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Autore: Sanae77    13/07/2016    7 recensioni
Tutto segue le regole: Sanae e Tsubasa felicemente sposati.
Una vita tranquilla.
Una nuova avventura lavorativa.
Vecchi conti rimasti in sospeso.
Un tarlo che s'insinua nella testa...
Che cosa può accadere se un 'SE' resta in sospeso?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Capitolo 05
 
Perché la scelta dei genitori di Genzo così uniti con il figlio?
Allora...
Primo: per uscire un po’ fuori dai soli schemi che ‘sti pori genitori siano dei bastardi…
Secondo: Genzo significa terzo figlio quindi deduco che possa essere stato pure coccolato e un po' viziato dai fratelli.
Terzo: a differenza di altri personagi nel manga Genzo interagisce con i suoi genitori... vedi la telefonata per andare in Germania. Altri personaggi sembrano proprio orfani in quanto le famiglie non compaiono affatto. Insomma, forse, Genzo non è così 'orfano' come spesso viene figurato.
Quarto: questa immagine potrebbe spiegare molte cose…

 

forse non è proprio vero che non tengano al figlio.
Buona lettura
Sanae77

 
 
… cena genitori Wakabayashi
 
 
Guardo i miei genitori discorrere con Sanae come se si conoscessero da decenni.
Mia madre poi… non ho davvero parole, sembrano complici.
“Sanae devi vedere com’era carino da piccolo, guarda guarda” la invita mostrandole le foto di quando ero poco più che poppante.
“Mamma per favore…” la voce rasenta la supplica sono in estremo imbarazzo.
Mi avvicino alle loro spalle e sento sghignazzare la manager.
E adesso capisco pure il perché.
Gli sta facendo vedere le foto di quando faccio il bagnetto, avrò più o meno tre-quattro anni.
Mi passo una mano su tutto il volto… che figura di merda!
“Anego, quanto vuoi per stare zitta?” tenterò la corruzione non ho altra scelta.
“Genzo queste non hanno prezzo, non quando lo racconterò a Ryo stanne certo.”
Le due donne esplodono in una risata e io so di essere fottuto.
Chi cazzo me lo ha fatto fare di portarla a cena dai miei?
Porca miseria mi sono sempre ripetuto di non portare ragazze da mia madre, perché tanto lo sapevo che la fine sarebbe stata questa.
“Vieni, lasciamole sole” dice mio padre da dietro indicandomi con la testa la porta dello studio.
È il momento di due chiacchiere tra uomini.
Entriamo e come la solito lo vedo avvicinarsi al bar.
Prende il suo liquore preferito e come sempre ne offre anche a me.
Tutte le volte ci prova, ma io non amo questi alcolici, in realtà non amo proprio i liquidi ad alta gradazione, ma papà tutte le volte tenta, credo sia più per cercare compagnia, che per bere.
“Carina Sanae, sembra proprio una brava ragazza. È tanto che state insieme?”
Che cavolo dice?
“Papà che vai pensando! Non è la mia ragazza, è la moglie del Capitano, di Tsubasa Ozora.”
“Beh, peccato, ha buon gusto il tuo amico, quella è una donna, non quelle ragazzette che ti girano sempre intorno, tutte ossa per giunta poi…”
Incasso le spalle perché so che cosa intende. Alla fine, io, non ho mai pensato a una storia seria.
“Clare è la mia ragazza adesso” la butto lì, ma in realtà non so neppure io il perché, quasi sembra una giustificazione.
“Ah, sì, l’ho vista su qualche rivista, è tanto che state insieme? Credevo vi foste già lasciati? Sei sempre così riservato Genzo sulla tua vita sentimentale, non puoi capire la gioia di tua madre quando ha saputo che portavi a cena Sanae stasera. Sai che spinge per vederti sistemato no?”
“Lo so, me lo ripetere tutte le volte che vengo a cena. Con Clare è un anno che stiamo insieme.”
“Bene allora ce la presenti?”
“No, per ora va bene così.”
Si avvicina e posa una mano sulla spalla.
“Non è ancora quella giusta vero?”
Nego con la testa, perché, di fatto, quella giusta forse io non l’ho ancora trovata.
“Magari è più vicina di quello che credi, solo che non vuoi vederla.”
Inarco un sopracciglio perplesso, mica si riferirà ancora a Sanae? È sposata che diamine.
Ancora risate provengono dalla sala.
“Ma che stanno combinando?” domando a mio padre sempre più preoccupato.
“Temo che tua madre abbia attaccato con i filmati, immagino che le foto siano finite.”
“Dei salvatemi” dico prima di precipitarmi alla porta e irrompere in sala.
E quello che vedo mi dà la prova di quanto io sia fottuto.
Sanae sta letteralmente piangendo dalle risate, che diamine gli sta facendo vedere?
Arrivo di volata vicino a loro e vedo…
Vedo anche troppo.
Non posso credere che mia madre le stia mostrando la gita in campeggio.
Per l’esattezza la disastrosa gita in campeggio.
Mi ero fissato di montare la tenda da solo, pessima idea!
Perché nella notte era crollato tutto e noi fratelli eravamo rimasti intrappolati sotto.
I nostri genitori a testimonianza dell’accaduto ci hanno ripreso con la telecamera fintanto che non siamo riusciti a liberarci.
Ed è questo che stanno guardando, noi intenti a lottare per uscire dalla tenda.
Avrò circa otto-nove anni e ne esco tutto infuriato in mutande e maglietta.
Sanae sta letteralmente piangendo.
“Anego, piantala di sfottere.”
“Gi-giuro che non ho mai riso tanto in vita mia Genzo, te lo giuro!” ribatte e insiste.
“Mamma per favore almeno tu?” tento la strada della compassione, ma niente mia madre si volta con occhi a cuoricino e risponde: “Ma amore eri così carino tutto arrabbiato!”
“Sì, sì è vero S.G.G.K. eri così caruccio con le guanciotte paffute e gonfie di rabbia”
Afferro il telecomando dalle mani di mia madre e spengo la tv.
Adesso basta.
“Non è bello che ridiate così senza contegno voi due?” le ammonisco.
Sanae si alza e para di fronte a me.
“Forza non fare il timido voglio continuare a vedere il filmato.”
“Ma neppure per idea, scordatelo.”
Sollevo un braccio in aria per impedirle di prendere l’oggetto del suo desiderio.
Praticamente mi sta scalando per raggiungere la meta.
Non ce la farà mai, sono molto più alto di lei.
La guardo mentre sbuffa e suda sette camice per raggiungere il suo obiettivo.
Poi non capisco e scivolando mi trovo sdraiato sul divano con lei spalmata sopra.
“Preso!” esclama divertita per essere riuscita a strapparmi il telecomando dalle mani.
Lo passa a mia madre e con tono complice esclama: “Lo nasconda, lo tengo a bada io!”
Mia madre lo prende divertita e che fa? Scappa in cucina dopo aver dato il via al video.
Afferro Sanae per i fianchi e la sollevo letteralmente, dopo la sposto di lato e l’adagio sui cuscini.
Sta ridendo come una bimba, è davvero bella quando le sue labbra si piegano all’insù.
I nostri sguardi s’incatenano per un attimo mentre con una mano le ho bloccato i polsi al petto.
Con un ginocchio ho intrappolato le gambe.
Non può certo farcela contro di me.
“Siete due vipere messe insieme.”
Sbuffa un sorriso.
“E tu sei un permaloso burbero, lasciami che voglio vedere il video.”
“Ma neppure per idea!”
“Tanto il telecomando lo ha tua madre.”
“Ora vado a sistemare anche lei non temere.”
Rispondo lasciandola e dirigendomi dov’è scomparsa mia madre: la cucina!
Quindi a grandi falcate raggiungo la mamma, con la coda dell’occhio vedo anche mio padre divertirsi come un matto da questo siparietto improvvisato.
Ma che diavolo sta succedendo in questa famiglia? Non avevamo mai fatto una cena così.
Per l’esattezza non avevo mai portato una donna a cena.
Per di più ho portato Anego a cena, perché quella seduta di là non ha nulla della composta Sanae che sono andato ad accogliere all’aeroporto.
Ma che sta succedendo?
 
Mia madre al di là dell’isola mi guarda divertita.
“Dai mamma piantala, non metterti anche tu a fare la bambina” la supplico.
Lascia il telecomando alle sue spalle e arrivando di corsa mi prende per le spalle.
A un soffio dal viso mi mormora: “Oddio Genzo è così carina Sanae, sarebbe perfetta per te!”
Mi passo una mano su tutto il volto.
“Ma che diavolo avete tutti stasera, è sposata, è la moglie del Capitano!” dichiaro esasperato.
“Uh, dettagli, Capitano che non c’è! Beh, sai che ti dico, non doveva lasciarla così tanto tempo da sola con un bel ragazzo come te poi…”
Sgrano gli occhi: ha bevuto, non c’è altra spiegazione.
“Mamma è una donna sposata per Dio! Con il mio migliore amico per giunta!” insisto.
Agita le mani di fronte al mio volto.
“È che siete così affiatati, così carini, non ti avevo mai visto così in sintonia con una donna Genzo!”
“Mamma… non mi avevi mai visto con una donna in generale finora” preciso. Perché non ho mai portato una donna dai miei genitori, perché hanno avuto notizie soltanto attraverso i giornali.
“Appunto per questo, stasera che hai portato lei… beh, è perfetta!”
Sollevo gli occhi al cielo.
“Ti ricordo che l’ho portata soltanto perché è ospite a casa mia, uno.
Non volevo lasciarla sola, due.
Pensavo ti facesse piacere parlare con una tua connazionale, tre.
Quindi qualsiasi idea malsana ti stia venendo in mente, beh! Fattela passare!” le ordino.
“Uff, più invecchi, più diventi scorbutico. Alla fine nessuna ti vorrà più. E io? Quando pensi di farmi diventare nonna: è? A novant’anni? Quando non potrò più giocare con i miei nipotini?”
I miei occhi si allargano ancora di più.
“Mamma per carità… chi ti ha detto che vorrò mai sposarmi.”
“Ricorda Genzo, il calcio finirà, è inevitabile, la gioventù passerà e a te non resterà niente. Mentre con una famiglia avrai ancora degli obiettivi di fronte a te, pensaci!”
Detto questo si solleva sulle punte mi avvolge in un caldo abbraccio e deposita un leggero bacio sulla mia guancia.
“Sei un bravo ragazzo amore, trovati una donna vera! Non quelle finte che hai frequentato finora, e vedrai che la tua vita migliorerà.”
Scioglie l’abbraccio e torna verso la sala.
Resto un attimo stordito dalle parole di mia madre.
Aggiro l’isola e prendo il telecomando, dopotutto ero venuto per questo no?
Torno in sala e guardo le due donne sedute sul divano, difficile che mia madre dica così di una ragazza. Anego deve proprio averla colpita.
Mi siedo e rido con loro, dopotutto la scena del campeggio era davvero esilarante. Papà al mio fianco annuisce soddisfatto.
Sembrerebbe tutto così perfetto se… se Anego non fosse sposata con il mio migliore amico.
 
***
 
Sulla soglia di casa Genzo mi aiuta a indossare il cappotto.
Sua madre mi abbraccia un’ultima volta prima di salutarci.
“Torna presto, stasera è stata una serata magnifica.”
“Grazie mille signora, ma non ho fatto nulla.”
“Oh, hai fatto molto, non avevo mai visto mio marito ridere così… è sempre così serio” dice picchiettando un fianco del consorte con il gomito.
“Mamma, allora ci vediamo tra due settimane.”
“Come tra due? Non vieni lunedì prossimo?”
“No, il prossimo non posso ho un ritiro.”
“Che peccato, mi raccomando però porta anche Sanae la prossima volta.”
“Non temere, resterà per molti mesi, avrete ancora svariate occasioni di parlare.”
“Bene, sono proprio contenta! Ehi, prenditi cura del mio bambino” dice poi rivolta a me salutandomi con la manina.
“Mamma ho venticinque anni, cavolo, non trattarmi come un poppante!”
“Non tema signora mi assicurerò che si pulisca bene le orecchie.”
Esplodiamo in una risata. Suo padre scuote la testa arreso e Genzo di conseguenza.
Dopo questi video si è giocato ogni reputazione.
“Andiamo!” dice prendendomi per un braccio e portando via da lì.
“Ho sempre sospettato che tu fossi permaloso.”
Saliamo in auto e dopo parla: “Sanae, non sono permaloso, ma stasera mi avete massacrato tu e mia madre.”
“Genzo non credevo ai miei occhi quando ho visto tutti quei video, hai dei ricordi magnifici con la tua famiglia.”
“Già, questo è vero, ma… sono privati, dai… ti ha mostrato le foto nude di quando ero piccolo, che vergogna.”
“Eri solo un bambino che c’è di male! Non farla lunga.”
“Vorrei vedere te al mio posto.”
Rifletto.
“Effettivamente… però eri troppo carino da piccolo.”
“Ah, grazie tante eh! Perché ora no?”
“Beh, ora sei anche meglio…” le parole sfumano in un tono di voce che quasi scompare, mentre sento salire il rossore sulle gote.
Cala un improvviso silenzio, mi volto verso il finestrino restando in contemplazione del paesaggio che scorre sotto i miei occhi.
Attendo che le guance tornino di un colore meno vistoso.
Spero che non si sia accorto di nulla, siamo in penombra per fortuna, ma la frase di certo non può che averla sentita.
Sospiro.
Dove andremo a finire con questa storia?
 
 
… trenta giorni dopo
 
 
… Amburgo casa Genzo
 
“Sì, sì, va bene stasera ci vediamo per una birra in quel pub, ok ci sarò” rispondo decisa al mio interlocutore telefonico.
Vedo Genzo seduto sullo sgabello della cucina intento a sorseggiare un’aranciata, lascia scattare un sopracciglio verso l’alto e dopo indaga: “Dove devi andare stasera?”
Agito le mani mentre al volo afferro un cornetto gli tolgo l’aranciata dalle mani e ne ingurgito un sorso. Mi guarda sempre più perplesso perciò mi giustifico: “Faccio tardi la tua è già zuccherata” addento il soffice cornetto quasi strozzandomi. Sono già in mostruoso ritardo e l’autobus non aspetta.
Tra un boccone e l’altro rispondo alla sua domanda.
“Allora, stasera, con i miei colleghi ci troviamo in un pub per una pizza, dopotutto è sabato e tutti ci meritiamo un po’ di svago dopo l’immenso lavoro di questa settimana.”
“Ma non ti vedi con Tsubasa?”
“No, sarà raro, lui è in pieno campionato e tra ritiri e partite non ho certo intenzione di tornare in Spagna a farmi accogliere da una casa vuota.”
“Ah! Pensavo che vi sareste visti.”
“Non questo week-end. Mh… È tardissimo ci vediamo stasera” detto questo esco dalla cucina e diretta infilo la porta: odio far tardi.
 
***
 
“Ok” torno a bere la mia bibita, ma un tarlo s’insinua in me e prima che sparisca dietro quella porta gli grido: “Sanae… stasera ti accompagno io al pub, è pericoloso per una donna sola girare per Amburgo.”
Si blocca e volta.
Un sorriso dolcissimo m’investe.
“Genzo, davvero non importa.”
“Insisto.”
“E va bene… ma con Clare te la vedi tu, è stata tua l’idea” detto questo gira il sedere ed esce come un tornado.
Resto pietrificato un istante prima di borbottare… cazzo Clare!
 
Afferro il cellulare e invento una scusa per stasera, non che dovessimo fare qualcosa di speciale, ma solitamente la sera ci vediamo.
Il giorno siamo sempre entrambi troppo impegnati.
Finisco l’aranciata e afferro un altro cornetto.
Finirà male con Clare se continuerò a star così dietro a Sanae, già me lo sento.
Ma, ma… non posso mandarla da sola con, con… scaccio il pensiero sono soltanto pochi giorni che conosce questi tizi, e se ci fosse un pazzo, squilibrato, maniaco?
Sto forse esagerando?
Ripensando però alle parole del Capitano… direi che, no, non sto esagerando.
 
E non ho affatto esagerato visto come sta evolvendo la serata.
Conto i boccali di birra sul tavolo e sono troppi per i commensali che vi siedono.
Devo riconoscere che i colleghi e colleghe di Sanae sono davvero simpatici e alla mano.
Soltanto uno è più grande rispetto al gruppo, ma ho capito essere il sovraintendente che dirige la ricerca.
Sarà un uomo sulla quarantina, che la guarda un po’ troppo insistentemente, ma essendo io sempre al suo fianco ha desistito da qualsiasi approccio.
Ci sono un paio di ragazze molto carine, hanno già chiesto a Sanae chi fossi, visto che il mio volto ricordava qualcuno.
Ovvio gioco nell’Amburgo…
Fa sempre piacere ricevere complimenti e vedere dipinto lo stupore sui volti della gente.
Anche se Sanae ha subito chiarito che non voglio seccature e che sono fidanzato.
Sollevo un sopraciglio e mi avvicino a lei dopo che ho udito la risposta.
“Che fai le metti in guardi da me? Oppure difendi Clare?” la stuzzico.
“Solidarietà femminile, so che sei molto pericoloso…” scherza.
“Ma chi io? Sono un bravo ragazzo.”
“Neppure mentre dormi.”
“Non puoi saperlo non hai mai dormito con me. Che poi dormire è un parolone” gongolo un po’ sull’ultima battuta.
“Ma piantala sbruffone!”
Il tintinnare di un bicchiere richiama la nostra attenzione.
“Bene, voglio fare un brindisi a questo magnifico gruppo di ricercatori. Che questa avventura ci porti a scoprire qualcosa d’importante per la scienza” dichiara il sovraintendente innalzando il boccale al cielo.
Mi fa quasi male il braccio da tante volte li abbiamo alzati, siamo tutti un po’ sopra le righe e ridiamo a ogni singola idiozia detta, ma quello che vedo in questo istante va al di là di ogni aspettativa.
L’uomo starnutisce in maniera violenta e i suoi capelli improvvisamente scompaiono dalla vista del gruppo, che lì per lì ammutolisce, per poi esplodere in una fragorosa risata, quando, la mano del ricercatore raccoglie il parrucchino dalla pizza filante.
Si affretta a indossarlo con ancora i fili di mozzarella che dal piatto arrivano alla testa.
NON POSSO CREDERCI!
Osservo un attimo Sanae lei si volta con occhi grandissimi, un micro secondo dopo è letteralmente accasciata sul tavolino piegata in due dalle risa.
E io non posso fare a meno che seguirla, una scena così non mi era mai, dico mai, capitata.
Ho fatto davvero bene a venire a questa cena era tanto che non mi divertivo così con gente comune, sto davvero bene con lei.
Mi volto, la osservo, forse sto troppo bene con lei…
 
 
Ok, ok stasera abbiamo esagerato con qualche bicchierino di troppo.
Me ne dà la conferma il vialetto di casa che osservandolo non è che sia propriamente in bolla.
O molto più semplicemente forse sono io che non cammino del tutto dritto.
Dei passi veloci arrivano alle mie spalle. Poco dopo un urletto.
“Portiere paramiiiii.”
E all’improvviso un peso aggrappato alla mia schiena. Non posso crederci mi è saltata addosso, è proprio andata.
“Sanae, ma sei impazzita. Potevamo cadere entrambi.”
“Ah, hai le spalle grandi, reggono bene” risponde ancora ancorata a me picchiando una mano sulla spalla, come a dare prova di quello che ha appena detto.
Metto le braccia dietro per sostenerla meglio.
Cammino così verso la porta di casa, con lei sopra.
Sta ridendo a crepapelle come una bambina, dopo la scena esilarante del suo collega che ha miseramente perso il parrucchino caduto nella pizza.
 
Credo di non aver mai riso tanto in vita mia.
“Oddio Genzo aveva un parrucchino, ma ti rendi conto? Un PARRUCCHINOOO!” e giù che ride di nuovo senza sosta vicinissima al mio orecchio. Si è sporta talmente tanto che i nostri volti sono quasi paralleli, e parliamo così, come se niente fosse, come se tutto fosse normale.
“Zitta, zitta, non dirmelo che ho ancora mal di stomaco.”
Arriviamo alla porta con passo terribilmente incerto, lei scende per permettermi di aprire.
La chiave nella toppa risulta essere una vera impresa.
“Fa provare me” dice lei improvvisamente afferrando le chiavi, ma niente non riesce, quindi afferro il piccolo oggetto di metallo e tento di nuovo.
Finalmente cede, e lo fa tutto insieme tanto che mi sbilancio in avanti e cado a terra, ovviamente Sanae mi cade rovinosamente addosso.
“Oddio, siamo caduti.”
“Tu, sul morbido di sicuro Sanae! Dai togliti sei completamente su di me” le chiarisco, come se non fosse già abbastanza difficile sentire il suo corpo così vicino, come se non fosse abbastanza complicato avere il soffio delle risa sulla pelle del collo.
Rabbrividisco, ma resto stoicamente immobile pancia a terra.
Avverto la rotondità del suo seno sulla schiena.
Le mani le sento risalire dalle spalle alla nuca lentamente.
Ha smesso di ridere, mentre io ho smesso di respirare.
“Co-cosa stai facendo Anego?”
“Tu non hai un parrucchino vero?” chiede mentre sghignazza come una scema.
“Ma che diavolo ti salta in mente?” rispondo mentre tento di alzarmi.
Finalmente si toglie da lì e sdraia di lato così che io riesco a voltarmi a pancia in su. Intanto con un piede do un calcio alla porta che si chiude con un tonfo secco.
“Cavolo fa pure freddo stasera! Ahia, che diavolo fai?”
“Genzo, noioso, mi piace tirarti i capelli, sai dovevo constatare se dicevi la verità.”
Si sporge quel tanto che basta sul mio petto, tanto che con la mano riesce a entrare tra i miei capelli, li accarezza.
Le dita là in mezzo le sento scorrere delicate, come la neve quando silenziosa cade di notte e la mattina al risveglio è tutto ovattato.
Ed è proprio così che mi sento in questo istante.
Annebbiato dall’alcol e dal suo tocco leggero.
Il viso a un passo dal mio, sento il suo odore mischiato alla birra che stasera certo ci ha tenuto molta compagnia.
Sono immobile. Il braccio sinistro è bloccato dal suo corpo, che adagiandosi sul mio lateralmente ne impedisce i movimenti.
Sento ancora il suo seno su di me, e solo il pensiero mi fa salire una vampata di calore improvviso.
“Avevi accettato quando ti avevo chiesto aiuto per restare amici.”
I suoi occhi nei miei.
Non sorridono più.
Nessuno dei due scherza più, siamo entrambi seri.
Sembra che improvvisamente tutto l’alcol che prima confondeva le nostre menti sia scomparso.
Siamo seri, tremendamente seri.
“Ma noi siamo amici.”
Nego.
Perché è troppo vicina, perché il suo odore mi conquista, perché la sua voce rimbomba nella mia testa.
Sono un uomo e non resisto più a questo stillicidio.
E anche se non dovrei anche se la ragione mi dice che è tremendamente sbagliato, sollevo il braccio destro e le afferro la nuca.
“Gli amici non fanno questo!”
E la bacio.
La bacio come non ho mai fatto con nessuna.
Sento rimbombare il cuore nel petto sotto al suo corpo.
Corpo che adesso è totalmente disteso sopra il mio.
Corpo che si sta muovendo con il mio.
Corpo che risponde al bacio e non solo.
Sento le mani infilarsi sotto la maglia, le dita scorrermi veloci sulla pelle.
Finalmente libero, il braccio sinistro trova il suo posto.
Perché mi rendo conto solo adesso, che lo stringo, che il fianco di Anego è adatto per il mio palmo.
Palmo che s’incastra perfettamente nella curvatura dei suoi morbidi fianchi.
Palmo che risale lentamente la sua pelle di seta sotto la maglia.
Pelle che s’incresca come il mare quando è sbattuto dal vento.
Anche l’altra mano abbandona la nuca per compiere lo stesso percorso della sorella.
Entrambe arrivano all’attaccatura del reggiseno.
Sono sempre più eccitato e non credo che questa cosa posa essere passata inosservata al suo corpo.
Si è tolta il cappotto, ma entrambi siamo ancora completamente vestiti.
Con un colpo di reni cerco di mettermi seduto, non ce la facciamo a staccare le labbra.
Mi aiuto con un braccio mentre con una mano sono ancora impegnato a lottare contro il laccio del reggiseno.
Intreccia le gambe alla mia vita imprigionandomi.
Il suo abbraccio si fa passionale, le mani mi stanno spogliando con foga.
La sento armeggiare con i bottoni dei jeans che indosso, ancora per poco.
Improvvisamente ci fermiamo, forse un istante di lucidità o di consapevolezza devo ancora decidere.
Le fronti appoggiate l’una all’altra.
Ansimiamo molto velocemente.
“Sanae io…”
“Zitto! Non parlare…” e non mi fa parlare mentre le sue mani afferrano la mia virilità oramai libera anche dai boxer.
E stavolta davvero non ce la faccio, ogni freno si spenge con questo gesto.
Gesto che mi porta a ribaltare la situazione e trovarmi su di lei.
La sento liberarsi dei pantaloni molto velocemente, tocco una natica e mi accorgo che è già nuda, evidentemente nello stesso istante ha fatto scendere anche la biancheria.
Ed è troppo che bramo questo istante.
Ed è troppo che portiamo avanti questo maledetto gioco.
Gioco che c’è sfuggito totalmente di mano.
Mano che è sul suo seno reso turgido dall’eccitazione.
E finalmente il suo corpo mi accoglie sprigionando tutto il calore che avevamo represso fin’ora.
Geme sotto le mie spinte, anche lei non aspettava che questo momento, lo sento.
Lo avverto da come si muove, da come mi cerca, da come vuole costantemente un contatto con la bocca, con le labbra, con il collo.
Le mani sembrano migliaia, le sento scorrere ovunque, so essere soltanto due, ma la sensazione è ben altra.
Finisce di spogliarmi così che possa assaporare finalmente il contatto con il suo seno.
Pelle contro pelle.
Spinte più veloci che si fanno sempre più esigenti.
Esigenza che sia mia, e mia soltanto.
Il piacere arriva improvviso, mentre la sento stringere ancora di più le gambe attorno al mio bacino.
Il mio seme si disperde in lei, mentre sussurri di piacere arrivano dritti al mio lobo facendomi rabbrividire.
Non avevo mai provato una sensazione così.
Non avevo mai provato un sentimento così.
Non mi ero mai lasciato andare con una donna così.
Così tanto da rischiare.
Con la moglie del Capitano poi.
Torno lucido all’istante.
Lei ancora ansante sotto di me mentre dalla bocca mi sfugge: “Ommiodio! Sanae che cosa abbiamo fatto…”
“Shhhh” sussurra sulle mie labbra per poi mordicchiarle e sigillarle con un altro bacio.
“Andiamo in camera” mi suggerisce.
Mi sollevo, vedo lei fare altrettanto.
Raccogliamo i vestiti sparsi sull’ingresso.
Sento la sua mano scivolare sulla mia e intrecciarsi a questa.
“Vieni andiamo a letto” ancora taccio completamente imbambolato da quanto accaduto e dal suo corpo nudo.
Arrivati in cima alle scale la vedo trascinarmi verso la mia camera, mi volto a sinistra; quella sarebbe la direzione che avrebbe dovuto prendere.
Quella è la retta via.
Ma la strada giusta è stata smarrita già sul portone d’ingresso e non solo.
Entriamo e chiudiamo lasciandoci tutto alle spalle.
La notte è ancora lunga e prima che il sole torni a far luce sui nostri pensieri possiamo amarci ancora.
Prima che la ragione torni a occupare questa mente offuscata dalla serata, dall’eccitazione, dal gusto del proibito.
   
 
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