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Autore: Io_amo_Freezer    15/07/2016    0 recensioni
In una normale serata Newyorchese, una ragazza con un passato tormentoso alle spalle farà un incontro inaspettato con quattro tartarughe mutanti, una delle quali la colpirà profondamente ma sarà solo una cotta o ne uscirà fuori qualcosa di più?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Libertà
Era passato un anno dall'ultima volta che misi piede a New York. Dall'ultima volta che vidi quegli occhi azzurri, che lo sentì ridere, che lo vidi rincorrermi per fermarmi, per impedirmi di andarmene. E mi chiesi, cosa mai mi avrebbe detto, se fosse riuscito a prendermi, quel lontano giorno di cui, oramai ne conservo solo un amaro ricordo.
Ero cambiata in quei lunghi mesi; ero diventata un po' più alta, e mi ero tagliata i capelli dietro, fino a sopra la gola, solo alcune ciocche, davanti, erano più lunghe, mentre quella che mi copriva l'occhio destro non c'era più. Non ne avevo capito bene il motivo, forse perché ero cresciuta, e, forse anche per via del mutageno ancora in circolo nel mio corpo, ma, i miei capelli, le mie orecchie e la mia coda avevano cambiato colore, divenendo grigi; come il mio attuale stato d'animo. 
Sospirai afflitta, durante quell'anno avevo visitato posti che non credevo potessero esistere, luoghi bellissimi; alcuni troppo caldi, altri freddissimi, e avevo sempre continuato a ripetermi nella testa che ne valeva la pena. Era così grande la Terra, così bella, così fantastica.
Ma, durante i miei viaggi, un senso di vuoto continuava a impregnarmi il cuore, pesava come un macigno e faceva male da impazzire. Lo avevo capito, non ero felice e non lo sarei mai stata, non senza di lui. Ma continuai a visitare il mondo; infondo, lui mi aveva detto che mi avrebbe aspettato, lui mi conosceva bene, sapeva che con me bisognava essere pazienti. E così continuai il mio viaggio, pieno di avventure e di scoperte, e per rassicurarmi mi ripetevo ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che mi avrebbe aspettato, che avrebbe mantenuto la promessa. ed io lo avrei raggiunto fra un anno. 
Ed ora eccomi qui, seduta sul tetto di un palazzo, in mezzo alla neve, e con un cielo stellato che mi sovrastava, come quel giorno, quando mi baciò la prima volta. Avevo scelto oggi per un motivo speciale; era il mio compleanno, il due Dicembre. E volevo festeggiarlo con lui, passandolo, forse a dire mille scuse per la mia interminabile assenza, dolorosa per entrambi. Lo osservai, mentre rideva e scherzava con i suoi fratelli, sembrava.. felice, non come l'ultima volta che lo avevo visto, prima di andarmene. Vederlo lì, a sorridere, a scherzare, mi fece sentire bene, contenta per lui, anche se, solo in parte. Mi morsi il labbro inferiore, mentre mi si strinse il cuore, e lasciai scivolare le prime lacrime sul mio viso, congelato per il freddo. Non potevo guardare oltre, faceva così male, ma non riuscivo nemmeno a distogliere lo sguardo. Non dopo tanto tempo a immaginarmelo nella mia mente, era proprio come lo ricordavo; così carino, così tenero e, così dannatamente lontano.. Quello che ci separava, ormai era solo un abisso, troppo profondo e buio per poter guardarci dentro, e troppo largo per poterlo attraversare con un salto. Tutto quello che avevamo passato, si era sgretolato sotto i miei passi, ogni volta che mi allontanavo sempre più da lui; ed erano finiti lì dentro, in quell'abisso di oscurità e solitudine.
Ero tornata perché non mi sentivo né felice e né libera. Infondo, era davvero quella la libertà che cercavo? Vagare da un posto all'altro senza una meta? No. Sopratutto perché una meta l'avevo, come, anche la mia libertà.. Si trovavano tutte in quegli occhi, quegli occhi azzurri che mi avevano rapito la prima volta che gli avevo visti. E forse, a lui avevano colpito i miei, ma ora non era più così, ora appartenevano ad un'altra. Una ragazza, lì con lui; vestita con una strana armatura blu, con dei guanti che arrivavano fino ai gomiti, e dei pantaloni azzurri, larghi, con dei tacchi. Aveva anche un mantello, uno strano casco, ed uno scettro con la punta a forma di tridente. Prima mi ero avvicinata, silenziosamente, per fargli una piccola sorpresa; anche se non erano esattamente da me queste cose, ma poi, gli avevo visti, ed era come se mi fosse crollato il mondo addosso. Lei lo aveva baciato, e lui l'aveva guardata con quegli occhi, con cui prima guardava me. Avevo sentito poco, ma penso si chiamasse Renet.
Lui, forse mi aveva davvero aspettato. All'inizio. Però, ora il suo cuore apparteneva a lei, che non lo avrebbe mai lasciato, a differenza di come avevo fatto io. Ma poi, cosa sarebbe cambiato? Se sarei rimasta di certo le cose non sarebbero cambiate a come sono ora, mi sono solo risparmiata una storia che avrebbe finito col distruggermi con l'arrivo di quella lì. Non molto diversamente a come mi sento ora, però. L'unica cosa che sarebbe cambiata, e che avrei avuto più ricordi, con lui, su cui piangere. 
Chinai il capo, rivolgendolo alle macchine, mentre le lacrime continuavano a scorrere, copiose. Erano le prime che avrei versavo in vita mia, e, mi promisi che sarebbero state anche le ultime. La neve aveva iniziato a raccogliersi su di me e sentivo freddo, con quel vestitino bianco che ero riuscita a rubare non potevo pretendere altro; partiva dal petto per arrivare fino alle cosce, ma non mi importava, il freddo non poteva nulla contro il dolore straziante che provavo dentro, in questo momento. Sentivo un nodo alla gola, mentre delle fitte di dolore arrivavano al petto, dove c'era quel cuore, già abbastanza in frantumi. Mi aveva spezzato, mi aveva rotto, aveva rotto l'unico pezzo del mio cuore rimasto intatto, ma lui avrebbe sempre avuto un posto lì dentro, e anche nei miei pensieri, dove risiedevano quei brevi, ma densi ricordi. Sempre. Sarebbe rimasto in me, come quell'unico bacio che ormai sapeva solo di addio, un addio mai voluto e mai pronunciato. Lo avrei amato. Sempre, e per sempre. Mi alzai, volgendo un ultimo sguardo a lui e ai suoi sorrisi, che ormai non erano e non sarebbero mai più stati diretti a me. Volsi poi, lo sguardo alla luna e a quella luminosità lucente che emanava e che sentivo sulla mia pelle fino a penetrarmi nelle ossa, mentre avvertivo degli occhi su di me, forse i loro, forse i suoi. Mi parve anche di sentire una voce che chiamava il mio nome, ma non mi voltai, perché farlo? Per soffrire ancora? No, grazie. E scomparì nella notte, diretta verso una casa immaginaria e che non avevo, accompagnata dai rumori delle macchine e dal caos della città, mentre, ad ogni passo che facevo, su quel tetto mi sentivo morire dentro. 
E' assurdo, sono stata una completa idiota. Davvero credevo fosse possibile stare insieme a quattro tartarughe e un topo mutanti, pensando che mi volessero lì? Era ovvio che si annoiaserro con me, che alla prima occasione mi avrebbero scaricato sul ciglio della strada. Sembravano volermi lì, sembrava che lui mi volesse, e invece.. Mi ero sentita accolta, per un attimo, come mai mi era capitato in vita mia, a casa. Per qualche ragione avevo sentito di essere proprio dove dovevo essere, lì, con loro. Ed invece mi sbagliavo, e quanto mi sbagliavo. Lo sapevo, non era il mio posto, e ormai, non avevo più niente per cui vivere, nemmeno per me stessa. Mi sporsi dal tetto del palazzo, guardando il vuoto sotto di me, mentre il mio piede avanzava, propenso ad precipitare verso il nulla. Mi sentivo vuota, e sapevo che quello era l'unico modo per sentirmi, finalmente libera. Osservai il cielo, mentre il tetto si faceva sempre più lontano da me, e degli occhi, di diverso colore mi fissarono sconvolti, ma mi soffermai su quegli azzurri. Mi guardavano colpevoli, e colmi di lacrime. Mi lasciai sfuggire un sorriso; erano ancora bellissimi. Quello sarebbe stato il mio ultimo ricordo di lui, prima del buio.
Lo amavo troppo, per vivere senza di lui, e lo amavo troppo per vivere, sapendo che il suo cuore non mi apparteneva più. Anche se, alla fine avevo avuto ragione io.   
Non avrei dovuto fidarmi.
The End
  
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