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Autore: shamarr79    18/07/2016    4 recensioni
Scrivo, perchè molto di più avrei voluto leggere su Magnus Bane, cercando di riempire vuoti e silenzi lasciati dalla Clare; voglio fantasticare, su di lui, sui suoi amori, su Alec, ovviamente, ma anche immaginare i suoi capricci, le angosce, gli amici, i nemici. Ma essenzialmente Magnus, potente e fragile come solo una forza della Natura può essere. Seguendo la trama dei libri, mi intrufolo tra le pagine, alla ricerca di spazi da riempire con le parole. Un riferimento in alto indica il capitolo in cui mi inserisco, ripeto solo qualche parola del libro, per farvi orientare senza essere noiosa. Si inizia quando ancora Magnus e Alec non si conoscono, entrambi sono insoddisfatti e nervosi, alla ricerca di qualcosa che ancora non comprendono. Il Magnus della Clare è il riferimento, ma scrivendo diventa sempre più autentico, distinto e poetico. Anche Cat per me è una figura importante, perchè non riesco ad immaginare un Magnus senza una Cat, grande amica del cuore. Il resto è mio. Scrivo per me, inutile negarlo, ma spero che vi piaccia. E, lo scrivo sinceramente, sarò lieta di leggere qualsiasi cosa, brutta o bella, vi venga in mente ascoltando di queste righe sparse il suono.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Catarina Loss, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un gioco di stoffa (Città di ossa, cap. 10)

“Adesso che stai facendo?”. La sua voce era innervosita.

“Niente. Dopo l'evocazione di ieri, i mannari rimessi a nuovo e due transizioni vampiresche solo nel pomeriggio, ora voglio almeno due giorni di vacanza. Le sirene al porto non sono cosa per me, mi fanno venire l'emicrania. Vuoi occupartene tu?”

“Ma cosa c'entrano le sirene adesso?”

“Non so, sono fuori fase, l'incantesimo di trasfigurazione a casa di Jocelyn Fairchild ha funzionato per miracolo, quella piccola peste rossa stava per vedermi, devo stare più attento e … devo capire, capire cosa sta succedendo, quella famiglia porta guai”.

“Questo l'hai già detto vediamo.. sei volte?”.

L'altro sbuffò. Era appoggiato alla finestra, lo sguardo perso verso il cielo nero, le luci delle caotiche strade di Brooklyn facevano concorrenza alle stelle. Il vento entrava da fuori, gli avrebbe scompigliato i capelli se non fossero stati bloccati dalla lacca, guardava lontano, ma senza attenzione, agitava la mano destra, anche questo senza attenzione, sembrava più un tic involontario del tutto normale se non fosse stato per le fiammelle blu che sollevava ad ogni impercettibile gesto.

Caterina smise di riversare l'impasto negli stampini e aprì il forno già caldo.

“Intendevo cosa fai adesso? Ora. Non vedi?”.

Le ultime parole erano piuttosto determinate, quasi rudi pensò lo stregone, poco adatte alla sua Cat. Seguì il suo sguardo e trasalì. Era così immerso nei suoi pensieri che da diversi minuti stava facendo volteggiare un drappo rosso in cielo.

“Ma da dove l'hai preso?”

“Non lo so, era ... in acqua … penso. Stavo sbirciando sul molo e l'ho visto in acqua. Gettano di tutto in mare, questi mondani e poi si lamentano dell'inquinamento”.

“Pensa cosa diranno domani vedendo un drappo rosso che volteggia in cielo circondato da fiammelle blu. Spero tu abbia pronta una buona scusa”.

“L'ho occultato ai mondani ” disse. In realtà pensava di averlo fatto, sperava più che altro, ma non ne era sicuro, forse si era distratto prima. Schioccò le dita e il drappo gli comparve tra le mani. Era quanto rimaneva di un foulard di seta, con piccoli ricami a forma di rosa. Era ancora umido. Lo stregone lo strinse tra le mani, fiammelle blu volarono da tutte le parti per qualche secondo e quando riaprì al posto del drappo c'era una piccola rosa di stoffa nel suo palmo, con due nastrini lucidi. Si alzò e si avvicinò alla sua amica.

“Posso?”

Caterina sorrise e girò leggermente le spalle, lui prese una ciocca di capelli bianchi e legò la rosa con i nastrini.

“Così mi pensi, sempre”

“Quando potrei mai smettere di pensarti? Ha chiamato 6 volte oggi e ti si materializzato in soggiorno perchè non ho risposto in tempo alla settima chiamata”

Magnus fece una smorfia e si lasciò cadere di nuovo sul divano. Caterina fece comparire due drink e ne porse uno all'amico che lo afferrò e lo bevette avidamente.

“Dovresti uscire”

“E tu farti una vacanza”

“Ok mi arrendo, accetto il regalo e parto qualche giorno, ma tu promettimi che se hai problemi mi chiami subito. Subito, chiaro?”

Finalmente Magnus sorrise. “Se sapevo che bastava farti una rosa di stoffa mi sarei procurato un intero mazzo”

“Non sto scherzando, guardami. Tu hai un grande intuito e se pensi che ci saranno guai in arrivo io so che ci saranno guai in arrivo. Vado, ma giura che mi chiamerai subito”.

“Subito, prometto. Lo farò, tranquilla, non ho nessuna idea di fare l'eroe. Trovo un rifugio e metto tutti al sicuro. Non voglio fare altro, ma se tu sei lontana sono più tranquillo”

“Da quando sei tu a prenderti cura di me?”

“Beh … è raro, in effetti”

“Okay, ora però vuoi uscire da questa casa? Hai bisogno di divertirti un po'. Non dovevi vedere quella fata, una bella donna molto affascinate, l'ho vista al locale”

“Beh, si, l'ho vista ieri, meglio lasciar perdere per un po'. E' molto sexy e non troppo crudele per essere una fata. Meglio non esagerare”

“E il vampiro? Quell'uomo attraente dagli occhi neri? Ti piace?”

“Un po' troppo sicuro di sé e convinto di essere bello e attraente oltre ad avere un accento francese un po' stucchevole”

“Non ti ho chiesto il suo profilo in breve per facebook. E poi mi è parso l'avessi fatto capitolare in 10 minuti al locale l'altra sera. Sembravi interessato”

Magnus, alzò le spalle e fece comparire un altro drink, facendosi scivolare sul divano. Non poteva dare una risposta più chiara, conosceva quello stregone come il palmo della sua mano. Era stata l'ennesima prova di forza: far capitolare il bello dall'aria sdegnosa e lasciarlo con gli occhi lucidi innamorati, trepidante di passione, abbandonato in un letto con lo sguardo assente pensando al suo amante. Tutto in 10 ore. Dietro trucco e acconciatura perfetta c'era un groviglio di ansie messe a guardia di un cuore immenso che a pochi era concesso vedere. Poi in questi giorni era così agitato, Cat aveva sperato che la fata pantera e il vampiro francese l'avessero tenuto impegnato almeno per qualche giorno ma l'illusione era crollata quando si era materializzato nel suo soggiorno. Smaniava Non si era neanche rimesso a nuovo, solo jeans, maglietta e cappotto arrotolato al braccio, niente glitter né eyeliner, solo da lei e da Tessa si faceva vedere così. Eppure anche così lo trovava bellissimo, semplicemente perfetto. Tutti, sempre, lo trovavano bellissimo, sexy, ipnotico, attraente, ma lui era così sospettoso, sapeva di piacere a tutti, donne e uomini, ma ogni volta che cadevano conquistati se ne stupiva segretamente. Pensava che tutti lo amassero per la sua magia, soltanto per quella. Un potere straordinario e una maledizione insieme. Se solo si fosse riuscito a vedere con gli occhi di Cat. Lineamenti decisi e delicati, un'ombra di barba gli incorniciata le labbra sottili, capelli neri come l'oscurità, occhi profondi verde smeraldo leggermente ambrati, agile e muscoloso, elegante in ogni istante ad ogni gesto, si muoveva come se danzasse con l'aria, malinconia e angosce ammassate da secoli dissimulate dietro sorrisi taglienti, ironia sempre pronta, mente lucida e un potere immenso, neanche lui forse sapeva quanto. L'essere più potente di tutta la nostra dimensione e secoli di esperienza magica nel corpo di un paranoico ventenne dai tratti orientali.

“Capito. Anche questi due sono stati segati”. Cat aveva un tono rassegnato “Meno male che sei bisessuale e … profondamente antirazzista, altrimenti dovremmo cambiare città ogni anno”.

“New York è grande, tutto considerato, Ci sarà qualcuno di interessante che ancora non ho incontrato”. Finito anche l'ultimo drink lo stregone si alzò. “Vado”, disse.

Cat stava per aprire un portale, lui lo chiuse. “Preferisco camminare un po', c'è un'aria fresca stasera, pizzica, tra un po' pioverà, ma non durerà molto”. Si avvicinò all'amica la strinse e le baciò i capelli. “Promettimi di partire domani e chiamami appena ti sistemi. L'isola sarà bellissima in questa stagione. Nuota anche per me”.

“Vieni con me”. Il suo tono era triste.

“Per qualche strana e bizzarra ragione so che devo restare qui”.

“Stai attento”.

Con un sorriso sornione un po' provocatorio le mandò un bacio e scivolò oltre la porta con in mano il lungo impermeabile. Un paio di rampe e fu fuori. Era vestito interamente di nero, strano non era da lui, amava sempre mettere una nota di colore.

Si sfiorò le tasche, come se avesse perso o dimenticato qualcosa, ma niente. Erano giorni che provava quella sensazione, un sentirsi a metà, a volte gli mancava l'aria, dopo secoli si stava inaridendo, maledetta eternità, da decenni non provava assolutamente nulla e da qualche tempo c'era quella strana angoscia. Solo da Cat stava un po' meglio e da Tessa. Da settimane cercava anche Ragnor, sapeva che stava bene, sentiva la sua fiera magia, ma non riusciva a trovarlo da nessuna parte. La sua vita, secoli e secoli e solo tre persone con cui stare bene, in realtà due presenti e una per lo più irreperibile. C'erano anche altri, Ki, la fata con cui si frequentava da un po', una meravigliosa pantera nera o Cedrik, un affascinante vampiro dagli occhi scuri, o Raphael, anche a lui era molto affezionato, ma niente, quel buco continuava ad esistere e gli dava l'impressione di allargarsi come una voragine, ogni secondo.

Si mise a piovere, leggermente, l'aria era fredda. Una folata di vento lo circondò, si sentì quasi abbracciato e per un po' consolato. Feste, sesso, persino lavoro, aveva fatto di tutto per non pensare, ma niente riusciva a distrarlo. Solo i biscotti di Cat. Ah.. diamine! Li aveva dimenticati.

Camminò a lungo, vagò un po' poi tornò verso casa. Quasi senza accorgersene si ritrovò nel suo divano. Il loft era illuminato dalle luci rimbalzate da fuori. Una creatura si avvicinò, furtiva e lo trovò nella penombra, saltò su di lui. In un attimo erano entrambi distesi sul divano, il micio sul suo petto godeva delle lente carezze. Con un gesto della mano aprì la finestra, poi, nello stesso modo, fece apparire un doppio bourbon senza ghiaccio sul tavolino. Dalla finestra entrava l'aria fredda che aveva lasciato fuori in strada, ne aveva bisogno, almeno poteva dare a qualcosa la colpa dei brividi che provava. Il loft era in penombra, a stento le luci arrivate sfocate e tremolanti dalla strada svelavano qualcuno degli arredi, lasciado intravedere stoffe pregiate e legni intarsiati. Solo il bancone bar si vedeva chiaramente; doveva essere un segno. Feste, sesso e lavoro non risolvevano il problema, ma era pur sempre un inizio. Sempre meglio che aspettare in silenzio che la voragine che ti lacera le viscere ti esca dallo stomaco e ti inviti a cena. Da domani si ricomincia, persò, tra sè. Con il lavoro, qualche demone in più non sarà poi una catastrofe e … con una festa, una grande festa, fate, vampiri e mannari, gelatine alcoliche e cocktails fatati, buona musica e, se gli ospiti non si mangiano a vicenda, magari esce fuori un nuovo pasatempo. Sorrise a questa idea, in penombra gli occhi verdi sfolgoravano maliziosi, era quasi contento.

Poi un fischio nell'ombra. Una fiammella verde comparve d'improvviso nella stanza, si alzò di scatto, stringendo il micio, in un gesto di protezione. Sul tavolo era comparso un involucro un po' stropicciato. Non ebbe bisogno di alzarsi per controllare, l'odore dei biscotti di Cat si sentiva oltre la carta che li avvolgeva. A chiudere il pacco la piccola rosa di stoffa teneva un biglietto, che in breve svolazzo fino a lui.

“Dopo chissà quanti altri drink domani ti serviranno molti caffè. Tienila tu, in attesa di meglio ...”. Non c'era scritto altro, ma non ce n'era bisogno

“... in attesa di qualcosa capace di scaldarti il cuore davvero e non per una microfrazione di secondo, qualcosa capace di cacciare via il gelo”, avrebbe detto Cat.

Ma ormai non c'era bisogno di parlare.

Lui, il Sommo stregone di Brooklyn in quel momento aveva davvero tanto bisogno di quella rosa, di quel piccolo gioco di stoffa. Si alzò di qualche centimetro, solo per afferrare il suo bourbon e ricadde leggero sul divano.

 

 
   
 
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