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Autore: itspaola    15/07/2016    0 recensioni
Louis Tomlinson, trentenne, calciatore affermato e famoso.
Harry Styles, ventiseienne con la passione per la fotografia.
Un matrimonio e due bambini adottati: Matthew, otto anni, e Skylar, quattro anni.
Sembrano una famiglia felice e perfetta.
-
Ma cosa succederebbe se Louis mancasse da casa a causa del suo lavoro?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Jeff!" chiamò a gran voce Harry, entrando nel reparto in cui Louis alloggiava momentaneamente.

Dopo aver appreso la notizia, la sera precedente, si era premurato di prenotare un volo last minute per Los Angeles: voleva vedere immediatamente il suo Louis. I bambini avevano insistito per andare con lui, ma Harry non glielo aveva permesso, chiedendo quindi a Niall se potesse badare loro per almeno un paio di giorni, il tempo di capire come sistemare la situazione con Louis. Perciò aveva messo alcuni maglioni, jeans, stivaletti e intimo in un borsone, aveva preso il portafogli e gli occhiali da sole e si era fatto accompagnare a Heathrow da Liam. Aveva quindi, poi, preso l'aereo e fatto circa undici ore di volo solo per assicurarsi che suo marito stesse bene. Ma in cuor suo sapeva che Louis non stesse affatto bene: Harry non se ne intendeva di fratture e cose simili, ma già solo la frase "frattura scomposta della tibia" metteva i brividi. 
Quando era arrivato in ospedale, quella mattina, aveva dovuto superare la calca di paparazzi che stava di fronte l'entrata principale per poter sapere in esclusiva qualsiasi tipo di notizia per riempire i loro stupidi giornali e siti di gossip. Tutti gli avevano chiesto come stesse Louis, ma Harry con la gentilezza che lo caratterizza ha detto loro di andare via e di lasciarli in pace.

"Harry!" l'uomo si alzò dalla sedia grigia su cui stava seduto fino a cinque secondi prima e andò ad abbracciare Harry. "Sei arrivato presto!"

Lui annuì "Come sta? Com'è andata l'operazione?" indicò la porta chiusa "Posso entrare?"

"Sì, puoi entrare. Tra un po' passerà il dottore..." lo informò ed Harry annuì, incamminandosi verso la stanza. Aprì la porta e venne investito immediatamente dal forte e fastidioso odore di disinfettante che lo fece subito sentire debole. Stupidi ospedali! Aveva sempre odiato quei luoghi.

Le pareti della stanza erano per metà azzurre e per metà bianche. C'erano due poltrone, due comodini e due letti, uno dei quali era occupato da Louis. Il ragazzo aveva le mani congiunte sul grembo e il viso rivolto verso la finestra, con lo sguardo perso chissà dove.

Harry tossicchiò per avvertire Louis della sua presenza, ma non bastò. Così si avvicinò al letto e poggiò una mano sulla spalla di Louis per riscuoterlo dai pensieri e quest'ultimo si voltò di scatto come spaventato. "Hey, sono io" sorrise rassicurante Harry.

Louis sembrò rilassarsi, ritrovando quel senso di familiarità dopo settimane, ma non sorrise "Haz..." aveva un broncio da far invidia a Matt quando gli veniva vietato di giocare alla playstation o di mangiare tante merendine. Aveva gli occhi lucidi ed Harry percepì la tristezza e la preoccupazione attraverso quelli. Il riccio gli prese la mano e intrecciò le loro dita in modo da far capire a Louis che lui ci sarebbe sempre stato, sarebbe stato al suo fianco anche in quella situazione e che l'avrebbero superata insieme. Guardò verso i piedi del letto e si accorse che la gamba destra di Louis fosse quasi interamente ricoperta dal gesso e tenuta appena in alto da un cuscino.  

Gli accarezzò i capelli e asciugò la piccola lacrima che aveva deciso di cadere giù dagli occhi di Louis. Harry non sopportava proprio vedere il suo uomo in quel modo, così si accovacciò per lasciargli infiniti baci sulla guancia per tranquillizzarlo: in quel momento non servivano affatto le parole, loro due parlavano con i gesti.

Il dottore però interruppe la loro intimità irrompendo nella stanza, tenendo in mano una cartellina blu, piena di fogli. "Salve," disse avvicinandosi e sistemando i suoi occhiali dalla scura montatura con un dito "io sono il dottor Morrison" strinse la mano ad Harry. "Lei è il compagno del signor Tomlinson?"

"Sì, sono suo marito" rispose serio. 

Il dottore annuì e "Potrei parlare con lei, da soli?" chiese, indicando il corridoio. Così Harry lo seguì, non prima di aver regalato un sorriso incoraggiante a Louis.

"Mi dica, com'è andata l'operazione? Mi può spiegare la situazione?" domandò, dopo essersi seduti su due sedie poco lontane dalla stanza. 

"Come credo le abbiano già detto, l'impatto è stato molto grave, l'arto si è gonfiato e si è evidentemente deformato," iniziò "quindi siamo dovuti intervenire subito applicando il gesso ricoprendo l'articolazione prossimale, il ginocchio, e quella distale, la caviglia, per immobilizzare correttamente la tibia" 

Harry annuì attento ad ogni singola parola. "Per quanto tempo deve tenere il gesso?"

"Non dovrebbe essere tenuto per un periodo superiore alle dodici settimane per evitare che la caviglia si irrigidisca gravemente" abbassò lo sguardo verso la cartella medica "Dopo ciò, il gesso deve essere sostituito da un tutore" 

"E dopo quanto tempo potrà tornare a camminare?" chiese Harry preoccupato.

"Non prima di un mese e mezzo-"

"Insomma, dottore," lo interruppe bruscamente "ciò che vorrei sapere io è se Louis tornerà a giocare" perché effettivamente era quella la cosa importante. Il calcio era molto importante per Louis e pensare che probabilmente non sarebbe tornato a giocare fece rabbrividire Harry.

L'uomo annuì "Per tornare a praticare un'attività sportiva è necessario attendere la calcificazione dell'osso che non avviene prima di trenta giorni, se non di più, e una completa riabilitazione. In ogni caso, signor Tomlinson, al giorno d'oggi vengono utilizzate ingessature e supporti che vanno ad immobilizzare l'arto per il periodo strettamente necessario alla formazione del callo osseo. Infatti, completato il processo di riparazione, rimuoveremo il supporto permettendo così di iniziare a mettere in movimento la gamba del paziente" spiegò. "Tutto dipende da Louis, dovrà mostrare molta determinazione durante queste settimane"

"Quindi cosa dovremmo fare?"

"Dovrete tornare qui ogni mese per fare le radiografie alla gamba" poi strappò un foglio dalla cartella e lo passò ad Harry. "Dopo i trenta giorni consigliamo di fare degli esercizi di tonificazione in isometria, cioè contrarre l'arto a intervalli di un minuto all'interno della gessatura. In seguito, tolto il gesso, si possono fare esercizi di tonificazione e rinforzo della caviglia e della gamba, ma questi magari li consiglierò solo dopo aver visto le radiografie tra un mese, okay?"

"Grazie dottore" si strinsero la mano e l'uomo andò via.

 

Da quel momento era passata una settimana. Louis aveva ricevuto un sacco di telefonate da parte dei suoi figli, Niall, Sophia, gli altri suoi compagni di squadra, Anne e Jay -le quali avevano visto tutta la scena in televisione e si erano subito premurate di conoscere le condizioni del ragazzo.

Nel frattempo, avevano firmato per uscire in anticipo dall'ospedale perché a Louis cominciava a dare fastidio quel materasso scomodo e quell'odore di disinfettante mischiato ad alcool. 

"Ho il culo quadrato" disse bruscamente Louis, entrando in casa, accompagnato da Harry. Il riccio lo adagiò sul divano, ma Louis scattò e gli ordinò di portarlo in camera sua.

"Lou, vuoi qualcosa da mang-"

"No, voglio stare da solo"

Harry sospirò e annuì chiudendo la porta della stanza alle sue spalle e scendendo al piano inferiore. In quei sette giorni Louis era entrato in uno stato di rassegnazione: pensava che non potesse più tornare a giocare a calcio e questo pensiero lo torturava. Nessuno era riuscito a fargli cambiare idea. Diceva che non c'era bisogno di prenderlo in giro e riempirlo di false speranze perché lui conosceva perfettamente quel tipo di frattura ed era abbastanza grave. A causa della sua testardaggine, quindi, non collaborava, restava tutto il giorno a letto sotto le coperte, chiuso nella sua stanza. Mangiava pochissimo e spesso se la prendeva con Harry. Louis sembrava spesso una donna in piena depressione post-parto. 

"Lou?" Harry bussò piano alla porta, così non l'avrebbe svegliato in caso il liscio stesse dormendo. "Louis?" riprovò. "Matt vuole parlare con te" infatti nell'altra mano teneva il cellulare con la chiamata aperta.

"Non voglio parlare con nessuno" urlò dall'interno e a quel punto Harry sperò che Matt non avesse sentito perché ci sarebbe stato davvero male. Quindi sospirò e tornò al piano di sotto "Amore," portò il cellulare all'orecchio e chiamò suo figlio "papà al momento sta dormendo, magari ti chiamo io più tardi, va bene?"

"Va bene papà, quando si sveglia digli che gli voglio bene, okay?"

Ed Harry quasi pianse. "Va bene, piccolo. Tu invece dai un bacio a Sky, buonanotte" e chiuse la telefonata.

Sospirò, chiuse gli occhi e si lasciò andare sul divano, esausto. In quella settimana aveva davvero fatto di tutto per Louis, ma lui non sembrava apprezzare. Anzi. Lo trattava male, come se fosse colpa sua il fatto che un fottuto ignorante gli fosse finito sulla caviglia. Non era colpa sua se avrebbe dovuto stare fermo per più di un mese. Jeff era più rassegnato di lui.

I suoi pensieri vennero interrotti dalla suoneria del suo cellulare. Xander.

"Pronto?"

"Hey, Har. Come sta Louis?"

"Male," disse sincero "è stato un brutto colpo"

"L'ho visto... mi sono anche impressionato" Harry annuì, non pensando al fatto che Xander non potesse vederlo. Quindi il ragazzo, sentendo il silenzio dall'altra parte, continuò a parlare. "E tu come stai?"

"Potrei stare meglio, tu invece? A lavoro?"

"Proprio per questo ti ho chiamato... Quando torni qui?"

"Xan, io non lo so. Non posso lasciare Louis in queste condizioni" mormorò.

"Comprensibile," rispose "te l'ho chiesto perché se mi dici quanto tempo starai lì potrei gestire il lavoro, chiamando magari qualche sostituto momentaneamente"

Harry ci pensò su "Minimo altre due settimane. Dopo penso di tornare"

"Okay, Har. Spero che Louis si rimetta presto. Ciao"

Si guardò intorno e poi andò in cucina per preparare il pranzo. Aprì il frigorifero e fece una smorfia per la mancanza di prodotti. Così decise di andare al supermercato; non avvertì nemmeno Louis, tanto non lo avrebbe ascoltato.

Un'ora più tardi, quando rientrò in casa, quasi non gli prese un infarto e non gli caddero tutte le buste a terra.

"Louis, dannazione, che ci fai in piedi?!" Il liscio infatti era in cucina, in punta di piedi, mentre cercava di prendere qualcosa dallo sportello in alto. Dallo spavento, Louis scivolò rovinosamente a terra, portando sopra di sé una bottiglia di birra. "Dio, Louis!" Harry corse ad aiutarlo, spaventato per le condizioni della gamba.  "Sei impazzito tutto d'un tratto?" urlò, aggrottando la fronte, prendendolo in braccio e facendolo stendere sul divano -perché la gamba non poteva stare momentaneamente in verticale.

"Volevo solo della birra" borbottò senza guardarlo.

"Potevi aspettare me" ribatté Harry.

"Peccato che sei uscito senza avvertirmi" lo guardò male.

"Certo," rise sarcastico "come se mi avresti ascoltato" scosse la testa. "E poi ti è venuta improvvisamente sete?, dopo una settimana?"

"Sì, problemi?"

"Certo che sì! E' una settimana che mi sbatto per te, per farti mangiare, che mi prendo cura di te. Ho preso pure due settimane di ferie per stare qui, insieme a te"

"Non te l'ha chiesto nessuno"

"Spero tu stia scherzando" sgranò gli occhi.

"No, affatto! Mi trovo in queste condizioni del cazzo, non migliorerò e dovete lasciarmi stare tutti!" si alzò improvvisamente dalla sedia, impugnando le stampelle lì vicino, e cercò di tornare in stanza.

"Dove vai adesso?"

"Torno a letto!" urlò. Quindi Harry gli si avvicinò, apprensivo, per aiutarlo, ma ricevette una spinta da parte di Louis "Ce la faccio anche da solo" disse, lasciando Harry di stucco, in fondo alle scale.

La mente del riccio, in quel momento, era un affollamento di vari pensieri. C'era rimasto male, com'è che Louis non comprendesse quanto stesse sbagliando con i toni e i gesti? Harry non comprendeva molte cose, ma una di queste l'aveva capita: doveva aspettare che Louis placasse la sua rabbia sfogandola proprio su Harry, come se quest'ultimo fosse un sacco da boxe e Louis un pugile. Quindi Harry doveva lasciarsi colpire fino a quando Louis non si fosse stancato.

 

Da quel giorno erano passati parecchi giorni -Harry non sa dire quanti esattamente- tutti nella stessa maniera. Così, come se non fosse successo nulla, Harry si alzava dal divano sul quale dormiva, andava in cucina a preparare la colazione per lui, Jeff e Louis, poi preparava un vassoio con tutte quelle delizie e andava a bussare in camera di Louis -che puntualmente lo mandava via a parole. Ma, nonostante quel comportamento lo facesse innervosire, Harry non si lasciava scalfire da nessun insulto, come se questi fossero acqua ed Harry invece olio. Non si mischiavano mai e scivolavano su di Harry senza alcuna difficoltà. 

Jeff spesso lo guardava con compassione, ma Harry gli rispondeva con un sorriso. Molte persone al suo posto sarebbero scappate via, sicuramente. Ma lui no.

Quelle azioni si erano appena ripetute quella mattina e lui e Jeff si trovavano in corridoio, al piano superiore, proprio vicino la stanza di Louis. "Sei davvero un bravo ragazzo, Harry" aveva mormorato Jeff. "Louis si accorgerà presto che si sta comportando male nei tuoi confronti"

E Louis, all'interno della sua stanza aveva sentito perfettamente quella frase. Fece forza sulle sue braccia e si alzò, poggiando la schiena sulla testiera del letto. Sospirò e guardò la sua stanza. Il suo sguardo venne catturato immediatamente dalla rosa rossa che stava sul suo comodino: non si era neanche accorto della sua presenza e si sentì immediatamente stupido perché non aveva nemmeno ringraziato Harry per la rosa e in generale per tutte le sue cure dedicategli in quelle due settimane. 

Sì, si sentì davvero una merda. Quella persona orribile non era affatto lui. Come poteva insultare il proprio marito? Come poteva incolparlo dell'accaduto? Come poteva giustificare il suo comportamento? Continuava a ferire Harry in qualsiasi modo e lui, però, rimaneva al suo fianco. Aveva scaricato il suo stress e le sue preoccupazioni su di lui e gli sembrò immediatamente sbagliato, insultando ancora se stesso per essere così coglione. 

Doveva scusarsi con Harry, adesso

Scostò le coperte dal suo corpo e lentamente spostò le sue gambe fuori dal letto. Prese le stampelle e, con uno scatto, si alzò barcollando appena. Stabilito l'equilibrio, saltellò verso la porta, la aprì e, non trovando nessuno, si decise a scendere al piano inferiore. 

Harry, vedendolo, si preoccupò "Louis!" lo rimproverò con lo sguardo. "Non dovresti muovere la gamba!"

"Smettila!" urlò "Perché sei così?" chiese guardandolo negli occhi.

"Così come?" domandò confuso.

"Così te! Perché non sei andato via? Perché sei ancora qui, dopo averti trattato male ogni santo giorno?" chiese quasi esasperato. "Dovresti odiarmi"

Harry allora, capendo ciò che volesse dire Louis, sorrise impercettibilmente e gli si colorarono le guance di rosso. Si intenerì e protese una mano verso quella di Louis, per farlo avvicinare in qualche modo. Portò l'altra mano libera sul viso magro del liscio e gli accarezzò una guancia "Perché io ti amo, Louis" rispose semplicemente "Ti amo più della mia stessa vita. Ti amo così tanto che sono disposto ad affrontare qualsiasi cosa" continuò ad accarezzarlo e a Louis gli si inumidirono gli occhi. "Non potrei mai odiarti, ho capito subito che tu avessi bisogno di sfogarti e ti ho lasciato fare" sorrise "Amore non significa dividere, ma condividere ed io ho deciso di condividere e prendermi un po' della tua frustrazione e paura. Ho cercato di immedesimarmi in te, so cosa ti fa rabbia, cosa ti impaurisce e ti preoccupa. Ma devi lasciarti aiutare, non puoi fare di testa tua. non puoi rassegnarti, ma anzi devi reagire e dire 'io tornerò a giocare'" gli strinse la mano "Perché, Louis, tu tornerai a giocare, devi fidarti di me" 

E a quel punto Louis divenne una fontana. Lasciò cadere le stampelle e si fiondò sul collo di Harry per abbracciarlo forte. "Scusami, scusami, scusami" singhiozzò "Sono un coglione, mi sento una merda" 

"Hey hey hey, smettila" Harry strinse le sue mani intorno ai fianchi di Louis e gli baciò il collo. 

Ma il liscio non lo ascoltò "Non ti ho nemmeno ringraziato per quello che hai fatto per me e per la rosa che mi hai lasciato. Scusami, amore!"

Ma Harry non ce l'aveva con lui, assolutamente. Ma annuì comunque, per farlo calmare "Va bene, ma la smetta di piangere, signor Tomlinson" rise, contagiando Louis. "Che ne dici di iniziare una lunga sessione di coccole?" chiese, stampandogli un bacio sul naso e guardandolo intensamente negli occhi.

"Non posso rifiutare" sorrise. Prima che però salissero al piano superiore, Louis continuò a parlare "Hey, Harry..." il riccio si voltò verso di lui e attese "...ti amo così infinitamente tanto!"

E sigillarono quelle parole con un casto bacio.

   
 
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