Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: Madison Alyssa Johnson    17/07/2016    2 recensioni
La misteriosa mortre di Victor Cavendish, visconte di Vidal e figlio del duca di Devonshire, attira l'attenzione della regina Vittoria sulle misteriose morti che stanno devastando Dublino. Un nuovo Jack lo Squartatore, che i dublinesi chiamano Molly Mangiauomini, si aggira per le vie della città seminando morte e terrore. Tocca a Ciel e al suo fido Sebastian recarsi sul posto per risolvere il problema.
« Perché Molly Mangiauomini? » rifletté a voce alta. Doveva togliersi quel vizio, ma a volte non riusciva a farne a meno.
« Voi siete troppo piccolo per saperlo, padroncino, ma è così che sono chiamate le donne molto... esperte. » gli rispose il maggiordomo, senza smettere di sbattere le uova. « E se non sbaglio c'è una leggenda che parla proprio di una donna di quella risma che si chiamava appunto Molly, Molly Malone. Pare le abbiano anche dedicato una canzone, di recente. »
« Jack lo Squartatore era una donna... e mezza. » obiettò Ciel. Era arrossito, ma non avrebbe comunque permesso a quel dannato demone di metterlo in ridicolo.
« Certo. » assentì Sebastian.
« E una donna sola non potrebbe sopraffare un uomo di media corporatura. »
« Non se fosse umana... ma non ne avrebbe bisogno. »
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis, Shinigami, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La porta dello studio si aprì di schianto, spinta con forza da un uomo sulla quarantina alto e magro, con ordinati baffetti castani. I capelli, tagliati corti e pettinati con una sobria fila a destra, erano in disordine, e le guance accese d’ira. « Che vuol dire che mia figlia è stata rapita dalle fate, Conte? Che razza di scherzo è mai? »
Ciel posò la tazza di tè davanti a sé e fece un cenno a Sebastian. « Non dovreste stupirvi, Marchese. » rispose. « Esistono i demoni, quindi perché non le fate? »
« Non è questo il punto! » sbottò l’uomo. « Mi avevate fatto intendere che fosse stata una banda di rapitori e che la stavate cercando! E invece ora viene fuori che sono state quelle! »
« Credetemi, Marchese, se un essere umano avesse tentato di rapire vostra figlia, i miei domestici lo avrebbero impedito senza sforzo. » gli assicurò il ragazzo. « Ma posso assicurarvi che la stiamo cercando. Sebbene, lo capirete, non è così facile. »
« Sì, ma le fate! Perché dovrebbero rapire la mia bambina? »
« Questo è... »
« Signolino, signolino! » Mey Rin entrò nello studio correndo a perdifiato e sarebbe inciampata addosso al Marchese, se Sebastian non l’avesse impedito. Essere presa per un braccio dal maggiordomo le fece venire il batticuore e per un attimo dimenticò quello che stava per dire, ma lo sguardo raggelante del suo giovane padrone le fece tornare subito la memoria. « L-La signolina Susan è tolnata! È in camela sua e ha detto che vuole pallale con voi, signolino. Dice anche che non vuole vedele nessun altlo, plima di avelvi detto “alcune cose impoltanti”. »
« Cosa? Che vuol dire “è tornata”? » si agitò Lord Waterford.
« Stavo andando in camela sua ambiale le lenzuola, signole, e l’ho tlovata lì, che si ligilava una lettela tla le mani. » La tolse dal grembiule. « Ha detto che è pel il signolino Ciel e che deve leggella lui, plima di andale a pallalle. »
Il Marchese era livido.
« Non temete, » lo rassicurò Ciel « sono sicuro che chiariremo tutto. Devo pregarvi di uscire, però. Mey Rin, dammi la lettera. » Porse la mano verso di lei e attese che gli altri uscissero, prima di romperne il sigillo di ceralacca – una rosa stilizzata che non ricordava di aver mai visto.

 

Ciel richiuse la lettera e chiamò Sebastian. « Anche se è una bambina scambiata, continua a considerarsi figlia dei marchesi. » disse, mentre usciva dalla stanza per raggiungere quella della ragazza. « E crede davvero che l’Ombra esista. » Arricciò le labbra. « Questa cosa sta andando troppo oltre. »
« Come spiegherete ai Beresford tutto questo? »
« Non lo farò. » rispose il Conte. « Lo farà lei. » Aprì la porta della stanza e rimase colpito dalla somiglianza tra la ragazza seduta sul letto e quella che aveva conosciuto nelle settimane precedenti.
L’umana che gli sorrideva dalla sua posizione scomposta aveva una carnagione appena più dorata della sua doppelgänger fatata e i capelli le arrivavano appena sopra i fianchi. Il viso a fragola era lo stesso e anche le labbra sottili, ma la serenità di quello sguardo conferiva all’insieme  una dolcezza che all’altra mancava. « Conte Phantomhive. » lo salutò. « L’altra me mi ha parlato tanto di voi. Ha detto che potete aiutarci e i suoi ricordi lo confermano. »
Il ragazzo si irrigidì. « Vi prego di essere più chiara, signorina... come volete che vi chiami? »
« Anthea andrà bene. Così non potrete confondermi con Susan. »
Il giovane lord annuì e le fece cenno di continuare.
« Susan voleva che vi convincessi ad aiutare le fate e tornassi subito a casa, ma non posso farlo: non è giusto che io sia al sicuro, mentre alcuni dei miei amici sono in giro per il mondo, con il rischio di essere rapiti e... » Rabbrividì nel suo vestitino azzurro e si portò le gambe al petto. « No. » Scosse il capo. « Voglio aiutare. »
Ciel scoccò un’occhiata al demone e si rigirò l’anello di famiglia intorno al dito. « Allora vi prego di riferirmi quanto dovete, signorina. »
La ragazza annuì. « Io e mia sorella siamo nate da un parto sfortunato: saremmo morte entrambe, se le fate non mi avessero salvato. Tra noi, io ero la più debole, per cui hanno deciso di portare me nel loro mondo e lasciare che Mary provasse a salvarsi da sola. Di fatto, ci sarebbe anche riuscita, se non fosse stato per quella brutta polmonite. » raccontò. « Ma aiutare così tanto una famiglia non sarebbe stato giusto, per cui non intervennero. »
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
« Non stupitevi, Conte. » rispose l’umana. « Gli spriggan sono angeli custodi per le famiglie in cui vengono inseriti. »
« E perché i Beresford ne avrebbero bisogno? »
« Davvero c’è bisogno di chiedermelo, con quello che è successo? » Sue sorrise. « Se non fosse stato per la presenza di Susan, il demone avrebbe fatto davvero ciò che avete raccontato alla regina, invece il suo odore di fata faceva apparire repellente lei e chi le stava intorno abbastanza a lungo. »
« Strano, » si inserì Sebastian « io la trovavo deliziosa. »
La giovane alzò lo sguardo verso di lui e inclinò appena il capo. « Susan non mi ha parlato bene di voi. » ammise. « Ha detto che la guardavate come un bignè. »
Ciel scoccò un’occhiata di rimprovero al diavolo, che non negò, né confessò.
« Voi siete un demone diverso da Hana’el. » spiegò la ragazza. « La sua luce vi attrae, così come attrae l’Ombra. » Sorrise e scoccò al suo padrone uno sguardo divertito, che nessuno dei sue capì. Rideva di una battuta divertente solo per lei. « Ad ogni modo, » riprese « le fate mi hanno cresciuto insieme ad altri bambini umani, in quello che potreste considerare un collegio. Ci insegnano le lingue del nostro mondo, la sua storia e tutto quello che vogliamo, fino ai diciotto anni. Dovrei essere lì, ora, ma questa è un’emergenza. Una volta adulti possiamo scegliere se restare nel mondo delle fate, o tornare sulla Terra. »
« Al posto degli spriggan? »
Sue scosse la testa. « Come persone nuove, o al posto di altre morte senza che nessuno lo sappia. Dobbiamo cambiare aspetto, per non intralciare i nostri spriggan, ma non ci importa: possiamo fare la differenza, usare quello che sappiamo per migliorare il mondo. »
Il Conte non poté evitare di guardare di nuovo il diavolo: tutto ciò sembrava troppo bello per essere vero e contrastava con ciò che il maggiordomo aveva detto dei changeling. « E quelli che decidono di restare con le fate? » chiese. « A loro che succede? »
« Si integrano. Il mondo delle fate non è poi troppo diverso da quello degli umani. Semmai, è... come dire? Ci sono meno pressioni, ecco. Ognuno è libero di vivere come vuole. »
Il giovane lord arricciò le labbra. Perché le fate non avevano preso anche lui? Su che basi sceglievano chi meritava la felicità e chi no? Strinse i pugni e ricacciò indietro quelle domande. Lui si era votato alla vendetta e aveva scelto di perseguirla a costo di consumarsi. La felicità era fuori dalla sua portata.
« C’è altro che volete sapere, Conte? »
« Solo come proteggervi. »

 

Susan richiuse lo specchietto a conchiglia e si lasciò cadere distesa sul divano. Esercitare i suoi poter fatati era faticoso, ma l’aria di quel mondo la aiutava e in quel caso ne era valsa la pena. Si sentiva molto più tranquilla, a sapere che il Conte Phantomhive era dalla loro parte. Poggiò le gambe sul bracciolo e le accavallò in un gesto pigro. Non poteva fare a meno di essere preoccupata per Anthea, ma voleva credere nel suo coraggio. Aveva visto la sua luce e sperava potesse fare breccia nella torre d’avorio del Conte, che dietro la facciata pacata era, glielo aveva letto negli occhi, sempre più solo e disperato di giorno in giorno.
Un bussare leggero la strappò ai suoi pensieri.
« Avanti! » rispose e con una lieve rotazione del polso aprì la porta di ciliegio.
Era Bianca. « Ti disturbo? »
La spriggan si mise seduta e scosse la testa. « Posso offrirti qualcosa, piuttosto? Del succo di frutta o un po’ di tè? »
« Il tè mi piacerebbe. » ammise la ragazzina. Non ne aveva mai bevuto, essendo cresciuta in una famiglia di proletari, ma ne aveva tanto sentito parlare e la incuriosiva che gli inglesi lo bevessero tutti i giorni. « Ma non sono venuta per questo. » ci tenne a precisare.
La marchesina le sorrise e suonò una campanella per chiamare la governante.
Non era una donna vera, ma una bambola di ceramica magica a cui aveva dato l’aspetto di Bessy, la vera e incontrastata padrona di Curraghmore. Le somigliava molto, se non fosse stato per il viso liscio e la pelle lucida. Della donna aveva di certo il talento nelle faccende di casa, con in più il vantaggio di non sentire la fatica, ma nessuna di queste qualità avrebbe mai potuto compensare il dono della parola.
« Bessy, per favore, portaci un po’ di tè. »
La bambola si inchinò e obbedì.
« Non mi abituerò mai a vedere queste cose. » ammise Bianca. « Anche se sono molto utili. » Si acciambellò sul divano, scomposta, e guardò la ragazzina di fronte a sé. Più la osservava, più si rendeva conto di quanto fosse diversa da lei, con quei capelli scarmigliati e le mani callose già alla sua età. Poteva nasconderle quanto voleva, ma non sarebbe servito a farle crescere dritte le unghie.
« Sono un po’ inquietanti, sì. » concordò Susan. « Allora, a cosa devo il piacere di questa visita? »
« Tra pochi giorni è il compleanno di David. » spiegò la ragazzina. « E visto che non abbiamo soldi, né sapremmo dove comprargli un regalo, io ed Aiden abbiamo pensato di organizzargli una festa a sorpresa... e aiutarlo con la sua cotta per François. »
« François? » le fece eco la marchesina. « Ma è un maschio! »
« E allora? »
« Non possono stare insieme! Cioè, sono maschi. »
Bianca batté le palpebre. « Questo lo so, » rispose « ma che c’entra? »
« Be’, ecco... » Susan si bloccò. Proprio non sapeva cosa risponderle. « Lo dicono gli adulti. » borbottò alla fine. Lo aveva sentito dire diverse volte, ma non si era mai fermata a chiedersi perché fosse una cosa tanto brutta e terribile, che due maschi – o due femmine – stessero insieme.
« Sono adulti stupidi, allora. » decretò l’altra ragazza, senza pensarci due volte. I suoi genitori erano sempre troppo stanchi, quando tornavano a casa la sera, per perdersi in chiacchiere. Solo la sera si sedevano tutti a tavola e si parlava, ma per lo più degli impegni per il giorno dopo o altre cose importanti, non certo di chi si innamorava di chi altro, quindi lei non aveva mai sentito quei discorsi e quelle volte che aveva visto coppie dello stesso sesso non ci aveva mai trovato niente di strano: sembravano imbranati e felici come tutti gli altri e a lei bastava.
« Però... » mormorò Susan. « E i bambini? »
Bianca la guardò interrogativa.
« Come farebbero ad avere dei bambini? »
« Perché averne di loro quando ce ne sono tanti negli orfanotrofi? Ce n’è uno enorme vicino casa mia e io li vedo sempre giocare in cortile e fare tanto d’occhi quando passa un adulto, le volte che vado a fare la spesa. »
La giovane lady non seppe cosa rispondere. Non sapeva quali obiezioni avessero gli adulti ed era troppo giovane per riuscire a immaginarne di sue. Di fatto, gli omosessuali non le avevano mai fatto niente di male e finché continuavano così, per lei potevano fare quello che volevano. « E... » Esitò. « Sei sicura che Daniel e François si piacciano? »
« Sicurissima. » affermò la ragazzina. « François sta sempre appiccicato a Daniel e quell’altro fesso lo guarda come uno stoccafisso quando pensa che nessun altro se ne accorga. »
« Oh. » commentò Susan, che non si era accorta di niente, nonostante la sua spiccata sensibilità. « E come... come pensi di fare? »
Bianca le rivolse un sorriso da folletto. « Ovvio. » rispose. « Dobbiamo solo farli ingelosire abbastanza perché uno dei due si dichiari. »
« Ma siamo troppo piccole! »
« Oh, non noi. » rivelò la spriggan. « Aiden. »

 

Sebastian chiuse la porta dello studio a chiave e rimase immobile al centro della stanza, in attesa di ulteriori ordini del suo padrone.
Il ragazzo sedette dietro la scrivania e ruppe il sigillo della seconda lettera con un gesto brusco. Aveva lo sguardo fosco e la fronte corrugata, ma le dita agili mantenevano l’usuale fermezza.

 

Ciel sospirò e porse la lettera al suo maggiordomo. Non vedeva come quelle informazioni potessero aiutarli, ma capiva le buone intenzioni della ragazza. Se tutti erano convinti che quest’Ombra esistesse, non poteva fare altro che accettarlo a propria volta, si disse, ma ciò non gli diceva ancora come sconfiggerla. Potevano ucciderla con le capacità di Sebastian, oppure era meglio catturarla e rinchiuderla per farla morire di fame? Si massaggiò le tempie.
« Non crucciatevi, signorino. » gli disse Sebastian. « Sono tutte sciocchezze. »
« Come puoi esserne sicuro? »
Il maggiordomo sorrise ferino e si piegò in avanti sulla scrivania fino a guardarlo negli occhi alla stessa altezza, così vicino da poter sentire il profumo del suo respiro. « Semplice. » rispose. « Perché noi demoni non amiamo e nessuno della mia razza sarebbe tanto pazzo da toccare una di quelle lucciole. » Bruciò la lettera con un gesto pigro e lasciò che si consumasse fino a sparire. « Perciò l’Ombra non può... »
Un urlo lo interruppe. Veniva dalla camera di Anthea.

 

Anche oggi ce l'ho fatta. Stiamo sfidando la sorte, con questa cosa. Wow. 
Innanzitutto, mi rendo conto che è un capitolo ricco, ma spero non sia noioso. Ho cercato di fare le lettere con un font leggibile, ma le ho fatte in momenti diversi e quindi non sono uguali. <_< (Sì, sono pigra. Chiedo perdono.) 
Più importante, avrei voluto evitare il cliché di tutti gli yaoi (dove c'è sempre qualcuno che dice "Ma siamo/sono due maschi!"), perché lo odio, ma sarebbe stato un falso storico: nell'epoca vittoriana l'omosessualità era punibile per legge - pure le pietre sanno che Wilde è finito in galera per questo - e una bambina nobile non può non averlo sentito dai genitori. Per fortuna Bianca le ha chiarito le idee. (Sì, ho scelto apposta la bambina italiana, che tra l'altro porta un nome che io amo molto.) Ciel, invece, non lo dirà, perché tanto lui è già dannato. Un "crimine" (e le virgolette sono d'obbligo) in più o in meno non gli cambia la vita. Certo, prima deve capire che è attratto da Sebastian, ma non ho scritto questa fanfiction solo perché avevo voglia di scrivere uno storico pieno di sangue.
Inoltre, avete sentito l'universo ridere quando Sebastian ha detto che i demoni non amano? Le fujonshi di tutto il mondo si sono sganasciate - io per prima. 
Beh, per ora è tutto, credo. Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va. 
Ci sentiamo nelle recensioni. See ya!


 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Madison Alyssa Johnson