CAPITOLO TREDICI.
«Cas,
situazione?»
Accovacciato
nel buio, riparato dalla vegetazione. I muscoli tesi, le mani strette
attorno al corpo di un fucile a pompa calibro 12... E la mente
fresca, leggera, svuotata di qualunque altro pensiero che non sia
legato all'azione
imminente.
Gli
istanti prima di un assalto sono unici al mondo. Il cuore rallenta,
il respiro diventa un tutt'uno
con il silenzio della notte. La vista diviene più
acuta, più
nitida... E ogni singolo nervo, ogni singolo muscolo del corpo, si
tende e schiocca come un cavo elettrico, mentre l'adrenalina
si sprigiona nell'organismo.
Cuore anima e cervello si riallineano su di un nuovo asse, diventano
strumenti funzionali al combattimento. I tempi di reazione si
accorciano sensibilmente... E ti senti vivo e presente a te stesso,
incredibilmente ricettivo e consapevole di ciò che hai attorno, di
ciò che sta per accadere... Di ciò che sei.
Unità assoluta e profonda connessione di mente e corpo, di pensiero
e di azione. Dean ama questa sensazione...
Dev'essere
così che si sentono i leoni, pensa.
«Tre
guardie armate sul lato ovest, due sul lato sud. Ma questo è
soltanto ciò che posso vedere da qui.» La voce di Castiel arriva
leggermente sgranata, attraverso il minuscolo auricolare.
Dean
prende atto dell'informazione,
passa al punto successivo.
«D'accordo.
Benny,
esplosivo?»
«Pronto.
Attendo il tuo segnale.» A qualche metro di distanza, l'ex
Marine osserva i piccoli droni silenziati di cui si è
circondato. Saranno loro a dare inizio alle danze: si precipiteranno
in volo nei pressi dell'entrata
secondaria e sganceranno le cariche, sorprendentemente piccole e
maneggevoli, ma abbastanza potenti da sradicare il portone e aprire la
strada ai guerriglieri.
«Bene.
Squadra cecchini, ci coprite?»
«Sissignore!
Siamo in posizione.» Garth e Gabriel, essendo inadatti per il
combattimento corpo a corpo, si sono versatilmente adeguati al ruolo
di tiratori, assieme agli altri soldati meno dotati nella lotta. I
fucili che si trascinano dietro – dei .300 Win Mag provenienti
dall'armeria della Marina, gentile omaggio di Dean e Benny, - sono
pesanti e difficili da trasportare, ma sono tra i migliori per il
tiro di precisione. Dotati di calcio pieghevole Accuracy
International, con canna corta e un'ottica che permette di inchiodare
qualsiasi bersaglio – umano e non – anche a seicento metri di
distanza, rendono la squadra dei tiratori praticamente infallibile. E
per i guerrieri in prima linea, capeggiati da Dean e Castiel,
gettarsi tra le linee nemiche con degli angeli custodi a coprirgli le
spalle è una sicurezza in più.
Le
mani di Dean fremono. Ma deve controllare un'ultima cosa, prima di
dare il via libera.
«Ricevuto.
Gadreel, cosa vedono i tuoi occhi di elfo?», domanda il caposquadra,
scherzosamente.
Ottiene
in risposta un rumore attutito, come di qualcosa che rotola a terra –
probabilmente, all'androide è scivolato di mano il microfono.
«Allora--
Le guardie armate sono tredici, in totale. Dentro all'edificio ho
contato venti persone al primo piano, di cui una decina sembrano
guardie... Poi, ancora cinque guardie al secondo e dal terzo in su
non riesco a vedere nient'altro, perché le finestre sono schermate,»
dice Gadreel, cercando di essere il più conciso e sintetico
possibile. Gli altri sembrano tutti così sicuri di loro stessi...
Comunicano brevemente e sembrano molto affiatati, dopo chissà quante
missioni che hanno compiuto assieme. Inutile dire che lui, in quanto
ultimo arrivato, sente sulle proprie spalle il peso della
responsabilità e teme di non essere all'altezza... Ma darà il
proprio meglio.
Lo
ha promesso.
«Bene.»
La voce di Dean sembra quella di qualcuno che stia sorridendo.
«Visto? Non è poi così difficile.»
Dall'altra
parte, Gadreel si stiracchia appena. Se ne sta disteso a pancia in
giù dietro una fila di arbusti fitti e bassi dietro ai quali, su
consiglio di Gabriel, ha montato il cavalletto per direzionare un
visore notturno. Fortunatamente, le apparecchiature sono facili da
usare... Non avrà molte possibilità di combinare disastri.
L'androide
sa che probabilmente non è il momento adatto... Ma la domanda gli
scivola dalle labbra prima ancora che possa anche soltanto
pensare
di trattenerla - e Gadreel un po' si vergogna della propria
instancabile curiosità:
«...
Cos'è un elfo?»
Con
un crepitio, la voce di Garth si inserisce nella conversazione.
«Charlie
sarà più che felice di spiegartelo, quando torneremo alla base,»
dice, divertito.
«Avrai
un sacco di film da vedere e libri da leggere,» aggiunge Benny.
«Ora
basta chiacchiere, soldati.» Dean mette fine a qualsiasi
divagazione, riportando la concentrazione dei suoi uomini
sull'assalto. C'è un istante di silenzio.
«Per
la libertà,» dice poi Dean,
come per ricordare a sé stesso e ai suoi soldati il motivo per cui
stanno per rischiare la vita.
«Per
la libertà,»
risponde Castiel, per gli androidi.
«Per
la libertà,»
rispondono tutti, nel medesimo istante, come un'unica voce.
Anche
Gadreel si unisce al coro, senza pensarci troppo. Non riesce a capire
fino in fondo il significato di quell'ultimo proclama collettivo, ma
intuisce che sia qualcosa di importante - un augurio, una
dichiarazione di intenti, un promemoria... O una preghiera. Un modo per sentirsi tutti
parte di un'unità, per suggellare una fratellanza.
Il
motto risuona nella notte e subito dopo i droni si alzano in volo, le
bombe piovono sull'obiettivo; e la squadra d'assalto si lancia in
avanti contro le guardie nemiche, mentre i colpi delle armi da fuoco
crepitano come mortaretti e incendiano l'aria, fanno tremare i vetri
come i botti di un Capodanno fuori stagione.
Corri
- mira – spara - ripeti.
Castiel
brucia in fretta le centinaia di metri del piazzale della Robotics
Industry, correndo al passo con Dean – che spara e combatte come
una furia. Il robot abbatte gli altri androidi con armi sviluppate
appositamente per loro: abbastanza forti da bloccarli ma non da
distruggerli. Sono pur sempre fratelli, dopotutto... E proprio per
questo, Castiel ha richiesto che venissero creati strumenti d'offesa
come questo, potenti ma non letali. Perché,
in fondo, spera che ci sia ancora una speranza... Che possano tornare
ad essere ciò che sono stati, prima che questa guerra – e Metatron
– li riprogrammasse.
«Copertura!»
È Benny a richiederla, quando le guardie cominciano ad affluire sul
punto degli scontri. Non appena i guardiani di Metatron mettono il
naso fuori, la squadra dei cecchini li stende uno dopo l'altro, senza
nemmeno bisogno di sprecare un secondo colpo. Ancora qualche centro,
e poi dovranno cambiare posizione per evitare di essere individuati.
Il bravo cecchino è come un'ombra: silenzioso e invisibile, ma in
continuo movimento.
Gadreel
segue gli avvenimenti attraverso l'auricolare.
Ora che l'azione è
entrata nel vivo, si sente un pochino inutile... Passare le
comunicazioni non è nulla, in confronto a quello che sta accadendo
laggiù. Il frastuono degli scontri è
un crepitio continuo in cui si mescolano ordini e voci concitate, e
Gadreel si ritrova a desiderare di avere anche soltanto un decimo di
quel coraggio e di quella preparazione necessarie per scendere sul
campo ed essere davvero
utile... Ma la strada è
lunga, ed è comunque qualcosa che non fa parte di lui.
L'androide
fa tutto ciò che può, per agevolare i soldati. Cerca di anticipare
le richieste di informazioni, spiando attraverso il binocolo fin dove
riesce ad arrivare e istruendo i guerriglieri su ciò che sta
accadendo nell'area circostante.
«Castiel,
sta salendo qualcuno dal piano sotterraneo... Gli ascensori si stanno
muovendo.»
Il capo degli umanoidi raggiunge in fretta il punto indicato, prima
che il display arrivi a segnare PT.
Due servitori di
Metatron, due colpi non appena le porte si aprono: problema risolto.
«Grazie,
Gad.»
«Prego,
fratello.» Lo sguardo di Gadreel sorvola rapidamente la zona
alla ricerca di altri ostacoli da segnalare. Sta per avvertire Dean
di uno strano movimento sul retro del palazzo, ma poi sente un clic
che non proviene dal microfono – e, subito dopo, qualcosa che
preme dietro la sua nuca.
«Dovresti
anche guardarti alle spalle, ogni tanto,»
sibila una voce estranea - e Gadreel sentirebbe il sangue gelarsi, se
ne avesse. «Ma i pivellini non lo fanno mai. Perché tu sei un
pivellino, vero? Ecco perché ti hanno messo qui...»
Il robot resta immobile, mentre l'arma –
cos'altro potrebbe essere?
- spinge con più forza contro la sua testa. Riconosce qualcosa di
familiare, nelle frequenze di quella voce: un'impercettibile
alterazione che soltanto gli androidi producono, e che soltanto gli
androidi riescono a percepire.
«Non
sei umano,» trova il coraggio di dire Gadreel, cercando di prendere
tempo. Sta per morire? Forse. Non potrà più mantenere la promessa
fatta a Chuck... Non potrà più far pace con Sam. «Chi sei?»
Lo
sconosciuto si muove, provocando un lieve scricchiolio di rametti.
«Sono
il tuo nuovo migliore amico... Il tuo confidente,»
risponde ridacchiando, con un tono sinistro che non nasconde affatto
il sottotesto minaccioso. La pressione dell'arma è sempre lì,
sempre opprimente, sempre inevitabile. «Staremo un po' insieme.. E
mi racconterai un sacco di cose...
Che tu lo voglia o no.»
La pressione sparisce. «Alzati,» ordina l'estraneo, seccamente.
Gadreel
analizza in fretta le varie possibilità. Uno: reagire, avere la
meglio, neutralizzare il nemico. Due: reagire, avere la peggio,
finire ucciso subito oppure salvarsi. Ulteriori sviluppi del punto
due: salvarsi, venire catturato. Venire catturato uguale
essere torturato. Essere torturato uguale
dover restare inermi mentre i nemici si infilano nel tuo sistema e
rubano tutte le informazioni di cui hanno bisogno, senza che tu possa
opporti in alcun modo... E poi, ti distruggono o riprogrammano.
Gadreel
chiude gli occhi. No, non vuole che gli uomini di Metatron hackerino
il suo sistema. Non vuole che Dean, Sam, Castiel e tutte quelle
persone – quelle brave persone, che combattono solamente per il
sacrosanto diritto di essere libere,
- vengano messe in
pericolo per colpa sua. Non vuole finire nelle mani di quei
mercenari... Non vuole che vedano ciò che ha visto, non vuole che
sappiano ciò che sa. E, soprattutto... Non vuole che lo
riprogrammino. Non vuole diventare un assassino... Non vuole fare del
male.
L'androide
schiude le palpebre. La battaglia ancora infuria – giunge come un
brusio lontano, dal microfono che Gadreel ha abbandonato a terra.
Tutto intorno a lui è buio... E l'androide rimpiange di aver visto
così poco, prima di... Prima di fare ciò che è più giusto.
Mi
dispiace, pensa, senza
nessun destinatario in particolare. Forse suo padre, forse Sam, forse
quegli androidi e quegli umani con cui aveva cominciato a mescolarsi
e che non rivedrà mai più.
Gadreel ha preso una
decisione importante, e l'ha presa da solo.
Le
informazioni che ha appreso moriranno con lui.
«Allora?
Vuoi muovert--» Lo sconosciuto perde l'equilibrio e cade
all'indietro, quando Gadreel strattona i cavi che lui stesso ha
disposto a terra, soltanto pochi minuti prima. «Maledetto!» L'arma
che l'assalitore misterioso gli rivolge contro è simile a quelle che
Gadreel ha visto nell'arsenale personale di Castiel; il pensiero è
rapido, e poi l'androide si getta su colui che lo ha aggredito, nel
tentativo di sopraffarlo o di farsi uccidere provandoci. Sacrificarsi
è l'unica opzione possibile, se non riuscirà ad uscirne. Non
tradirà i suoi compagni... Non tradirà la memoria di Chuck.
Lo
sconosciuto è più forte, più svelto, più preparato - più
cattivo. Ed
è questo, soprattutto, a fare la differenza. Gadreel non ha mai
colpito nessuno prima, non ha mai fatto del male in vita sua.
Il
suo aggressore, invece, sì. E con molto, molto piacere.
Rotolano
lungo il fianco della collina, impattando sul terreno duro, e ben
presto Gadreel si rende conto del proprio svantaggio. Cerca di
bloccare i colpi, senza possedere alcuna nozione su come riuscirci, e
poi fa del suo meglio per districarsi abbastanza da tentare di
alzarsi in piedi; ma all'improvviso,
in qualche assurdo modo che Gadreel non riesce a prevedere, il suo
avversario lo aggancia per il collo e lo proietta di colpo a terra,
di schiena, facendolo impattare sul terreno con tutto il peso. Si
ritrova steso in mezzo a un campo incolto, selvatico. E poi il nemico
gli è
subito sopra, lo
blocca, e il calcio della pistola si abbatte violentemente contro la
tempia di Gadreel – e il nervo ottico sfrigola, la vista
dell'androide si appanna di conseguenza.
«Fratello,
no-- » Gadreel sta perdendo e lo sa. È finita. Può fare soltanto
un ultimo tentativo... Gli sembra impossibile l'idea di doversi
difendere da qualcuno così simile a lui. «Ti prego, fermati...»
Non riesce nemmeno più a vederlo, ormai. L'occhio sinistro non
trasmette alcuna immagine, il colpo è stato troppo forte. «Siamo
creature della compassione, non dell'odio--»,
smozzica Gadreel, nella speranza che quelle parole facciano scattare
anche soltanto un minimo ricordo, in quel robot così violento e
distorto. Quelle parole sono la base del suo essere, fanno parte del
suo sistema... Sono l'idea da cui sono nati tutti i robot.
La compassione è il fondamento di tutto ciò che Gadreel è, di tutto ciò
in cui crede... Com'è possibile che gli androidi lo abbiano
dimenticato?
«Può
darsi...» Il suo aggressore si ferma per un attimo, premendogli la
canna della pistola sotto la gola. Gadreel si muove appena. L'iride
destra raccoglie un'ultima immagine della luna splendente, appesa
sopra di lui. «... Ma l'odio è più divertente.»
Gadreel
chiude forte gli occhi.