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Autore: AuraNera_    16/07/2016    2 recensioni
I Pokémon Leggendari non possono scomparire. I Guardiani devono salvaguardarli. Ma il prezzo potrebbe essere troppo alto.
Dal capitolo uno:
“Tutto in me è bianco. Bianca la pelle. Bianchi i capelli. Bianche i vestiti che indosso. Solo i miei occhi interrompono il monocrome che mi compone. Il bianco è un colore vuoto, per questo mi caratterizza. Ma, come un foglio bianco, spero che anche la mia anima venga colorata con nuove emozioni derivanti da questo viaggio. Un viaggio che mi porterà lontano. Mi chiamo Ayumi Sato. E sono la prima guardiana delle leggende.”
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 38 – Freddo Vuoto

 

_Vetta Lancia_

 
Dal grigio si passò al bianco.
La neve cadeva copiosa coprendo tutto e rendendo difficile osservare i dintorni. I fiocchi cadevano lenti e vorticanti dal cielo e si depositava sulla pelle dei Guardiani facendoli rabbrividire.
Solo coloro i quali avevano un’aura forte avevano attraversato il Portale che Lugia aveva aperto loro per il Vetta Lancia, unico luogo ancora accessibile liberamente. Dunque erano soli in pochi: Ayumi, Kurai, Seir, Shirley e Marisio.
“Dove siamo?” chiese la Guardiana di Latias, urlando in modo da far sentire la sua voce al di sopra del forte suono causato dal vento e dai fiocchi di neve che si schiantavano sui compagni già a terra.
Ayumi si avvicinò al resto del gruppo perché la sua esile voce potesse essere udita. “Siamo poco sotto al Vetta Lancia” rispose.
“Perché non direttamente lì?” domandò Kurai, accigliato.
“Il Vetta Lancia è il luogo sacro, vi è situato il tempio dove gli antichi adoravano i Primordiali. È un posto che collega il nostro mondo alle loro dimensioni, ma non deve essere disturbato da apparizioni improvvise. L’intera scalata del Monte Corona è una prova. Il Monte stesso fa parte del tempio, è il tempio” rispose l’albina.
“Quindi è solo per una stupida questione di galateo?” sbottò Seir, scocciata.
“No, c’è proprio una barriera imposta dal Trio dei Laghi, Mesprit, Azelf e Uxie. Un sigillo che è composto in tre parti; ognuna di esse custodita in una delle tre grotte delle isole sommerse nei laghi. Fidatevi, in qualunque caso non sarebbe possibile. Ghecis deve avere affrontato il Monte e Pure deve essere qui da qualche parte!” replicò la Guardiana di Articuno.
“Andiamo alla Vetta intanto, prendiamolo come punto di partenza!” esclamò Marisio e tutti annuirono, iniziando a camminare nella neve, arrancando.
Sentivano il peso schiacciante dell’impotenza quasi totale che incombeva su di loro: avanzare non era mai sembrato così difficile. Erano così attaccati ai poteri dei loro Leggendari che non riuscivano a immaginare alternativa ad essi. Eppure continuavano ad avanzare, perché era tutto ciò che erano sicuri di poter fare.
Era il loro destino, vivevano per quello.
Raggiungere la grotta fu un sollievo nonostante per qualche istante non riuscirono a distinguere il percorso nella penombra.
“Non possiamo perdere tempo” sussurrò Marisio, e fece scaturire una pallida luce bianca dal suo corpo, debole, ma sufficiente per illuminare la strada. Si misero a correre su per una lunga scalinata, nonostante le loro gambe affaticate dalla scarpinata nella neve protestassero e il iato venisse ogni secondo meno. Corsero verso quel passaggio, quell’uscita che vedevano dinanzi a loro, in alto, sempre più vicina.
Quando la varcarono, Ayumi capì che erano arrivati tardi. La neve cadeva copiosa anche lì, evento raro ma non impossibile, abbondante ma farinosa, non attaccava più di un millimetro, rendendo riconoscibile le rune e i disegni sull’antico lastricato di pietra.
Tutti avanzarono per cercare un segno, qualcosa, qualunque cosa fosse utile per loro, socchiudendo gli occhi per tentare di scrutare attraverso la tormenta nevosa. Tutti tranne Shirley che era rimasta immobile a guardarsi attorno.
“Voi non sentite queste voci?” chiese piano. Ciononostante tutti la sentirono, perché il silenzio che caratterizzava quel posto era sempre lo stesso, immobile e perfetto.
“Shirley, non ci sono voci” disse Seir avvicinandosi all’amica che fissava i dintorni con i suoi grandi occhi azzurri, striati d’oro. Poi, come se avesse ricevuto l’illuminazione, rivolse il suo sguardo a terra.
“Eccoti” mormorò, inginocchiandosi e prendendo tra le mani qualcosa, qualcosa di piccolo, bianco e nero, caduto sopra alla raffigurazione del Flauto Cielo.
“Quello è... il pendente di Natalie...” mormorò Ayumi, riconoscendo la collana della Guardiana di Zekrom che lei stessa aveva donato alla figlia in punto di morte. Ti aiuterà, aveva detto. Chissà che non lo facesse sul serio.
No. Non avrebbe aiutato Pure. Nulla poteva più aiutare la ragazza.
“Ragazzi... questa collana...” sussurrò Shirley. Poi i suoi occhi si illuminarono di una luce candida e una bolla avvolse i cinque ragazzi, esattamente come era successo con la visione di Anneke. Solo che fu diversa.
Erano tutti immobili con gli occhi spalancati, incurante che la neve s’infiltrasse loro nella palpebre, anche perché qualunque sensazione tattile, olfattiva e uditiva loro era cessata. Sembrava essere nel corpo di qualcun altro.
Un buio improvviso prese i loro occhi.
 

Freddo. È tutto buio.
“Sei stata brava Pure”.
Sono stata brava? Davvero? ...ma cosa ho fatto? Non me lo ricordo.
“Chissà quanto ci metteranno quegli sciocchi Guardiani a capire ciò che è successo ed agire di conseguenza”
Già, chissà quanto ci metteranno. Ma chi sono i Guardiani? Amici miei? Sì, certo. Ma allora perché li sta sbeffeggiando? Io...
“Ora è semplice, figlia mia”
Torno da loro? Posso andare... volare?
“Tu resti qui. E tieni il Cuore di Arceus con te”
...ma io voglio volare via... ma sarò brava. Resto qui. La testa mi pesa. È così difficile pensare. Fa sempre più freddo, come se venisse da dentro. Sono stanca.
“Difendilo a costo della vita”.
Non riesco ad oppormi a questo freddo vuoto che mi sta mangiando da dentro. Non fa male però... cosa stavo pensando? È così difficile... pensare...
“Grazie, Pure, figlia mia. Almeno tu non sei stata un totale fallimento. Addio”.
...sono sola. Sola e... fa freddo... ragazzi... aiu..to...
“...”
Mi dispiace... perdonatemi... e... ad..d..io...
 

Così come era iniziata, la visione sparì.
“Che... che diamine era...?” sussurrò tremante Shirley, perdendo la presa sul pendente.
“Era Pure... non è riuscita ad opporsi” sussurrò Ayumi, guardandosi attorno. “Lei era qui... ma adesso...” scosse la testa.
“Dobbiamo trovarla” decretò serio Marisio.
“Come la mettiamo con lei che non si tiene neanche in piedi?” replicò secco Kurai, indicando Shirley. Seir s’infervorò iniziando a strepitare.
“Beh, scusami tanto se ha appena avuto una visione! Non siamo abituati alle nostre personali capacità, io, tu e lei. Non fare tanto il saputello-“
“ADESSO SMETTETELA”. L’ordine di Ayumi risuonò categorico nell’aria e i ragazzi si voltarono a guardarla. “Non abbiamo il tempo per litigare come dei bambini. Dobbiamo recuperare il Cuore, e dobbiamo farlo alla svelta. Senza contare che Natural è qui fuori, da qualche parte, abbandonato a se stesso. Morirà se non lo aiutiamo, poco ma sicuro, sempre che non lo sia già”.
I ragazzi rimasero qualche secondo a guardarsi, poi Kurai sospirò.
“D’accordo. Sei tu quella che sa le cose. Parla. Cosa dobbiamo fare?” chiese in un ringhio irritato, in un tono quasi di sfida.
“Shirley resta qui fino a che te la senti. Qualcuno deve rimanere con lei, non si sa mai cosa può succedere in questo momento... potrebbe esserci una trappola” cominciò a rimuginare ad alta voce l’albina.
“Resto io” disse subito Seir.
“Va bene. Noi iniziamo le ricerche... se iniziate a muovervi prima comunicatecelo... o almeno provateci. Noi intanto andiamo” concluse la Guardiana dei Venti Gelidi.
“Fate attenzione” mormorò in risposta Shirley. Con un brava cenno d’intesa, i tre si allontanarono e rientrarono nella grotta.
“Torniamo dove eravamo prima. Più che là non credo possa essere andata, è un nascondiglio perfetto, con tutta la neve che c’è. Inoltre è un luogo aperto, è perfetto per un eventuale assalto” propose Marisio, serio in volto e a mente lucida.
“Sono d’accordo... anche se dubito che Pure possa aver pensato a tenderci un agguato” rispose Ayumi.
“Perché?” chiese seccamente Kurai, mentre i primi fiocchi di neve arrivavano da loro, trasportati fin lì dalla corrente che si veniva a creare.
“Ormai è in preda alla follia. Non pensa in modo fluente e strategico ma... agisce, semplicemente. Quando ci vedrà, quando la incontreremo, potrebbe rimanere a studiarci, fissarci immobile e saltarci al collo provando ad ammazzarci a mani nude. Potrebbe fare qualunque cosa” rispose Ayumi, mentre l’ultima sillaba che aveva pronunciata si confondeva con il rumore del vento e lei stessa sembrava disperdersi nella neve, per colpa dei capelli candidi e la pelle nivea.
I Guardiani iniziarono ad arrancare nella neve alta come poco prima, scivolando giù per i dislivelli del terreno e inciampano nei gradini scavati nella roccia resi invisibili dal manto candido. Dopo appena dieci minuti erano fradici e tremavano sotto il tocco freddo dei fiocchi e i graffi del vento infuriato.
Ayumi non ricordava il freddo. Non lo aveva mai provato, in realtà. La parte di Articuno in lei glielo aveva sempre impedito, difendendola dai morsi gelidi delle basse temperature e condannandola al tempo stesso alle calure estive, davvero pesanti per lei. Ma il gelo, mai. E la ragazza non si sarebbe mai aspettata una tale furia e un dolore così... diverso da quello tradizionale al quale era stata, volente o nolente, abituata. Era intorpidita e  irrigidita, le cose più lievi non le percepiva, ma i contatti abbastanza vigorosi da poter essere considerati urti si facevano sentire più dolorosi del normale. Improvvisamente si sentì sola, dispersa in quello che una volta era stato il suo potere. Con gli occhi stralunati e spaventati si guardava attorno, nella tormenta, tremando per la paura.
“Kurai!”. Fu la voce di Marisio a riscuoterla dai suoi pensieri che le erano sfuggiti dal controllo. Era indubbiamente più difficile controllare l’Aura Impura senza il supporto della sua controparte Leggendaria. Quanto si era affidata ad Articuno in tutti quegli anni?
“Cos’è successo?” chiese al Guardiano dell’Aura, alzandosi sulle punte per parlargli senza che il vento trascini via inesorabilmente le sillabe da lei pronunciate senza che l'altro le cogliesse.
"Kurai è inciampato ed è ruzzolato giù per questo burrone" le rispose urlando lui, mentre qualche metro più avanti e in basso, una sagoma scusa si innalzava dalla neve, per poi avvicinarsi ai due. Indicò la base ai loro piedi e urlò qualcosa, che però non udirono. La neve era troppo fitta per riuscire a leggere le labbra del ragazzo. Marisio fece un cenno di diniego e Kurai salì piano quelli che dovevano essere gradini coperti dalla neve zoppicando appena.
"C...os...l..e..viv..!" urlò di nuovo il ragazzo, sembrando agitato, poi si voltò e indicò qualcosa dietro di lui. "C.. sc...ang..cad..az..n..sco!" riprese. Sembrava parecchio agitato.
Ayumi si accucciò in fretta nel punto in cui, a giudicare dai segni impressi nella neve, il Guardiano degli incubi era inciampato, ma non vide niente che lo potesse allarmare, era tutto bianco. Con la mano incerta e tremante, iniziò a grattare nella neve fino a che non si accorse di qualcosa di molle e impercettibilmente più caldo a contatto con le sue dita intorpidite. Sembrava un corpo...
Era un braccio, coperto da quella che sembrava una camicia, o una maglia, bianca. Per quello Ayumi non aveva visto subito la persona sotto ai suoi occhi. Iniziò a spostare la neve più in fretta che poté, ignorando momentaneamente i due ragazzi quando riconobbe una ciocca di capelli verdi fuoriuscire dallo spesso manto bianco e congelato. Spaventata, l’albina afferrò quelle che pensava fossero le spalle di Natural e provò a tirarlo fuori dalla neve, ma il corpo apparentemente privo di vita e ancora mezzo sepolto era troppo pesante per le sue esili braccia. I fiocchi di neve che le colpivano gli occhi le impedivano di verificare con più lucidità la situazione. In generale, tutte le circostanze erano per lei distorte per l’assenza di Articuno e drammatiche per gli avvenimenti che scorrevano troppo in fratta. L’ansia le accelerava il respiro e il battito cardiaco, e lei era spaventata anche dalle sue stesse reazioni.
Le braccia forti del Guardiano dell’Aura comparvero con suo campo visivo, allontanandola gentilmente ma decise dal corpo di N per poi afferrarlo e tirarlo fuori dalla neve con qualche strattone vigoroso. “Vai da Kurai!” le disse, me lei non si mosse, in preda al panico. “Ayumi!” la chiamò di nuovo. L’albina fece qualche passo incerto verso il punto nel quale avrebbero dovuto esserci delle scale scavate nella pietra. Nel frattempo, la sua mete aveva tradotto le sillabe frammentate che il Guardiano degli Incubi aveva pronunciato poco prima. C’è qualcuno lì, ed è vivo! aveva gridato.
Immersa nei suoi pensieri, fece un passo falso e scivolò sopra il ghiaccio reso invisibile dalle intemperie, scivolando giù per la scarpata e battendo le ginocchia. Prima di finire con la faccia nella neve fu afferrata al volo da Kurai. “Che cavolo fai?” le ringhiò scocciato e sull’orlo di un’apparente isteria. Tuttavia si ricompose quando osservò meglio la ragazza, tremante e innaturalmente pallida, le labbra viola e gli occhi persi nel vuoto con ancora un briciolo di lucidità che le impediva di scivolare nel’oblio. Una perenne e impegnativa battaglia con se stessa. Sbuffando la aiutò a raddrizzarsi, afferrandola per la pelle scoperta delle braccia. Era gelida, della stessa temperatura della neve. “Guarda là” le disse, scacciando quelle che erano i primi segnali di una preoccupazione. E lui doveva essere lontano da quei sentimenti che da sempre gli avevano portato solo guai.
Gli occhi lilla della Guardiana si posarono sulle chiazze di sangue scuro che macchiavano il bianco della neve e i corpi di un pallore grigio di due giovani donne. Ci sono scie di sangue e i cadaveri di due ragazze che non conosco. Non le conosceva neanche lei. Una bionda e l’altra con i capelli color magenta, non erano ancora ricoperte completamente di neve. Non erano morte da tanto tempo, erano lì per una ragione, ma Ayumi non riusciva a capire quale fosse.
“Quello è...” Kurai si era accorto su chi era effettivamente inciampato e fissava Marisio con il ragazzo dai capelli verdi esanime sulle spalle che li fissava, o comunque voltato verso di loro. Attraverso la tormenta non si riusciva a scorgere la sua espressione, così Kurai si voltò e attraversò lo spazio che lo separava dall’altro ragazzo in qualche falcata e confermando così i suoi sospetti. “Natural...” borbottò al nulla. “È vivo. Almeno così mi è sembrato di sentire... ho percepito come un lampo di vita quando gli sono caduto addosso” disse frettolosamente al Guardiano dell’Aura.
“Sì, è vivo, ma per poco. È ferito ed è rimasto qui al freddo per troppo tempo. Sta morendo, dobbiamo fare qualcosa, e in fretta”. Marisio si fermò e sbatté piano le palpebre, guardando oltre Kurai. “Ayumi dov’è?” chiese, serio. Il moro di fronte a lui si girò di scatto, ricordandosi di non aver controllato se l’albina lo avesse effettivamente seguito. Lo aveva dato per scontato... ma lei non c’era ed era un’ombra ormai praticamente invisibile nella tormenta. Si strava allontanando.
“Cazzo!” imprecò il Guardiano degli Incubi, cambiando peso velocemente da un piede all’altro, esitante, non sapendo se inseguire la Guardiana o soccorrere Natural. “Che facciamo?” chiese all’altro, sempre più nel panico, che mascherava con una rabbia incontrollata, digrignando i denti.
“Dobbiamo salvare N... però...” Marisio sospirò. “Non posso abbandonarla. Non possiamo, glielo avevo promesso... le avevo detto che non era da sola” sussurrò amaramente, fissando il punto nel quale l’albina era sparita definitivamente, inghiottita nella neve.
“E lei ci credeva?” chiese Kurai. Il Guardiano dell’Aura rimase sorpreso dalla domanda.
“No” rispose tetro. Il moro scrollò le spalle.
“E allora va e falle capire il contrario. Ci penseremo io e le altre due che sono rimaste indietro a Natural” ordinò deciso. Quando vide che l’altro aveva aperto la bocca per controbattere, si affrettò a riprendere la parola. “Ayumi crede in te, soprattutto, e tu lo sai. Ho osservato, sai, come si rilassava quando tu eri nelle vicinanze. In un certo senso, le dai sicurezza. Se vuoi farle cambiare idea, muovi il culo e inseguila, prima che scompaia definitivamente nella neve, pallida com’è. Inoltre, nella situazione attuale, sei tu quello più forte. Noi tutti sappiamo usare solo i poteri dei nostri Leggendari, che attualmente non sono accessibili. Tutti a parte te, e probabilmente Ayumi, ma credimi se ti dico che nei suoi occhi non c’è traccia di quella che pensavamo fosse la Guardiana di Articuno” sbottò.
Marisio lo fissò per un istante, prima di appoggiare delicatamente il corpo incosciente dell’altro Guardiano dell’Aura a terra. Ubbidì al ragazzo dalla pelle e capelli scuri, anche solo perché non gli aveva mai sentito pronunciare tante parole in una sola volta e on una tale enfasi. Con un ultimo sguardo d’intesa e, stranamente, d’incoraggiamento, il ragazzo dai capelli bluastri si gettò nella tormenta, spingendosi più a fondo nel gelo alla ricerca della Guardiana di Articuno. Sorpassò i cadaveri delle giovani donne scansandoli con una sorta di rispettoso timore, mentre sentiva l’angoscia che gli attanagliava il petto. Respirando a fondo si impose di rimanere calmo e di non farsi intimorire dalla neve che ormai gli arrivava oltre le ginocchia, quasi a metà coscia. Seguiva i solchi già tracciati da Ayumi, nella speranza che niente fosse ancora accaduto.
Non sapeva cosa Pure avrebbe potuto fare, o se lei era affettivamente sola in quel posto. ‘No, non era sola... quelle ragazze erano con lei’ realizzò con un brivido. Si riscosse quasi subito, quando i suoi occhi videro Ayumi in piedi, in balia del vento che sembrava starla per spezzare da un momento all’altro, per via dell’effetto ottico creato dalla neve che creava così poco contrasto con i capelli e la pelle dell’albina, che sembrava scomporsi e sparire in essa. Con un moto di nuova forza si trascinò fino a lei e le appoggiò una mano su una spalla, accorgendosi di quanto effettivamente tremasse.
La Guardiana si voltò di scatto, fissando il ragazzo con gli occhi sgranati ridotti ormai ad un viola decisamente troppo scuro. Anche tra i suoi capelli iniziavano ad intravedersi delle ciocche più grigie verso la punta. Quando la ragazza riconobbe Marisio si rilassò leggermente, o perlomeno smise di essere allarmata. Si lasciò sfuggire un singhiozzo e si aggrappò alla maglia di quell’altro come se stesse per cadere.
“Fa freddo” riuscì a balbettare in un filo di voce, mentre gli occhi diventavano neri del tutto e il suo corposi raffreddava ulteriormente. Ormai le labbra avevano preso il colore del cielo quando la prima stella compariva.
“Ayumi”. Marisio la prese per le spalle e la scosse leggermente, mantenendo il tono di voce caldo e controllato. “Non tenerlo dentro, finirai per farti del male e credimi se ti dico che è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento. Libera ciò che ti tieni dentro, ora non hai più restrizioni. Sei libera, se la persona Umana che tanto a lungo è stata trascurata. Sei ciò che, nel profondo, hai sempre desiderato essere. Quindi, lasciati andare”. Le parlò con calma, cercando di trasmetterle fiducia, quella fiducia che meritava e che nessuno l aveva mai dato.
“Non ci riesco!” esclamò lei con voce strozzata, in preda alla disperazione. Piccoli fiocchi di neve oscuri iniziavano a formarsi sulla sua pelle. “Finirei per farti del male!”
“Nah, sono indistruttibile”. Lo stesso Guardiano rimase sorpreso da quella sua uscita scherzosa. Insomma, era in mezzo ad una tormenta di dimensioni colossali, con una Guardiana Aura Bianca posseduta dalla follia a piede libero nei dintorni e a stretto contatto con un’altra Guardiana Aura Impura sull’orlo di un crollo... e lui faceva lo spiritoso. ‘Marisio, talvolta sei un completo deficiente’ si ritrovò a pensare il ragazzo. Poi si accorse dell’impercettibile sorriso sul volto di Ayumi.
“Ne sei sicuro? Pensi davvero che io possa farcela?” chiese esitando. Lui sorrise. “Ne sono certo”.
“Esattamente che devo fare?”
“Non ne ho idea. Sei tu quella che sa le cose, non io. Fidati di quello che viene da qui” le disse il ragazzo senza perdere il sorriso mentre picchiettava un indice sullo sterno dell’albina. Lei annuì e chiuse gli occhi. Un attimo dopo, una tremenda onda d’uro nera si scatenò da lei. Era vento, un vento forte, sferzante, che andò a contrastare quello naturale.
Tutto si immobilizzò attorno a loro. Letteralmente. Il vento oscuro creato da Ayumi contrastava con una forza perfettamente eguale quello del Monte Corona, cristallizzando gli istanti e bloccando i fiocchi di neve candidi nell’aria, impigliati e vibranti. Inoltre, non sembrava minimamente toccata dallo sforzo non da poco, al contrario. Nonostante i suoi occhi fossero neri come una notte di luna nuova, l’albina si sentiva rinata.
“Visto? Non tutto il male viene per nuo-“. La frase si spezzò il gola a Marisio quando si accorse della presenza che li stava osservando, in piedi stagliata tra i fiocchi di neve fermi come a sottolineare la tensione del momento, in un punto rialzato rispetto a dove lui e Ayumi si trovavano.
Era Pure.
Anche i suoi occhi erano neri, ma sembravano più dei pozzi riempiti da una nebbia nera che vorticava in spirale sempre più in profondità. Teneva la bocca pallida dischiusa come se anche lei fosse sorpresa, ma la sua espressione era vitrea, assente. Teneva le mani raccolte verso il petto come se stesse pregando.
Ma non stava affatto rivolgendo le sue suppliche a qualcuno. Al contrario, reggeva qualcosa tra le mani, qualcosa che riluceva di luce bianca che le illuminava il bel viso che assomigliava vagamente a quello di un illustrazione di un elfa per bambini, se non avesse perso tutto il suo splendore. Sembrava una sorta di uovo d’avorio, decorato con degli smeraldi. A parodia di un equatore stava lo stesso cerchio dorato che normalmente ornava Arceus.
“Il Cuore” sussurrò Marisio.
“Pure...” aveva invece mormorato Ayumi. Non c’era rabbia nella sua voce, non c’era risentimento. Solo infinita tristezza e senso di colpa.
La ragazza non reagì al richiamo, sembrava essere un statua di ghiaccio vuota, se non fosse stato per il lento movimento del suo petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro. Respiro tranquillo, come se tutto ciò che stava succedendo non la toccasse nemmeno.
“Pure” aveva ripetuto l’albina, questa volta con voce più decisa e ferma, gli occhi che da lilla chiaro tornavano rapidamente al nero pece, pur mantenendo la stessa emozione riflessa in essi. Lentamente, staccò un piede da terra e lo affondò nella neve di fronte  lei, compiendo un altro, faticoso passo.
Quando il piede della Guardiana dei Venti Gelidi toccò terra nuovamente, la Figlia della Follia reagì. In uno scatto improvviso spinse una mano verso l’albina, creando così un raggio di energia grigia. Ayumi, senza scomporsi, si immobilizzò, auto-congelandosi con i suoi cristalli di ghiaccio neri; quando il raggio di Pure la colpì, il suo stesso corpo funse da prisma riflettente, smembrando quell’energia in diversi frammenti più piccoli che vennero sbalzati nelle più disparate direzioni.
L’attacco cessò, ma dopo appena un secondo un’ondata di acqua simile ad uno tsunami si abbatté di nuovo su di loro, e di nuovo il tentativo venne eluso dagli scudi oscuri di Ayumi che ad ogni attacco avanzava di un passo, in una lenta passeggiata verso un compito che non voleva svolgere.
Era tornata al punto di partenza, a svolgere un compito per i Leggendari senza averne la benché minima intenzione; ma quella volta era diverso, in certi aspetti. Era un obbligo che si era data lei, era una cosa che doveva assolutamente fare. La posta in gioco era davvero alta, si parlava dell’universo intero conosciuto.
I metri di distanza tra Ayumi e Pure erano sempre meno, gli attacchi sempre più pesanti e i richiami, seppur flebili, dell’albina, non raggiungevano l’altra. Per la potenza da loro esercitata, una nuova tempesta era nata, simile ad un ciclone formati da cristalli di neve neri che vorticavano impazziti ad una velocità folle, divenendo come letali schegge.
Mancavano ormai solo quattro metri.
“Pure.”
Un’onda di forza che provava a spingerla indietro. Ne creò un’altra a contrastarla.
Tre metri.
“PURE!”
Un raggio di energia creato per attraversarla parte a parte all’altezza dello stomaco. Si infranse su un prisma di ghiaccio.
Due metri.
“...Pure...”
Un’onda d’acqua gelida e mortale provò ad avvolgerla. Si ghiacciò e venne spazzata via.
Un metro.
Solo la tempesta di neve nera si muoveva, vorticando usando le due ragazze come fulcro. Loro erano immobili, in attesa; Marisio all’esterno era immobile, impotente; la barriera continuava a muoversi in circolo, a creare una parete che isolava le Guardiane dal resto del mondo, in quello stato di apparente immobilità.
“...ti prego... Pure...” sussurrò ancora Ayumi. Nonostante la sua voce fosse fioca, quelle poche sillabe rimbalzarono innaturalmente tra loro.
Il volto dell’altra rimase imperturbabile, vuoto. Ma nei suoi occhi passò un lampo di consapevolezza. Fallo sembravano dire le sue pupille.
Una lacrima solitaria si era impigliata nelle lunghe ciglia bianche della Guardiana dei Venti Gelidi; quando chiuse lentamente gli occhi, quella piccola goccia cadde dalle sue palpebre, precipitando verso il suolo e schiantandosi contro il terreno nevoso.
Degli spuntoni di ghiaccio nero nacquero da quella lacrima come germogli, crescendo in un millesimo di secondo nelle più diverse direzioni, naturalmente senza colpire la loro padrona. Trapassarono invece da parte a parte Pure, dritto nel cuore.
Ayumi percepì l’ultimo respiro della ragazza nelle orecchie e le sembrò che soffiasse leggero sulla sua pelle. Il gelo oscuro si disintegrò e il corpo di Pure cadde tra le braccia di Ayumi, tese ad accoglierla nel loro abbraccio. L’albina cadde in ginocchio stringendo a se la ragazza, mentre la tromba d’aria di ghiaccio che aveva donato loro quell’intimità spariva, evaporando, e lasciava posto alla vera neve e alla vera tempesta che tornò a lasciare i suoi candidi fiocchi su di loro, quasi fossero delle lievi carezze consolatorie.
Marisio ci mise qualche secondo, dunque, a sentire i singhiozzi della Guardiana che stringeva il cadavere come se ne dipendesse la sua vita. “Mi dispiace” sussurrava con voce rotta. “Mi dispiace così tanto...”.
Il ragazzo raccolse il Cuore di Arceus, che giaceva apparentemente dimenticato accanto alle due. Una volta drizzatosi in piedi attese ed assistette impotente al corpo di Pure che scompariva, diventando luce per unirsi a Suicune, librandosi dalle mani di Ayumi, che sollevò un pochino le braccia come per accompagnare Pure verso il cielo, come se stesse raggiungendo un posto migliore, su, nel cielo.
Una volta che anche l’ultima scintilla fu scomparsa la ragazza bianca si alzò dalla neve, per poi camminare lentamente verso il ragazzo che l’attendeva dietro le sue spalle, la testa china sulla neve.
“Dallo a me” sussurrò. Il Guardiano dell’Aura sollevò un sopracciglio e fissò Ayumi con occhio interrogativo. “Il Cuore... dammelo per favore” disse di nuovo la ragazza, evitando accuratamente il suo sguardo. Marisio glielo passò delicatamente, appoggiandoglielo tra le dita fredde e quelle si strinsero immediatamente lungo la superficie della Lastra. Era energia allo stato puro, la si percepiva all’interno ed era come toccare la superficie della piattaforma del Paradiso Parallelo. Fresco e tiepido al contempo, ruvido e liscio nello stesso modo. Sembrava si muovesse, era come tenere in braccio un bambino.
E infatti Ayumi lo cullava dolcemente tra le sue braccia mentre facevano marcia indietro e ripercorrevano i loro passi, segnati sottoforma di solchi nella neve.
“È colpa tua”. Marisio alzò gli occhi per guardare di nuovo Ayumi e capire con chi stesse parlando. C’era solo lui dopotutto a camminare nel bianco assieme a lei. Poi comprese: la ragazza stava parlando con il Cuore di Arceus. “È tutta colpa tua... è sempre stata colpa tua...”
La ragazza si fermò nella neve mentre le lacrime iniziavano a rigarle le guance.
“Tutto quel dolore... le parole, le azioni, le ferite, la pressione... tutto ciò che mi hai fatto, tutto ciò che ho passato... mi sono sentita inadeguata, ho visto persone morire credendo che fosse colpa mia... invece è stata sempre colpa tua. Riesci a capirlo ora? Quante persone dovranno ancora morire per la tua stupida paura? Quanto dovremo ancora subire io e gli altri...?” tirò su con il naso, per poi sollevare il volto verso il cielo, attendendo i fiocchi di neve che si posavano sulle sue palpebre socchiuse. Il freddo non la toccava più, il suo potere la stava difendendo... ma non poteva schermarla dal dolore, perché di dolore si trattava.
“Ayumi” la chiamò il Guardiano  avvicinandosi un poco a lei. I suoi occhi erano ancora più scuri del normale anche se non completamente neri ed erano seri, malinconici... e arrabbiati.
“È solo colpa sua” sussurrò ancora, stringendo ancora di più il cuore. Poi sospirò, il fiato che si condensava verso l’alto. Le sue lacrime e la scia che avevano lasciato si ghiacciarono e si sbriciolarono, come se lei non avesse mai pianto. “Spero che, finalmente capisca”. E riprese a camminare nel silenzio, reggendo ciò che di prezioso avevano recuperato esattamente come lo teneva Pure prima che lo scontro iniziasse.
Raggiunsero gli altri, che erano tutti vicino ai cadaveri delle due ragazze protetti da no scudo psichico che, a giudicare dal suo aspetto, era creato da Shirley e Kurai. Natural, seduto in terra, li salutò con un cenno; non sembrava stare troppo bene, ma perlomeno era vivo. Seir era accucciata vicino uno dei corpi, quello della ragazza con i capelli biondi.
“C’è qualcosa di strano qui” sussurrò indicando un punto sul collo della giovane. L’albina, senza mai allentare la presa sul Cuore, si chinò accanto alla ragazza con i capelli blu. I tre rimasti indietro fissavano quella Lastra che tanto gli aveva fatti disperare e angosciare, mentre i due che lo avevano recuperato erano concentrati su quella che sembrava una catena nera che passava attorno al collo della ragazza bionda pe poi sparire sotto il colletto della maglia che indossava, probabilmente per passare attorno alle spalle e al petto.
Il corpo dell’altra, quella dai capelli rosso magenta, era nella stessa identica situazione. Ayumi tese la mano lentamente, poi voltò il palmo dal basso verso l’alto. Con uno schiocco, le due catene sparirono, così come i due cadaveri, che si sciolsero nella stessa luce dorata che aveva avvolto Pure e prima di lei Natalie, Mary, Fujiko e Rhiannon.
“Erano Guardiane” disse Marisio, sorpreso.
“Antea e Concordia, le Guardiane delle Emozioni e della Conoscenza, Mesprit e Uxie” disse Shirley mentre lo scudo che li riparava svaniva. “Me lo ha raccontato Seoyun” aggiunse.
“A proposito di Seoyun, è meglio tornare indietro” aggiunse Seir. Poi sbatté le palpebre e... “Com’è che si torna al Paradiso Parallelo?”.
Tutti si lasciarono andare ad una ridata forzata, falsa.
“Oddio Kurai ride, nevic- aspettate un attimo” disse di nuovo la Guardiana di Kyogre.
“Seir. Stai zitta” sbuffò quell’altro, per poi voltarsi e iniziare a camminare, venendo seguito da tutti gli altri, restando vicini per non sentirsi da soli in quel posto freddo e vuoto.
Shirley mise un braccio attorno alle spalle di Ayumi, stringendola leggermente. La ragazza distolse lo sguardo, fino a quel momento pensoso e assente, dal cuore, per puntarlo negli occhi chiari della Guardiana dello Specchio.
“Ce l’abbiamo fatta, Ayu” disse solamente stringendole con la mano la spalla per qualche corto istante, rilassandola nuovamente poco dopo. L’altra annuì.
“Sì... anche se non è una vittoria piena...” rispose con voce bassa.
Shirley stette un attimo in silenzio. “Non è colpa tua. Non avevamo scelta”.
‘Avevamo... già. Siamo un gruppo’ ripeté nella sua testa Ayumi. Sentiva uno strano calore dentro di sé.
“Lo so” rispose infine.
Arrivati al Vetta Lancia, l’albina si fermò al centro della rappresentazione pavimentale del Flauto Cielo e attese. Non aveva il Flauto con sé, ma contava che reagisse al Cuore e ai Guardiani presenti.
E così fu. Una scalinata di luce candida apparve davanti ai loro occhi. Senza parlare la risalirono, contando i gradini e osservando dall’alto il panorama che il Monte Corona offriva loro. Infine arrivarono su uno spiazzo di luce incredibilmente simile a quello presente nel Paradiso Parallelo. Ed in mezzo a quella sorta di innaturale pavimento c’era un punto luminoso, non troppo piccolo ma nemmeno grande. Fluttuava a circa un metro da terra e restava immobile, sospeso nell’aria. Sembrava quasi chiamare i presenti a lui.
“Quello è l’ultimo portale aperto esistente che collega la Terra al Paradiso Parallelo” disse la Guardiana di Articuno. “Se vi avvicinate e lo toccate torneremo nella dimensione”.
Kurai scrollò le spalle e si avvicinò al Portale; lo sfiorò con un indice e svanì, creando un effetto simile a quello dell’acqua quando la sua superficie piatta viene disturbata da una pietra scagliata dentro di essa.
Uno alla volta, in una processione silenziosa, i ragazzi entrarono dentro il Portale e tornarono nella dimensione di Arceus a ridare la vita.
 

_Paradiso Parallelo_

 
Non fecero neanche in tempo a guardarsi attorno che vennero circondati da quello strano assortimento di Esseri Umani e Pokémon Leggendari umanizzati. Non chiedevano cose inutili parlando l’uno sopra l’altro. La domanda era solo una e non necessitava di essere posta.
Ayumi mostrò loro il Cuore, allontanandoselo dal petto. Tutti si lasciarono andare ad un respiro di sollievo collettivo.
“Meno male!” esclamò Shiho, portandosi una mano sul petto e sorridendo.
“Ne, hananim gansahabnida!” le fece eco Seoyun, battendo due volte le mani. Nessuno aveva capito niente di ciò che aveva detto, ma non ci fecero poi troppo caso.
“Dobbiamo andare immediatamente a rendere il Cuore ad Arceus” li interruppe Ho-Oh, serio.
“Giusto, non abbiamo tempo da perdere” asserì Lugia. Anche Sharda annuì, seduto in terra con la testa di Anneke sulle ginocchia. Lui e Ayumi si scambiarono un’occhiata.
Sta morendo sembrava dire. Non c’è più tempo.
L’albina iniziò a camminare velocemente verso il posto in cui si trovavano tutti i Leggendari temporaneamente morti, fino a ritrovarsi circondata dai Primordiali, davanti al Pokémon Primevo.
Lì esitò. Come avrebbe reagito nell’apprendere la morte di Pure? E delle altre due Guardiane, fino a quel momento ignote ai più? E poi, era davvero lei che doveva restituire il Cuore al Leggendario?
Era merito soprattutto degli altri. Anneke, che aveva usato il potere del tempo per capire che cos’era successo. Shirley che aveva letto il ricordo del ciondolo. Kurai che aveva soccorso Natural ed insieme, in un modo o nell’altro, avevano dato una traccia su dove cercare Pure. Marisio che aveva impedito che il suo potere la fregasse proprio all’ultimo mandando tutto all’aria. Seir che aveva aiutato quelle due Guardiane a raggiungere definitivamente la pace, liberandole da quel sigillo che impediva alla loro anima di tornare dai loro leggendari, bloccandole in un corpo freddo e vuoto. Tutti gli altri, che erano rimasti lì ad attenderli e a sostenerli indirettamente con la loro speranza e fiducia.
Lei, invece, era solo un’assassina.
Su voltò a guardare gli altri, che la fissavano, in attesa.
“Ayumi, tu sei l’unica che ha il pieno diritto di farlo” sbottò Shirley all’improvviso. Con ampie falcate la raggiunse. “Non mi serve la telepatia per capire a cosa stai pensando. La tua esitazione si avverte a pelle e, conoscendoti, credo anche di sapere perché. Lui ti ha sfruttata, maltrattata, ridotta in fin di vita almeno una volta. Ma tu sei tornata indietro e hai combattuto di nuovo in prima linea per salvarlo. Adesso, restituiscigli quel coso e mostragli la merda che è stato e quanto invece tu sia superiore a lui anche da semplice Umana, quegli Umani che ha sempre sottovalutato”. Addolcì la voce, “Per i nostri meriti ci sarà tempo più tardi. Prenditi il tuo riscatto Ayu” disse calma e sorridendole.
L’albina guardò anche oltre le spalle della more e vide anche negli altri presenti i segni del loro sostegno. Un sorriso, una strizzata d’occhi, un leggero cenno d’assenso. Allora annuì e si voltò di nuovo verso il Primevo.
Si inginocchiò di fianco a lui e gli tese il Cuore, accompagnandolo con un leggero gesto delle dita come quando aveva accompagnato la luce che simboleggiava la morte della Guardiana dell’Acqua Pura. La Lastra rientrò nel corpo del suo legittimo proprietario senza incontrare restrizioni e un attimo dopo la sua presenza tornò a manifestarsi sul corpo si Arceus. Da lui scaturirono poi luci di vari colori che presero ad andare nelle più disparate direzioni, ridando la vita e legittima forma ai Leggendari e la linfa vitale alla dimensione.
I Guardiani avvertirono nuovamente la forza dei loro Leggendari dentro di loro e si sorrisero vicendevolmente, mentre tutto attorno a loro riprendeva a muoversi.
Arceus si innalzò fluttuando a qualche millimetro da terra, gli occhi rossi fissi in quelli lilla di Ayumi. In quell’occhiata ci si potevano leggere molte emozioni, molte parole non dette né a voce né telepaticamente. Scuse, ringraziamenti, altre sensazioni confuse. Ma l’albina rimase neutra.
Poi, la Guardiana dei Venti Gelidi si voltò e camminò verso il gruppo dei Guardiani, dando le spalle al Pokémon Primevo. Per una volta, a testa alta.
 

“Dialga”. Il Leggendario si voltò in direzione di Sharda, che aveva richiamato la sua attenzione con occhi seri almeno quanto il tono.
“Immagino tu voglia parlarmi sempre del solito argomento, il tuo preferito” sospirò il Leggendario del Tempo. “Anneke”.
“Esattamente. Il ruolo della tua Guardiana è stato fondamentale. Senza di lei saremmo ancora qui a chiederci da che parte iniziare, probabilmente. Ma lei ha messo in gioco la sua stessa esistenza per aiutarci, per aiutare voi e te, che la stai rifiutando! Ha consumato molta dell’energia che le è rimasta rischiando di sparire per sempre dalla faccia della terra...” sospirò, frustrato, camminando avanti ed indietro. “Non capisco come facciate a rimanere indifferenti davanti a tutto questo. Non avete un briciolo di cuore. Siete dei pupazzi vuoti, solo con una volontà. Siete egoisti, vi importa solo di voi stessi. È una cosa per me inaccettabile”. Alzò gli occhi chiari striati di giallo, con impressi a fuoco la rabbia e la delusione che provava. “Non faremo mai quel tanto agognato passo avanti se non capite questo”.
Sharda si voltò e prese a marciare velocemente, irritato. Voleva camminare fino a sbollire il suo animo agitato.
“Aspetta, Guardiano del Giudizio Ferreo”. Alla voce imperiosa di Dialga, il ragazzo si fermò, senza voltarsi.
“Mi chiamo Sharda” ribatté secco. Il Leggendario sbuffò.
“Come ti pare, Sharda. Pensi da sapere tante cose... ma sei solo un ragazzino, ricordatelo” disse con voce piatta. Dopo qualche istante di silenzio sospirò. “E le voci dei bambini, di solito, sono le voci dell’innocente verità”. Il Guardiano si voltò, sorpreso. “Vai adesso. Non credo di essere ancora pronto ad affrontare l’idea di avere una Guardiana”. E non aggiunse altro.
‘Avevo già predisposto il futuro... senza di lei, Anneke. Ma chissà, magari è meglio così... nessuno meglio di me può saperlo, il Tempo è nelle mie facoltà’.
 

Anneke aprì piano gli occhi.
“Buongiorno” la salutò allegramente Seoyun.
“Si è svegliata?” chiese un’altra voce, Rein.
“No, parlo da sola”
“Ogni tanto lo fai”.
“Yah, pabo!” protestò quell’altra.
La Guardiana del Tempo si tirò su a sedere, fissando i presenti. I due ragazzi stavano seduti vicino a lei e la fissavano sorridenti.
“Cos’è successo?” chiese, la voce un poco roca.
“A quanto pare Sharda ha rotto le PokéBalls a sufficienza e Dialga, per isteria, ti ha dato la sua benedizione” spiegò scherzosa Yun. Poi congiunse le mani e: “Amen, fratelli”.
“Cos’è che avrei fatto io?” chiese Sharda alle spalle della rossa.
“Mi hai sentito” rispose quell’altra sbattendo le ciglia con aria falsamente innocente. L’altro si mise a ridere, scuotendo la testa. Anneke li osservava. In effetti percepiva qualcosa di diverso dentro di lei, qualcosa di positivo, di aggiuntivo di... bello. Percepiva Dialga.
“Davvero ci sei riuscito? Dialga mi ha accettato?” chiese. L’altro sbuffò.
“Sono domande retoriche o devo risponderti sul serio?” fu la risposta, prima che il ragazzo scuotesse la testa. “In realtà non ho capito se lo avesse già deciso o gli ho detto le cose giuste al momento giusto o che altro... è un leggendario abbastanza criptico...”. Le lanciò un’occhiata furba. “Non ti invidio neanche un po’”.
Lei sbuffò e si mosse per alzarsi. Ma appena arrivata sulle ginocchia si bloccò, immobile, in apnea.
“Anneke...?” chiese Rein inclinando la testa da una parte, confuso. Ma lei non mostrò segni di averlo sentito. Gli occhi spalancati avevano l’iride rossa che aveva inghiottito anche la pupilla e la sclera che pareva un cielo stellato, solo di un innaturale blu elettrico. Sulla sua pelle erano spuntate striature di colore analogo. Dalla bocca dischiusa non si udiva alcun suono.
Il tutto durò solo qualche secondo, poi Anneke riprese fiato di colpo e si accartocciò su se stessa, arrivando a sfiorare il terreno con la fronte. Espirò profondamente un paio di volte mentre gli altri tre presenti le continuavano a chiedere come stesse e cosa fosse successo.
Lei, senza rispondere e quasi ascoltarli, si alzò in piedi di scatto.
“Devo parlare con Dialga, immediatamente!”
 

“Il futuro... è già cambiato”
 
Angolino nascosto nell’ombra
Yas!
Sono tornata, sono viva, sono lenta, LO SO.
Ma ho iniziato a fare tirocinio, sono andata al mare, sono andata a fare il corso della sicurezza, sto facendo dei preparativi per una laurea (no, non la mia lol mi manca ancora un po’, grazie al cielo) e per la GMG.
Sì, vado in Polonia quindi mancherò di nuovo. Manco in vacanza riesco a stare tranquilla.
Ah, sì, devo fare i compiti. ...vabbé, sono dettagli. Accenderemo un broccolo in chiesa (cit.).
Allora... C’è morta Pure. E ho pensato seriamente di far morire Anneke poi mi sono detta NAH. Troppi morti qui. Sì, devo spiegare le morti di Antea e Concordia, non sono riuscita a cacciare la spiegazione nel capitolo. Cioè, me ne sono dimenticata, e poi non sono più riuscita ad inserirle.
Sostanzialmente era un avvertimento. Una specie di ultimatum... e nel prossimo capitolo capirete (in teoria) ciò di cui sto parlando.
Poi... ah, sì, Seoyun.
“Ne, hananim gansahabnida!” significa, “Sì, grazie al cielo!”
“Yah, pabo!” è tipo un “Gne, scemo!”. Cioè, pabo è scemo, ma yah non ha una vera e propria traduzione. È un suono offeso.
Ultima cosa: in un capitolo fa (che non so qual è, probabilmente quello in cui spunta Marisio ma che ne so) ho detto ce Shirley non è un’Aura Bianca. HO DETTO UNA MINCHIATA, ok?
Perfetto.
Ayumi è una patata. E lei è Marisio sono una coppia di patate, o almeno, a me piacciono. Comunque sono adatta a scrivere romanticherie come lo è un seme di cetriolo (?), quindi non chiedetemi più di così.
La frase finale la dice Dialga.
Sto capitolo è troppo lungo.
Li vuoi quei kiwi?
 
 

Aura_
  
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