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Autore: Ghen    20/04/2009    5 recensioni
Il canto silenzioso dei bambini richiamava l’attenzione.
Una bimba passeggiava tranquilla nel cuore della notte, ma non da sola, con la sua bambola.
I bambini sono delle creature eccezionali.
Le bambole sono da sempre i loro amici più cari.
Non si separano mai. Si vogliono bene.
I bambini danno vita alle bambole e queste ricambiano con il loro amore.
Non si separano mai. Si vogliono bene.
Non si separano mai. Si vogliono bene.
Non si separano mai. Si vogliono bene.

[III classificata al contest: "[Original concorso 4] La Sfera e… il Matto" di Eylis]
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I bambini sono delle creature eccezionali.
Le bambole sono da sempre i loro amici più cari.

Non si separano mai. Si vogliono bene.

I bambini danno vita alle bambole e queste ricambiano con il loro amore.

Non si separano mai. Si vogliono bene.

Non si separano mai. Si vogliono bene.

Non si separano mai. Si vogliono bene.



Il canto del silenzio



Camminava con i suoi piedini nel fango, con fatica.
Sudava, tremava.
Si reggeva le manine, cercando di prendersi da solo per mano. Un modo per non sentirsi solo; un modo per non spaventarsi più di quanto già non fosse.
Affannava, la gola gli bruciava.
Era tutto scuro lì, gli metteva i brividi.
Non sapeva come ci era arrivato e non sapeva come se ne sarebbe andato.
Era solo un bambino…
Indossava il suo pigiamino giallo, e le calzette di lana ai piedi. Nient’altro.
Aveva anche freddo, poverino.
Dai suoi piedi entrava il gelo del fango ghiacciato. Talmente erano freddi, che non si sentiva più le dita. Camminava con estrema lentezza, muovendo i suoi occhietti spaventati a destra e sinistra. A volte si voltava, gli pareva di aver sentito un rumore, ma era solo il vento gelido che muoveva le piante e l’erba.
Lacrimava appena; voleva piangere, ma aveva troppo freddo per farlo.
Ricordava solo di essersi addormentato nel suo lettino, dentro la sua cameretta calda, nel letto soffice. Ricordava la sua mamma che gli aveva rimboccato le coperte, prima di dargli il bacino della buonanotte.
Come ci era finito laggiù?
Nel posto buio e tetro… dove nemmeno le nuvole possono vederlo…
<< Mamma… >>.



La bambina e il gatto pazzo
Camminavan giù per un sentiero
Non si accorsero del cane pazzo
E finirono entrambi sbranati!
Bau bau!

Rise.
Aveva un bastoncino in una mano, che faceva sbattere contro lo steccato lungo il suo camminare.
<< Ricomincio con un’altra canzone? >>, domandò.
La sua voce divertita, ma vuota.
Non aspettò risposta, non si sentì nessun’altra voce nell’aria; ma ricominciò a cantare.

Il bambino si sente solo
Ma solo non è
Non sa dov’è
Non sa chi c’è
Ma presto si divertirà

<< Vero? >>, rise ancora.

Aveva i capelli castani, raccolti in due codine alte ai lati della sua testolina.
Camminava da sola, nel buio.
O forse, non da sola.
Aveva stretta nel suo braccio destro una bambola.
Anch’essa aveva due codine alte ai lati della testa di pezza.
I suoi occhi erano delle palline bianche con un puntino nero per la pupilla. Il suo sorriso… cattivo, era legato dal filo per cucire, che passava da un lato all’altro.

Si sentirono improvvisamente dei passi, dietro di loro, che fecero interrompere le risate della bambina.
Due stivaloni in cuoio alzarono della polvere.
Quell’uomo tremava un po’, ma cercava di non darlo a vedere.
Stringeva nelle sue mani un fucile, che maldestramente, teneva puntato contro la bambina.
<< Avanti, voltati! >>, le ordinò l’uomo, con voce autoritaria.
Sembrava avere un certo timore, che voleva nascondere ad ogni costo.
La sua bocca ballava che non riusciva a farla stare ferma e composta. I suoi occhi la guardavano con estremo disprezzo; occhi fini, completamente puntati a lei. Avrebbe potuto ucciderla con il solo sguardo, se solo ne avesse avuto il potere.
<< Sei sorda? Ho detto di voltarti!! >>, continuò, vedendo di non avere avuto successo la prima volta.
Così, lo fece.
La sua testa fece un giro a centottanta gradi, e si puntò a lui. Dopo, anche il suo corpo seguì.
Terrorizzato, fece due passi indietro, puntando sempre di più il suo fucile.

La bambina, aveva ben poco da bambina.
Ora che la si poteva vedere bene dalla luce della Luna che la illuminava, si era in grado di capire quanto quella non fosse per niente una bambina.
Aveva si il corpo di una bimba di nove, dieci anni, ma il resto, non era umano.
Aveva del filo da cucire nella bocca, come la sua bambola. Nel collo, per congiungerlo al resto del corpo, come la sua bambola. Lo stesso nei polsi, nelle spalle, nelle caviglie, dove del filo passava anche attraverso delle sue scarpette nere, come quelle della sua bambola.
Il suo vestitino blu spento, era identico a quello della sua bambola.
La bambolina portava una pezza di un rosso buio tra il vestitino e il suo petto, al lato sinistro. Probabilmente si era rotta, in passato. La bambina, aveva una pezza identica alla sua, nella stessa posizione, solo che non toccava il vestitino, stava nella sua pelle.
Erano identiche.
La bimba però, al contrario della sua bambola, portava una benda nera che le copriva l’occhio destro. Inspiegabile. Era l’unica cosa che le differenziava.

<< S-Sono qui per farti fuori! >>, esordì l’uomo. << Ti ho seguita da quando hai lasciato il villaggio di Sawad! Hai rapito un altro bambino! >>.
<< Sei qui per farmi fuori?! Che bello! >>, sorrise la bambina. Dopo breve, cominciò di nuovo a ridere.
L’uomo indietreggiò ancora. Le sue risate lo mettevano in ansia.
<< Smettila di farla ridere!! >>, urlò.
<< Smettila di farla ridere? Ma che dici? >>, continuò a ridacchiare. << Sei forse impazzito? >>.
<< Smettila ti ho detto!! Ti ucciderò all’istante! >>.
Puntò nuovamente il suo fucile, ma non contro la bambina, contro la bambola.
<< Vuole ucciderti! Oh, no! >>, derideva.
Quella bambina non era altro che una bambola vuota. Lui lo sapeva.
<< Va bene, e così vuoi uccidermi? >>.
Quella voce spezzò l’aria che respirava l’uomo.
Era estremamente perfida, fine, bruciante nel suo tono così fastidioso. Era la voce più intollerante che avesse mai sentito. Faceva fatica ad ascoltarla.
L’uomo capì di stare cominciando a sudare.

La bambola si alzò sul braccio destro della bambina, stando in piedi con le sue sole gambe di pezza.
Mosse i suoi occhi, fissandolo.
La bimba, nel frattempo, non aveva smesso di ridere a squarcia gola.
<< Avanti, allora! Ti concedo la possibilità di uccidermi adesso! Sempre se tu… ne sia capace! >>.
Lo sfidava con lo sguardo.



Il bambino continuava a camminare solo, in mezzo a quell’incubo da cui tanto voleva fuggire, fino a che… Incominciò a sentire una musica.
Questa era fine e incuteva solo tristezza.
Continuava a passeggiare, guardandosi intorno. Non capiva da dove provenisse la musica tanto brutta; che gli entrò subito in testa come di un qualcosa che non poteva fare a meno.
Poco dopo incominciò a capire. Qualcuno stava cantando, erano in tanti.
Erano le voci di bambini.
Sentiva rumori di passi, dell’erba che si muoveva e veniva schiacciata.
Comparvero i primi bimbi.
Avevano tutti indosso i loro pigiamini; alcuni erano scalzi, altri con le ciabattine, altri ancora con le calze, come lui.
Bambini e bambine che lo circondarono pian piano, con la loro canzone che metteva i brividi.
Vedeva dietro ad un gruppo delle casette in legno… Vivevano là questi bambini?
Si fermarono intorno a lui, dove non c’era più via libera per passare. I loro visi sorridevano felici, ma i loro sguardi erano vuoti, come i loro occhi.



<< Lascia liberi quei bambini! >>.
<< Umh? >>. La bambola chinò un poco la testa, come per comprendere. << Vuoi che li liberi? >>.
<< Sì! Devi lasciarli andare! Solo dopo potrò ucciderti! >>.
<< La storia si fa sempre più divertente! >>, disse, mettendo una mano all’interno di una tasca nella sua gonnellina del vestitino. << Sempre più divertente! >>, continuò, mostrando all’uomo ciò che ne aveva tirato fuori.
Non era altro che una piccola sfera blu scura, tendente al nero.
La teneva sulle sue ditine fini, mentre la fissava sorridendo maligna.
<< Sono qui dentro! >>, proferì. << Non li posso liberare, qui ci sono solo le loro anime… Dovrebbero tornare nei propri corpi, ma molti di questi, ormai, sono andati perduti negli anni! >>.
<< Lasciali liberi tutti! >>, specificò l’uomo. << I bambini che hanno ancora un corpo torneranno là, mentre quelli che lo hanno perduto, saranno liberi di andare in cielo! Liberali! >>.
La bambola rise. << Aah, capisco. Tu sei il buon samaritano! >>.
Si voltò alla bambina, e questa, smettendo di ridere, fece altrettanto.
<< Digli tu le regole del gioco! Cominciamo a giocare! >>.
La bambina sorrise, voltandosi a lui.
<< Le regole sono semplici! >>, fece, alzando in alto il dito indice della sua mano sinistra, buttando a terra il bastone che portava con sé. << Tu cerchi di ucciderla. Se tu ci riesci avrai vinto e i bambini usciranno dalla sfera, ma se perdi… Se perdi ti avremo tutto per noi e uccideremo il tuo corpo! Ci stai? Vuoi giocare? >>.
L’uomo sudò sempre più forte. Cominciò ad affannare.
Questo era un gioco che non gli piaceva.
Giocare contro una bambola e la sua bambola umana… Non gli piaceva, non era questo quel che voleva. Ma d'altronde, che altre alternative aveva?
Se l’avesse sparata subito, i bambini sarebbero stati liberi di andare.
Liberi finalmente, da quella prigionia che per alcuni era da anni, che gli rendeva pezzi da collezione di una bambola che voleva vivere come una bambina.
<< Iniziamo il gioco! >>, disse, sudando. Aveva deciso!
Subito sparò.
Il fucile lo buttò a terra dal rinculo, e quando alzò lo sguardo, poteva tristemente vedere che il suo colpo non aveva dato gli effetti sperati. Il proiettile si trovava incastonato nella mano della bambina, che mise in mezzo.
Nessun accenno di dolore. Era proprio vero, allora, che quella non era altro che la sua bambola.
<< Hai fallito! >>, rise la bambola. << Ora tocca a me! >>.

Venne colpito come da un senso di paura improvviso.
Mollò a terra il fucile, rialzandosi per scappare via.
La bambola però, non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare. Non avrebbe iniziato il gioco se non avesse avuto intenzione di giocare fino alla fine.
Saltò dal braccio della bimba, che le fece da catapulta, e planò fino alla schiena dell’uomo in corsa.
Lo mancò di striscio, slegandoli i capelli che portava legati da una codina bassa. Cadde a terra, terrorizzato, si voltò a lei.
Quella bambola stava sul terreno in piedi, davanti a lui. Lo guardava attentamente, sorridendo con enigmaticità.
<< Sei un fifone! >>, gli disse, facendogli vedere la sua mano destra, dove portava dei capelli strappati e l’elastico rotto. << Hai iniziato a giocare, non puoi tirarti indietro! Non volevi liberare quei bambini? >>, rise, lasciando il contenuto della sua mano al vento leggero.
L’uomo chinò il capo. Piangeva, piangeva dalla paura.
Voleva salvarli, davvero, ma lo terrorizzava. Quella bambola era una creatura venuta dall’inferno.
<< Perché… >>, iniziò, singhiozzando. << Perché prendi tutti quei bambini…? Cosa te ne fai?? Lasciali liberi! Non sono pezzi da collezione! >>, gridò.
<< Ed è qui che ti sbagli… >>, terminò di ridere. << Sono davvero la mia collezione personale, le voci che corrono sono esatte! Sono tutti miei giocattoli… Io gli voglio bene, gioco con loro quando ho voglia, e sono tutti felici. Non ci separiamo mai, ci vogliamo troppo bene. >>.
<< Loro ti detestano!! >>, continuò lui in grida. Puntò il dito contro la bambina e continuò << Lei è stata la prima!! Lei è quella che più di tutti ti detesta! Tu sei un demone spregevole, nessuno può amarti!! >>.
La bambola si zittì. Resto seria e ferma, forse si era offesa.
<< Loro mi amano! Io gli ho liberati dalla vita che gli opprimeva. Rimarranno vivi per sempre, giocheranno per sempre, per l’eternità, con me! >>. Sembrava realmente convinta delle sue parole. << Tu non sai quanti torti ho dovuto subire da quando sono stata creata, dagli adulti che mi ritenevano un semplice oggetto, inutile e senza sentimento. Ma grazie a Sissy… ora posso riscattarmi! >>.
Sissy?
Chi era Sissy?
La bambina sorrise.
Era lei Sissy?
La bambina tirò da una delle tasche del suo vestitino la pallina colorata, mostrandola per bene, assieme al suo sorriso.
<< Brava, Sissy… >>, fece la bambola. << Preparati! >>.
L’uomo spalancò gli occhi… Ma la pallina non ce l’aveva la bambola? La sfera che conteneva le anime dei bambini, non era nelle sue mani fino a poco fa?
<< Sissy…?! >>, emise l’uomo con un filo di voce. << Era la tua padrona… vero? La tua padrona quando eri una semplice bambola… E’ così? >>, domandò, prendendo dei grandi respiri profondi. Il suo cuore batteva ad un ritmo smisurato. Sudava tantissimo e tremava, per giunta.
La bambola aggrottò gli occhi - non aveva sopraciglia -, seria e dallo sguardo cattivo.
<< Lei non è mai stata la mia padrona! Sissy è sempre stata mia amica! E’ stata la prima a volermi bene davvero. Lei voleva diventare come me, ed io volevo essere come lei! Siamo amiche del cuore per sempre! >>.
A volte, l’uomo, aveva come l’impressione di stare parlando con una bambina, più che con una bambola cattiva.
Si erano scambiate…
La bambina era diventata la bambola, e la bambola era diventata la bambina.
Amiche del cuore.
Tutto questo lo confondeva.
<< Sissy voleva vivere per sempre, voleva giocare con me per sempre. Così è stato e così sarà. >>.

Forse cominciava a capire…
Loro due erano diventate malvagie, ma non lo erano davvero.
Vivevano il loro stile di vita giocando come una semplice bambina fa con i suoi giocattoli, le sue bambole; per non farla mai più sentire sola, un oggetto inutile, perché lei era viva e voleva sentirsi tale.
Erano delle creature maligne, ma lo erano per scelta, per riscattarsi dal mondo che le aveva punite.
Però, poteva capire la bambola… Ma la bambina, perché lei era voluta diventare bambola?
Vivere per sempre, giocare per sempre, non erano dei motivi veramente validi per scegliere di abbandonare la vita e diventare un corpo senz’anima…
A meno che…

Spalancò gli occhi.
<< Dove si trova l’anima di Sissy? >>.
Spiazzò un po’ questa domanda.
<< Puoi salvare gli altri bambini, ma non puoi prenderti Sissy! Lei è mia amica! Il gioco non prevedere Sissy! >>.
Sì, era come aveva immaginato, ne era certo…
Ma non doveva pensare a loro adesso, non gli doveva importare quali erano i motivi che le spinsero ad agire così, doveva solo salvare i bambini. Doveva riportare i bambini ai loro genitori.
Lo aveva promesso al villaggio di Sawad, alla madre dell’ultimo bimbo scomparso, che glielo avrebbe riportato indietro.
Ora non doveva assolutamente distrarsi con discorsi inutili, come non doveva farsi prendere dalla paura.
Doveva solo pensare a quei bambini imprigionati nella piccola sfera di queste due demoni. Perché questo erano, comunque: demoni.

Scattò, dandosi lo slancio, contro la bambola. La inchiodò a terra, riafferrando il fucile poco distante dalla sua mano destra, puntandoglielo contro.
Ora non poteva più usare la bambina per proteggersi; la sua bambola non poteva più parare il proiettile per lei. Era troppo vicina per aiutarla.
Era fatta. Ma allora perché… sorrideva?
<< Mi hai messo alle strette! >>, rise. << Ora ti basta solo premere il grilletto, buon samaritano! >>.
<< Perché ridi? Cosa c’è di tanto divertente? Quando tu morirai, anche Sissy tornerà libera insieme agli altri bambini e andrà al cielo! >>.
Sissy, quella bambola-bambina, poteva solo tornare al cielo. Aveva troppi anni di età per essere ancora bambina, e il suo corpo, trasformato dalla sua bambola-padrona nella sua bambola personale a sua immagine e somiglianza, non poteva ospitarla di nuovo.
<< Sissy non è come gli altri… >>, bisbigliò. << Lei non andrà al cielo… >>.
<< Tornerà libera invece, e tu tornerai sola… come un’inutile bambola di pezza! >>.
Aveva commesso ben due errori.
Il primo, era quello di averle ricordato di essere stata inutile. Il secondo, il più importante, era quello di non aver ascoltato ciò che gli stava dicendo.

“ Lei non andrà al cielo…”

Non era riuscito a premere abbastanza in fretta quel grilletto.
Il fucile glielo tolse di mano lei, Sissy, con le sue mani passate ad ago e filo. Glielo sfilò tranquillamente di mano, buttandolo lontano dietro di lei.
Quell’uomo non aveva più forze.
La bambola si sfilò da sotto il suo corpo, osservandolo come ancora era immobile, stranamente immobile.
<< La fine del gioco! >>, enunciò.
La bambina allungò la mano, afferrando il bastone; lo estrasse con forza, liberando uno schizzo di sangue.
L’uomo così cadde al suolo, con la nuca perforata.
<< Adesso il mio bastone si è sporcato! >>, sbuffò Sissy, osservandolo.
<< Non è un male, ne troveremo un altro camminando! >>, le sorrise. << Adesso catturalo, prima che fugga in cielo! E’ nostro di diritto, abbiamo vinto noi il gioco! >>.
<< Sì! >>, tirò di nuovo fuori la biglia colorata.
Una luce calda involse il cadavere dell’uomo, e pian piano s’indirizzò verso la piccola sfera. La involse, e dopo brevi istanti, venne risucchiata al suo interno.
<< Quanto vale questo bambolotto? >>, chiese la bambina alla bambola, innocentemente.
<< Il suo presente non valeva tanto, ma il suo passato nasconde molte virtù. Potrebbe diventare un bambolotto interessante negli anni! >>.
<< Ooh! >>, osservava la sfera. << Va bene, allora! >>, se la rimise in tasca.
Riprese la sua bambola in braccio e ricominciò a camminare e a cantare, buttando il bastone insanguinato nell’erba lontana.

Tu non ci volevi ben
Volevi farci separar
Ma noi ci vogliamo ben
E tu nulla eri
Ma adesso sai… che sempre con noi rimarrai
Sìì!



Si osservò le sue piccole mani, nel buio pesto che involgeva quel posto. Freddo, tanto freddo.
Rivolse il suo sguardo in basso, e vide i suoi piedi nudi, nell’erba fredda. Indossava un pigiama lungo verde, quello che usava quando era bambino.
Ma fece molto presto a capire che lui adesso, era bambino.
Alzò il suo visetto, asciugandosi il nasino colante, con la manica del pigiama.
Sentì quella melodia e presto vide tutti i bambini imprigionati.
<< Dobbiamo scappare, presto! >>, gridò, facendosi coraggio. Agitava le mani, andando incontro a tutti i bambini, uno ad uno. Gli percuoteva, tentava di tirarli in qualche modo, ma erano tutte azioni vane.
Tutti sorridevano e non lo vedevano. I loro occhi erano vuoti completamente.
<< Presto! Tutti insieme possiamo trovare un modo per uscire di qui! Non volete tornare dalle vostre mamme? Dai vostri papà? Io non voglio restare imprigionato qui per sempre!! >>.
Nessuno lo ascoltava, o almeno, era quello che sembrava. In realtà solo un’anima era riuscita a sentire ciò che diceva.
Uscì da dietro un gruppo di bambini, camminando lentamente verso di lui.
<< Dovresti ascoltare la melodia! Così saresti più tranquillo e smetteresti di fare tanto baccano! >>.
Si voltò a lei, per osservarla. Sgranò immediatamente gli occhi.
Quella…
<< S… Sissy… >>, sussurrò.
La bimba sorrise.
L’aveva riconosciuta, nonostante non avesse il corpo martoriato; nessun filo da cucire, nessuna benda, nessuna pezza.
Sembrava una normalissima bambina, adesso. Se non fosse solo per il suo sguardo ingannatore.
Aveva ragione lui… L’anima di Sissy era all’interno della sfera con gli altri bambini.
Ma lei era diversa.
Non portava lo sguardo felice e spento delle altre anime; il suo era vivo.
<< Benvenuto all’interno del cesto dei giocattoli! Spero che giocherai presto insieme a noi! >>, rise.
Rise talmente tanto e tanto forte da sembrare impazzita… Ma con molte probabilità, lo era davvero.
Pazza.



<< Susanne? Dove sei finita, Susanne? >>, la voce di una donna.
<< Sono qui, madre. >>.
<< Aah!! >>, gridò. << Mi hai messo paura, tesoro! >>, le disse, voltandosi di spalle. Le poggiò una mano in testa, sistemandole un fiocchetto sui capelli castani. << Vai al piano inferiore, cara! Ti cerca tuo padre! Penso abbia un bel giocattolo per te! >>.
La bambina, con viso serio e senza emozioni, scese le scale, delicatamente, uno scalino dopo l’altro con tranquillità.
L’osservò in mezzo al grande salone, accanto a due maggiordomi, mentre scambiava qualche parola con loro.
L’uomo si voltò dopo un cenno dalla servitù, e la vide.
<< Susanne! Eccoti qui, piccola! Sai cosa ti ho portato? Un bel, bellissimo regalo! >>, uno dei maggiordomi gli passò un fagotto e questo glielo porse davanti.
<< Che cos’è? >>. La sua voce non aveva subito variazioni, era seria e fredda.
<< Aprilo! E’ un bel regalo! >>.
Lo prese fra le sue manine, incominciando a scartarlo.
Spalancò gli occhi, affascinata, quando vide che era una bambola di pezza.
Non disse una parola, folgorata, a bocca aperta, non si mosse.
Eppure aveva già avuto tante bambole prima di questa, anche più belle ed eleganti; ma questa e solo questa aveva risvegliato qualcosa in lei, che prima era come assopito nei più profondi degli abissi del suo animo.

Si sono incontrate… Una bambina con un profondo animo assopito e una bambola stanca di essere solo un oggetto.

I suoi genitori, uomini ricchi ed affermati, di cultura ed estrema eleganza, non hanno mai potuto soffrire il fatto che la loro unica figlia Susanne era diversa.
Pensavano che, avendo avuto una figlia, sarebbe stata sempre ammirata, corteggiata quando sarebbe stata più grande, che sarebbe divenuta un modello e meravigliosa erede della loro nobile famiglia.
Ma non era stato così.
Susanne era nata con un disturbo particolare. Aveva da sempre vissuto nel suo mondo, dove nessuno poteva entrare a viverci, se non solo lei.
Non aveva mai mostrato emozioni, se non rabbia e collera pura quando la si sgridava.
Andava sempre di matto e avevano paura di toccarla.
Una volta aveva spinto sua nonna dalle scale solo perché le aveva dato un colpetto. Era una bambina particolare. Incuteva timore a tutti con i suoi sguardi enigmatici.
Ma era cambiato qualcosa, da quando entrò in casa quella bambola.
La sentivano ridere all’interno della sua camera, parlare e giocare. Credevano migliorasse, ma le cose non andarono così.
Faceva queste cose solo con la sua bambola. Con il resto del mondo era ancora più fredda e distante.
<< Betsy dice che non devo starvi a sentire! Perché siete stupidi e non capite niente! >>.
Sempre più cattiva.
<< Betsy dice che prima o poi mi libererò di voi, perché non mi servite! >>.
La prendeva e lanciava in aria.
Era una normalissima bambola, ma lei le stava dando pian piano una vita, un carattere, una personalità.
L’abbracciava. << Ti voglio un modo di bene, Betsy! Saremo amiche del cuore per sempre! Io voglio sempre stare con te, e giocare con te! Sempre, per tutta l’eternità! >>.

Un giorno lì sentì, i suoi genitori mentre parlavano con la servitù in una camera chiusa.
Passava per andare in cucina, con la sua bambola in braccio, quando li sentì e si fermò.
<< Dobbiamo portarle via quella bambola! Sta peggiorando la situazione! >>.
<< Abbiamo una figlia fuori di testa, cara! Anche se quella bambola sparisse i problemi resterebbero! >>.
<< Che vuoi dire? >>.
<< Il problema è Susanne! Dobbiamo farla vedere a qualche altro dottore! >>.
<< Ma caro! >>.
<< Non c’è altra scelta, non possiamo lasciarla crescere così… Cosa ne penseranno di noi le altre famiglie? Che facciamo crescere i matti? >>.
Ma la piccola Susanne non mosse un muscolo, né di approvo, né di rifiuto. Fino a che…
<< Cosa hai detto, Betsy? Non ho bisogno di nessuno di loro? Lo so bene questo. Ah, come dici? Ce ne andiamo via questa notte! >>, sorrise. << Sì, ne sono felicissima! >>.
La bambola veniva strapazzata dalla felicità.
<< Come? C’è dell’altro? Vuoi che ci liberiamo di loro, oggi? >>, sorrise ancora. << Va bene. >>.
Fu così che quella notte fu classificata come una delle peggiori per la ricca città di Kessever.
Fu stampata su tutti i giornali la notizia da cronaca nera che lasciò il segno negli anni.
“BAMBINA UCCIDE I GENITORI E SCAPPA DI CASA”

Nessuno o pochi credevano al fatto che fosse realmente pazza. Era solo una bambina, e molti dicevano che i genitori la picchiavano. Voci mai smentite.
La ricchezza aveva dato loro alla testa? Si chiedevano molti.
Non si è mai saputo cosa realmente fosse successo.

Ma loro amano davvero la loro unica figlia, non le avevano mai fatto del male, era solo nata diversa, da come avrebbero voluto.





<< Mi vuoi chiamare “Sissy”? Ma lo sai che mi piace tantissimo! Nessuno mi aveva mai dato un nome così bello! >>.
Lanciò per aria qualcosa, ma ad acchiapparlo fu una mano di pezza.
<< E questa cos’è, Sissy? >>, domandò, mostrando alla luce della Luna una piccola sfera bianca.
<< E’ la mia casa quando ho voglia di giocare! Ne facciamo un bel cesto di giochi, Betsy? >>.
<< Sì… >>, sorrise.



La bambola-bambina pazza, la bambina-bambola cattiva e il loro cesto di giocattoli.
Non si separeranno mai. Si vogliono bene.

























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La prima foto di Sissy e Betsy:

Sissy e Betsy
Ho ritrovato questa foto, la prima foto, della prima volta che ho disegnato Sissy e Betsy; perché sono nate così, prima su un banco per noia, e dopo ho creato la loro storia, come personaggi per "Il colore della tua LUCE".
Certamente non sono disegnate benissimo, sono solo schizzi a penna, ma mi piacciono ^^
Poi qui non sono rappresentate come nella storia, non perfettamente: Betsy qui non ha la gonna e Sissy non ride. Ma sono loro.


Ho scritto questa shot per il contest: "[Original concorso 4] La Sfera e… il Matto" di Eylis, a cui sono stranamente, felicemente, e ancora stranamente arrivata terza. Perché, sinceramente, con ben otto partecipanti non me lo aspettavo proprio O_O Soprattutto avendo visto tutti quegli errori raccapriccianti che mi ero lasciata dietro al momento della consegna. Prima di postarla, la storia, è stata rivista e spero di aver rimediato almeno un po' agli orrori XDD

Targhetta Il canto del silenzio  Bella la targhetta, complimenti! *__*

Piccole note che avevo scritto alla giudice nella mail:

Credo che mi sia venuta fuori una confusione a canoni colossali! XD Tutto il pezzo della fine, ovvero il loro passato, doveva venirmi fuori molto più corto, non me lo aspettavo XD In verità volevo anche descrivere come Sissy aveva ucciso almeno sua madre, ma alla fine lo evitato per non farlo troppo lungo e ripetitivo.
Il titolo, “Il canto del silenzio”, non so se si sia capito il motivo per cui l’ho scelto. Lo volevo per un’aria di mistero in più, ma soprattutto perché i bambini all’interno della loro prigione cantano, ma vuoti dentro, quindi silenziosi.
Ripeto all’inizio una frase molte volte, prima del titolo, addirittura tre volte nella fine di quella piccola introduzione. Il motivo è semplice, quando una parola o una frase la ripeti spesso, questa, perde il suo significato.

Per il resto, non so che dire: sono stata contentissima di aver partecipato e spero di riuscire a partecipare alla prossima edizione ^^

Grazie a chi leggerà, e magari recensirà =^.^=

Alla prossima follia XP
Ciao, ciao da Ghen =^____^=
   
 
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