,
mentre un sorriso si allarga piano sulle sue labbra sottili. È
pieno di cose belle, qui...
Il
momento di riflessione dura poco, perché poi qualcuno lo spintona e
Gadreel torna bruscamente al tempo presente. I soldati si sono divisi
in piccoli gruppi – ma
quanti sono? Quanti furgoni sono partiti dalla base?, -
e Dean e Castiel stanno dirigendo le operazioni.
Gadreel
è rimasto indietro e deve affrettarsi per raggiungere gli altri –
gli è sembrato di scorgere la sagoma di Benny, qualche decina di
metri più avanti, da qualche parte tra la folla.
E adesso?, si chiede il robot, rimproverandosi per la disattenzione. Neanche
sono sceso e già mi sono perso...
«Ehi!»
Garth spunta tra la confusione, lo afferra per un braccio. «Dov'eri
rimasto? Dobbiamo prendere posizione,» lo informa, sgomitando per
non farsi travolgere dalla massa di guerriglieri. «Devi salire là
sopra,» dice, indicando un punto in cima a una collina. «Lì la
ricezione è
migliore... Troverai Gabriel, lui ti dirà che cosa fare,»
aggiunge, e poi corre via – mentre Dean sbraita e si sbraccia per
dare gli ordini.
Tutti
corrono; così corre anche Gadreel, verso il punto che gli è
stato indicato, mentre un nodo di ansia e di trepidazione gli si
stringe dentro.