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Autore: Ambaraba    12/07/2016    2 recensioni
Cosa accadrebbe se i personaggi che ben conosciamo si muovessero in un mondo in cui non ci sono creature a cui dare la caccia, ma ugualmente pericolose? E se gli angeli fossero robot? E se i fratelli Winchester fossero i capi di un manipolo di esseri umani che lottano per la libertà e Metatron fosse l'artefice di una dittatura in un mondo futuristico?
E se qualcuno, caduto dal cielo per sbaglio, venisse a salvarli?
(Piccola rivisitazione fantascientifica sulla nona stagione.)
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gadreel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
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cap 14 - metatron e crowley, gadreel tortura

    «Dov'è. La base. Dei ribelli.»
Taddeus gli ha ripetuto la domanda così tante volte, ormai, che la frase non ha più nemmeno il punto interrogativo alla fine.
    Gadreel sbatte le palpebre, mettendo a fuoco la propria immagine - riflessa sul metallo lucido di una plafoniera da sala operatoria, appesa sopra di lui, che gli spara una luce forte direttamente in faccia. È quasi l'unica cosa che riesce a fare, così immobilizzato su quella specie di lettino su cui si è svegliato. Non ha idea di quanto tempo sia trascorso. Sa solo che il suo incubo peggiore si è avverato. E ora l'androide che lo ha assalito – e che ha avuto la perversa cortesia di presentarsi, non appena si è accorto che il suo ostaggio era tornato in sé – gli cammina lentamente attorno, come per valutare da che parte cominciare.
    «Non saprai nulla da me.»
Gadreel lo dice perché ne è convinto, anche se ha paura.

    Quando Taddeus gli ha puntato la pistola sotto la gola e ha fatto fuoco, l'androide ha davvero sperato che fosse tutto finito - per non ritrovarsi così, per non dover passare attraverso chissà quali atroci quanto inutili sofferenze. Inutili, già... Perché c'è soltanto una cosa di cui Gadreel è pienamente sicuro, e questa cosa è che
non parlerà. Non lo farà. Non è un traditore.
    Nonostante questo, però, la paura rimane. Ed è una reazione assolutamente plausibile, vista la situazione. Ha pensato che sarebbe morto, e invece quel colpo lo ha soltanto stordito. E ora si ritrova immobilizzato e inerme, a completa disposizione di un androide psicopatico. Di tutti gli scenari che potevano verificarsi, questo è il peggiore.
    Taddeus sbuffa appena, e i ridicoli capelli troppo chiari gli ondeggiano sulla fronte. «Uh, abbiamo un eroe...», commenta sarcastico, continuando a girargli attorno – come uno squalo.   
    Gadreel può soltanto intuire dove sia, bloccato com'è su quella lettiga così scomoda. Una cinghia gli corre attraverso la fronte, tenendogli la testa schiacciata contro lo schienale; e simili legacci gli bloccano il torace e gli stringono forte i polsi e le caviglie, limitandone i movimenti. Ha provato a strattonare per liberarsi, appena sveglio, ma è stato tutto inutile...
    «Be', non ho bisogno del tuo permesso,» continua il servitore di Metatron. Poi si china su di lui, passa le dita tra i suoi corti capelli castani e stringe, facendogli uscire un gemito di dolore. «Se non parli da solo, mi infilerò in questa bella testolina e prenderò comunque tutto quello che mi serve. Ora te lo sto chiedendo gentilmente perché in fondo sono generoso, e voglio darti una possibilità. Se parli adesso, dopo sarò piu buono con te... Forse.»
    A Gadreel non piace la vicinanza con quel robot. Non gli piace il suo ghigno cattivo, non gli piace il modo in cui lo guarda – come se si stesse chiedendo quanto durerà, prima di cedere. Cerca di voltarsi per non stare faccia a faccia con lui, ma riesce a spostarsi soltanto di pochi millimetri.
    «No.» La risposta è decisa e secca - ma gli esce con un tono, forse, un po' troppo emotivo. Gadreel sta cercando di mostrarsi impassibile e risoluto, ma è agitatissimo e non riesce ad avere controllo sul lieve tremolio nella propria voce... Non riesce a nascondere l'angoscia.
    Taddeus lascia andare la presa, con aria annoiata.
    «Come non detto,» dice, stringendosi nelle spalle e ricominciando il proprio lento, inesorabile, insopportabile giro. «Sai, un po' quasi mi dispiace... Si vede che hai paura, eppure ti ostini a non parlare... È molto nobile, devo riconoscertelo. Ma se fossi in te, mi farei una domanda...» I passi di Taddeus si fermano da qualche parte alla sua sinistra, ma Gadreel non riesce a scorgerlo – il nervo ottico, da quella parte, è ancora danneggiato. «... Ne vale la pena?»

    Il protitipo fissa il proprio riflesso, tra le luci accecanti. È l'unica immagine a cui può aggrapparsi, anche se lo confonde un po' – è strano, guardarsi così, come se si vedesse da fuori... Dall'alto.
«Io non tradirò quelle persone,» dice, con orgoglio. Questa volta, riesce a parlare più freddamente. Forse, si sta rassegnando all'idea che morirà così... O forse, per quanto gli sarà possibile, ha deciso che può ancora combattere.
    «Andiamo, Gadreel! A loro non importa niente di te.» Taddeus sbotta, agitando teatralmente le braccia. «Vedi qualcuno di loro qui, a salvarti? No. E sai perché?» Di nuovo, il secondino si allunga sul robot che ha catturato, cercando di leggere anche solo una minima traccia di esitazione nei suoi occhi. «Te lo dico io: perché a nessuno importa nulla dell'ultimo arrivato. Nessuno si mobiliterà per venire a recuperarti. Tu sei soltanto...» Gadreel chiude gli occhi e si sforza di voltarsi ancora un po' di lato, pur di non vederlo. Ma le dita di Taddeus spingono sotto il suo mento, lo obbligano a restare in posizione. «... La loro stupida, patetica, inutile ruota di scorta. Uno zero.» È velenoso, Taddeus. Gli piace infettare le menti col germe del dubbio, prima di passare a torturare i corpi.
    «Non è vero!», si affretta a ribattere Gadreel, con più energia di quanta credesse di avere. Le parole di Taddeus sono false, e lo sa, ma... Allora perché si sente così punto sul vivo? «Non puoi parlare così... Tu non li conosci!» Non importa, pensa il prototipo, cercando di aggrapparsi come può alle proprie convinzioni. Non importa se nessuno verrà a salvarlo. È giusto così. Lui è un guardiano e il suo compito è provvedere al bene degli altri, non al proprio.
Ma Taddeus insiste, e il suo tono è sempre più crudele.
    «Oh, sì che li conosco. E ti dirò un'altra cosa: per gli umani, noi siamo soltanto giocattoli.»
    «Non è così...» Non mi importa niente di te. Le parole di Sam riaffiorano nella mente di Gadreel, ma il robot le lascia affondare in un angolo, per la propria sopravvivenza. Altre risuonano, invece, con maggior forza e chiarezza... E l'eco della voce che le ha pronunciate porta il timbro di Chuck. «Gli umani sono quanto di più sorprendente sia mai stato creato. E noi robot siamo i loro custodi.» Sì, se lo ricorda bene, quel giorno... Il giorno in cui ha giurato di servire l'umanità. È stato il più bello della sua vita...
    «Dai, ancora con quel patetico codice?» Taddeus lo guarda come avesse davanti un bambino scemo fissato con un gioco senza senso. «Come hai detto, prima...? Ah, già: siamo creature della compassione, e non dell'odio,» recita l'aguzzino, in tono solenne, scimmiottando malamente le parole che Gadreel gli ha rivolto, durante la colluttazione avvenuta sulla collina. E poi sorride, cattivo, come un gatto che abbia chiuso il topo in trappola: «Ti assicuro che non la penserai più così, quando sarai diventato uno di noi.»
    «Non voglio!» Gadreel si agita, in un moto di collera e di ribellione. Vorrebbe strappare via quelle cinghie, strappare via quel ghigno dalla faccia che ha davanti, ma non può. Per quanto tiri e strattoni, non riesce a muoversi di un solo centimetro – e non può fare a meno di vergognarsi della propria debolezza, e per aver dato motivo a Taddeus di godere della sua ulteriore dimostrazione di vulnerabilità. «Non servirò mai il tuo padrone!», urla, in un impeto di rabbia.
    «Sì che lo farai,» ribatte Taddeus calmo, con i lineamenti improvvisamente spogli di qualsiasi falsa cordialità. «E sarai il più fedele, e umile... Il più leale e obbediente di tutti. E sparerai su quelli che oggi consideri tuoi amici.» Questo, più di ogni altra cosa, sarà ciò che farà soffrire quell'androide così puro e testardo che continua a opporsi ad un destino inevitabile, pensa il carnefice, compiaciuto. La consapevolezza che diventerà solo un misero strumento... Che perderà qualunque moralità, la capacità di discernere il bene dal male.
    Ed è vero: a Gadreel questo fa male, malissimo.

    «No...» No, non può accettare che accada. Non può-- Ma come può impedire qualcosa su cui non ha il minimo controllo?, si chiede il robot. E, per la prima volta in vita sua, conosce il dolore e la frustrazione di dover assistere a un'ingiustizia senza poter fare nulla per evitarla... E brucia da morire. È una spina nel cuore, una lama che lacera ogni speranza di futuro. Non ci sarà alcun futuro, per lui. Diventerà un assassino. Andrà contro ciò in cui crede, farà violenza a sé stesso. Non sarà più un custode.
Non è giusto...
    Piuttosto che piegarsi ad una simile sorte, Gadreel prega silenziosamente di morire subito. È l'unica via di fuga, senz'altro la più dignitosa, pensa. Meglio spegnersi e disattivarsi per sempre, che trasformarsi in un mostro...
    «Collabora, Gadreel. Risparmiati del dolore inutile... Tanto è così che andrà, non puoi farci nulla. Puoi soltanto rendere tutto più veloce...» Taddeus legge i sentimenti sul volto del robot e si sorprende di quanto sia facile intuire la guerra che sta avvenendo nella sua testa. Gadreel è molto umano, sotto questo punto di vista: un essere imbottito di impulsi che non sa nemmeno gestire. «Te lo chiedo di nuovo: dov'è la base dei ribelli?», insiste.
    Ma Gadreel è diventato freddo come il marmo. Si sente in trappola, condannato, chiuso in vicolo cieco. E lui, come certi animali, quando si sente braccato diventa... Rabbioso, e imprevedibile.
    «
Non. Saprai. Niente. Da. Me.» Non c'è più alcuna traccia di dolcezza, sul suo volto. Gadreel scandisce ogni parola con tutto il disprezzo possibile. I suoi occhi grigioverdi sono diventati più chiari, ma più foschi – due pezzi di ghiaccio, sporco e radioattivo. E trema, dalla testa ai piedi – per la paura e la mortificazione, per la rabbia, per la bruciante sensazione di essere impotente, per il rammarico di non aver avuto nemmeno il tempo necessario di fare ciò per cui è stato creato... E per l'umiliazione di non aver potuto tener fede alle sue promesse. Per le persone che non potrà proteggere, per tutto quello che non potrà vedere... E per sé stesso, per la propria sfortuna - perché, tra tutti i finali possibili, sembra che gli sia toccato il più amaro di tutti.
    Taddeus resta in silenzio per un istante. Lo studia, sorpreso e incuriosito dal suo improvviso cambiamento.
    «Sei più stupido di quanto pensassi,» borbotta infine, scuotendo la testa. «Guardati... Stai tremando.» Già, sta tremando come una foglia. Quando se ne accorge, Gadreel stringe i pugni, cercando di calmarsi. Taddeus sospira. «Be', se le cose stanno così... Mi vedrò costretto a violare il tuo sistema. Ma prima mi divertirò un po'.»
    Gadreel chiude gli occhi, preparandosi a ciò che lo attende. Saranno i momenti peggiori della sua vita, lo sa. Saranno lunghissimi, interminabili. Sembrerà che non passino mai... E quando le sofferenze saranno lancinanti, gli sembrerà addirittura che il tempo si sia fermato. Ma non è vero e non deve dimenticarselo, quando farà tutto troppo male.
Si tratta soltanto di avere pazienza e sopportare, in fondo. Ma p
rima o poi-- Prima o poi, tutto avrà una fine. Smetterà di soffrire quando termineranno le sevizie... O quando non sarà più in grado di sopportarle.
    Il pensiero è infinitamente triste, ma allo stesso tempo confortante.
    «Sai, con gli umani è meno coinvolgente,» esordisce Taddeus, sparendo dal suo campo visivo. Gadreel non si affanna a cercarlo. Non gliene importa più nulla. Non gli importa più di niente, ormai. «Sono deboli, si rompono facilmente... Durano poco, insomma. Ma con i robot posso lavorare su molti aspetti. Sai, ho sviluppato una vista speciale... La prima cosa che vedo di qualcuno sono i suoi punti deboli, e tu... Ne hai davvero parecchi.»
    Qualcosa si infila dietro la sua testa, sottopelle, e fa male. Gadreel si lascia scappare un gemito, pentendosene subito dopo.
    «Come puoi fare del male alle creature che devi proteggere?», chiede. «Come puoi fare del male ai tuoi simili..? Noi non siamo nati per questo...» Gadreel sa che, forse, a questo punto dovrebbe tacere e mettersi l'anima in pace, ma proprio non ci riesce. Se deve finire così, vuole almeno sapere perché.
    I cavi che Taddeus ha collegato alla sua centralina appartengono ad uno schermo quadrato che il servo di Metatron tiene agilmente tra le mani. Chissà quante altre volte lo ha fatto... Chissà quanti altri androidi ha fatto soffrire su quello stesso lettino, prima di lui.

    «Tu no, forse... Ma io sì. Sono stato assemblato per fare del male. Sono più veloce, più forte degli altri robot... Ma questo hai potuto constatarlo di persona,» spiega il secondino, sfiorandogli col pollice il taglio sullo zigomo destro – ricordo dello scontro che hanno avuto, poche ore prima. «Ma sai qual è la cosa migliore, in tutto questo? È che io provo un immenso piacere nel fare quello che faccio. Più lo faccio, e piu mi sento...
Bene.» Sul volto del cattivo si forma un sorriso liberatorio.
Su quello di Gadreel, un'espressione di disgusto.
    «È orribile...»
    «È fantastico. E non vedo l'ora di sentirti urlare, sai? Niente di personale, ovviamente.» Taddeus digita qualcosa sullo schermo, e Gadreel avverte un fastidioso formicolio spandersi nella colonna vertebrale. Il servo di Metatron continua a girargli attorno, come non ha mai smesso di fare fin dall'inizio. Gadreel è teso, tesissimo. Il sistema lo avverte che qualcuno sta forzando la scheda delle sue informazioni di base.
    «Sai, Gadreel, forse ci sono delle cose che non sai, sui robot. L'idea di renderli fisicamente simili agli esseri umani, ad esempio, per sviluppare il senso di empatia e rendere più facile l'integrazione con loro, ha dei pro e dei contro. I pro sono che, ovviamente, in questo modo noi robot condividiamo con loro una vasta gamma di sensazioni e questo ci permette di poter comunicare senza problemi e scambiarci quel tipo di informazioni – visive, olfattive, uditive, tattili e persino gustative, anche se non abbiamo bisogno di mangiare – che le maledette scimmie sperimentano normalmente. Ma...»
    Il formicolio è diventato una specie di corrente elettrica a bassa frequenza che tormenta il robot dalla testa ai piedi, gli fa venire voglia di agitarsi. Istintivamente, per scaricare parte del nervosismo e per prepararsi al peggio, Gadreel stringe le mani attorno ai bordi del lettino.
Taddeus continua il suo delirante monologo.

    «... Mentre per un umano quei valori sono standard e non si possono alterare dall'esterno, in un robot si possono modificare. E prendiamo una percezione a caso, adesso...» Bip. Bip. Due tocchi sullo schermo, e davanti a Taddeus si apre la mappa dei parametri vitali del suo prigioniero. Può fargli qualunque cosa, ora. «Prendiamo i parametri del tatto. Poter innalzare o abbassare quel valore permette di aumentare o diminuire la sensibilità di un androide. In altre parole...» Il cattivo ghigna, gustandosi una pausa studiata. «... La sua soglia del dolore.»
    La scarica arriva inaspettata e violenta, e Gadreel si tende di scatto sul lettino soffocando a stento un grido di dolore. Dietro le palpebre compaiono piccoli puntini rossi e viola, mentre le sue vene sembrano riempirsi di fuoco e lava. Non dura molto, fortunatamente. Quando Taddeus blocca la scarica, Gadreel si abbandona sulla lettiga come un burattino con i fili rotti, cercando di recuperare il controllo.
    «Più cinquecento. Fa già male, eh?» Il carceriere lo schernisce. Ha annusato l'odore della paura e della sofferenza, e ora ne è ancora più affamato. Questo è soltanto l'inizio. Un antipasto, per così dire. «Andiamo, non essere timido. Fammi sentire come urli...»
    Gadreel sente caldo, tanto caldo. Le nocche delle sue mani sono sbiancate. Non riesce più a sentire le gambe e le braccia, e il suo sistema comincia a segnalargli il pericolo di surriscaldamento. È perduto, ora che Taddeus è riuscito a infilarsi così a fondo e a manipolare parti di lui così interne e delicate. È peggio che essere nudi: è come-- Non ci sono parole per descriverlo. Questa è la violenza peggiore che si possa infliggere ad una creatura come lui. «Perché-- Fai questo...?», smozzica il robot, ignorando l'improvvisa sensazione che un martello pneumatico gli stia schiacciando la testa. Tutto gira, in modo nauseante.
    «Non sai dire altro?» Taddeus lo guarda di sbieco, con aria seccata. Poi muove di nuovo le dita sullo schermo, curandosi di comunicare alla sua vittima il valore che ha appena inserito: «Settecento.»
    Per quanto Gadreel si prepari, il dolore riesce comunque a sopraffarlo. La seconda scarica è più intensa e devastante della prima, e stavolta l'androide non riesce ad evitare di urlare più forte che può, fino a non avere più voce, mentre la vista gli si appanna e i suoi pensieri si addensano di errori - rallentano, vanno in crash. La corrente elettrica schiocca nel suo sistema e nel suo corpo, reso ipersensibile e irrimediabilmente vulnerabile.
    Le urla e la confusione, prevedibilmente, attirano curiosi; una porta si spalanca di colpo, sul fondo della stanza, e Taddeus interrompe la scarica e si volta per vedere chi abbia avuto il coraggio di disturbarlo durante uno dei suoi giochi preferiti.
    «Taddeus!» Bartolomeo, un suo degno collega di torture, fa il suo ingresso con un completo elegante e un'aria di rimprovero. «Vacci piano, con quello. Il capo ha detto che dev'essere riprogrammato...», lo informa, serio.
    Taddeus agita una mano con aria seccata, come per scacciare via una stupida mosca.
    «Non rompere, non l'ho mica rotto! Voglio solo giocare ancora un po'...», si giustifica, voltandosi e riprendendo a inserire valori sullo schermo come se niente fosse.
Nella nebbia confusa in cui sono sprofondati i suoi pensieri, Gadreel si augura che tutto questo finisca presto.
    «Taddeus. Le informazioni,» gli intima ancora Bartolomeo, avvicinandosi per ottenere la sua attenzione. Lancia un'occhiata distratta al robot steso sul lettino – ne ha visti così tanti, nelle sue condizioni. Questo sembra mezzo morto, e - Bartolomeo ne è sicuro, - non reggerà ancora per molto. «Prendi le informazioni, prima che fonda.», ordina infatti.
    «E va bene, noioso!» Taddeus cambia rapidamente schermata, per infilarsi nella mente dell'androide. Di solito non ci vuole molto. «Ma...» L'espressione del torturatore cambia rapidamente, si fa perplessa e accigliata. «... Che razza di codice ha? Non riesco a entrare!» Con gesti resi sgraziati dal disappunto, il cattivo prova e riprova, per qualche minuto buono. Ma niente, non c'è verso.
    Gadreel se ne sta disteso senza più muoversi. Le due scariche sono bastate per annientarlo, e ha a malapena la cognizione di sé stesso, ormai. Si rende conto che sta accadendo qualcosa, attorno a lui, ma non ha né forza né lucidità a sufficienza per interessarsene.
    «Che nervi...!», sbotta Taddeus, tirando un calcio alla lettiga.
    Bartolomeo si affianca al suo compare, leggendo le anomalie che si addensano sullo schermo. Ci sono parti di codice che non ha mai visto prima, in effetti. «Aumenta la carica... Ma solo un altro po'. Quando sarà abbastanza debole, non potrà più opporsi... E sarà più facile violare il suo sistema,» suggerisce, senza alcuna traccia di compassione.
Taddeus gli rivolge uno sguardo obliquo e inferocito:
    «... E cosa pensi che stessi facendo, prima che tu mi interrompessi?» Poi digita di nuovo sul suo schermo: «Mille.»
    Se le prime due sono state tremende, questa... Questa è decisamente troppo. Gadreel resta rigido e semi-incosciente, e non smette di tremare neanche quando la scarica finisce. L'elettricità residua lo fa sobbalzare, come se avesse le convulsioni.
    «Allora?», chiede Bartolomeo.
    «Ancora niente.»
    «Ma non è possibile...!»
    «E invece a quanto pare sì!» Taddeus sbotta, contrariato per l'anomalia che non riesce a comprendere. E poi si china sul robot inerme, lo strattona e lo colpisce più volte sul viso, per tirarlo fuori da quello stato di dormiveglia in cui sembra sprofondato. Le palpebre dell'androide tremano, sugli occhi socchiusi. «Te lo dico per l'ultima volta! Ti conviene parlare subito, Gadreel... O stavolta farà davvero, davvero male.» Glielo ringhia in faccia, con tutta la furia di cui è capace.
    Gadreel galleggia in una bolla in cui tutto giunge lontano, attutito... Inoffensivo, come in un sogno.

    «N-no...» Non sa nemmeno lui dove abbia trovato la forza di collegare pensieri e voce per dire quella parola. Ma è tutta lì, la sua missione. Ribellarsi a qualcosa di sbagliato. Insistere per difendere ciò in cui crede.
    Sacrificarsi, per un bene più grande.

    «Come vuoi.» La faccia di Taddeus è una maschera gelata. È la prima volta che qualcuno si ostina a resistergli fino a quel punto. E, se non potrà ottenere quelle informazioni, allora sarà anche l'ultima, pensa. «Milleduecento.»
    «Taddeus, è quasi il limite, rischi di--» Bartolomeo cerca di fermarlo, consapevole dei rischi, ma Taddeus ha già premuto il bottone.
    «Zitto!»
    La scarica lo investe. Qualcosa in Gadreel si spezza e si rompe, lo sgancia dalla realtà. Scivolare in fondo alla bolla è facile – la strada è tutta in discesa. E quello stato di inconsapevolezza automatica promette pace, serenità, assenza di dolore... Quindi, perché no? Perché non abbandonarsi e lasciarsi trascinare giù, giù, tra le braccia di quel sonno confortevole? Ha fatto il suo dovere... Ha sofferto con onore. Ora può dormire il sonno del giusto... Quello del martire.
    Il robot sussulta senza sosta, batte i denti come se facesse infinitamente freddo. Una soluzione salina gli scivola dagli occhi socchiusi, e i suoi due aguzzini aggrottano le sopracciglia in contemporanea, di fronte ad un fenomeno a cui non hanno mai assistito prima.

    «E adesso che succede?», chiede Bartolomeo, allungando una mano per toccare le piccole gocce rotonde, che continuano a scendere. «Cos'è questa roba?»
    Nonostante sia riuscito a spezzarlo, Taddeus è ancora arrabbiato per non essere riuscito ad ottenere ciò che voleva. «Non lo so e non me ne frega niente... Questo idiota non si è aperto, dannazione!» Colpisce con un pugno il petto dell'androide, inutilmente. «Parla! Parla, avanti! Dimmi immediatamente tutto quello che sai o giuro che--»
    «Zir... Noco... Ied... Gadreel...» Le parole escono roche, lente, come un automatismo. Escono senza che Gadreel possa controllarle – senza persino che se ne accorga. La parte cosciente del suo cervello non è più in funzione. «Zir... Noco... Ied... Gadreel»
    «Che diavolo sta dicendo?» Taddeus non ci sta capendo più nulla. Nessun robot ha mai reagito così, prima...
    «Sta ripetendo le stringhe del suo codice,» risponde Bartolomeo, chino con le mani sulle ginocchia per esaminare l'androide con distaccata curiosità. «Mi sa che gli hai bruciato il cervello. Metatron non ne sarà contento...»
    «Non se nessuno glielo dirà.» La minaccia nel tono di Taddeus è fin troppo chiara. «Senti, io lo riprogrammo lo stesso. Poi se si riprende, bene, sennò gli diciamo che non ha retto alla riprogrammazione.»
    «Come ti pare...» Bartolomeo si stringe nelle spalle. Non che gliene importi qualcosa...
    «
Zir noco ied Gadreel...»
L'androide ha gli occhi appena appena aperti. Non si muove più, e le sue parole si fanno sempre più flebili.
    «Sì, sì, ho capito...» Taddeus si allontana per prendere un altro strumento. È una specie di corta siringa metallica, con cui inietta un virus nella centralina del robot inserendogli l'ago nel collo. «Peccato, avrei voluto spingerti ancora un po' oltre...», confessa, mentre sullo schermo appare la percentuale di completamento dell'operazione.
    Il virus è stato sviluppato per diffondersi nel sistema degli androidi, proprio come fanno le malattie con gli esseri umani. Distrugge le informazioni pregresse e le riscrive, sostituendole in modo sistematico con quelle volute da Metatron... Obbedienza, fedeltà assoluta e spietatezza.
    Quando ha finito, Taddeus ripone lo strumento. «Mettilo con gli altri. Quando si sveglierà, valuteremo i danni...», ordina, voltandosi, senza più alcun interesse per il giochetto che non funziona più.

    «Va bene.» Bartolomeo si avvicina e, freddamente, slaccia una per una le cinghie, liberando il corpo dell'androide ormai inerme. Gli passa le braccia attorno al petto e lo solleva con facilità - è come prendere in braccio un manichino, pensa, - e lo trasloca su una sedia a rotelle cigola cigola cigola, cigola terribilmente e senza sosta, mentre attraversano il lungo corridoio.   
    Il cigolio è fortissimo, ma Gadreel non sente nulla.

  
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