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Autore: Red_Coat    11/07/2016    4 recensioni
Genesis.
La mia vita, per te.
Infinita rapsodia d'amore
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DAL TESTO:
Un bagliore accecante invase la grotta, ed io capì che l'avevo raggiunta appena in tempo. Alzai gli occhi, e vidi uno splendido angelo con una sola ala, immensa, nera e maestosa, planare dolcemente su una roccia. Rimasi incantata, con gli occhi pieni di lacrime, a fissare la sua sagoma, fino a che non mi accorsi che i suoi occhi verdi come l'acqua di un oceano di dolore e speranza seguitavano a fissarmi, sorpresi e tristi.
Fissavano me, me sola, ed in quel momento mi sentii morire dal sollievo e dalla gioia
" Genesis! " mormorai, poi ripetei il suo nome correndogli incontro
C'incontrammo, ci abbracciammo. Mi baciò.
Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, piansi stretta a lui.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Vincent Valentine, Zack Fair
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Più contesti
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Capitolo I

“Un bacio.
Si, che tu ci creda o no, la mia storia inizia così, con un bacio. Di Minerva in persona, sulla mia fronte pallida e giovane.
Avevo diciannove anni, e quando mi svegliai in questa realtà dalla mia, quella dal quale ero venuta, per parecchio tempo anche dopo averti incontrato non riuscì a comprendere pienamente l’inspiegabilità di ciò che mi stava accadendo, dimenticando perfino il sogno che mi aveva condotta qui.

Ma andiamo per ordine, al primo alzarsi del sipario di questa complicata e strana vita …


 
 

Tutto cominciò circa dieci anni fa, in quella dimensione che tutti coloro che la abitano definiscono Realtà.
È in quel futuro parallelo che sono nata e cresciuta, col nome di Valery Creek, nella periferia di un piccolo paesino del Kansas, nel Midwest degli Stati Uniti d’America. 

La mia infanzia è stata splendida, trascorsa in un piccolo ranch che i miei genitori avevano acquistato proprio per farmi crescere in mezzo alla natura in felicità e spensieratezza.
Amavo da morire quel posto, pieno di ogni cosa che madre natura potesse offrirmi. Possedevo dodici gatti, due cani, una fervida fantasia e boccoli biondi che scendevano delicati sul mio collo
ballonzolando su e giù come molle durante ogni mia corsa sfrenata per le praterie che circondavano la nostra abitazione.

Di quegli anni splendidi ora ricordo tutto, ma proprio tutto. Ogni singolo minuto di ogni singolo giorno.
Anche se il ricordo più struggente e vivido è quello del giorno d’autunno in cui ce ne andammo da lì, perché il dolore che sentii si riflesse in ogni cosa che incontravo.

Quel maestoso albero di quercia sotto la quale avevo giocato per dieci lunghi anni muoveva le fronde stancamente verso il cielo coperto da grigi e pesanti nuvole cariche di pioggia, come a volermi salutare, e allora io gli corsi incontro avvinghiandomi forte alla sua corteccia, le piccole braccia che non riuscirono neppure ad avvolgerne tutta la circonferenza.
Il mio gattino nero miagolò senza riposo supplicandomi di non lasciarlo, mentre con le lacrime agli occhi lo consegnavo alla vicina che si sarebbe presa cura di lui al posto mio, da quel momento fino alla sua morte, e perfino quel cespuglio di rose che cresceva rigoglioso vicino al grande porticato d’ingresso, ora sembrava piangere lacrime di fresca rugiada, che carezzava dolcemente i petali rossi e vellutati dei suoi profumatissimi fiori.
La piccola fattoria in cui ero cresciuta, il luogo in cui i miei sogni di bambina si erano materializzati giorno dopo giorno e l’unico posto di cui conoscevo ogni anfratto nascosto ed ogni singola atmosfera ad ogni ora del giorno e della notte …
Quel luogo in cui ho guardato il sole nascere per un'infinità di volte, alzandomi prima che il gallo iniziasse a cantare e calpestando l’erba fresca con i piccoli piedi morbidi di una bambina; Lo stesso in cui ho provato mille volte senza successo a contare le stelle che come piccoli diamanti trapuntavano il cielo, e ho inseguito il vento allargando le braccia e sognando mille e mille volte ancora di poter volare libera in un meraviglioso cielo terso d’estate …
Quello stesso luogo all’improvviso si era fatto vuoto, silenzioso e spento, come spogliato da ogni sua magia.
Perfino quel cielo meraviglioso si fece grigio e struggente, sopra la mia piccola testolina, in cui atroci pensieri s’agitavano come vecchi vascelli abbandonati in un mare in tempesta …


Non l’ho mai veramente dimenticato Genesis, mai. Così come tu, in fondo, non hai mai fatto con Banora, e i ricordi che ti legano ad essa.
Ma anche nella Realtà la vita continua, senza darti il tempo neppure di salutare un’ultima volta chi non rivedrai mai più, di aprire la bocca soltanto per qualche minuto ancora per dire quelle parole che mai avresti detto, se la vita non ti avesse messo di fronte al fatto compiuto.
Come successe a me …
Avevo diciassette anni, e credevo finalmente di esser riuscita a rassegnarmi alla perdita del mondo della Valery bambina.
Stavo camminando su un sottile delicato filo di ragnatela, che all’improvviso si ruppe, facendomi nuovamente precipitare.

La mia migliore amica se ne andò, a seguito d’una tremenda e sfiancante malattia che lei ebbe la forza e la tenacia di sfidare fino all’ ultimo respiro.
Si chiamava Mary … ed è stata amica, mamma, maestra, sorella e confidente. È stata … tutto.

E ora non riesco neppure a scrivere di lei, senza che le lacrime inizino a sgorgare inesorabili lungo le mie guance pallide.
Mi manca terribilmente, e non soltanto lei …
Ma se non avessi vissuto tutto questo, forse la dea non si sarebbe accorta di me. Ed è adesso, che la storia di Valery Rhapsodos ha inizio.
 
***
 
Los Angeles
02 Dicembre 2011
Ore 20.35
 
Mia sorella Stephanie entrò in camera mia per avvisarmi che la cena era pronta, e mi trovò sul letto con la mia console portatile in mano, e le guance rigate di lacrime.
 
      << Valery! >> esclamò preoccupata << Stai bene? >>
 
Sorrisi, annuendo impercettibilmente.
Altroché se stavo bene, Genesis!
Avevo appena finito di conoscere la tua storia, e dopo due settimane passate a giocare quel videogame che la narrava, ora stavo piangendo come una bambina perché … avevo appena visto morire Zack.
Si … avevo appena scorto un pezzo di quello che sarebbe stato il mio futuro, anche se ancora non lo immaginavo neppure.
Ma c’era dell’altro, in quelle lacrime. Io … non so spiegarmi ma … in tutti quei giorni passati con la mia console in mano a guardarvi vivere, e morire … è stato come rivivere in un film tutta la mia vita fino a quel giorno.
Ecco cosa c’era di diverso, in quelle lacrime: Era il ricordo risvegliato da quelle scene, le forti emozioni provocate dallo stupore nel … rivedermi in tutto, tutto ciò che quella storia raccontava. Nel rivedermi … in te.

Possibile che un videogioco, un libro o un film possano farti rivivere ogni singolo istante della tua storia? So già quale sarà la tua risposta, non preoccuparti.
Questa comunque, fu la stessa domanda che porsi a mia madre, a cena quella sera. E lei, con un dolce sorriso, scosse le spalle in un lieve cenno d’assenso.
“Certo ch’è possibile … la vita è lo stesso libro, scritto e riscritto più volte”. Aveva ragione … ah, quanto aveva ragione!

Le sorrisi, e dopo aver finito di mangiare tornai di nuovo in camera mia e ripresi la console in mano, accoccolandomi sotto le coperte.
Commossa rigiocai tutte le parti che mi erano piaciute di più, tornai indietro al tempo della tua amicizia con Angeal e Sephiroth, agli ultimi attimi di spensieratezza prima della tempesta, e desiderai ardentemente essere lì con te per stringerti e non lasciarti andare mai più, mentre ti osservavo credere alle menzogne di Hollander da dietro lo schermo che mi separava da voi, e dal vostro mondo.
Rimasi così fino a notte fonda, quando gli occhi mi si fecero doloranti e pesanti e il cuore chiese a gran voce di poter sognare un po’.
Quindi, stringendo ancora tra le mani la console, chiusi gli occhi e a poco a poco mi addormentai come avrebbe fatto quella bambina di dieci anni, ma distesa s’un prato investito dal dolce chiarore della luna.
“Quelle ali …” pensai, all’alba dei miei vent’anni “Le voglio anch’io.”
E, come se fosse sempre stata lì in attesa di sfiorare questo mio piccolo grande desiderio, fu allora che Minerva mi baciò.
E tutto divenne reale, e meraviglioso.

 

 
   
 
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