Nella
puntata precedente: Tre nuovi arrivi a
Zootropolis e tutti con un progetto in testa: si va dal giovane
Tiberius,
nipote di Flash a Tai Cheng, ippopotamo dal temperamento caliente,
passando per
una maialina tutta “pepe” che vuole mettere le mani
sopra la città.
La
chiesa era gremita e il
pesante organo suonava cupo, poi entrarono quattro grossi orsi polari,
portando
a spalla la bara.
Fru
Fru al centro fra le due
Judy, sua figlia e la sua amica, tratteneva a stento le lacrime, ma poi
si
rivolse a Judy:” Ricordati, non ci sono debiti
d’onore fra noi, ma una vera e
profonda amicizia. Ci saremo sempre l’una per
l’altra, no?”
E
Judy, con gli occhi gonfi di
pianto, rispose solo con un accenno della testa.
E
mentre ognuno dei presenti
consolava l’altro, il coro gregoriano riprese con:
“Réquiem
ætérnam dona eis,
Dómine,
et lux perpétua
lúceat eis.
Requiéscant in
pace”
“Amen.”
Risposerò i presenti.
Poi
la parola venne presa dal
prete, un vecchio tasso di nome Fra Tuck:” Cari fratelli.
Care sorelle. Oggi
consegniamo all’abbraccio di Dio, il nostro fratello. Non
siamo tristi per lui,
perché egli ci precede nella gloria eterna. Preghiamo
perché egli, che ci ha
preceduto e siede oggi alla mensa del Padre, interceda per
noi.”
Nick
Wilde era stato sempre un
ateo convinto e quella situazione non faceva che rafforzare le sue
convinzione
che o Dio non esisteva o che, se esisteva, era un Dio crudele e quindi
niente
affatto degno di essere adorato.
Quale
dio infatti toglieva ad un
povero cucciolo di volpe la madre, con una malattia crudele (era stata
quella,
la morte prematura della madre, la ragione che lo aveva spinto a farsi
quell’idea di Dio) o toglieva a una bella famiglia
così numerosa e affiatata il
padre.
Stu
Hopps non meritava di morire,
non così, non di infarto, quando aveva ancora molto da dare
sia come padre, che
come “uomo”.
Poi,
mentre era assorto in quei
pensieri, sentì la piccola zampa di Judy, che aveva tenuto
stretta la sua tutto
il tempo, allentare la presa.
Quel
piccolo gesto, lo risvegliò
dai suoi pensieri e lo portò a focalizzarsi vero il punto
dove si stava
consumando una piccola tragedia: Bonnie Hoppe, distrutta dal dolore,
aveva
avuto un mancamento ed era ora sorretta dalle due gemelle, Denise e
Cecilia,
mentre intorno a lei si creava un capannello di parenti e figli
allarmati,
nonché dei due nipoti Jeremy e Bonnie jr (i figli di Nick e
Judy)
Era
troppo da sopportare, tutte
quelle emozioni tristi, tutta quella cupezza, era troppo per Nick, che
ora
temeva di abbandonarsi ad un qualche gesto impulsivo, come aveva fatto
da
cucciolo, quando, al funerale della madre, aveva distrutto la statua di
un
santo.
Per
fortuna, o per miracolo, la
sua “preghiera” fu ascoltata e sentendo il suo
cerca persone vibrare, Nick
emise un sospiro di sollievo.
Di
scattò si alzò, senza neanche
controllare se fosse un’emergenza o no, e si
avvicinò a Judy e le disse:”
Carotina, mi vogliono in centrale.”
Judy
si girò verso di lui e lo
fulminò con uno sguardo tra il triste e
l’infuriato, che sembrava dire: “Ti
prego mirtillino, non te ne andare. Non posso farcela da sola, non mi
lasciare
così.”
“Mi
dispiace Judy, è
un’emergenza.” Rispose la volpe dopo averla baciata.
Quando
fu fuori, Nick respirò a
pieni polmoni, nonostante la aria fosse afosa, per via della stagione
estiva.
Poi
si diresse in centrale a
piedi, in modo da potersi strappare di dosso i brandelli emotivi del
funerale e
poter pianificare qualcosa per farsi perdonare da Judy.
Arrivato,
entrò e si diresse
verso il banco del portiere.
“Chanel
mia cara, cosa hai per
me?” Chiese con un certo tono suadente Nick
all’antilope Madoqua che faceva da
portiera.
“Signorina
Dik Dik” Lo corresse
l’antilope:” E comunque c’è
qualcuno che la cerca in sala interrogatori.”
“Vado
subito, miss.” Rispose in
tono canzonatorio.
“Signorina,
mi chiami signorina.”
Gli urlò dietro l’antilope.
Quando
arrivò nella sala, fredda
e spartana, vide seduto e ammanettato un grosso ippopotamo scuro, tutto
tatuato
sul corpo e come unico vestimento dei corti pantaloncini in tela grezza.
L’ippopotamo
quando vide Nick
ruppe le catene delle manette.
“Notevole.”
Disse Nick
compassato:” Davvero notevole, ed erano manette rinforzate
per ippopotami.”
“Taglia
corto, volpe, voglio
parlare col capitano di questa topaia.”
“E,
di grazie, chi vorrebbe
parlare con il capitano?” Continuò Nick con calma
inglese.
“L’ex-maggiore
Tai Cheng.” Disse
l’ippopotamo.
Nick,
a sentire quel nome,
sbiancò.
Diamine,
come aveva fatto a non
riconoscerlo? Forse perché erano passati anni
dall’ultima volta.
E
ora che voleva?
Nella
prossima puntata: Vecchie amicizie
che diventano piani di conquista e amori inaspettati, e
d’altronde “Vecchi
amici, nuovi amori.”