My house is burning down [Tyrion-Jon]
Non
avrebbe dovuto sconvolgerlo così tanto,
continuava a ripetersi, ma la sensazione opprimente al petto non voleva
saperne
di sparire. Winterfell non significava niente per lui,
eppure… eppure l’idea
che quel luogo così pieno di spirito, di antichi dei e
grandi uomini del
passato fosse stato raso al suolo, bruciato dalle fondamenta lo
tormentava.
Certi
luoghi non dovevano smettere di esistere,
certi luoghi erano fatti per essere eterni. Quel pensiero –
l’eternità,
l’infinito scorrere del tempo – lo fece sorridere:
quale stolto s’illudeva che
la sua vita fosse più del battito d’ali di una
farfalla, di un granello di
polvere nell’immensità. Le loro vite valevano
zero, eppure quanti sforzi si
facevano per rimanere aggrappati a quel niente.
Non
era così facile vivere nella consapevolezza che
prima o poi ci sarebbe stata una fine. Tyrion riusciva a dimenticarlo
solo di
giorno, quando le responsabilità come Hand of the King lo
travolgevano e ogni
suo sforzo andava a contenere Cersei e a prevenire le stupidaggini di
suo
nipote.
Ma
la notte, quando si accingeva ad aprire uno dei
pesanti tomi della biblioteca reale o quando si trovava, esausto, tra
le
braccia di Shae, quella sensazione tornava: sarebbe bastato una
piccolezza, un
minimo errore, e la sua così importante esistenza sarebbe
svanita nel nulla.
Lord
Mormont gliel’aveva detto, quand’era stato in
visita sulla Barriera: quei ragazzi in nero spesso lo dimenticavano, ma
loro
vivevano per morire. Quella dedizione al proprio lavoro aveva
profondamente
colpito Tyrion: saranno pur stati feccia, ma quelle triste figure
avvolte nei
loro mantelli riuscivano ad essere più uomini di qualsiasi
cavaliere in
armatura scintillante.
Il
pensiero del Folletto corse ad un ragazzo in
particolare, a quel giovane dal volto serio, gli occhi velati dalla
tristezza:
Jon Snow, il bastardo di Winterfell, la stessa Winterfell che aveva
ceduto agli
avversari, che era crollata in ginocchio. Quel moccioso che aveva
così tanto in
comune con Tyrion, che il figlio di Tywin Lannister non era riuscito a
non
prenderlo in simpatia.
Chissà
dov’era in quel momento, se si era inoltrato
nelle lande desolate a nord della Barriera, col suo lupo che gli
trotterellava
accanto, o se era ancora a Castle Black o in un altro dei fortini di
confine.
Si
domandò se gli fosse già giunta la terribile
notizia e sperò in cuor suo che almeno quello gli fosse
risparmiato. Aveva
sofferto a sufficienza, avevano entrambi sofferto a sufficienza. Un
poco
d’oblio, di ignoranza l’avrebbe voluto anche per
sé, se questo non avesse
significato con ogni probabilità la morte. Non poteva
permettersi di abbassare
la guardia in quel covo di vipere.
Si
chiese se non sarebbe stato meglio restare alla
Barriera con quei prodi camerati. Non conosceva la risposta, ma
più ci pensava
e più si rendeva conto che non era solo Jon Snow ad essere
rimasto senza casa,
ormai. Quel vecchio castello del Nord si era portato via qualcosa,
qualcosa che
Tyrion non riusciva ad identificare, ma che non poteva fare a meno di
rimpiangere.