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Autore: Ili91    14/07/2016    4 recensioni
[Sterek, ANGST]
Derek si presenta a casa di Stiles per trascinarlo in una viaggio alla ricerca di Cora, eppure c'è qualcosa che non torna.
Tratto dalla oneshot:
«Tu sei fuori se pensi che ti lasci qui da solo.»
«E tu sei fuori se pensi che ti permetta di restare.»
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ieri, oggi, mai più - Sterek OS Titolo: Ieri, oggi, mai più
Autore: Ili91
Pairing: Stiles/Derek (Sterek)
Rating: Giallo
Note: What if? (enorme: siamo in punto totalmente imprecisato nel corso della serie e ci sono una marea di elementi soprannaturali che nella serie non esistono e probabilmente non esisteranno mai.)
Genere: Angst, Romantico e un pizzico di humor
Avvisi: Major Character Death, strizza un po' l'occhio a Supernatural
Conteggio Parole: 5576
Note dell'autore:
- Sono un po' contenta, perché non scrivo da una vita. Sono un po' scontenta, perché sono profondamente fuori allenamento.
- Ha partecipato ad un contest indetto su facebook dalla pagina Slash Radio (https://www.facebook.com/Slashradio/),
mi sono ispirata a uno dei prompt proposti, che fortunatamente ha fatto scattare la molla. Enjoy the trip!

Ieri, oggi, mai più
Giorno 0 (-30)
«Avrei bisogno di aiuto per Cora» esordì Derek, presentandosi alla porta di casa sua ad un orario improponibile. Però Stiles gli concesse il fatto di non essere passato dalla finestra.  
«Buongiorno, Stiles! Hai dormito bene... lasciamo perdere.» Sollevò gli occhi al cielo e tornò sull'argomento principale: «Pensavo fosse felice dov'è ora. Non si era trovata un bel branco, in un posto senza pericoli – vale a dire qualsiasi posto lontano da qui?» Stiles si appoggiò allo stipite della porta d'ingresso, totalmente rilassato.
Stiles si era svegliato stranamente bene, quella mattina. Dopo essere stato colpito dall'incantesimo di una sirena ammaliatrice quasi quanto psicopatica, tutti i suoi amici erano stati profondamente preoccupati per lui, e doveva ammettere che lui stesso aveva cominciato a temere per la propria vita.
Macchie rosse sulla pelle, febbre alta e deliri avevano riempito le ultime due settimane della sua esistenza. I medici non sapevano che pesci pigliare, mentre il branco di Beacon Hills si era alternato tra il suo capezzale e ricerche per cercare di guarire il malanno che lo aveva reso sempre più debole, fino alla sera precedente, quando Stiles si era svegliato fresco come una rosa e aveva richiesto una cena abbondante.
Sul momento aveva pensato che la maledizione si fosse esaurita da sola, ma con il senno di poi c'era qualcosa che non andava, se lo sentiva.
«Non la sento da giorni e non ho notizie nemmeno del suo branco. Volevo partire per qualche giorno, per indagare.»
Stiles sbarrò gli occhi. «E vuoi il mio aiuto?» Solitamente, Derek era quello che lo considerava di meno e lo lasciava indietro, in quanto umano, sebbene dimenticasse che gli aveva salvato la vita molte volte, grazie tante!
«Sì» rispose Derek, con calma.
Stiles si addolcì e decise di non infierire. Derek era strano quella mattina, meno nervoso e polemico del solito, doveva essere molto preoccupato per la sorella. Senza contare che la mente investigativa di Stiles si era già messa all'opera, ansiosa di risolvere il problema dell'altro.
«Dovrò trovare una scusa per mio padre, non sarà felice di vedermi partire...» disse sovrappensiero, ripensando al modo in cui suo padre lo aveva stritolato in un abbraccio quando lo aveva trovato in piedi, la sera precedente.
«Ci parlerò io.» Derek lo oltrepassò ed entrò in casa.
«Eh?»
Eh?!

Giorno 1 (-29)
Stiles alzò il volume dell'autoradio e una piacevole melodia si diffuse nell'abitacolo.
«Odio questa canzone» si lamentò Derek.
«Io sono l'ospite, io ho il diritto di scelta.»
Avevano preparato le valigie il giorno prima, Stiles aveva salutato tutti – nessuno aveva cercato di fermarlo, era felice di vedere quanto i suoi amici si fidassero di lui – e quella mattina Derek era passato a prenderlo di buon ora con la Camaro. Avevano discusso un quarto d'ora sul fatto che la sua Jeep sarebbe stata una macchina più adeguata per un viaggio del genere, ma Derek si era naturalmente opposto, aggiungendo testuali parole: “Quella carretta scassata tenuta insieme con lo scotch si fermerà a metà strada. O la Camaro o niente.”
Stiles si era sentito in dovere di difendere l'onore della sua fedele compagnia di avventure e  gli aveva tirato un pugno sul braccio, senza che l'altro emettesse nemmeno un verso. Viceversa, lui era abbastanza sicuro di essersi slogato qualche nocca della mano.
Derek gli gettò uno sguardo fintamente cattivo. «La macchina è la mia e mio il diritto di strapparti la gola con i denti.»
Stiles non rimase impressionato dalla minaccia, ma fissando i canini bianchi e quasi luccicanti come la pubblicità di un dentifricio, gli venne voglia di chiedere a Derek chi fosse quel genio del suo dentista.
«Ieri, mentre parlavi con papà, mi è sembrato ti abbracciasse. Che diavolo gli hai detto?» chiese, cambiando argomento. Purtroppo dal buco della serratura si vedeva poco e niente, anche per colpa della chiave inserita nella toppa.
«Ci stavi spiando?» La macchina sbandò un po', Derek diede la colpa ad una buca sulla strada.
«Certo!» Era stupido? Derek e suo padre chiusi in una stanza a parlare di lui, era ovvio che dovesse origliare. «Allora? Cosa vi siete detti?»
«Non hai sentito?»
Stiles sbuffò. «No! Da quando papà ha cambiato le porte per non permettermi di sentire quando si porta il lavoro a casa, non riesco a sentire nulla. Il che è ingiusto, potrei essergli d'aiuto. E poi qui è diverso, qui si parla di me.» Lo fissò, in attesa. «Parli o no?»
«L'ho convinto, non c'è nient'altro da dire.»
Stiles incrociò le braccia al petto e si appoggiò contro lo schienale del sedile, guardando il paesaggio dal finestrino che scorreva velocemente. Deserto ovunque. «Ma che bello! Ora mio padre ha segreti con Derek Hale, dove andremo a finire?»

Giorno 3 (-27)
Il terzo giorno di viaggio, molto vicini a destinazione, ci fu una sosta imprevista.
Stiles si rese conto di essere stato troppo ottimista nel dire che Cora si era trovata un branco in un posto pacifico, soprattutto considerando che un orso mannaro impazzito, appena fuori dal motel in cui si erano fermati per la notte, gli stava mostrando le zanne e gli alitava in faccia. Disgustoso e pericoloso.
Fu Derek a toglierglielo di dosso e provocargli una ferita sull'addome con le zanne, una lunga striscia rossa che partiva dalla spalla sinistra dell'orso e terminava sul fianco destro.
«Grazie» disse Stiles, mentre Derek scostava la testa e si limitava a fare un cenno di assenso con il capo.
Si voltarono di nuovo verso il mostro, pronti a metterlo del tutto ko, ma rimasero interdetti quando questi, invece... si mise a piangere. Dai suoi occhi non uscivano vere e proprie lacrime, ma i versi che emetteva avrebbero frantumato anche il cuore più duro.
Per fortuna bastò un po' di miele – acquistato nel mini-market sotto il motel –, offerto da Stiles, e delle cure alla ferita, da parte di Derek, per farlo calmare.
Dovettero trascorrere tutto il giorno successivo a cercare la mamma del piccolo orso – che non sembrava tanto piccolo – e a fuggire prima che l'enorme orsa affettuosa si rendesse conto che erano stati loro a ferire il suo cucciolo.
Peccato però, Stiles trovava interessante quel branco formato da orsi mannari che avevano preferito la vita animale a quella umana. Si ripromise di fare ricerche in proposito, una volta tornato a casa.
Parlò del suo proposito a Derek, quando si rimisero in marcia, il quale gli rivolse una strano sorriso triste e gli promise che l'avrebbe aiutato.

Giorno 5 (-25)
La macchina si fermò al limitare di una radura enorme, immensa, a perdita d'occhio. Gli alberi circondavano il prato che ricopriva il terreno, il quale era di forma circolare, libero da qualsiasi cosa ad esclusione di un casa di legno che si ergeva al centro.
Derek e Stiles scesero dalla Camaro e si incamminarono verso la casa. Più la distanza tra di loro e l'abitazione si riduceva, più Stiles notava cose che non gli quadravano, come ad esempio il prato, che non sembrava essere stato calpestato da altri prima di loro due, non di recente.
La casa era piccola e sembrava esistere da parecchio tempo, ma era ancora in buono stato e di costituzione solida. Quando entrarono, la sensazione che aveva avuto ottenne conferma: nessuno metteva piede lì dentro da lungo tempo.
«Sei sicuro che siamo nel posto giusto?» chiese Stiles.
«Sì, perché?»
«Uhm...» Stiles gettò un'occhiata scettica al porta scricchiolante, i mobili talmente impolverati che avrebbero ucciso all'istante una persona allergica, le tende tirate e ingiallite, per non parlare del profondo odore di chiuso che gli stava facendo mancare il respiro. Non aveva idea di come riuscisse a resistere Derek al desiderio di tossire, avendo un olfatto sviluppato da lupo mannaro doveva soffrire molto più di lui. Infine, anche mettendo che il branco fosse stato attaccato e rapito, non c'erano segni di lotta che lo testimoniassero. «Questa casa dev'essere disabitata da mesi, se non anni. È improbabile che tua sorella abbia mai abitato qui.» Cominciò a tossire furiosamente. Accidenti, non poteva resistere in quel posto un secondo di più. «Devi aver sbagliato posto, non c'è altra spiegazione.» Frustato, Stiles si precipitò fuori, trovando sollievo nell'aria pulita.
Derek lo raggiunse subito dopo, anche lui con il respiro un po' affrettato. «Ero...» Si schiarì la voce. «Ero sicuro fosse qui.» Sollevò gli occhi e si mise a fissare Stiles per un lungo momento. «Mi dispiace, Stiles.»
«E di cosa?» Fece un sorriso mesto e colmò la distanza che li divideva, dandogli un colpetto spalla contro spalla. «La troveremo, vedrai.»

Giorno 8 (-22)
«Forse sono partiti per un giro intorno al mondo» suggerì Stiles.
Derek sollevò le sopracciglia, come sempre la parte più espressiva della sua faccia.
Dopo due giorni trascorsi a cercare nei dintorni, parlare con persone che non avevamo né visto una ragazza né tantomeno lupi, si erano fermati in un locale per famiglie – e sapevano che lo era a causa del frastuono infantile che li circondava -, per fare colazione seduti comodamente ad un tavolo.
In quell'occasione Stiles aveva scoperto che Derek prediligeva un caffè con molto, molto zucchero, il che era stata per lui una delusione visto che aveva immaginato caffè neri e amari.
E ora doveva solo trovare il modo per spiegare a Derek che la loro si stava rivelando una ricerca a vuoto e che era il caso tornassero a Beacon Hills. Non che premesse per la fine di quella ricerca mista a vacanza, era anzi vero il contrario. Derek era burbero e poco divertente, ma in un qualche strano modo andavano d'accordo. Si scontravano su molte cose, ma erano entrambi diffidenti sulle persone e condividevano il sarcasmo. Un'avventura in sua compagnia non era la peggior cosa che gli venisse in mente, si disse con un sorriso.
Ci pensò su, forse potevano insistere ancora un po', almeno non doveva preoccuparsi della scuola, visto che era giugno inoltrato. «C'è qualcosa che non torna, concorderai con me. Dici che tua sorella ti ha dato l'indirizzo di quel capanno sperduto, ma è evidente che lì non ci vive nessuno, non in questo secolo. Non abita nemmeno nei dintorni, visto che nessuno l'ha mai vista. Onestamente pare quasi che tua sorella abbia voluto liberarsi di te... senza offesa.»
Derek non replicò, non parve nemmeno prendersela.
Stiles inarcò le sopracciglia; c'erano dei momenti in cui Derek era diverso, momenti in cui smetteva di essere permaloso e ringhiare e si lasciava scivolare addosso qualsiasi cosa Stiles dicesse, e ogni volta sembrava che la scomparsa di Cora non c'entrasse con questo atteggiamento. Derek gli nascondeva qualcosa e la cosa non gli piaceva proprio.  
D'improvviso, Derek parlò: «Stiles, io...»
Ma dato che Stiles era Stiles e la fortuna non era sua amica, le parole che seguirono non furono una confessione, qualunque essa fosse, ma un urlo: «Abbassati!»
Derek si allungò verso il tavolo, gli agguantò il braccio infilzandoglielo con le unghie appuntite da lupo e lo gettò sul pavimento, proteggendolo dall'esplosione di vetri che seguì.
La spalla di Derek gli oscurava la visuale, ma Stiles immaginò che fosse esploso il vetro su cui era accostato fino ad un attimo prima il tavolo su cui stavano mangiando.
Seguirono urla spaventate e gente che correva, scappando fuori dal locale. Un rivolo di sangue gli precipitò sulla guancia, sangue non suo. Fece una smorfia quando vide il grosso frammento di vetro conficcato nella spalla di Derek, il quale però non stava facendo una piega, forse anche a causa della trasformazione in lupo mannaro che lo rendeva ancora più forte.
Derek si sollevò, tenendo la testa bassa. «Stai bene?» chiese in un soffio.
«Sì.» Anche Stiles si tirò su dal pavimento, rimanendo inginocchiato. Allungò un braccio e pensò che il minimo che potesse fare fosse tirare fuori il pezzo di vetro dalla spalla di Derek. Lo fece e anche se gli fece impressione, fu contento che non si trattasse di dover tagliare un braccio, questa volta.
Rimanendo bassi, si spostarono verso la cassa, posizionata su un bancone dall'altra parte del locale.
«Esci dal retro» gli disse Derek, indicando un punto alle sue spalle, nel luogo in cui si erano nascosti. Nel frattempo, la porta del locale si spalancò.   
«E tu?»
«Voglio capire cosa vogliano questi lupi mannari.»
Ah, erano lupi mannari? Che avessero trovato il branco di Cora? Anche se si era aspettato un'accoglienza un po' meno aggressiva, se non proprio amichevole.
«Tu sei fuori se pensi che ti lasci qui da solo.»
«E tu sei fuori se pensi che ti permetta di restare.»
Chiunque fosse entrato, stava ringhiando e dal rumore che faceva stava sicuramente buttando all'aria i vari tavoli e sedie del locale.
A Stiles, al di là della tragica situazione, gli venne quasi da sorridere. Ora sì che lo riconosceva. «Bene, allora ce ne andiamo tutte e due.» Prese il polso di Derek e questi fu tanto sorpreso dal gesto che non oppose nemmeno troppa resistenza.
Per fortuna, o forte com'era non sarebbe riuscito a spostarlo.

Giorno 9 (-21)
Stiles odiava i lupi mannari e principalmente odiava i lupi mannari che attaccavano solo perch・avevano fatto qualche domanda di troppo.
Il giorno prima erano riusciti a scappare, il lupo Omega - e non i lupi, come avevano immaginato inizialmente - che li aveva attaccati non era potente come avevano immaginato all'inizio, ma solo spaventato e molto melodrammatico. Una caratteristica che pareva propria a fin troppi lupi di sua conoscenza.
Il lupo Omega si chiamava Felipe, come avevano scoperto in seguito, viveva da solo, aveva perso il suo branco e si era spaventato quando aveva sentito parlare di stranieri che facevano domande sui lupi.
A Stiles quella storia faceva pensare a quelle persone che in risposta a qualcuno spaventato da un animaletto dicevano con tono saccente: «Guarda che lui ha più paura di te.»
Felipe sembrava proprio un animaletto spaventato anche fisicamente, vista la sua altezza inferiore alla media, la costituzione fine, i capelli brizzolati e i lineamenti irregolari. Aveva anche una strana cicatrice a forma di c su una guancia. Solo gli occhi era impressionanti, così marroni e caldi.
E lui e Derek erano scappati nemmeno avessero il diavolo alle calcagna, chi l'avrebbe mai detto che avessero sconfitto ben altri mostri.
Derek suggerì a Felipe di andarsene da lì e dirigersi verso un branco più a sud, in un posto più tranquillo che lo avrebbe sicuramente accolto, ma questi rifiutò.
Era troppo tempo che era solo, disse con uno sguardo perso nel vuoto.
A Stiles dispiacque per lui, ma la sua mente era rimasta principalmente distratta dalle parole di Derek riguardo a quel branco che aveva suggerito a Felipe.
«C'è un branco più a sud?» Domandò Stiles quando rimontarono sulla Camaro.
«Sì.»
«E chi ci vive?»
Derek scrollò le spalle. «Vecchie conoscenze.»
Stiles non era soddisfatto della risposta. «E ora dove stiamo andando?»
«A nord, proviamo a cambiare posto.»
Rimasero in silenzio qualche minuto, poi Stiles chiese: «Cosa stavi cercando di dirmi ieri?»
Derek rimane in silenzio per un tempo troppo lungo. «Niente d'importante, pensiamo a trovare Cora.»
Stiles lasciò correre, ma per l'ultima volta.

Giorno 11 (-19)
«Pronto?» La voce di Scott era assonnata, ma d'altronde gli stava telefonando in piena notte.
«Scott, sono Stiles» bisbigliò Stiles, allontanandosi ancora di più dalla stanza di motel in cui lui e Derek avrebbero passato la notte.
«Stiles!» esclamò Scott. «È successo qualcosa?»
«Dimmelo tu.»
Scott sbadigliò. «Stiles, è notte, ho sonno, non puoi semplicemente dirmi cosa vuoi?»
Stiles fece una smorfia. «Voglio sapere cosa nasconde Derek, perché se pensate che io sia stupido e non mi sia accorto che qualcosa non va, vi sbagliate di grosso.»
Erano trascorsi altri due giorni. Come previsto si erano diretti a nord, ma l'argomento Cora era stato quasi accantonato. Ufficialmente erano ancora alla ricerca della sorella di Derek, ma in pratica era Stiles quello che la nominava più spesso. Addirittura quel giorno si erano fermati una mezza giornata in spiaggia, con la scusa che dopo tanti giorni alla guida, Derek aveva bisogno di una pausa. Stiles aveva suggerito che avrebbe potuto mettersi al volante senza farli schiantare contro un palo, ma Derek aveva insistito per fermarsi, e in un certo senso era contento che fosse andata così, visto che aveva potuto scoprire quanto l'altro adorasse il mare.
Stiles era anche abbastanza sicuro di averlo visto sorridere una volta, e non il solito sorrisetto sardonico, che evento!
Però ora la giornata era finita e Stiles era stufo di essere preso in giro. «Forza, Scott, sputa il rospo.»
Scott gli raccontò tutto, quello che Derek aveva fatto e ogni parola fece sentire Stiles sempre più stupido e arrabbiato, ora tutto aveva un senso.  
«Io lo ammazzo quello» proruppe al termine del racconto, interrompendo bruscamente la telefonata.

Giorno 12 (-18)
«Sei completamente uscito di testa?!» Stiles entrò nella stanza del motel sbattendo la porta, qualcuno nella camera di fianco si lamentò del rumore.
Derek si svegliò di soprassalto e lo fissò.
«Cos'è, un modo nuovo di farti compatire?» continuò Stiles con cattiveria.
«Stiles, non capisci.» Derek scostò le coperte e si alzò in piedi.
Stiles desiderò di scuoterlo fino a che non gli fosse tornato il senno. Lo raggiunse in pochi rapidi passi, ora erano faccia a faccia. «Non capisco? Non capisco?! Capisco solo che hai venduto l'anima ad un demone, qualcosa che nemmeno sapevo fosse possibile fare.»
«Stavi morendo. Tuo padre, i tuoi amici... erano tutti disperati.»
«I nostri amici, non parlare come se a loro non gliene fregherebbe niente se tu morissi.» Ricordò le parole di Scott al telefono. «Quando...» Stiles si passò una mano sul viso.
«Stiles, sei importante per il branco e tuo padre sarebbe distrutto senza di te, mentre a me non è rimasto niente.»
Perfetto, non aveva mai voluto altro che un po' di considerazione per le sue capacità e le aveva ottenute in cambio dell'anima di una persona. «Che cos'hai ottenuto? Oltre al mia guarigione, che cosa ti hanno dato?»
«Stiles...»
«Rispondi.»
«Un mese.»
Un mese. Trenta giorni e lui sarebbe morto. Anzi, nemmeno, erano trascorsi dodici giorni dal patto, perciò restavano solo diciotto giorni. «È questo che valeva per te, la tua anima? La mia sopravvivenza e un mese di vita? Ti eri bevuto il cervello, quando hai fatto quel patto? Come ti è venuto in mente di accettare?!»
«Era l'unico modo per salvarti, ho dovuto farlo.»
Non si rendeva conto che ora Stiles avrebbe dovuto vivere il resto della vita sapendo che Derek si era sacrificato per lui? Più ci pensava, più la testa gli scoppiava. «Per me puoi andare al diavolo anche subito.» Gli voltò le spalle e lasciò la stanza, nessuno dei due avrebbe più dormito per quella notte.
Poi Stiles corse, corse e corse, senza meta.

Giorno 13 (-17)
«Stiles? Ti riporto a casa.»
Era ancora mattina presto quando Derek lo ritrovò sdraiato su quella spiaggia che aveva assistito al loro ultimo giorno spensierato. Fissava il cielo ancora un po' scuro, mentre cercava di rimettere ordine fra i pensieri che gli vorticavano in testa. «Scusa per quello che ho detto.»
«Non importa.»
Stiles prese un respiro, si mise a sedere e si voltò a guardare Derek. Una lieve brezza rendeva più sopportabile l'afa opprimente anche a quell'ora del mattino. «Troverò un modo.»
«Stiles... non c'è alcun modo.»
Stiles sbatté il pugno sul terreno, sporcandosi con qualche granello di sabbia. «Sta zitto. Solo perché ti sei arreso, non vuol dire che farò la stessa cosa.» Si alzò in piedi. «Conosciamo un sacco di persone nel soprannaturale, potremmo chiedere anche a... tuo zio. Peter ne conosce fin troppi di modi su come sopravvivere. E poi sono sicuro che gli altri, a Beacon Hills, stanno cercando anche loro un modo per aiutarti. In questi giorni non saranno stati con le mani in mano.» Lo raggiunse e gli appoggiò una mano sulla spalla. «Non devi perdere la speranza.»
«Non lo faccio.»
«Aspetta, se non per Cora... il viaggio è per questo? Siamo in spedizione per salvarti l'anima?» Era l'unico pezzo di quella storia che non era riuscito ancora a capire. Derek si era inventato che Cora era sparita e fosse in pericolo pur di convincerlo a partire insieme, come gli aveva spiegato Scott per telefono, ma Stiles non era riuscito ad afferrare il vero motivo.
«No. Se questo è il mio ultimo mese, voglio passarne il meno possibile a Beacon Hills.»
Stiles rimase confuso dalla risposta. «Sì, ma...»
Derek lo fissò intensamente negli occhi e gli rispose sinceramente: «Stiles, non ho fatto quel patto solo per tuo padre o il branco, ma perché volevo farlo. E anche questo viaggio... non mi è stato imposto niente, è stata una mia decisione.»
«Volevi...» Stiles deglutì sentendosi la gola chiusa in una morsa. «Volevi che ci fossi anch'io, proprio io?»
«Sì.»

Giorno 15 (-15)
Su suggerimento di Peter, Stiles e Derek andarono a trovare una strega esperta in magia oscura, e cose c'era di più oscuro di un patto con un demone?
La donna si chiamava Lanna, aveva i capelli rosso scuro con striature violacee, la pelle quasi bianca, gli occhi scuri ed era davvero bella. Statuaria e regale, faceva desiderare di inchinarsi al suo cospetto.
Le spiegarono di cosa avevano bisogno e lei di tutta risposta affidò loro una missione: «Ad un miglio da qui, in direzione nord-est, dimora una volpe. Essa è maledetta, non può abbandonare il capanno in cui vive. Ogni giorno, al mattino, compare la pozione che potrebbe liberarla; perché funzioni dev'essere bevuta al tramonto, ma la volpe non riesce mai a trattenersi fino ad allora. Se riuscirete nella missione, risponderò alle vostre domande.»
«Sono finito in un libro di fiabe? Dobbiamo superare una prova prima di ottenere le risposte che cerchiamo?» domandò Stiles.
Derek gli intimò di tacere. «Se facciamo quello che ci ha chiesto, avremo le risposte che cerchiamo?»
«So qualcosa riguardo il problema che vi affligge» rispose la strega Lanna, sibillina. «Avete tempo fino al tramonto di domani.»
«Ci basterà» affermò Stiles. Era preoccupato, sembrava troppo semplice come compito, però la soluzione gli sembrava così vicina che era quasi tangibile. «Andiamo» disse a Derek, in piedi al suo fianco, il quale annuì con il capo.

Quando entrarono nella capanna, la volpe di cui aveva parlato Lanna dormiva in un piccola brandina, accostata all'angolo sinistro dell'unico locale. La pozione di colore azzurro era sul lato opposto, inserita in una boccetta a forma di goccia, e posizionata al centro di un tavolo, che era vecchio e consumato.
Il piano era semplice: avrebbero preso la boccetta e sarebbero usciti dalla capanna, per rientrare solo al tramonto per versare nella gola della volpe la pozione.
Con sicurezza, Stiles si avvicinò al tavolo e allungò un braccio per prendere la pozione, ma non riuscì a spostarla perché troppo pesante. «Cos-?»
«Che succede?» chiese Derek, a bassa voce per non svegliare la volpe.
«È pesantissima, non si sposta.»
Provò anche Derek, ma nemmeno la sua forza lupesca bastò per spostare la malefica boccetta. «Non ci resta che proteggerla fino al tramonto. Impediremo alla volpe di avvicinarsi.»
«Oh, fantastico!» esclamò Stiles con sarcasmo.

Giorno 16 (-14)
Avevano fallito.
Per Stiles era spiacevole rammentarlo, ma quella volpe era riuscita ad atterrarli entrambi e trangugiarsi la boccetta, che improvvisamente era diventata leggera come l'aria.
Il giorno successivo, poi, era stato anche peggio. Avevano provato a legare la volpe, ma essa si era ribellata come una furia. Ancora una volta era riuscita a bere la pozione prima che fosse il tramonto e subito dopo aveva attaccato Derek. La sedia che le aveva frantumato sulla testa rappresentava tutta la frustrazione che aveva accumulato in quei due giorni, in cui quel dannato animale aveva fatto il possibile per intralciarli.
Derek lo ringraziò per il suo aiuto, ma Stiles non si sentiva in vena. Deluso, uscì dal capanno, con Derek al seguito. Appena fuori trovarono Lanna ad attenderli.
«Per favore, ci dia lo stesso la risposta che cerchiamo» implorò Stiles.
Lanna lo guardò, fredda e implacabile. «Ve l'ho già data. Per alcune cose, semplicemente, non c'è soluzione.» Una nuvola di fumo la avvolse e lei sparì.
Qualcosa dentro Stiles si ruppe.  

Giorno 17 (-13)
«Dove stiamo andando?» chiese Stiles, per l'ennesima volta da ore.
«In un bel posto.»
«Ma...»
«Basta, Stiles.»
Basta? Era così che sarebbe finita? Le loro speranze si erano appena volatizzate come Lanna? Voltò il viso per il finestrino e rimase in silenzio.

Giorno 20 (-10)
«Io e Scott abbiamo partecipato ad un sacco di campeggi, con annessi canti intorno al fuoco e scottature di lingua per i marshmallow bollenti» ricordò Stiles con nostalgia, lo sguardo perso sul fuoco che sfrigolava di fronte a loro.  
«Dev'essere stato divertente» commentò Derek con un sorriso.
«E tu? Mai mangiato intorno ad un fuoco?»
Derek annuì. «Sì, ricordo le litigate con Laura per l'ultima salsiccia, le risate con Cora, le sgridate di mia madre. Sono stati bei momenti.»
Stiles lo capiva perché anche a lui mancava immensamente sua madre. «Anche questo lo è E avrebbe voluto che ce ne fossero molti altri così, ma probabilmente quella sarebbe stata la prima e ultima volta. Il pensiero lo intristì e il tempo che trascorreva sempre più velocemente non aiutava.
Si voltarono l'uno verso l'altro nello stesso momento e i loro sguardi si incrociarono.
«Grazie» disse Stiles.
Derek inarcò le sopracciglia, sorpreso dal brusco cambio del discorso. «Per cosa?»
«Per avermi salvato la vita.»
«Lo rifarei.»
Senza che lo avesse programmato, Stiles si sporse in avanti e le loro labbra si incontrarono per un secondo. Non era nemmeno sicuro su chi dei due fosse stato più sorpreso da quel gesto.
Derek si tirò indietro di colpo. «Non farlo.»
Stiles si sentì in imbarazzo per il rifiuto. Aveva frainteso i segnali? «Pensavo che...»
Derek si alzò di scatto e si allontanò, cosa che spinse Stiles ad imitarlo. «Non sei costretto a farlo, non mi devi niente.»
«Eh?»
«Se hai pensato che dovessi... ringraziarmi per averti salva-»
Stiles fece una smorfia. Quello stupido! «Fermo, fermo, fermo. Quello che stai implicando è terribile.» Stiles gli avvolse il braccio intorno al collo e lo coinvolse in un bacio passionale. «Volevo farlo e basta.»
Derek sorrise, fino a scoprire i denti. Accidenti, era abbagliante! «Ah, sì?» chiese con un tono lusingato che gli diede sui nervi.
«Sì, e ora sta zitto.»
Si ritrovarono a corto di fiato molte volte, quella sera.

Giorno 22 (-8)
«Ci sono novità?» chiese Stiles a Scott per telefono, tenendo il cellulare incastrato tra l'orecchio e la spalla. Derek era sdraiato al suo fianco sul prato fresco, al riparo dal sole, e riposava, con un libro aperto sul petto. Stiles era seduto, con una mano che stringeva quella dell'altro, mentre con l'altra faceva pigramente scorrere le dita sulla pelle di Derek.
«Niente di buono.»
Le dita si fermarono. L'aveva immaginato, ma rimase lo stesso deluso che Scott e gli altri non avessero trovato nulla che potesse aiutare Derek. «Deaton cosa dice?»
«Secondo lui...» Scott si fermò, sembrava trovasse difficile proseguire.
«Cosa?»
«Non si può tornare indietro da un patto, quello che è fatto è fatto.»
Stiles ignorò la frase. «Magari qualcun altro...»
«Non c'è nessun altro, abbiamo chiesto a tutti. Continueremo a cercare, però, forse...»
«Non è ancora finita!» esclamò Stiles interrompendolo, arrabbiato, chiudendo la comunicazione. Se ne pentì subito, non era colpa di Scott e non meritava che gli attaccasse il telefono in faccia.
Si sdraiò anche lui, accucciandosi più vicino a Derek. «Non te ne andare» sussurrò e chiuse gli occhi.

Giorno 27 (-3)
Il loro viaggio, partito come una missione, si stava avviando alla conclusione, quel giorno sarebbero partiti per tornare a Beacon Hills. Avevano visitato molti posti, incontrato gente e il loro rapporto era cambiato.
La Camaro partì per quello che avrebbe potuto essere il suo ultimo viaggio, con Stiles che fece di tutto per distrarsi e non pensare, parlando di cose di poco conto. Derek lo ascoltò per un po', intervenendo con moderazione alla conversazione.
«Ci sono un paio di cose che vorrei dirti» disse Derek un'ora dopo che erano saltati in macchina.
«Ti ascolto.»
«Queste quattro settimane sono state le migliori che ho avuto da lungo tempo...»
Stiles sorrise. «Anche quando ci ha attaccato l'orso? O siamo fuggiti dall'Omega? Anzi, quello è meglio non ricordarlo, non raccontiamo nemmeno a Scott e gli altri.»
Anche i lati della bocca di Derek si sollevarono. «Abbiamo affrontato di peggio.»
«Certo. Tuo zio, per esempio. L'espressione “parenti serpenti” dev'essere stata coniata per lui. “Parenti lupi” sarebbe suonata meglio, ma forse era un po' troppo discriminante verso la tua famiglia» scherzò Stiles. «Ma non è solo questo che vorrei dirmi, vero?» aggiunse, mentre il sorriso sul suo volto andava a scemare.
«No.» Derek lo guardò per un attimo prima di tornare a prestare attenzione alla strada. «Qualsiasi cosa accada tra tre giorni, tu non c'entri nulla.»
Oh, Stiles non poteva proprio credere alle proprie orecchie! «Ipocrita, da parte tua.»
«Stiles!» lo riprese Derek. «Vorrei solo che tu...»
Lo interruppe subito. «Ho capito, ma ricordati che tu sono anni che t'incolpi per l'incendio e ora pretendere di dirmi come dovrei sentirmi quando te ne sarai andato... sai cosa? Lascia perdere.»
«Volevo solo...»
«Non è necessario e non cambia nulla.»
Derek prese un respiro profondo. «Mi dispiace.»
«Lo so.»
«Ma non ti dirò che se potessi tornare indietro non lo rifarei, perché non sarebbe vero.»
«Lo so.» Deglutì e strinse con la mano la spalla di Derek, per fargli capire che andava tutto bene.
Però non era vero, niente andava bene e il peggio doveva ancora arrivare.

Giorno 29 (-1)
«Abbiamo ancora un giorno, si possono fare molte cose in un giorno» disse Stiles, mentre andava avanti e indietro nell'appartamento di Derek. Era disperato, aveva esaurito le opzioni e non sapeva come spezzare il patto. Il giorno dopo i cerberi avrebbero reclamato l'anima di Derek e lui non avrebbe potuto fare nulla oltre che stare a guardare. Il solo pensiero lo stava facendo impazzire.
Aveva consultato tutti i testi su cui aveva messo le mani, chiesto a chiunque e promesso favori pur di venire a capo del problema, eppure ad appena ventiquattro ore dal giorno fatidico non aveva nulla in mano, nemmeno una speranza.
«Sì.» Derek si alzò dal divano su cui era seduto fino ad un attimo prima, da dove aveva osservato la sua finta sicurezza. Gli strinse il polso con la mano, dando un leggero strattone, e i loro petti entrarono in contatto.  
Stiles appoggiò la testa sulla spalla di Derek e strinse la maglietta dell'altro fino a stropicciarla malamente. «Non avresti dovuto.» Era tornato molte volte su quel punto, ma la verità era questa, non l'avrebbe mai perdonato per la sua scelta e allo stesso tempo gli era grato.
«Non me ne pento.»
Nonostante le molte disgrazie che gli erano capitate, Derek aveva comunque mantenuto il desiderio di sopravvivenza e l'attaccamento alla vita, ma si sarebbe lo stesso sacrificato per qualcuno a cui teneva, senza pensarci due volte. E lo aveva fatto, per lui.
Se fosse stato un lupo mannaro, in quel momento Stiles avrebbe ringhiato tutte le emozioni che gli vorticavano nel cuore.
Si tirò indietro quel tanto che bastava per sollevare la testa e gettare le braccia al collo di Derek, coinvolgendolo in un bacio destinato ad esprimere tutto ciò che provava. Non era solo un incontro di bocche, non era solo passione, era disperazione, rabbia, terrore e... amore? Non era ancora riuscito a decifrare tutto quello che provava e ora non avrebbe avuto il tempo di farlo. Lo baciò con maggior foga, fino a che non gli mancò il respiro. «Verrò con te, domani» disse, tirandosi indietro. «Scordati di farmi cambiare idea.»
Si preparò ad un secco rifiuto, ma ciò non avvenne, infatti Derek si limitò a replicare: «Grazie.»
Stiles spalancò la bocca per la strana risposta e istintivamente volle tirarsi indietro, perché sapeva che Derek stava per giocargli un tiro mancino. I suoi timori vennero confermati quando una puntura sulla pelle lo fece sussultare.
«Che cosa?» Gli bastò un secondo per capire. «Bastardo! Te la farò pagare, mi hai capito.» Cominciò a sbattere ripetutamente le palpebre per combattere il sonno, mentre qualsiasi cosa Derek gli avesse iniettato faceva effetto. «No, no! Come hai potuto? Derek, ti prego!»
Le articolazioni cominciarono a cedergli e Derek lo sostenne. «Mi dispiace.»
Tutto il corpo di Stiles gli urlava di cedere e anche la lucidità veniva a mancare. «Anche a me.»
«Addio, Stiles.»
Stiles chiuse gli occhi e si addormentò. Addio, Derek.

Giorno 30 (0)
Quando arrivò il momento, sebbene sapesse che era inutile, Derek lottò con tutte le sue forze. Lo doveva a Stiles e a se stesso.
D'altronde era un predatore, non si sarebbe fatto portare via dai cerberi senza nemmeno lottare.
Il primo morso, al fianco, lo sentì appena, tanta era la foga nello scontrarsi contro i tre cani degli inferi. Il secondo, alla spalla, lo fece guaire, e mancare il colpo che stava sferrando. Il terzo, alla gamba, lo fece cadere a terra.
Gli altri morsi smise di contarli, mentre cominciava a perdere le forze e rispondere sempre di meno agli attacchi.
Infine, i cerberi si allontanarono dal suo corpo martoriato. Il buio lo avvolse e poi ci fu solo fuoco.

Quando Stiles trovò il corpo di Derek, esso ormai era quasi freddo.
«Svegliati, svegliati!» urlava Stiles, fuori di sé. «Non te lo perdonerò, mi senti? Non-te-lo-perdonerò!» Smise di scuote il corpo senza vita e sbatté la mano chiusa a pugno contro il pavimento di legno, sporcandosi di sangue. «Derek, Derek! Non per me, non per me! Derek!»
Stiles continuò a chiamare il suo nome ancora a lungo. Non ottenne risposta.

Fine


Spazio Autrice: Salve a tutti! Dopo lungo tempo torno su Efp e a scrivere qualcosa. Questa storia è stata un parto, sostanzialmente perché io a scrivere questa roba deprimente e angst soffrivo più di Stiles e Derek messi insieme. Magari la prossima volta torno con qualcosa a lieto fine, eh?
Voglio anche aggiungere che, immagino, abbiate notato che non sono presenti dichiarazioni d'amore. Non che i due sfortunati innamorati non provino nulla, ma io sono per gli sviluppi lenti e per arrivare a tanto, ad un vero "ti amo" o qualcosa di simile, dovrei fare una long di quaranta capitoli (magari un giorno farò una Sterek così lunga). Anzi, per i miei standard la relazione in questa shot si sviluppa molto velocemente. XD
Spero che vi sia piaciuta e che vi abbia fatto provare qualcosa.
Alla prossima volta!   
   
 
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