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Autore: BambolinaROssa    21/04/2009    1 recensioni
Ho immaginato una tavolozza di colori di cui mi approprio di volta in volta per dipingere nelle vostre menti queste piccole storie colorate.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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ciao

Buongiorno, notte...

Mi giro e mi rigiro nel letto, in un eterna lotta con me stessa. Sempre così, tutte le notti.

È tutta finzione quella di tirare le coperte sopra la testa, di chiudere gli occhi, di respirare piano. Cerco di mentire a me stessa, ma è tutto inutile.

Le coperte mi attanagliano, la stanchezza non si addensa sotto le ciglia, e l’odore accaldato della mia pelle è intenso, mi dà alla testa.

Il corpo si abbandona, stremato dal continuo lottare, ma la mente, vivida, pulsa contro le tempie, condannata a pensare.

E il buio… rende tutto più intenso: tutto riaffiora, accende i sensi. È un incubo molto più reale di quello che potrei vivere nel sonno.

Le ora scivolano nel buio.

Ho smesso di contare i respiri, i passi, i ticchettii di questo inferno, ma la notte è di un’esasperante lentezza.

Lo schiamazzo nella mia testa non tace: mi spinge ad aprire gli occhi, a smetterla di fare finta di dormire.

Rovescio le coperte da dosso e mi siedo sul bordo del letto, con la testa tra le mani. Le tempie pulsano. Percepiscono, loro, questa mia fiammella interna che mi impedisce il sonno. Ho bisogno del buio, del buio assoluto.

Mi alzo, nonostante la testa pesante, la stanchezza delle membra. Mi trascino come un automa per i corridoi, accendendo una luce dopo l’altra. La lampada sul comodino, la luce della stanza, i lumini in corridoio, il salotto… una scia di luce segnala il mio passaggio di insonne.

Girovago per la stanza, alzando gli oggetti sulle mensole, uno dopo l’altro; li rigiro tra le dita, a riconoscerne il tocco ormai conosciuto; do un occhiata ai titoli impilati sulla libreria; li passo in rassegna con lo sguardo, borbottando a bassa voce i loro nomi. È una filastrocca conosciuta ormai.

Tutto questo passeggiare, guardare, toccare… è un balletto imparato a memoria. Ripeto questi gesti ogni notte. Giro intorno al tavolino di vetro, tre volte; osservo i miei piedi descrivere cerchi sulla moquette sgualcita. C’è una bruciatura di sigaretta, proprio lì tra i miei alluci vicini. Ci giocherello, infilando il mignolo nel piccolo foro.

Ma a che scopo fingere ancora?

Non dormirò stanotte. Lo so.

C’è vita che scalpita dentro di me.

Il sonno è così simile alla morte. Quella condizione di vuota incoscienza, di indolenza passiva… mi spaventa. Sono le azioni che fanno di noi ciò che siamo e nel sonno… nel sonno, non siamo già più.

Ma fuori, il mondo continua a vivere anche di notte. E io vorrei così tanto fare parte di quel mondo!

Mi avvicino alla finestra semiaperta. È solo una barriera di vetro e imposizioni a tenermi dentro. A separarmi dalla vita di fuori. Scorgo di sbieco il riflesso slavato della mia immagine. Tic tic. L’unghia sul vetro. Rumore reale. Barriera reale. E io prigioniera.

Allora scuoto la maniglia con forza, per aprirla totalmente. E mi affaccio su questa notte che per me è ancora vergine. Io stessa finora lo sono stata, troppo paurosa per superare le barriere.

Ma il vento gelato mi colpisce come uno schiaffo, e basta il suo invito per rendermi ormai sicura di quello che sto per fare.

Chiudo la finestra lentamente, evitando di fare rumore, e con gli stessi movimenti felpati corro in camera; afferro la giacca, mi allaccio le scarpe con un’eccitazione tutta nuova, e via… il corridoio, la porta, poi di corsa giù per le scale!

Ed eccomi qui, finalmente. Sono fuori. Non posso fare a meno di annusare quest’aria che sa di libertà. È un odore forte, di vita appena scoperta.

Proseguo con passo vacillante, inebriata da tutto questo, ubriaca di vita.

Questo buio, questa nera immensità sembra avere un effetto quasi magico su di me. Il tocco della notte ha lo strano potere di far sembrare tutto possibile. Potrebbe succedere qualsiasi cosa, qui, adesso, con le stelle a fare da uniche spettatrici alla mia follia. Ma questa notte sa, questa notte è veggente. Conosce quello che noi non sappiamo, nasconde nelle sue pieghe un mondo sconosciuto.

Ed io, accecata dal buio, per ora non riesco a vedere.

Avanzo a tentoni, lasciando la mente libera di vagare e affidandomi ai sensi:

seguo i fruscii, gli odori, le tracce; un segugio in cerca di emozioni. Davvero, vorrei leccare l’adrenalina di questo momento, sperando che non sia solo un istante.

E io cammino, e cammino…

Il tempo passa, e questa notte scivola via, mentre io mi addentro sempre di più nelle sue pieghe.

Svelta e agile come un gatto, mi confondo nel buio, e poco a poco le immagini si delineano più chiaramente. Inizio a riconoscere le strade, i portoni… ma il mio mondo di sempre appare trasfigurato; l’oscurità, con la sua carezza gentile ha addolcito ogni cosa, lo ha rivestito di ombre.

Poco a poco è come se questa notte, idealizzata finora dalle mie stesse emozioni, si concretizzasse ai miei occhi. È vicina, straordinariamente vicina. Mi abbandono a lei senza più timore.

E lei mi svela il suo segreto nascosto, sussurrandomi parole nel vento.

Mi parla, e io cerco di sentirla. Dentro di me.

Sento tutto molto più chiaramente. Il mio cuore è vivo come non mai, qui nel petto, dove fa più male. Ma non è un dolore maligno. È un dolore che amo, che aspiro come ossigeno. Ha un odore inebriante che mi nausea e mi affascina; me ne impregno le dita, i la capelli, le labbra.

E il cuore batte, e io sono tentata di gridare.

Dio, quanto adoro l’aria che respiro!

È tutta questa notte che amo, la amo di un amore devastante, incontrollato.

Come vorrei che non avesse mai fine!

Ma ecco ormai. L’alba. Il suo chiarore imminente coprirà tutto, nascondendo nella luce il fascino delle tenebre. E d’improvviso c’è una strana ansia che mi prende, una furia nel godermi gli ultimi istanti, quasi sentissi che il mio dominio sta finendo.

Sono una creatura notturna io, compagna ideale di vampiri, ladri, pipistrelli. E la luce mi fa paura. Non sarò più nessuno, appena quest’alba sorgerà. Tornerò a fingere, a vivere uno strano surrogato di vita. Il mio esistere è legato indissolubilmente alla notte, ed è la luce della mia anima che morirà, accecata dalla luce tanto più grande del sole.

Eppure… la notte non mi è mai sembrata così nera come adesso. Né così ostile. La luna, lassù in alto, sembra un sorriso maligno affondato nel velluto del cielo. L’aria è ferma, immobile. Intorno risuona il fragore di mille silenzi. E io sono sola.

E adesso… capisco… capisco che la notte non si è lasciata incantare dalle mie lusinghe inesperte. Oh! Che arrogante a pensare di fare parte del suo mondo, a considerarmi creatura notturna! Mi ero illusa che la notte, seppur eterna, non fosse poi così distate da noi mortali. Ma ora mi sento così estremamente piccola sotto questo cielo greve.

Mi scopro prigioniera della notte, intrappolata in ciò che da sola avevo cercato. Come liberarsene ormai, come fuggire? Mi giro e rigiro intorno cercando una via d’uscita, ma è tutto così buio…

Il giorno è ancora lontano. Per quale paradosso adesso imploro quell’alba che prima fuggivo?

Potrei stendermi qui, attendere paziente la luce…

Incespico, cercando un punto d’appoggio. I miei occhi vagano in questa oscurità, cercano la luna, tentano ancora di appigliarsi a qualcosa. Ma anche lei è stata inghiottita dalle tenebre. Non c’è più niente, nessuna certezza. Tempo e spazio appaiono dilatati, immensi, e il mio cuore tradito è troppo debole per sopportare ancora.

Potrei chiudere gli occhi, così, semplicemente. Negarmi alla realtà.

Allora chiudo gli occhi, ma non dormo; non aspetterò inerme che la notte mi rapisca.

Chiudo gli occhi, si, ma non dormo.

Non dormo.

Non dormo…

Ed è un attimo, un ultimo barlume di coscienza. Poi il buio mi avvolge.

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