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Autore: Eve1    20/08/2003    1 recensioni
Quattro anni dopo l'arrivo di una guerra e di una nuova recluta sconvolge nuovamente le vite dei ragazzi del Garden... in particolare Seifer..
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima delle fantasie

Autore: Eve

-PARTE SECONDA-

 

CAPITOLO 1:

                         NUOVI ARRIVI. CHE L’ORGOGLIO LA IGNORI.

Midi: Poemoflove

Garden. SeeD. La mia ottica di vedere le cose era cambiata, due settimane dopo la mia investitura a SeeD. Niente lezioni. Sia IO, che Seifer, che Yuffie, che Ryu eravamo ora SeeD. Insieme a noi atri cinque ragazzi. Eravamo in più di trenta, ma quell’esame era stato una selezione naturale. Che aveva fatto scoprire a molti il ribrezzo per il sangue. Già. Il sangue. Il proprio o quello altrui. C’era stata anche una perdita. Una certa Ivonne. Poveraccia. Mi faceva pena. Molti si erano ritirati. Molti erano stati bocciati. Che dire, ci avevano provato. Ma c’erano comunque dieci SeeD in più. No male. Per un’annata dieci SeeD erano parecchi. Essere SeeD aveva i suoi vantaggi. Clonne e Ryu erano più liberi nel loro rapporto. Non erano insieme, ufficialmente. Ma passeggiavano tranquillamente per la Hall, ridendo scherzando e dandosi del tu. Le chiacchiere non li infastidivano. Nemmeno il preside aveva nulla da dire. Seifer e io non stavamo insieme. Eravamo amici. Certo, due amici che si baciavano, ma sostanzialmente non eravamo nulla di più. Non ci eravamo mai chiesti il perché. Era una situazione strana, effettivamente. Dei giorni mi capitava di chiedergli se c’era qualcuno che gli piaceva. Lui mi rispondeva con calma. Ero io. Ero io la ragazza che gli piaceva. Me lo diceva in faccia. Poi mi faceva la stessa domanda. E io gli giravo la stessa risposta. Era lui. Era lui il ragazzo che mi piaceva. Ma non stavamo insieme. Non ne sentivamo il bisogno. Un giorno mi raccontò che Clonne gli aveva chiesto (perché lui e la mia prof. nel frattempo erano diventati amici) se lui non si sentiva imbarazzato per la sua posizione. SI sentiva imbarazzato quando si sentiva gli occhi addosso, perché stava con un'altra SeeD. E lui le aveva risposto che io e lui non ci eravamo mai messi insieme. Lei lo aveva guardato stranita. E gli aveva chiesto spiegazioni. Non era come me, Clonne. Io non volevo spiegazioni, le mie certezze me le conquistavo da sola.

Come era cambiata la nostra sfera privata, anche il mondo era cambiato. Galbadia. In pratica era un cumulo di macerie. Il presidente era deceduto. Attacco cardiaco. Versione ufficiale. Non che ci credessi molto. Non ci riuscivano, quelli stupidi Galbadiani a ridare stabilità al loro sistema politico. Così erano attentati e terrorismo di continuo. Deling City era diventata la più decadente città dell’intero Mondo della Strega. Decadente. Cadeva a pezzi. L’antico splendore non esisteva più. Quei pochi che erano rimasti nella capitale si dividevano tra i praticanti la malavita di strada e le vittime della malavita stessa. Le gang di teppisti dominavano la città. Furti, rapine, omicidi, molestie e violenze erano all’ordine del giorno. E il mondo rimaneva fuori. Nessuno interveniva. Come se Deling City fosse un mondo a se stante. Nulla lì dentro si poteva salvare. Nessuno voleva salvare la capitale di Galbadia. La capitale dello sfacelo. In fondo, Galbadia non aveva fatto nulla per meritarselo. Era stata l’oppressore del mondo per tanto tempo, la nazione dominante che godeva dei benefici causati con l’alleanza con la strega. Per il resto del mondo Galbadia poteva sprofondarci, in quella merda che aveva creato con le sue mani.

In quanto a me, Galbadia era l’ultimo dei miei problemi. Si può dire che di problemi non ne avessi. Certo, il Garden era sempre sotto tensione, perché la strega, a quanto pare, dopo la morte di Deling, se ne era andata. Sparita. In compenso Galbadia non era in condizione di espandere le sue mire, dopo la morte del presidente e dopo la penosa sconfitta che avevano subito a Trabia. Così le missioni erano relativamente poche. Per lo più azioni di ricognizione. Che il più delle volte erano falsi allarmi, partenze a vuoto. Com’era strana la vita al Garden, in tempo di relativa pace.

Così io me ne passeggiavo tranquillamente per il Garden, così come solevo fare la mattina, se non dormivo fino alle undici. Ed erano circa le nove e mezza. Ero nel corridoio d’entrata, e camminavo svogliatamente strisciando i piedi per terra. Sotto la calura di luglio, anche il tessuto leggero della divisa estiva era un mattone, per la mia pelle. Così indossavo un vestito impalpabile blu con.. gli stivali. Già. Gli stivali. Quelli che facevano tanto ridere Seifer. Nemmeno lui indossava mai la divisa. Diceva che sembrava un manichino. In compenso non indossava neppure l’impermeabile. Troppo caldo. Non si reggeva. Stava bene senza, la maglia senza maniche blu.. era terribilmente sexy. E io? Come stavo? Ultimamente ero ingrassata. Non di molto, al massimo un chilettO. Tutta colpa della mancanza di allenamento. Era da una settimana piena che non prendevo in mano la GunBlade. Mi guardai riflessa nella superficie di una vetrata. Passai delicatamente un dito sullo sfregio che avevo sulla spalla. Ora mai si era formata una crosta, ma ci aveva messo più di un’ora a smettere di sanguinare. Era stato Seifer. Sorrisi allo specchio e accarezzai la mia immagine. Seifer si sentiva in colpa, per quel giorno. Nel centro d’addestramento. Sorrisi nuovamente. Stavo rievocando i ricordi risalenti a quel giorno. Una settimana fa. Eravamo nel centro d’addestramento, ma i mostri non si volevano far vedere. Era la prima volta che mi allenavo con qualcuno. Di solito mi da fastidio. La puzza. Si, odio la puzza di cadavere. Soprattutto se non l’ho ucciso io. Potevo anche giustificare tutto quel tanfo insopportabile, se era per guadagnare exp. Anzi, quasi mi piaceva. Ma sentire le narici impregnate di qualcosa che non avevo ucciso io… no, non mi piaceva. Era qualcosa di sporco. Ma quel giorno non c’era pericolo. Non avremo ucciso dei mostri. Un duello. Spada contro spada. All’inizio fu solo un’incontrarsi confuso di lame. Nessuno di noi due era troppo convinto, e io non sapevo ancora maneggiare bene la Twin Lance. Il peso era massacrante. Comunque, dopo un’ora spesa in nulla, ci lasciammo prendere dalla foga del combattimento. Specialmente lui. Era un duellante. Lui cercava il corpo a corpo, nella sua vita, si vedeva da come maneggiava la spada, cercando disperatamente di aver ragione dell’avversario. E lui non ti guarda negli occhi. No, lui ti guarda solo all’inizio. Per sfidarti. Per farti capire che hai già perso. E poi si butta. Senza distinzioni. Come in mano ad una forza maggiore. Senza regole. Perché lui è fatto così. Se ne infischia delle regole. E così mi ha ferito. Un taglio non esageratamente profondo, ma capace di lasciare una bella cicatrice. La sua lama aveva accarezzato la mia pelle, correndo dalla fine del collo fino all’inizio della spalla. Almeno dieci centimetri. Il sangue era schizzato via violentissimo, come un proiettile. E la mia pelle lacerata era il fucile. Lo schizzo di sangue si depositò in un baleno per terra, macchiando la polvere. Il proiettile colpì l’innocente carne della terra. Scusami terra, se ti ho fatto piangere. Seifer si era svegliato dal suo coma di battaglia solo alla vista del mio sangue. O all’odore. Mi piace l’odore del sangue fresco. E’ diverso da quello di un cadavere. Quello di un morto ha un odore di fogna, stagnante. Quello da ferita.. è qualcosa di vivo. Ne avevo piene le narici, di quell’odore. Comunque non fu nulla di sconvolgente. Porto in giro la mia ferita come se fosse un trofeo di guerra. Un’onorificenza. Buffo. Sorrisi nuovamente alla vetrata. Era bello rievocare ricordi, non avevo più avuto crisi, da quel giorno a Trabia. Decisi che sarei andata a cercare Seifer, quel giorno avevo voglia di combattere un po’, ero in astinenza, decisamente. Non puoi battere la fiacca tutto il giorno, o rischi di ammuffirti. Come il sangue di un morto. Mi sistemai i capelli con le mani, passandocele in mezzo. Morbidi. “Non c’è bisogno che ti sistemi i capelli, vanno bene così!” Una voce mi colse in fragrante. Femmina. Intorno ai vent’anni. Nessun accento particolare. Avevo imparato a fare un attento esame di tutto ciò che mi coglieva di sorpresa, dopo l’esperienza del drago. Mi voltai. Chi aveva parlato era una bellissima ragazza mora.

Midi: Sacrifice

Quegli occhi. Indossava un abito lungo azzurro sopra un top e dei pantaloncini neri. Ti scrutano dentro. Una figura longilinea e slanciata. Non ti lasciano scampo. Un viso dolce-amaro. Perché lei sa già di te. Un cane la seguiva trotterellante. La ringraziai del complimento. “Sai dov’è il capitano?” Mi chiese. Io annui con la testa. “Portamici.”  Come si permetteva? Sentivo che avrebbe fatto qualcosa che non andava. Mi aveva dato un ordine. E io non ce la faccio. Non gli sopporto, gli ordini. Le imposizioni. Tutto ciò che non decido io. Non mi appartengono. Ero incazzata nera con quella stronzetta. “Chi sei tu per darmi ordini?!” L’avevo aggredita. Nonostante fosse più grande di me. Deve ancora esistere la persona capace di mettermi paura. E’ più forte di me. Sono perfettamente irrispettosa. “Sono una persona molto importante per il comandante. E per il Garden stesso.” Mi aveva risposto con uno sguardo strano. Aveva sorriso. Con sarcasmo. Con fare saccente. Ero stata schiacciata. Non ci potevo fare nulla. Non la controllavo. Con lei incazzarsi non serviva a nulla. Perché lei non ha paura di te. Ma di qualcosa ha paura. Forse di quel bagliore. Un poco la capivo. C’era qualcosa dentro di lei, che si ribellava. Qualcosa che ti implorava. Libertà. Che parlava con gli occhi. Forse fu per quello che non ebbi l’impulso di rompergli quel bel faccino. Dolce-amaro. Così mi voltai. E cominciai a camminare, con lei che mi seguiva come un cagnolino. Certe persone si voltavano a guardarla. Lei sorrideva con fare saccente, e muovendo leggermente la mano in segno di saluto. Allora era vero. La si conosceva nel Garden. Lungo la strada vidi Seifer. Fece per venirmi incontro, ma all’improvviso si fermò. I suoi occhi. Non gli avevo mai visti così stupiti di qualcosa. La ragazza in azzurro mi sorpassò. Sorrise, come faceva sempre. Si fermò a pochi centimetri da Seifer. Di fronte a lui. Mise le mani dietro la schiena. Inclinò leggermente il busto. E gli parlò. “Almasy. S-e-i-f-e-r. Ciao.” Lui era attonito. Sconvolto. Non ebbi il coraggio di reagire, quando abbracciò quella ragazza. Sull’orlo delle lacrime. Non l’avevo mai visto così. Felice. La abbracciava, cingendola con tutta la sua forza, e lei teneva le mani sopra il busto di lui. Finalmente Seifer parlò, con la voce rotta. Evidentemente dentro di lui stava piangendo di gioia. Ma non l’avrebbe mai dato a vedere. Ma io capivo che calde lacrime scorrevano lungo le sue guance ispide, perché aveva saltato la barba, quella mattina. Scorrevano lungo le guance dell’altro Seifer. Quello dentro di lui. Quello che io comprendevo e amavo. Mi sorpresi di questo mio pensiero. Ma mai quanto mi sorpresi delle sue parole. “Brutta stronza! Ci hai fatto morire dalla paura! Perché te ne sei andata, Rinoa!” E così era lei. La ragazza del comandante. Non avevo parole. Capì cosa voleva il comandante, allora. Voleva lei. La desiderava con tutto il suo cuore, di nuovo sua, dopo tutto quel tempo. Perché lei era incredibile. Per fare l’amore con Squall. C’era solo lei. Solo lei. Dolce-amara creatura. Lei non rispose. Ma io lo capivo dal suo modo di respirare. Stava di nuovo facendo quel musetto saccente. Ma smise. Perché era arrivato lui… e quella scintilla… quella scintilla che supplicava di essere liberata esplose. Come se prendesse tutto il suo corpo. Come se tornasse dolce. Perché ero sicura. Una volta doveva esserlo stata. Lei si buttò tra le braccia di Squall. Nessuno dei due disse una parola. Stavano abbracciati. Come se non si volessero più lasciare. “Mio cavaliere Mio cavaliere Mio cavaliere.. Mio Mio Mio.. “

Erano le uniche cose che lei bisbigliava. Poi, quando Seifer parlò, la scintilla tornò prigioniera. Mille volte rinchiusa dentro un’anima di bestia. E non mi piaceva. “Eve..” mi disse Seifer “Questa… questa ragazza è Rinoa Heartilly..” Sorrisi. Come se non ci conoscessimo già. Avevo già scrutato a fondo nella sua anima. E come se lei non avesse già scrutato dentro di me. Pregai di rivedere quella scintilla, mentre mi dava la mano. Ma evidentemente quell’attimo di gioia era stata solo una concessione per la vera Rinoa. Perché la Rinoa che io non conoscevo si era già rimpadronita di lei. 

Midi: Truth  

Quel pomeriggio stesso mi diressi verso la stanza di Seifer, per proporgli di allenarsi. Probabilmente avrebbe rifiutato, a suo avviso ero ancora convalescente per la ferita, ma io volevo provare lo stesso. Improvvisamente, vidi qualcosa che mi fece cambiare idea. Lei. Rinoa, intendo la Rinoa saccente, era entrata nella camera di Seifer. Non è nella mia indole spiare. Ma qualcosa mi disse che dovevo appoggiare l’orecchio alla porta e l’occhio alla serratura. Lei era in piedi davanti a lui. Mannaggia a quella serratura. Era troppo stretta, mi copriva la visuale. “Che ci fai qui, Rinoa….?” Chiese Seifer. “Mah… così per parlare….non vuoi parlare con la tua ex?” Questo non lo sapevo. Seifer sembrava un po’… strano.. preoccupato. Lo capivo dal suo timbro di voce. “E bene appunto! Senti… è da oggi… sei strana…” Evidentemente ci avevo azzeccato, quando avevo pensato che Rinoa fosse stata diversa, una volta. “Andiamo Seifer…. Comunque non farti starne idee.. riguardo al fatto che sono da te.. adesso…” il tono era di sfida. A quel punto avrei voluto seriamente ucciderla. Che stronza! Come si permetteva di parlare in quel modo a Seifer?! Ma era gelosia, quella che mi inclinava la voce? Era gelosia? Proprio mia, che non stavo neppure con Seifer? Strano.. Seifer ora era irritato, oltre che stranito. “Ma che cavolo dici! Ti sei bevuta il cervello, in questi quattro mesi? Se ti sentisse Squall… anzi.. fammi un favore.. muoviti a dirmi cosa vuoi e vattene! Magari ti calmi un po’, ok?” Ringraziai Seifer, dentro di me. Ma Rinoa ha sempre la risposta adatta. E te la sbatte in faccia. Devi avercelo, di fegato, per combatterla. Devi essere pronto a fare i conti con ciò che lei ti dirà. Perché lei sa tutto di te. E ti dirà cose che vorresti nascondere. “Seifer…. Non fare il furbo con me… sarò cambiata io.. ma tu non sei cambiato per niente!” Disse la ragazza con un risolino. Purtroppo la scarsa visuale non poteva impedirmi di vederla.. veramente troppo vicina a lui. Misi una mano sulla GunBlade. Che voglia che avrei avuto di rovinarle per sempre quel faccino da bambola. Che voglia che avrei avuto di ucciderla e di tapparle per sempre quella bocca diffamatoria. Ma purtroppo dovetti sentire quello che aveva da dire. Sentivo che non mi sarebbe piaciuto. “ Seifer… Seifer.. Seifer.. Vediamo… perché sei così.. chi è quella ragazzina?” Parlava di me. Il sangue mi ribolliva nelle vene. “Non sono cose che ti riguardano!” Seifer. Ma perché.. perché non gli diceva che eravamo amici… perché non le diceva che tra noi non c’era nulla… eppure lo pensava!! O io gli piacevo… sul serio?

“Seifer Almasy… sei un porco! Già vi vedo..” Si avvicinava sempre di più a Seifer… e non scherzava, quando gli aveva detto che era un porco. Diceva sul serio. Niente battutine, niente doppi sensi. Era semplicemente un porco, per lei. Sarei voluta irrompere in quella camera, dirle che lui non era un porco, che era lei la stronza puttanella, che avrei voluto ammazzarla. E l’avrei fatto. Eccome se l’avrei fatto, l’avrei uccisa. “Già ti vedo… mentre la abbracci.. è così sottile.. non ha un’ombra di seno… è così magra che vorresti proteggerla.. magari ti chiedi come fa a maneggiare così bene la GunBlade.. con quella costituzione.. e tu sei così forte.. e puoi rinchiuderla… come in un guscio.. tra le tue braccia… e la sfiori leggermente.. le sfiori il collo.. i fianchi.. ti piace sentire la sua pelle di pesca… sotto le tue mani forti…e poi i vostri baci.. sono così.. passionali.. e innocenti al tempo stesso. Ne umidi ne asciutti… semplicemente perfetti.. e mentre la baci.. la scaldi.. la proteggi dal freddo della zona segreta di sera… magari le metti anche l’impermeabile bianco sulle spalle….” Era incredibile come Rinoa descrivesse così bene i nostri incontri… con le sue parole.. mi spaventava.. sapeva tutto di noi. E cominciò ad azzardare.. qualcosa di veramente azzardato.. incredibilmente ruvido.. qualcosa che Seifer non si sarebbe mai meritato… “E poi.. un giorno.. ti stuferai dei baci… vero? Hai ventidue anni… anche se te la fai con una ragazzina qualcosa pretendi vero? Mah… un giorno… eh eh.. che cosa le farai Seifer Almasy? Te la farai? Scommetto che ti divertirai parecchio.. hai sempre avuto un debole per quelle come lei.. un po’ troppo.. candide… e dire che ammazza così bene.. come un boia.. e sotto le coperte è così.. eh eh.. forse ti piacevo proprio per questo? Sei un po’ animale… vero Seifer? Un vero porco…” Gli accarezzò il viso. Di nuovo quella parola.. di nuovo quel porco. Avanti Seifer.. perché non gli rispondi? Perché non glielo dici, a quella stronza, che tu non mi toccheresti mai? Perché Seifer, perché? Sei come dice lei? No.. non lo sei.. perché io ti piaccio.. ti piaccio perché andiamo d’accordo, perché sono simpatica, perché ci troviamo bene.. perché sono carina.. perché sono piccola e candida.. ma come? Adesso pensavo anche come lei? Le sue idee mi rodevano il cervello.. come un tarlo.. non riuscivo a crederci… mi accasciai per terra, appoggiata contro lo stipite. Non mi alzai neppure quando sentì i passi di Rinoa che si avvicinavano alla porta. Nemmeno quando aprì quella stramaledetta porta. E lui non aveva aperto bocca. Non aveva detto nulla. Lo speravo fino all’ultimo. Ma nulla. O Seifer, che cosa mi hai fatto? Questa ferita mi brucia molto di più di quella che ho sulla spalla. Questa ferita mi consuma dentro. Presto morirò. Puzzerò. Come i mostri. Come i soldati che ho ucciso a Trabia. O Seifer, salvami. Rinoa non poté evitare di commentare, vedendomi sulla porta. “Ma guarda.. parli del diavolo.. c’è una piccola spiona fuori.. magari ha anche sentito tutto… poverina.. la realtà è dura..” La ragazza vestita d’azzurro sparì dalla mia vista muovendosi sui suoi tacchi. Tenevo le orecchie tappate e gli occhi chiusi. “Eve!” Seifer.. solo ora parlavi? “Eve.. andiamo dentro..” Lo seguì d’istinto dentro la sua camera. Non ci ero mai stata. La prima cosa che notai fu il letto ancora disfatto. Poi la sua GunBlade nella custodia aperta. E una fotografia. Sul comò. Tante fotografie, tantissime. Ne avevamo scattate tante, insieme. Ma non ce ne fosse stata una che mi ritraeva. Poteva comodamente averle buttate. Forse non voleva ricordarmi? Forse una volta che fossi andata con lui, mi avrebbe dimenticato, come facevo io con praticamente tutto quello che era il mio passato? Solo che a lui non sarebbero serviti i Guardiani. Ero così piccola. Non dovevo occupare così tanto spazio nella sua memoria, sarei stata facile da cancellare. 

Midi: Dissipating Sorrow

  “Non.. non devi credere a quello che ha detto Rinoa..” mi disse. “Perché non l’hai detto a lei…perché non l’hai smentita.. e poi perché ti preoccupi.. siamo solo amici.. vero? Siamo solo amici? Ma.. si.. io ti voglio solo come amico.. io non voglio stare con te.. non voglio.. tu non mi piaci! Non mi piaci! Io non sono gelosa di te!” Scoppiai in lacrime. Avevo urlato quelle parole talmente forte.. devi urlare se vuoi parlare al tuo cuore. Altrimenti non ti sente. Le parole si fermano nella mente. E ciò che ho solo nella mente prima o poi l’avrei dimenticato per colpa dei Guardiani. O avrebbero corroso anche ciò che c’era nel mio cuore? Io non volevo. Seifer mi abbracciò. Doveva aver capito. Finalmente sapeva. Io lo amavo.. già.. ma io lo sapevo? “Piccola…” e mi prese tra le sue braccia. Mi accarezzò il collo, i fianchi.. mi baciò. Ero tremendamente scossa. Non ci potevo credere. Tutto. Tutto era successo.. come l’aveva predetto Rinoa. Come l’aveva descritto lei. Con quella sua impressionante precisione chirurgica per i dettagli. Che ti lasciava nudo di ogni tuo segreto.

In quel momento.. desideravo che mi abbracciasse.. che mi accarezzasse.. che mi baciasse.. lo desideravo. Desideravo le sue coccole più di qualsiasi altra cosa.. ma non potevo averle. Non che lui non me le desse. Ma non potevo accettarle. Per quel piccolo particolare. Seifer mi voleva solo per.. per.. non ci volevo neppure pensare. Ed ormai ero convinta. Mi staccai dalle sue labbra, passandomici una mano sopra, quasi volessi cancellare i baci. “Seifer.. “ gli dissi. Il ragazzo mi guardò in faccia. Sapeva che avrei detto qualcosa di spiacevole. Perché ogni volta che dico qualcosa di spiacevole faccio quella faccia. Il musetto serio, imbronciato. Con quel mio strano modo di inarcare le sopracciglia. “Seifer… io.. voglio sapere che cosa… che cosa c’è tra noi.. altrimenti.. non penso.. che lo vorrò mai sapere. No… non.. mi.. non mi interesserebbe….” Ero stata crudele. Ma dovevo farlo. Ora dipendeva tutto da lui. Basta giocare. Ora ne sentivo il bisogno. Purtroppo Rinoa è dura. Ma quel che dice è verità. Perché la verità stessa è dura. E si deve accettare. La falsità non ti porta da nessuna a parte. Perché, spesse volte, in ballo ci sono i sentimenti. “Eve… piccola… io.. non so come spiegarti ma…” Si fece scuro in volto, non voleva troppe complicazioni, evidentemente. Forse non lo sapeva neppure lui, che cosa voleva. “Io.. Eve.. quando Yuffie ci ha presentati… e va bene.. volevo portarti a letto.” Non ci potevo credere. Una sola parola poteva descrivere quella sensazione. Mi sentivo raggelare. Nonostante fossi ancora nel suo abbraccio, sotto la calura di luglio, avevo i brividi. Mi divincolai da lui, mi abbracciai da sola dall’altro lato del muro per non congelare. Ma il freddo ce l’avevo dentro. Ora eravamo faccia a faccia. Avrei dovuto andarmene. Che cosa mi costringeva lì, dove non potevo altro che ricevere dolore ? “Eve… io.. adesso però… voglio….” Ok. Non avrei più retto la situazione. Avrei dovuto fare qualcosa. Mi tolsi uno stivale, e andai in piedi di fronte a lui. Ero avvampata in viso. Ma dovevo fare una prova… capire. Di fronte a lui. Vicinissima. A pochi centimetri. Mi tolsi anche l’altra calzatura. Mi sciolsi i capelli. Presi fiato. “Va bene Seifer. So che cosa vuoi adesso. Per me possiamo anche farlo qui, non disturbarti ad aspettare la notte.” L’avevo detto con un distacco e una freddezza che raggelavano il sangue persino a me stessa. Ma dentro.. no.. dentro.. il fuoco. Dentro è tutta un’altra cosa. La vera io, quella che non deve mostrarsi, piangeva in quel momento, aveva paura. Era avvampata, sudava freddo. Il sangue mi cambiava di temperatura ad ogni secondo. Non mi guardava in faccia. Era questa, la cosa che mi tormentava. Non sapevo se prenderlo come un buon segno.. o come una tragedia totale. Lo sfacelo delle cose. Quanto ero stata stupida. Ma se lui.. non avesse fatto.. quel che poi ha fatto.. Dio, la situazione si sarebbe potuta recuperare.. ma andava sempre peggio. Avevo nuovamente perso il controllo della situazione. In battaglia… Sarò anche stata una bestia dal sangue freddo, sul campo… ma lì.. con Seifer seduto sotto di me… e dire che mi pareva lo stesso così grande… non ce la feci. Ok.. era tutto finito. Lo sconsolo più totale. Per alcuni secondi non fece nulla. Dio, che cosa potevo fare? Che cosa? Signore.. perché mi hai lasciata sola? Se ci sei… tirami fuori dalla mia merda. Perché ci sto affogando. Seifer prese l’orlo del mio vestito, strattonandolo piano, per farmi andare giù.. da lui. Piano piano le mie ginocchia cominciavano a piegarsi. Un calvario. Mi ritrovai inginocchiata di fronte a lui. Ero sull’orlo delle lacrime.. dovevo essere forte.. se volevo.. tentarlo.. Seifer… Mi perdonavi, per quello che ti stavo facendo? Che cosa provavi? Ma che cos’ero, se non un’insignificante puttanella plagiata dalle parole di Rinoa.. timorosa di comprendere? E lo sapevo cos’ero. Che stronza. Che cagna. Che vacca. Continuavo a ripetermi tutti gli epiteti immaginabili nella mia testa. Lui non diceva nulla. Mi accarezzava solo il seno inesistente, mentre mi abbracciava. Mise una mano sotto il vestito. Stava arrivando.. eccolo… sentivo la sua mano scivolare sempre più in su, sotto la gonna. Non avevo il coraggio di dire nulla. Ma il mio respiro si era fatto pesante. Eccolo.. le sue dita.. erano arrivate.. appena sotto l’orlo… non potevo più lasciargli fare. Mi alzai di scatto. Lui mi prese un braccio. Non voleva che me ne andassi. Si alzò in piedi, di fronte a me. Mi guardò in viso. Quegli occhi. Non era in se.. era cominciato il duello. Mi sbatté violentemente sul letto, poi mi bloccò le mani. Cominciò a baciarmi, mentre mi accarezzava pesantemente le gambe. Io scalciavo in continuazione. La gonna mi era scivolata sul bacino, lasciandomi in mutande. Anche le maniche erano confuse. Con quanta foga mi stava baciando, Seifer. Strattonai il braccio, cercando di divincolarmi dalla sua presa. Ma non voleva lasciarmi andare. Sentì la bretella del mio reggiseno rompersi. Era un duello. Un combattimento. Peccato che la mia GunBlade al momento giacesse in fondo al letto. Gli morsi un labbro. I denti al momento erano l’unica cosa a mia disposizione. Dolore. Sentì un dolore atroce colpirmi la guancia. Sputai del sangue sul cuscino. Immediatamente si formò un livido. Picchiata. Mi aveva picchiata. Nessuno aveva mai osato toccarmi. Ero stata offesa, mi sentì malissimo. Improvvisamente avvertì un gran male alla mandibola. Pregai di non aver perso qualche dente. Sentì lo spostamento dell’aria, quando ricominciò a baciarmi. Non ne potevo più. Quei baci. Erano peggio di mille ceffoni. Sentivo la violenza, nelle sue labbra. Stavo perdendo. Il mio HP era sceso a zero, come si usa dire in battaglia. Ero stremata. In questi momenti, o ti fai una pozione con delle code di fenice.. o ti arrendi. Mi arresi. Basta. Non avevo più voglia di lottare. Smisi di muovere le gambe, le rilassai, poi feci lo stesso con tutto il resto del corpo. Lui si sollevò un secondo. Giusto per vedermi. Per compatire il suo avversario sconfitto. “Ok.. me la sono cercata.. adesso fai quello che vuoi. Uccidimi, feriscimi, picchiami, fai quello che vuoi. Non mi interessa. Hai vinto.” Allargai le braccia e chiusi gli occhi, piegando la testa all’indietro oltre la testata del letto, per confermare col corpo ciò che avevo appena detto. Oramai era tutto finito. Dovevo pagare pegno. E dire che qualcuno ad una qualche missione.. aveva detto che alla SeeD non era così. Che nessuno ci avrebbe toccato. Stupidi porci maiali, tutti i maschi. E stupide puttanelle ingenue, tutte le femmine. Ingenue. Come me. Piccola ed ingenua. Così.. indifesa. E DIRE CHE IN BATTAGLIA SONO UN BOIA DAL SANGUE FREDDO. Una bastarda che attacca e non ti lascia scampo. Addio. E sei morto. Perché io ti ho ucciso. E’ in battaglia che cerco le mie sicurezze? Allora perché mi sento così? Ho bisogno di combattere. Ho bisogno di stringere la GunBlade. Di uccidere. E chi se ne frega del resto. “Allora! Sbrigati a fare quello che devi fare, voglio andare a combattere!” Glielo dissi. Con una freddezza spaventosa. Lui di tutta risposta Si alzò. Si appoggiò al muro. Si tolse la maglia. Era incredibilmente sexy a torso nudo. “Ok. Credevi che l’avrei fatto sul serio? Che ti avrei fatto questo ? Hai così poca fiducia?” Mi calmai, in un certo senso. Ma avevo ancora voglia di combattere. Perché non ce la faccio senza. Sono dipendente. Dalle armi. Dalle crisi, addirittura. “Non lo so che cosa ne penso di te. So che voglio combattere.” Mi misi seduta sul letto. “Posso andarmene?” Non mi rispose. Si infilò nel bagno. Io ero ancora li ferma. Non me ne sarei andata senza una sua risposta. Sentì l’acqua scorrere. Dopo pochi minuti lui se ne uscì dal bagno, con un asciugamano legato alla vita. I suoi capelli, bagnati e liberi dalla consueta pettinatura a spuntoni. “Sei ancora qui?” mi chiese “Eve… ora vai.. allenati. Tanto so che non posso più fermarti. Ma ricordatelo. Anche se non so cos’è.. io.. sento che.. c’è qualcosa.. in me.. che ha voglia di te. E non so se sia il testosteroni o il cuore. Allenati, non pensare a nulla. Quando avrai la mente sgombra torna alla mia porta. Saprò dirti che cosa provo per te.” Presi i miei stivali e me ne andai, chiudendo piano la porta. Verso il centro di addestramento. Da sola. Con la GunBlade in mano. Quanti ne avrei ammazzati? Quante volte avrei usato i Guardiani? Quante crisi avrei avuto? L’aria già sapeva di sangue. Ma non mi importava. Dovevo combattere.

 

CAPITOLO 2:

LA FORZA DI REGGERSI IN PIEDI DA SOLI.

Midi: Aerith’s Theme  

 

Sola. Ora ero sola. Quattro giorni. Erano quattro giorni che non mettevo piede fuori dal centro. Quanti mostri avevo ammazzato? Non lo sapevo. Quattro giorni senza mangiare. Ormai ero al limite. Mi si contavano le costole. Strana costituzione io. Ingrasso e dimagrisco con una velocità impressionante. Sarò stata al massimo una quarantina di chili. Il seno era sparito. Meglio così, non mi avrebbe impicciato. Oramai ero così piena di lividi e ferite che il segno dello schiaffo di Seifer non si distingueva più dal resto della pelle. Le crisi si susseguivano una dietro l’altra. Ma continuavo a combattere e ad invocare i Guardiani, anche durante le stesse crisi. Il mio vestito era logoro, e mi scivolava addosso. La bretella del reggiseno rotta. Avevo bevuto qualche goccia d’acqua al massimo, nei quattro giorni, giusto per reggermi in piedi. Ero andata al bagno solo un paio di volte, non avevo liquidi, in corpo. Nonostante tutto continuavo a combattere con la stessa foga dei primi cinque minuti. Probabilmente non mi si distingueva più dagli stessi mostri del centro. Si faceva fatica a dire che fossi un essere umano. Trascinavo a fatica la Twin Lance. Ero sconvolta, dentro e fuori. Quinto giorno. Ultimo mostro prima del tramonto. Un Archeosaurs di livello 88. Ok. Ora basta. Mi accasciai al suolo, stremata. Come se la fatica di quei cinque giorni l’avvertissi solo ora, tutta in una volta. Ora ero sudata, stanca e pure impolverata. Livida e magrissima. Vestita come una zingara. Feci di corsa il tragitto che mi separava dal dormitorio. La gente mi guardava. Guardava come si può ridurre un essere umano. E può ridursi veramente male. Davanti alla mensa incontrai Zell. All’inizio non mi riconobbe. “Hey! Ma sei impazzita?! Quattro giorni al centro? Ma ce la fai a reggerti in piedi? Volevi suicidarti?” Per tutta risposta, gli dissi che avevo mal di testa. “E ti credo! Dove stai andando adesso?” “Al dormitorio. Ho voglia di lavarmi. Puzzo di sangue di bestia.” Zell mi guardò come se fossi una pazza. “Ok… ma promettimi che dopo fai un salto in infermeria…” Doveva essere veramente preoccupato, glielo si leggeva in volto. “Ci andiamo insieme. E poi mi porti in mensa, che ho anche fame. Ci vediamo domani alle otto.” Detto ciò lo salutai e me ne andai. Mentre correvo dandogli le spalle mi guardava con premura. “Eve Talabis.. sei ancora un mistero..” disse.

Entrai nella mia stanza. Yuffie era di spalle. Ma la vedevo dallo specchio. Stava prendendo alcune pillole. L’istinto mi disse che non era nulla di buono. “Yuffie!” Le urlai addosso. Quella si girò di scatto, gettando le pillole nel cassetto e mettendosi davanti, parandolo col proprio corpo. Ecco la prova di tutto. La scansai, con una certa violenza. Aprì il cassetto. Uno spettacolo infernale. Pillole. Sparse dappertutto. Scatole aperte, boccette, pillole sfuse. Ne presi una bottiglietta e ne lessi l’etichetta scritta a mano. “Ridammele, stronza! Sono mie! Fatti gli affaracci tuoi!” Mi diede uno schiaffo, e io finì sbattuta violentemente contro il muro, proprio sopra la ferita. Un dolore allucinante. Ma ciò che mi fece più male, era ciò che avevo letto. Epo. E dentro il cassetto, tanta latra merda. Creatina. Acido. Morfina. Calmanti. Sonniferi. Droghe pesanti, quelle non le voglio neppure nominare. La guardai in faccia. Aveva pesanti occhiaie sul volto. Eppure, quattro giorni fa.. non era così! “Sei pazza!? Da quando prendi quella merda?” Yuffie mi fulminò in viso. “Non sarebbero cazzi tuoi. Comunque sono quattro giorni.” Doveva assumere tutto in dosi massicce, per riportarne già i primi segni. Mi veniva da piangere. La mia migliore amica.. in quello stato. Era magra quasi quanto me. “E quante.. quante ne prendi..?” “Il necessario per potenziare a dismisura le mie capacità combattive, cara Eve. Diciamo.. sei o sette pillole al giorno di sostanze doPpanti.. qualche calmante la sera.. soprattutto morfina. E un po’ di acido o droga.. per perdere quel che basta di lucidità.. così non mi faccio tanti scrupoli, durante il combattimento. Dovresti vedere come sono migliorata. Sono salita di otto livelli. Ho una nuova G.F. !” Era allucinante. “Ma ti rendi conto di quello che ti stai facendo?” “Si… certo.. tu piuttosto.. ti sei vista? Sembri un morto vivente…” La sua frase fu interrotta da un conato di vomito. Aveva vomitato anche il sangue. Insieme a una spuma bianca. Non aveva mangiato nulla, quel giorno. Mi sorrise, con la bocca ancora sporca di vomito. “Siamo due morti viventi, vero?” Questa frase mi raggelò il sangue. Yuffie si gettò verso di me, abbracciandomi. Piangeva come una fontana. Anche il mio viso era solcato da qualche lacrima calda. “Eve! Non voglio più imbottirmi di quella roba! Ti prego Eve! Salvami da quella merda! Non me ne importa se non combatterò mai bene come te! Non voglio morire così!” Combattere bene come me? Che significava? “Chi ti ha messo in testa queste stronzate?” Yuffie mi guardò. Poi si rimise a piangere. “e’ stata… quella Rinoa… lei mi ha consigliato le pillole.. e la droga.. da usare…” Rinoa? L’avrei uccisa. “Yuffie… prometto.. che la ucciderò con le mie mani!” Yuffie mi guardò sconvolta. “No! Eve, la devi aiutare! Non ce la farà mai da sola! Lei.. non è in se… e poi.. se le farai del male.. non oso immaginarti cosa ti farebbe Squall… l’altro giorno… un ragazzo ha importunato Rinoa… Squall.. gli ha rotto una mandibola con un pugno..” Squall? No.. non avrebbe mai fatto una cosa del genere… “Senti.. qui c’è qualcosa che non va… cercherò di scoprirlo.. ma prima… rimettiamoci in sesto…” Mi diressi insieme a Yuffie verso il cassetto. Misi tutta quella robaccia in una borsa. E buttai tutto. Tutta la merda finì inesorabilmente nel bidone delle immondizie. “Farò di meglio….” Le dissi. “No! Eve, poi avrai una crisi!” Era come se avesse intuito ciò che volevo fare… invocai Ifrit, e diedi fuoco a tutta quella merda. Poi ci fACEMMO una doccia, tutte e due. E andammo a letto. Mentre stavo per addormentarmi Yuffie mi disse una cosa che mi lasciò con l’amaro in bocca. “Senti… devo dirti due cose… una bella e una brutta.. la bella è che.. ho gli oggetti necessari.. per costruirti una… Crime And Penality.. la brutta è che.. ho avuto una crisi, come le tue.. non mi ricordo bene.. perché ero drogata…ma .. ho avuto una crisi. Dopo aver usato Quetzal…” Ero amareggiata. Non volevo che ci finisse dentro anche lei. Bastavo io. “Yuffie… mi .. mi dispiace.. ma non ci possiamo fare nulla, purtroppo.. i Guardiani sono quelli che sono… senti.. pensi di.. cioè.. non sei dipendente dalle droghe.. non hai mai avuto.. crisi di astinenza..?” Yuffie mi fece segno di no con il capo. Ci addormentammo abbracciate, nel mio letto. In un certo senso eravamo felici. Saremmo riuscite a vincere i nostri problemi.. con le nostre forze.. ne eravamo sicure. Ma io.. ero segnata, in un certo senso… ad altre sofferenze. Il giorno dopo andammo insieme a Zell dalla dottoressa Kadowaky, per alcuni accertamenti. Yuffie non presentava segni di alcun avvelenamento, e aveva espulso quasi tutto il veleno dal corpo. Io mi sarei ripresa presto, dovevo solo riposarmi un paio di giorni. Presentavo solo alcune leggere tracce da disidratazione. Nulla di preoccupante. Ci prendemmo un panino alla mensa. Io dovevo stare attenta a non esagerare, perché il mio corpo si sarebbe dovuto riabituare alla dieta consueta. Ora dovevo tener fede ad un’altra promessa.

Chiesi a Zell di stare con Yuffie, mentre io mi avviavo da … Seifer. Bussai alla sua porta. Me lo ritrovai davanti. Lui fece una faccia arrabbiatissima. “Avevo detto di allenarti, non di diventare come una mummia! Hai il viso più scarno che io abbia mai visto! Coraggio, entra!” Era incazzato nero. Si mise le scarpe. “Perché vuoi uscire?” gli chiesi. “Ti porto in infermeria!” Sorrisi. “Non ti preoccupare, ci sono appena stata. Con tua sorella.” Per la prima volta lo vidi preoccuparsi per Yuffie. “Mia sorella? Cosa le è successo?” Parlai con l’amaro in bocca. “Rinoa.. le ha dato delle sostanze dopPanti.. droghe.. calmanti e schifezze varie. Le ha prese per quattro giorni. Non ti sei mai accorto di nulla?” Seifer mi guardò intensamente. Mi venne vicino e mi abbracciò. “E come avrei potuto… sono stato cinque giorni in camera ad aspettarti..” Ci baciammo. Cos’hai capito, allora?” gli chiesi. Attendevo la sua risposta con impazienza. Da essa dipendeva tutto.

 

CAPITOLO 3:

CI ESCO QUANDO MI PARE! 

Midi: Hanabi  

 

Come al solito. Come mi sembrava forte. Nessuno in questa fantasia di vita è forte. Tutti hanno le loro debolezze. Nessuna risposta. Non avevo ottenuto nessuna risposta. Ed ero sola. Era tutto come prima. Baci alla zona segreta, amicizia. Nulla di più. Come al solito mi ritrovavo a camminare per la hall del Garden, strascicando i piedi. Non c’è mai nulla da fare. Ultimi giorni d’estate. Diciassette di settembre. Una leggera brezza mi faceva venire i brividi lungo la schiena. Come al solito, non portavo la divisa. Il preside mi aveva spiegato varie volte che un buon SeeD deve dare l’esempio agli alunni, vestendosi in maniera rigorosa. E io varie volte me ne ero altamente fregata. Il preside scuoteva la testa, com’era solito fare, col suo sorriso bonario. Non riusciva a spiegarsi, come, tra tanti SeeD, rigorosi, muscolosi e maschi, emergesse per capacità e bravura, proprio una ragazzina appena quattordicenne, SeeD da sei mesi, magrissima, che se ne andava vestita con un abito logoro in fondo e un paio di stivali che non ci azzeccavano per nulla. Spettinata, smemorata, irrispettosa delle regole. Non ero una ragazza modello. Ma maneggiavo la GunBlade come se fosse stata di paglia. Certi giorni, addirittura, brandivo la Crime And Penality con una sola mano. Senza il minimo sforzo. Notevole, non c’è che dire. Che noia il Garden, in pace. Fortuna che c’era Rinoa a movimentare un po’ le cose. Sfortuna. Ultimamente le era uscito di voler lasciare il Garden, per progetti più ambiziosi. E portandosi dietro il Comandante, naturalmente. Mi misi a sedere su una panca. Sorseggiavo pigramente una delle creazioni mie e di Yuffie. Una bevanda energetica come la chiamavamo noi. In realtà era solo acqua mista a birra. Beh.. era l’unico modo per riuscire ad ottenere alcolici, al Garden. Fortuna che c’era Seifer, che la sera riusciva sempre a trovare il modo di rifilarmi qualcosa. Non c’è nulla da fare, la birra e il combattimento sono le mie droghe. Guardai l’orizzonte. Una figura mi copriva la visuale. “Ciao.. sei del Garden? Ma sei una matricola?” Un ragazzo mi aveva appena rivolto la parola. Carino.

Midi: Blue Fields 

Più o meno un metro e ottanta, fisico asciutto e muscoloso. Portava i capelli sul viso, biondi. Indossava una camicia bianca con le maniche a tre quarti ed un paio di calzoni di pelle borchiati. Sicuramente era un tiratore, perché ultimamente quel modello era molto in voga, tra di loro. Ne avevano comprati un paio anche Irvine e Ryu. Continuava a sorridermi, con fare saccentino. Non avevo voglia di rispondergli. Mi alzai in piedi. Beh.. se volevo imporgli rispetto avrei fatto meglio a rimanere seduta, quello mi doppiava. Rimanemmo in silenzio. Che cos’avrebbe detto Seifer, vedendomi in compagnia di un ragazzo? Mi allontanai di un metro, due al massimo. Gli sorrisi, e gli puntai il dito contro. “Sono Eve. E tu chi sei, bel ragazzo?” Quello mi sorrise a sua volta. Si appoggiò al muretto. Rimanevamo a debita distanza. Mi superava di venti centimetri come minimo, ma io faccio un certo effetto agli sconosciuti, se voglio. “Sono Leon. Vengo dal Garden di Trabia. Piacere Eve.” Scrutai a lungo i suoi occhi di ghiaccio. Somigliavano a quelli del comandante, con un barlume di allegria in più. E c’era anche qualcosa di arrogante. Una versione chiara degli occhi di Seifer. “E cosa ci fa qui… un gelido uomo di Trabia?” Quello mi guardò. Forse… lo stavo forse provocando? Ci stavo forse provando? “Sono un SeeD cocca. Mi fai vedere il Garden? Così ci conosciamo meglio…” Non so perché ma accettai. Non che gliene importasse molto del Garden, a Leon. Chiacchieravamo del più e del meno. Aveva diciotto anni, ed era SeeD da due. La sua terra di nascita era Galbadia, ma l’aveva lasciata dopo la morte dei suoi, un anno prima dello sfacelo. Prima era di quel Garden. Questo sapevo di lui. E sapevo che doveva essere un gran donnaiolo. “Hey… senti Eve..” Mi voltai verso di lui, distaccando la mia attenzione da un bambinetto che giocava con un cane.

“Sei libera stasera?” Non mi aspettavo che mi invitasse ad uscire proprio in quel momento. Beh.. effettivamente non ero libera.. c’era Seifer… Scegliere tra i baci di Seifer.. o una misteriosa uscita con un semi-sconosciuto. Che fare? “Aspetta un secondo..” Gli dissi, mostrandogli la lingua. Poi mi avvicinai ad una cabina telefonica. Inserii la mia scheda e composi il numero di Seifer. Lasciai un messaggio sulla sua segreteria. “Hey Seifer… stasera non vengo alla zona segreta.. ho da fare.. ok? Ci sentiamo! See you later! Smack!” Mi voltai. Leon era di fronte a me, che mi bloccava l’uscita, con un braccio appoggiato alla cabina. “E’ il tuo ragazzo?” Mi chiese con un sorrisino inquisitorio. “In un certo senso…” Gli risposi maliziosa. “Non gli scoccia se esci con me?” La domanda aveva un velo di malizia, più che di preoccupazione verso il mio povero ipotetico fidanzato. “Nooooo… allora ci vediamo stasera… passami a prendere alle sette.. camera 125… e non badarci se ti apre una biondina pazza furiosa.” Lui mi salutò con un sorriso. Io mi avviai trotterellando verso il dormitorio. Tra poco più di un’ora avrei dovuto essere pronta! Per quel ragazzo sconosciuto mi volevo mettere in ghingheri. Mi lavai, mi profumai, mi pettinai. Mi ci volle mezzora solo per pettinarmi i capelli rossi. Erano così pieni di nodi. Mi feci prestare un bel vestito da Yuffie. Era un abito corto e nero, strettissimo. Sempre dal florido armadio di Yuffie requisì un reggiseno a balconcino che in qualche modo accresceva le mie quasi inesistenti grazie femminili. Un velo di trucco. Mi stavo allacciando la cerniera del vestito, mentre suonò il campanello. “Yuffie!!! Vai ad aprire!” Urlai. Uffa. Ora avrei anche dovuto farlo attendere. “Non posso Eve! Sono in bagno!” Così andai ad aprire con la cerniera slacciata. Per fortuna era solo Seifer. “Ah.. sei tu…” gli dissi, con scarso entusiasmo. Vedendomi vestita da donna a Seifer prese quasi un colpo. “Hey.. com’è che sei tutta agghindata, stasera?” Impiccione.. “Esco con un’amica.” Mentì. “Fammi un favore, allacciami la cerniera, che da sola è complicato.” Seifer allacciò il vestito con molta violenza. “Hey! Ma sei cretino? Non pensi che potresti rompere la stoffa? E poi chi la sente tua sorella?” Seifer mi guardò con sguardo inquisitore. Non aveva neppure chiuso la porta. “Seeee… così ti sarà più facile fartela tirare giù quella cerniera….” Lo guardai con una faccia truce “Ma allora sei scemo? Vado in giro con una mia amica! Amica! Amica! Amica!” Non l’avessi mai detto. “Sei pronta, Eve?” Leon fece capolino dall’esterno. Seifer lo guardò con freddezza, poi si rivolse a me bello incazzato. “Molto attraente questa tua amica.. non c’è che dire..” Disse in tono sarcastico. “Andiamo Seifer.. non mi vorrai dire che sei geloso.. non esiste…” Gli schioccai un bacetto sulla guancia e feci per andarmene in compagnia di Leon. Seifer però mi prese prontamente per un braccio. “Hey! Allora esci con quello?” Mi tirò in disparte. “Spero che tu non abbia intenzione di farti toccare da quel biondino con la faccia da schiaffi… perché altrimenti….” Lo fulminai con lo sguardo, prima di mollargli un ceffone. “Se mi va ci vado pure a letto.” Gli dissi con un sibilo, prima di lasciarlo lì, da solo. Seifer… mi confondeva le idee. 

Midi: Tifa

Non fecimo altro che divertirci per tutta la sera. Andammo a mangiare in un locale di Balamb, poi a ballare in una discoteca. E alla fine a prendere un bicchiere di birra nel pub. “Che ore sono?” gli chiesi mentre andavamo in macchina per le campagne che ci avrebbero ricondotto al Garden. “Sono le tre e mezza…” Mi rispose lui. “Non è poi così tardi! Abbiamo ancora due ore!” Leon accostò la macchina in una piazzola sterrata. “Penso proprio che adesso ti bacerò Eve.” Mi disse. In fondo era solo un bacio.. perché no… nessuno, nemmeno Seifer avrebbe potuto dire nulla, per un bacio innocente. Non mi sentivo affatto una troia. E’ solo un bacio.. Eve è solo un bacio.. continuavo a ripetermi dentro di me. Leon mi prese il mento tra le dita. Mise una mano dietro lo schienale del sedile. E mi baciò. Leon bacia come un dio. Lui.. ti sfugge.. poi torna.. e sfugge nuovamente.. le sue labbra.. le sentivo a contatto con le mie. Come una calamita e il ferro. Impossibile staccarsi. Leon.. ti fa sentire bene, mentre bacia. Non so come.. ma finimmo stesi lungo tutto il sedile. Lui sopra di me. Sentivo il freno a mano sfiorarmi una coscia. Mi sfiorò il seno con una mano.. poi scese sempre di più, lungo il ventre piatto.. e mi mise una mano sotto la gonna. All’inizio lo feci fare.. mi sfiorava solo l’inguine.. poi.. il tutto si fece pesante. E insopportabile. Capivo che mi stava lentamente sfilando le mutande. Smisi di baciarlo, portandomi in posizione seduta, con la schiena schiacciata contro il finestrino chiuso. Lui si mise in ginocchio, trattenendomi le mani contro il finestrino. Lo sentivo schiacciato contro il mio corpo. “Non ti preoccupare..” mi disse con un sibilo “qui non ci può scoprire nessuno… e poi.. vedrai che ti piacerà…” Mi toccò nuovamente. Fu a quel punto che reagì. “No! Non mi toccare! Che idee ti eri messo in testa? Che ci stessi subito?” Mi aspettavo di tutto. Avrebbe potuto aver tranquillamente ragione di me, in quel posto. Oppure, se non era il tipo, avrebbe potuto lasciarmi a piedi. Ero in mano sua. Invece mi guardò con dolcezza. “Hey calma Eve..” Mi disse “Non c’è bisogno di scaldarsi.. non mi approfitterei mai di te..” Sorrisi a mia volta. “Scusa..” Gli dissi. “Non volevo mandarti in bianco… è che..” Non sapevo come dirglielo. “Ti piace quel ragazzo biondo che c’era oggi nella tua camera.. Seifer.. vero?” Come aveva fatto a capirlo? Mi leggeva nel pensiero? “Beh.. effettivamente…” “Tu gli piaci Eve. A dire il vero non capisco perché sei uscita con me stasera. A te piace lui, a lui piaci tu… perché mi hai baciato?” Mi sentivo in colpa… “Non volevo approfittarmi di te.. io .. scusa Leon..” Lui mi guardò con fare fraterno. “Hey… lascia stare.. io mi sono divertito stasera! Sei molto simpatica.. che ne dici di diventare amici?” Gli sorrisi. Era un ragazzo stupendo. “Come se già lo fossimo!” Gli dissi, con uno sprizzo di felicità. Lui mi strizzò l’occhio. “Anzi, farò di più! D’ora in poi ti aiuterò.. con quel Seifer, lo giuro! Vedrai che grazie a me sarete insieme in meno di una settimana!” Magari fosse stato così semplice. “Spiegami la situazione.” Disse lui. Al termine della storia, eravamo arrivati al Garden. “Ti consiglio di parlare con lui. Vedrai che ce la farai. Buonanotte Eve..” Prima di salutarmi mi schioccò un bacio sulla guancia. Lo salutai con un sorriso. Presi le chiavi ed entrai. La camera era completamente buia e vuota. Yuffie non c’era. Appoggiai le mie cose. Mi stavo slacciando la cerniera del vestito, quando qualcosa mi prese alle spalle.

 

 

CAPITOLO 4:

    FINALMENTE POSSO

Midi: Private Emotions 

(kebbella questa scena! Nd YUNA)   

Urlai. “ Hey.. calmati Eve.. sono io…” Seifer. Mi voltai. “Che ci fai a quest’ora nella camera?!” Gli occhi si abituarono al buio. Indossava una maglia a maniche lunghe stretta, insieme ad un paio di jeans neri. “Nulla di particolare. Ti volevo fare una sorpresa.” Lo guardai con un sorrisetto ironico. “E tu sorprendi la gente alle quattro di notte mentre sta per andare a dormire… dove hai cacciato Yuffie?” Lui mi sorrise. “Mah.. penso che stia dormendo come un sasso in camera mia… sai com’è..” Entrambi soffocammo a stento una risata. Mi strinse a se, appoggiandomi la testa tra i capelli. “Hey.. da quando in qua usi dopobarba maschile?” Fece una risatina. “L’ho baciato Seifer. Ci credo che adesso ho il suo odore.” Lui si fece serio. “Se hai baciato il biondino…. Con un biondone come me ora devi venirci a letto…”

Sorrise. “Umh… è una proposta allettante…” Lui si fece serio. Non si sarebbe mai aspettato questa risposta. “Tu sei brilla..” Mi disse. “Affatto. Voglio seriamente fare l’amore con te.” Lo presi di sorpresa. Fece una strana faccia, prima di slacciarmi la cerniera del vestito. Gli tolsi la maglietta. Ci buttammo sul letto. Ci abbracciavamo e ci baciavamo.. in maniera dolce e passionale allo stesso tempo. Era bellissimo sentire la sua pelle sotto le mie dita.. lo accarezzavo dolcemente lungo tutta la schiena, mentre lui mi spogliava. In un secondo mi ritrovavo con addosso solo le mutandine. E lui aveva solo i jeans. “ Hey.. se non ce la fai.. fa lo stesso. Non mi devi nulla…” Lo guardai con malizia. “Sei tu che devi qualcosa a me….” Dissi, mentre cominciavo a slacciargli il primo bottone dei jeans. Per il resto fece tutto da solo. Ora c’eravamo noi due. Nudi, sotto le coperte. Nonostante fossi completamente svestita sentivo un gran calore.. perché Seifer era li con me. Lo baciai. “Sei pronta?” Mi bisbigliò dolcemente, mordicchiandomi il lobo delle orecchie. Si, ero pronta, perché non ero sola… perché lui era li con me… Feci segno di si con la testa. Cercai di rilassarmi, inutilmente, comunque. “ Stai calma.. rilassati… sarò molto delicato.. prometto…” Mi lasciai andare, tra le braccia di Seifer. Mattina. Com’è bello svegliarsi con i raggi del sole. Com’è bello rotolarsi tra le coperte, fino a che non si incontra il corpo della persona amata. “Ciao Seifer…” Lui mi sorrise, con gli occhi ancora chiusi. “Hey…ciao…” Ci baciammo dolcemente. Un uccellino cantava fuori dalla finestra. “Che ore sono?” Erano le otto. “Come? Ho dormito solo tre ore?” Gli sorrisi maliziosa. “Non mi dire che volevi dormire, ieri?” Lui mi guardò con una dolcezza scherzosa. “Si, certo che volevo dormire, e invece mi è toccato fare l’amore con questa splendida ragazza.. dura la vita…” Fecimo una risata. La coperta gli arrivava fino al basso ventre. Accarezzai il suo petto. “Come sei bello…” Mi sorrise.. “Lo so…” Io appoggiai la testa sopra la sua spalla, continuando ad accarezzarlo. “Seifer.. lo rifaremo?” Lui annui, mettendomi una mano intorno alla vita. “Tutte le volte che vorrai…” Una lacrima mi attraversò la guancia, andandosi a posare sulla sua spalla. Scoppiai a piangere. Lui si mise seduto e mi strinse a se. “Seifer… ho bisogno.. di te…” Mi strinse ancora più forte. “Sono qui piccola… stiamo insieme ora…non ho più scuse per abbandonarti… e tu non hai più scuse per baciare altri ragazzi…” Mi asciugai il viso. “Scusa. Ma tu non penso che sarai rimasto casto e puro..” Mi accarezzò la testa. “Questa è la prima volta che vado a letto con una ragazza, da quando ti conosco. Penso che sia la prima volta che, facendo l’amore.. io mi senta così soddisfatto.. anche dentro. Perché tu mi piaci Eve… ti amo.” Lo strinsi ancora di più. “E’ una certezza? Ho bisogno di certezze…” Lui mi prese il volto tra le mani. Mi guardò intensamente, prima di dire una frase che mi sarebbe rimasta dentro. Nemmeno i Guardiani avrebbero potuto mai cancellarla. “Eve… se è di certezze che tu credi di aver bisogno… ok… ma non pensare che io sia così forte da poterti dare ciò di cui hai bisogno. Posso darti solo il mio amore… non so se ti basterà… ma tu sei la persona più forte che io conosca, Eve… ce la farai… ce la faremo Eve.” Ci baciammo. E rifacemmo l’amore. Tantissime volte, non ci bastava più. Rimanemmo in quel letto sino alle quattro del pomeriggio, a fare l’amore. Poi io mi alzai. Avevo bisogno di una doccia. Quando rientrai lui era vestito. “Hey.. come mai ti sei vestito?” Lui mi guardò seriamente. “E’ il preside. Dice che ha un comunicato urgentissimo. Yuffie, Ryu, Clonne.. e un altro sono già in presidenza… si va in missione.” Lui era preoccupato, ma io no. Bene. Non aspettavo altro. Mi vestì in fretta e furia. In presidenza gli altri ci aspettavano, armati. Anche io e Seifer avevamo le nostre GunBlade. Il preside Cid ci guardò storto. “Almasy.. parleremo al vostro ritorno di come tu, che sei il capo del comitato disciplinare.. dovresti… rispettare il coprifuoco… e anche tu Talabis…. Comunque ora non c’entra!” L’avevamo scampata bella.

 

CAPITOLO 5:

TRAMONTI AD OCCIDENTE

Midi: Cid_Sogno

Nella presidenza si udiva solo la voce del preside. Nessuno aveva il coraggio di fiatare. Perché proprio a noi una missione del genere? Perché? Che cosa avevamo fatto di male? Clonne e Ryu si tenevano la mano, e lei era visibilmente spaventata. Lui come al solito manteneva il sangue freddo. Chi lo capiva era bravo… Yuffie era rimasta senza parole, ma miracolosamente stava zitta. Leon era stato chiamato da Trabia appositamente per questa missione, ed era rimasto calmo. Ma dopotutto, lui, non era nella nostra posizione. Per quanto potesse mettersi nei nostri panni, non sarebbe mai riuscito a capire come ci potevamo sentire, nell’apprendere che Squall e Rinoa se ne erano andati dal Garden, che si fossero alleati con quel che rimaneva di Galbadia, e che minacciassero di distruggere il Garden. Per vendetta. Rinoa aveva fatto una telefonata al preside. “Non riesco a spiegarmi cosa sia potuto succedere.. ma dobbiamo fare qualcosa! Perciò.. a malincuore.. sono costretto a mandarvi laggiù.. per.. combattere..” Disse Cid. La moglie Edea se ne stava in un angolo, tutti sapevamo quanto potesse essere legata a Squall. Seifer si alzò in piedi. Era furioso. “Madre!” Disse, rivolgendosi alla strega. “Tu pensi di sapere cos’è successo a Rinoa, vero? Beh…?” Lei non rispose. Guardava in basso. Seifer continuò a parlare. “Beh.. se non lo dici tu.. lo faccio io… Rinoa è caduta di nuovo sotto il controllo di Artemisia.” Gli “eroi che sconfissero la strega” o per lo meno ciò che rimaneva di loro al Garden erano presenti in sala. “Non avreste mai pensato che un frammento di lei potesse essersi perso nello spazio- tempo? Non avete mai pensato di controllare? Era una strega, non un mostro qualsiasi!” Disse, rivolgendosi a loro. Quistis prese la parola “Calmati Seifer.. non che tu abbia prove plausibili di quello che stai dicendo… è probabile.. ma..” Seifer la fulminò con lo sguardo. “Non sentivi la sua presenza nell’aria? Certo.. io potevo avvertirla perché ho conosciuto Artemisia molto meglio di voi..” Si girò verso di me, guardandomi con aria dispiaciuta, probabilmente per ciò che aveva appena detto. Io scossi il capo. Per me poteva essere andato a letto con tutte quelle che voleva, in passato, tanto lui ormai era solo mio. Poi continuò il discorso, calmandosi un po’. “Ok.. per lo meno questa è un’ipotesi molto probabile. In ogni caso adesso dovremo partire.. prendo il comando della squadra .. se non le dispiace preside.” Il preside lo guardò contrariato. “No, non se ne parla Almasy. Il caposquadra sarà Talabis.” Sussultai. Io? Caposquadra? “Emh… preside… io non me la sento… non potrebbe lasciare questo incarico a Seifer?” Il preside mise gli occhi al cielo. “Santa pazienza.. e va bene… però se Almasy per caso dovesse fare qualcosa di… e-emh.. indisciplinato… sei autorizzata a riprendere il comando della squadra.” Io guardai Seifer, e lui mi sorrise. Ryu prese la parola… “Ok piccioncini belli… io non ci ho capito un accidente di questa questione.. non so chi sia questa Artemisia e soprattutto non ho capito perché stamattina sia stato svegliato di soprassalto proprio mentre mi sbaciucchiavo tranquillamente con Clonne dopo una notte passata a sapere voi fare cosa.” Clonne si nascose il viso tra le mani. Era arrossita fino alla punta delle orecchie. Ryu continuò il discorso. “Io ho capito solo che il Comandante è uscito di zucca e che adesso ha bisogno di una mano. Beh.. io non starò qui ad aspettare. Quindi adesso Seifer fai quelle maledette squadre. Voglio salvare il capitano!” Leon si alzò dal posto dove era seduto. “Mi unisco a Shoten. Io non sono venuto qui da Trabia per stare con le mani in mano.” Yuffie si alzò a sua volta. “Se devo essere sincera io me la sto praticamente facendo sotto. Ma dove c’è da menare le mani ci sono anche io! E poi c’è il mio fratellone!” Io annui. “Ragazzi.. io voglio vedere Rinoa sorridere, voglio poterla trattare come una mia amica. Voglio conoscere l’aspetto più bello di lei. E voglio combattere. Dio, lo voglio con tutte le mie forze!” Seifer sorrise compiaciuto. “Bene!” Disse “Allora è deciso. Io voglio Ryu, Clonne, Yuffie, Eve e il biondino in squadra. Noi partiamo adesso. Per Galbadia.”

CAPITOLO 6:

 

                                    TRAMONTI AD OCCIDENTE 

Midi: The landing 

E finalmente eravamo in nave. Fra meno di due ore saremmo arrivati a Dollet, dove avremo preso un treno per Deling City. Io e Seifer continuavamo a sbaciucchiarsi, così come Clonne e Ryu. Yuffie e Leon parlavano del più e del meno.

Quistis irruppe in cabina. “Bene ragazzi! Fra un attimo saremo a Dollet. Poi dovrete proseguire da soli. Io e gli altri SeeD comunque rimarremo a Balamb e saremo a vostra disposizione, nel caso aveste bisogno d’aiuto. “Non ti preoccupare Prof. Noi ce la caviamo.” Disse Seifer. Quistis sorrise. Guardai l’orologio, mancavano cinque minuti al massimo. Salì sul ponte per controllare. La luna si rifletteva sull’acqua, e il suo riflesso veniva coperto dalle increspature della nostra nave. Tramonti a occidente. E più in la.. nell’orizzonte.. Dollet. Scesi in cabina. Non faci in tempo a mettermi seduta ed allacciare le cinture che uno scossone violento mi face quasi capitolare a terra. La nave si era arenata sulla spiaggia. Uscimmo. Mentre avanzavamo a passi pesanti sulla sabbia, Quistis ci salutò. “Buona Fortuna ragazzi! Che il Grande Hyne vi assista sempre!” Nessuno di noi le rispose. Ormai eravamo in marcia. Verso Deling City. Verso il nostro destino. Con il sorriso sulle labbra, in un modo o nell’altro. Attraversammo quasi tutta Galbadia sulla carrozza di un treno deserto. Nessuno va a Deling City. 

Midi: Jailed  

Arrivammo a notte fonda. Io avevo un certo freddo, con il mio solito vestitino impalpabile logoro. E gli stivali. Tutti gli altri, eccetto Seifer, che ancora indossava gli abiti che aveva prima di fare l’amore con me, avevano la divisa. Seifer si accorse che stavo tremando. “Vuoi la mia maglietta?” Mi chiese. “Si, buona idea, così tu rimani a torso nudo…” Dissi io sarcastica. Nonostante la situazione, nessuno di noi aveva perso la voglia di fare dello spirito. “Ma guardatevi voi due…” Disse Clonne “Come pensate di combattere così? Seifer con quei vestiti potrebbe andare a rimorchiare in discoteca… mentre Eve.. con quei vestiti…” Io le sorrisi “Con questi vestiti potrei andare sia al festival delle peggio vestite dell’anno, oppure in lavanderia..” Dissi, guardandomi l’orlo del vestito. Tutti scoppiammo a ridere. Comunque Leon fu tanto gentile da prestarmi la sua giacca. Seifer guardandomi trattenne a stento una risata. Ora, oltre che un paio di stivali che non c’entravano assolutamente nulla con il mio solito vestito blu sporco, avevo anche una giacca di tre taglie più larga. Beh.. Leon ha le spalle grandi. Deling City. Finalmente ce l’avevamo davanti. Quella città alla maggior parte di noi sconosciuta. Leon e Seifer sorrisero con nostalgia, quasi volessero rievocare i ricordi di tutto ciò che avevano vissuto in quella città. Probabilmente nella mente di Seifer scorrevano le immagini della gloriosa parata della strega. Era ancora il suo cavaliere. Ci addentrammo nella città addormentata. La prima cosa che notai fu un tanfo che mi inondò le narici. La solita puzza di marcio, che io non sopportavo. Quella città era morta. Pochi disperati barboni si trascinavano per le vie, costellate di giovani teppisti e di belle ragazze che se ne stavano appoggiate ai lampioni, in attesa dei clienti. Le porte delle case erano sprangate e qualche gatto faceva capolino dai tetti, intrapponendosi alla luna. Un ragazzo di circa vent’anni si avvicinò a Seifer. “Hey biondo..” Gli disse. “Senti.. questo è il territorio della mia banda, se vuoi passare da qui.. o ci paghi.. o ci fai fare un giro con le pollastre..” Leon gli arrivò un sonoro ceffone, mentre Seifer, dopo avergli assestato un calcio e averlo scaraventato per terra, gli puntò la GunBlade alla gola. “Stai calmo e fai meno l’allupato… anche perché le ragazze saprebbero benissimo conciarti per le feste… ritieniti fortunato che non ti lascio in mano loro…” Disse Seifer. “Ti lascio vivo, a patto che tu mi dia un’informazione.. sai qualcosa su una certa Rinoa Heartilly?” Quello se la stava praticamente facendo sotto. Mi avvicinai a lui, e cominciai a premere un piede sopra il suo petto. Così quello ci rispose prontamente, temendo sia me che Seifer. “ Hey ok.. d’accordo! Rinoa gestisce un traffico.. sulla strada ad Est.. nei quartieri malfamati, anche se abita nella zona residenziale… ultimamente si è portata con se anche un ragazzo… vestito di nero.. non so dirvi di più…! Lo giuro, ma adesso lasciatemi!” Appoggiai la mia mano al collo del ragazzo, sfiorandolo leggermente. “Grazie bello… avverti i tuoi amici di non infastidirci.. piuttosto.. dov’è che si può trovare una locanda… possibilmente decente?” Lui ci diede alcune indicazioni per raggiungere un motel gestito da una sua amica. Era poco distante da quello che una volta era l’arco di trionfo, ma che adesso si era trasformato in una sottospecie di Casa d’Appuntamenti. Il motel non era altro che una costruzione tozza, nelle vicinanze della stazione. Un’insegna luminosa, alla quale mancava la lettera “O” sovrastava il fabbricato, coprendo alcune finestre del primo ed unico piano. Il posto doveva avere al massimo una ventina di stanze. Ci avvicinammo al bancone, attraversando la piccola hall, dove un gruppo di ubriachi stava importunando una ragazza di strada, su un divanetto. Ci stupimmo che la proprietaria del locale, che se ne stava tranquillamente al banco degli alcolici, gli lasciasse fare. Non avemmo il coraggio di intervenire. Ci avvicinammo alla proprietaria, una donna sui trent’anni, truccata pesantemente e piuttosto robusta. La matita che portava sugli occhi era sbaffata a causa dell’umidità del locale. Seifer le rivolse la parola. “Abbiamo bisogno di alcune stanze..” Le disse. “Quella si voltò dall’altra parte, e continuando a trafficare con i bicchieri incrinati gli rispose. “E di quante stanze avete bisogno?” Seifer guardò il gruppo. “Volete che separiamo i maschi dalle femmine?” Clonne lo guardò un po’ preoccupata. “Io veramente.. non mi fido.. vi dispiace se prendo una camera insieme a Ryu.. o creo dei problemi?” Seifer mi guardò “Allora io e te ci prendiamo una camera?” Mi chiese. “Io gli sorrisi, per risposta. “Ce ne dai quattro?” Chiese alla proprietaria. Evidentemente le altre due sarebbero state occupate da Leon e Yuffie. "Non le ho.” Disse quella, con un marcato accento Galbadiano, un po’ fastidioso. Seifer scosse la testa. “Tre?” Yuffie lo guardò spaventata. “Con chi dovrei dormire, io?” Seifer non si voltò neppure, nel risponderle. “Con il biondino.” Leon fece una faccia strana. Poi guardò Yuffie gentilmente, appoggiandole la mano sopra la spalla. “Non ti preoccupare.. io dormo per terra…” Le disse. Seifer si sbrigò a pagare la proprietaria di tasca sua, nonostante i prezzi fossero molto elevati. Ci avviammo lungo i corridoi bui e sporchi. Qualche lampadina penzolava lungo cavi elettrici dal soffitto male intonacato, diffondendo una fioca luce per il passaggio. Poco prima di entrare in camera Seifer prese in disparte Leon. Riuscì a distinguere chiaramente solo le parole “Biondino”, “Sorella”, “Toccare” e “Ti spacco la faccia”, ma erano fin troppo chiare.

o TeenAge dirtbag o Pretty Fly o Rock Show  

Dentro la camera rimproverai Seifer. “Non dovresti trattare in modo così sgarbato Leon!” Gli dissi, mentre sistemavo il letto. Era incredibilmente sporco, le lenzuola erano usate, disfatte, la rete scricchiolava sotto le mie mani. “Che, il biondino?” Chiese lui appoggiato alla finestra. Lo guardai con una faccia di disapprovazione. “Leon , si chiama Leon.” Lui fece una piccola risata. “Si hai ragione… l’ho fatto solo per mettere in difficoltà Yuffie.. e poi andiamo.. chi mai si farebbe una pazza isterica come lei… anche se quel biondino maniaco ne sarebbe capace..” Io feci finta di essere arrabbiata. “Stupido!” Gli dissi. Lentamente mi sfilai la giacca, poi il vestito. Quasi non feci caso al fatto che Seifer era lì con me. Mi misi seduta sul letto e mi tolsi anche gli stivali. Feci per mettermi il pigiama, ma Seifer me lo tolse di mano. Sussultai. Lui era a torso nudo, di fronte a me, e reggeva con una mano il mio pigiama. “Seifer! Emh.. mi ero dimenticata che ci fossi anche tu… non ci avevo pensato…. Dovevo cambiarmi in bagno!” Lui mi guardò con una faccia strana. Poi scoppiò a ridere. Io imbronciai il viso. “Dai.. non mi prendere in giro.. ridammi il pigiama.” Lui mi guardò intensamente, prima di buttarmi sul letto e di cominciare a baciarmi passionalmente, sopra di me. Il pigiama l’aveva buttato per terra. Io cominciai a slacciargli i pantaloni.. e la rete del letto faceva sempre più casino. Fu allora che sentimmo Yuffie gridare. Senza pensarci due volte ci precipitammo in camera sua. Seifer aprì la porta con una spallata. In camera c’era Leon, completamente vestito, che cercava di convincere Yuffie, in pigiama, a scendere da una sedia. Lei continuava ad urlare stridulamente. “Un topo! Un topo!” Io ero a dir poco sconvolta. Mai nella mia vita mi sarei immaginata una scena del genere. Poco dopo arrivarono anche Ryu e Clonne, armati. Noi quattro guardavamo la patetica scena. Seifer, allora, perse la pazienza. “Stupida oca!” Urlò contro la sorella. Io cercai inutilmente di calmarlo. Leon era alquanto imbarazzato. Infatti notai, che, approfittando della confusione generale, si stava velocemente riallacciando la giacca. Gli strizzai l’occhio, ma non lo feci notare a Seifer, anche perché l’avrebbe ucciso, che comunque continuava a sbraitare contro la sorella. “Calmatevi!” Urlò Clonne. Ryu si stava spanciando dalle risate. "Che c'è ’a ridere, Ryu?” Chiese Seifer. Ryu sorrise con fare malizioso. “Vi hanno interrotto in un bel momento…” disse, puntando l’occhio sul primo bottone dei jeans di Seifer, slacciato. Seifer si ricompose velocemente. Io avvampai, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Ero in biancheria intima. Leon mi porse la sua giacca, che io mi infilai velocemente, per nascondere le mie, sebbene poco evidenti, grazie.

 

CAPITOLO 7: 

                                                                                    GIOCHI DA RAGAZZI

 

Ormai tutti avevamo rinunciato a tornare nelle nostre camere, per quella notte. Così a Ryu venne una fantastica idea. “Perché non organizziamo qualcosa? Tipo.. un gioco..” Tutti lo guardammo straniti. Che cosa voleva dire? “Giusto!” concordò Yuffie “Tanto è meglio stare tutti insieme che non da soli, vero?” Tutti annuimmo con felicità, ad eccezione di Seifer, che sembrava dell’idea contraria. Leon si alzò strizzandoci l’occhio. “Torno subito!” Ci disse. Dopo cinque minuti tornò con una serie di bottiglie di birra e alcolici vari, causando la felicità totale di molti di noi e riuscendo anche a tirare su il morale persino a Seifer. “Allora!” Disse Ryu. “Perché non facciamo il gioco della bottiglia?” Mi andò giù di traverso un po’ di birra che stavo bevendo. “Ma sei impazzito?” Gli dissi. “Piuttosto, giochiamo al gioco della verità!” Tutti annuirono, persino Seifer, che ormai doveva essersi rassegnato. “Beh, allora comincio io!” Disse Ryu. “La mia domanda è rivolta a tutti! Parlate della vostra prima volta!” Alcuni di noi arrossirono. Cominciò Clonne. “Io.. è stato con un’insegnante più grande.. l’anno scorso.. avevo sedici anni. Quanto mi piaceva quell’uomo! Pensate che io ero appena diventata prof. … ed ero pronta a mettere in discussione tutto per lui!” Noi ragazze ascoltavamo estasiate, dopotutto era una storia romantica, i ragazzi si aspettavano qualche dettaglio piccante.. ma Clonne li lasciò con un palmo di naso. Poi fu la volta di Ryu. “Signori e signore, io ho fatto la domanda e quindi non devo rispondere!” Lo guardammo scocciati. Ma sapevamo tutti com’era fatto Ryu, quindi non scendemmo in particolari. Fu la volta di Leon. “Hey biondino.. non mi dire che sei riuscito a concludere qualcosa?” Disse Seifer. Leon fece una strana faccia, poi, senza calcolarlo minimamente, cominciò a raccontare. “E’ stato con una mia coetanea a Trabia, a tredici anni. Dopo aver sciato, nella neve.” “Chissà che freddo.” Intervenne candidamente Yuffie. Seifer aveva una faccia sconvolta. Io dal canto mio non ero poi così tanto preoccupata, l’avevo capito subito che Leon era esperto, in certe cose. Toccò a Yuffie. “Ragazzi… io non posso rispondere a questa domanda…” Seifer tirò un sospiro di sollievo. In fondo era pur sempre il fratello maggiore. “E’ troppo personale…” Disse Yuffie. Seifer per poco non si strozzo con un sorso di limoncello. Tutti guardammo la faccia rossissima di Yuffie, ma non volemmo andare oltre. Yuffie aveva sedici anni all’anagrafe, ma diciamo che mentalmente la questione era un po’ diversa. Toccava a me. “Ragazzi…” Cominciai, un po’ imbarazzata. Seifer mi mise una mano sulla spalla. “Beh.. io.. è stato ieri sera..” Tutti guardarono stupiti me e Seifer, che intanto ci eravamo scambiati un dolce bacio sulla guancia. Yuffie non poté fare a meno di uscirsene con una delle sue. “E con chi è stato?” Tutti scoppiammo a ridere. “Mi sembra ovvio!” Le disse Leon, tra le risa. “E’ stato con Seifer!” “Sei perspicace, biondino..” ironizzò Seifer. “Guardate che Eve l’altra sera è uscita con Leon… volendo poteva essere stata con lui!” Tutti smettemmo di ridere. Io e Leon arrossimmo fino alla punta delle orecchie. Seifer aveva una faccia piuttosto truce, ma si trattenne. Perché ora toccava a lui. “Beh… io non so se sia il caso di dirlo…” Leon ne approfitto per lanciargli una frecciatina. “Alla veneranda età di ventidue anni, ieri sera, con Eve, e per poco non facevi cilecca!” Seifer lo colpì con un pugno scherzoso, reggendo la bottiglia di birra nell’altra mano. “No, imbecille! E va bene! La prima volta l’ho fatto a sedici anni con Rinoa!” Lo disse tutto d’un fiato. Non ci rimasi poi così tanto male. Sapevano che erano stati insieme. Continuammo con le domande del gioco della verità per circa mezzora, fino a quando non ci vennero più idee. “Giochiamo al gioco del re!” Propose Clonne, tirando fuori sei bastoncini. Il gioco del re è semplice. Si gioca in tanti, e ad ognuno capita un bastoncino contrassegnato da un numero, tranne ad uno, che si trova con il re in mano. Quello può dare un ordine agli altri numeri della squadra, senza però conoscerne l’identità. Eravamo tutti un po’ in gatta, quindi accettammo di buon grado. Iniziò il primo turno. Il re fu pescato da Ryu. Tutti ci aspettavamo qualcosa di terribile. Di fatti… “Allora, il re comanda che il numero scelto dovrà andare dalla proprietaria del Motel e dovrà dirle in faccia che è una cicciona tirchia!” Deglutì un sorso di Vodka. Non sembrava un ordine così terribile, per noi che eravamo completamente fatti di alcol. Solo Seifer era lucido, perché evidentemente lo reggeva meglio di tutti noi messi insieme. “Il numero scelto è il 3!” Clonne si alzò in piedi. Il tre era lei. Fece un sorrisino, poi si avviò con il suo passo regale verso la porta. Dopo qualche minuto tornò con aria compiaciuta. Era stato così facile… non sembrava vero. La Clonne che conoscevamo noi non avrebbe mai osato tanto. Ma si sa, l’alcol fa miracoli. O porta sventura. Un altro turno. Il re era Seifer. “Va bene ragazzi.. io propongo.. ordino.. una caccia al tesoro! Ci divideremo tra maschi e femmine, e, al mio via, andremo per l’Hotel a cercare mutande maschili, le donne, e reggiseni, i ragazzi. Tra un quarto d’ora Ci ritroveremo qui.. e chi avrà trovato più oggetti riceverà in premio le mutande o i reggiseni della squadra perdente!” Tutti annuimmo. Sembrava divertentissimo! Seifer diede il via. Al termine del quarto d’ora noi avevamo trovato quindici mutande, mentre i maschi dodici reggiseni. Avevamo vinto! I maschi si ritirarono in bagno, e dopo poco ne uscirono con in mano due boxer.. e uno slip. Chi portasse gli slip era un mistero… ma rimaneva il fatto eccitantissimo che i maschi, sotto i pantaloni.. non avevano nulla! Noi ragazze facevamo battute in continuazione, a proposito. Io ormai ero completamente andata. Ridevo come un’oca, bevevo come una spugna e facevo battutine a Seifer in continuazione. Addirittura arrivai a chiedergli se potevo slacciargli i calzoni… ero completamente in gatta. Anche gli altri sembravano aver alzato parecchio il gomito. Seifer rimaneva comunque lucido, nonostante tracannasse Tequila come una spugna. Io ridacchiavo, chiamandolo “Il vecchio bevitore” o con altri nomignoli simili. Ero completamente fatta. Altro turno. Il re era Yuffie. Conoscendola mi immaginavo qualcosa di incredibilmente candido.. ma mi sbagliavo. “Il numero cinque tolga un indumento al due!” Il due ero io. “Chi è il fortunato?” Chiesi languidamente. Leon deglutì. “Emh… sono io…” Io sorrisi maliziosa. Seifer fece una strana faccia, sconvolto. “Allora, che cosa mi vuoi togliere? Il reggiseno, le mutande o la giacca?” Gli dissi, mostrandogli la lingua. Lui era imbarazzato, soprattutto vista la presenza di Seifer, che lo guardava truce. Che cosa mi avrebbe tolto? Non di sicuro le mutandine. Se mi avesse tolto la giacca sarei rimasta in biancheria. Così optò per il reggiseno. Io sbuffai. “Uffaaa! Ma così non mi si vede nulla! Dai toglimi le mutandine!” Presi la sua mano e la appoggiai sopra l’orlo laterale delle mutande. “Non ci pensare neppure!” Urlò Seifer. Era nervoso. Io lo stuzzicai. Mi gettai verso di lui, strisciando il corpo sopra il suo. “E dai.. Seifer.. pensa se per sbaglio.. o di propria spontanea volontà facesse PALP PALP mentre mi sfila il reggiseno! Non sarebbe bello!” Seifer sbuffò. Ma il gioco del re era il gioco del re. Quindi Leon dovette ubbidire. Sorrisi. “Avanti… sfilati le maniche, altrimenti con la giacca non ce la faccio..” Mi disse Leon nervosissimo. Feci come mi aveva detto. Cominciò a slacciarlo sul retro. Poi lo sfilò davanti. Io mi mossi apposta. “Seifer!” Urlai. “Seifer, Leon mi ha toccato le tette! Ha fatto PALP PALP!” Seifer colpì la testa del povero Leon con la bottiglia, mentre il poveraccio mi restituiva il reggiseno. “Ci sarà da palpeggiare, su quella pianura..” Scherzò Yuffie, senza farsi sentire. Altro turno. Il re ero io. Tutti tremarono, in un certo senso… “Ok!” Urlai io, con una faccia da pazza furiosa. “Io ordino che il numero uno palpeggi le tette del numero quattro.. e se il numero quattro è un maschio che gli tocchi… qualcos’altro!” Yuffie trasalì. “Ragazzi.. il numero quattro sono io.. chi mi deve palpeggiare?” Silenzio di tomba. “Avanti… il fortunato si faccia aventi!” Dissi io. Tutti cominciammo a guardare i nostri bastoncini. Poi il prescelto si fece avanti. “D’accordo… l’uno sono io…” Disse Seifer. Yuffie tirò un sospiro di sollievo. “Fortuna che sei tu…” Seifer si incazzò parecchio “Come sarebbe fortuna che sei tu?” Io sorrisi maliziosamente. “Andiamo Seifer… non mi dire che ti ecciti a palpeggiare tua sorella?” Gli dissi. Lui sia avvio sconsolato verso Yuffie. E cominciò a toccargli le tette. Yuffie è molto abbondante, nonostante sia magra. Io ero divertita dalla scena. Dopo qualche palpeggiata Seifer smise, tirando un sospiro di sollievo. Io mi ci buttai addosso. “Non mi dire che il tuo fratellino si è risvegliato per toccare le tette di tua sorella?” Tutti scoppiarono a ridere. Seifer era rosso fino alla punta delle orecchie. “Per favore Eve.. un po’ di contegno!” Mi supplicò. Per tutta risposta io lo stuzzicai ancora di più. “Andiamo Seifer… scusa ma se ti ecciti per così poco, se ti dico che puoi tranquillamente palpeggiarmi il sedere.. e quant’altro vuoi.. cosa fai.. esplodi?” Gli chiesi, mettendogli una mano sulla parte alta della coscia. Poi ancora altro turno. Il re era Clonne. “Il numero quattro faccia un tango passionale con il numero tre!” Io ero euforica. “Che bello, si balla! Sono il tre, chi è il quattro?” Ryu si fece avanti. “Io madame…” Ryu era fuori almeno quanto me… senza considerare che è un perfetto maniaco.. Seifer cominciò a preoccuparsi seriamente. Ci mettemmo in posizione per il tango. “Sono sexy?” Gli chiesi. “Einchentè…” Mi rispose lui, in vena di francesismi. “Di pure Eccitè!” Disse Seifer, fra i denti. Cominciammo a ballare, mentre gli altri imitavano la musica battendo le mani. Ma proprio sul caschet.. ci fu un piccolo incidente.. di fatti, a causa dei miei movimenti bruschi e confusi dall’ebbrezza dell’alcol, cascai per terra, strappando l’apertura in velcro della giacca, ritrovandomi completamente nuda! Seifer con un balzo mi saltò addosso, coprendomi con il suo corpo. “Tu sei solo mia…” sussurrò al mio orecchio, come mi piaceva tanto. Yuffie, vedendoci così, prese la parola. “Io do un ordine speciale! Seifer e Eve, approfittando della situazione complice, devono fare l’amore qui, subito, sul pavimento, di fronte a tutti noi. “Ya-hooo! Yuffie facci sognare!” Dissi io. Seifer si portò una mano alla testa. Poi mi allacciò la giacca. “Non se ne parla neppure!” Disse. “Uffa Seifer! Non sono sexy? Ma perché mi vesti, e dai, mettimi un po’ le mani addosso! Ho voglia di te!” Dissi io. Completamente andata. Brilla al limite della sopportazione. Seifer si alzò in piedi. “Yuffie hai infranto il regolamento! Come punizione adesso ti chiudo in bagno, così non fai danni!” Detto questo Seifer spinse la povera sorella dentro il bagno. Purtroppo, con la complicità dei nostri amici ubriachi, dopo poco, ci finimmo noi, chiusi nel bagno. Un bagno molto piccolo, come quello di un aereo. Seifer era molto imbarazzato, dopotutto si trovava completamente schiacciato tra quattro mura, in compagnia di una tigre ubriaca qual ero io. Per sbaglio mi sfiorò una coscia. “Seifer!” Urlai io istericamente e maliziosamente. “Ma cosa fai? Ma dove tocchi? Nooooo smettila… dai… uff.. si.. così mi piace!” Lui non mi stava sfiorando. Invano tentava di chiudermi la bocca, ma io ero troppo calata nella mia interpretazione. Gli altri aprirono la porta, convinti di beccarci in fragrante. Così potemmo sfuggire. Io non ero mica così contenta. “Adesso basta!” Urlò Seifer. Doveva essere nervosetto. Ryu gli mise un braccio intorno alla spalla. “E dai Seifer! Tanto ti stai divertendo anche tu! Ecco guarda, bevi un po’ di tequila che magari ti fa bene!” Gli disse, porgendogli una bottiglia piena. Seifer ne bevve un lungo sorso. Non so se lo face per fare un favore a tutti noi o perché quella tequila era stata il colpo di grazia, ma stette al gioco per un altro turno. Il re era lui. “Va bene… pensiamo a qualcosa di abbastanza spinto e che mi permetta di tenervi lontani dalla mia Eve… a si!” Si avviò verso la porta e spense le luci. “Ok..” ricominciò, nel buoi pesto. “Gli ordini del re sono questi. In cinque minuti dovremo trovare il nostro rispettivo partner. Qualsiasi cosa è permessa per riconoscerlo. Yuffie e Leon fanno coppia. Pronti?” Subito dopo cominciammo a sparpagliarci per la stanza. Era divertentissimo. Buio, alcol e i nostri migliori amici. Un mix fantastico per una serata all’insegna del divertimento perché in fondo siamo ragazzi.  

E ci divertiamo così. Cominciai a cercare Seifer in mezzo alla stanza. “Hey, chi mi sta toccando il sedere?!” Urlò Seifer. “Ops.. scusa, ho sbagliato..” Disse Ryu. Era incredibile come ci si potesse mischiare, in quel buio. Qualcuno mi tastò il petto. “Sei Leon?” Chiese Yuffie. Io mi allontanai senza dire una parola. Va beh che sono piatta, ma scambiarmi per un uomo. Poi andai a sbattere contro qualcuno. Qualcuno a torso nudo. Lo abbracciai. “Dimmi qualcosa nell’orecchio..” Sussurrai. “Ti amo..” Mi disse quello, mordicchiandomi il lobo. Seifer. L’avevo trovato. Solo lui sa parlarmi così. Solo lui sa sussurrare così bene. Lo sentivo così vicino, in quel buio. Sentivo benissimo il suo calore. Una ragazza, non so bene chi, ci urtò con violenza. Noi finimmo per terra, l’uno sopra l’altra, e cominciammo a baciarci appassionatamente. Seifer mi slacciò pian piano la giacca, accarezzando con dolcezza il mio seno. Che bellezza, stare così tra le sue braccia. Poi accesero la luce. “Il re e la regina si sono dimenticati lo scopo del gioco..” Disse Ryu, ridacchiando. Yuffie propose di lasciarci in pace. Ma proprio in quel momento qualcuno aprì la porta. “Ma che state facendo!” Urlò la padrona del locale, che era appena entrata. “Prima arriva ‘sta stronza e mi da della cicciona, poi fate un baccano infernale, adesso entro e vi trovo completamente ubriachi a fare cose oscene!” Leon le rifilò un biglietto da mille. “Continuate pure.” Disse quella, uscendo dalla porta. “Credo che sia il caso di tornare in camera..” Disse Clonne, massaggiandosi le tempie. Tutti annuimmo. Seifer ed io tornammo in camera per primi, portandoci dietro la bottiglia di tequila. Una volta in camera io mi buttai sul letto. Ed estrassi qualcosa dalla tasca interna della giacca. Un paio di boxer neri. “Le mie mutande!” Fece Seifer, gettandosi verso di me. “Ridammele!” Mi disse, scherzoso. “Puoi anche farne a meno…” Gli risposi io. Alle tre di notte mi alzai.

Midi: Bittersweet Romance 

Dovevo andare in bagno a vomitare. I segni della sbronza erano chiarissimi, avevo anche un fortissimo mal di testa. Mi guardai allo specchio. Carina, no c’è che dire. L’immagine della salute. Sorrisi. Nessuno mi avrebbe potuto paragonare a quello scheletro a cui mi ero ridotta nel periodo di allenamento. Ero ingrassata di un paio di chili, e ciò mi aveva giovato al viso. Quando ridevo mi si formavano delle piccole fossette sulle guance, ora. Mi piacevano. Ero proprio la perfetta adolescente. Che si diverte con gli amici in feste da sballo, ha un ragazzo stupendo ed è anche carina. Mi sedetti ai bordi della doccia guardando il cielo stellato dalla finestrella del piccolo bagno. Il cielo. In fondo, nemmeno Deling City, ha un brutto cielo. Il cielo stellato è sempre lo stesso, sovrasta onnipotente tutto il mondo. Mi sentivo felice. Avevo completamente dimenticato tutte le cose spiacevoli della mia vita. Mi addormentai tranquilla con il sorriso sulle labbra, pensando a me stessa. Che bella la giovinezza. Che bello essere adolescenti e non avere problemi. Ma nel dormiveglia molte cose si scordano. Si accantonano per un secondo. L’alba. All’alba ritornano. Ritorna Rinoa, Squall, il Garden, I Guardiani. E l’infelicità. Solo una cosa se ne sarebbe andata, in quella mattina del primo giorno di ottobre. La nostra giovinezza, dopo il suo apice.

 

CAPITOLO 8: 

                                        TUTTO PRECIPITA.

Midi: Terra  

Seifer aveva il viso illuminato dai raggi arancioni del crepuscolo. Cinque del pomeriggio. Primo ottobre. Il suo viso rifletteva un po’ anche i nostri. Come se lacrime invisibili solcassero piano le sue guance, e scivolassero, ancora calde, sugli angoli inclinati verso il basso delle sue labbra. Tutti i nostri visi erano così. Sinceramente tristi. Yuffie piangeva. E pensare che due ore prima eravamo entusiasti, avevamo avuto un sacco di informazioni su dove trovare conoscenze di Rinoa. Due ore prima. Prima che ci giungesse quella notizia. Rinoa. Artemisia. Non ci potevo credere. Due del pomeriggio. Il Garden aveva cessato di esistere. Un attacco missilistico ordinato dalla strega Rinoa, suprema governatrice di Galbadia, aveva raso al suolo la nostra amata scuola. Non erano neppure riusciti ad attivare il dispositivo di emergenza. Cinquecento vittime, perlopiù matricole. Il preside era rimasto gravemente ferito, ed insieme a lui, almeno altre seicento persone. La quasi totalità del Garden era in condizione di non poter aiutare. Rimanevano sani solo circa trecento studenti, tra cui Zell, Quistis e Irvine, che si dividevano tra infermeria.. e recupero dei cadaveri. Sotto le macerie del Garden, ancora un paio di centinaia di studenti, non si sa bene se vivi o morti. Ore quattro del pomeriggio. Invasione del Garden da parte dei soldati di Galbadia. Cinquecento cadetti, armati e dotati di mezzi pesanti, erano stati mandati a finire ciò che era rimasto del Garden. Cioè un’ala della mensa, qualche stanza del dormitorio e l’infermeria. Altri decessi tra i feriti che necessitavano di cure mediche. Almeno cinquanta persone. E altrettante se ne erano aggravate, perché avevano tentato di resistere all’attacco. Ore quattro e mezza. I sopravvissuti del Garden, tra cui per fortuna ci sono anche Zell, Quistis, Irvine, Selphie (che comunque è impossibilitata a fare tutto a causa di una gamba rotta), Cid e sua moglie, si sono rifugiati nella caverna di fuoco. Altri, guidati da Shu e Nida, hanno trovato riparo sulle montagne, dove, grazie all’ausilio della dottoressa, stanno tentando di rinsanire i feriti. In tutto poco più di novecento persone. Ciò che rimaneva delle mille e seicento che si trovavano in quel momento al Garden. Un massacro. E i restanti potevano essere scoperti da un momento all’altro dai Galbadiani. Come potevano, duecento persone, con settecento feriti a carico, tenere testa ad un esercito? Era stata una carneficina. Quistis ci aveva avvertito via radio. Ora era una lotta contro il tempo. Dovevamo trovare Rinoa, convincerla a ritirare l’ordine di massacrare i SeeD, oppure.. ucciderla.. tutto prima che l’esercito scoprisse i nascondigli del Garden. Eravamo sconvolti. Loro.. i nostri amici.. nuotavano nel sangue.. e noi.. salvi.. a Deling City. Era tutto nelle nostre mani. Ma cosa potavamo fare? Non sapevamo neppure da che parte cominciare. Oltretutto, neppure noi eravamo in una buona posizione. L’area di Deling City in cui ci trovavamo ora, era infestata dai mostri. Cinque e mezza. Mi ricorderò per sempre quest’ora. La mia vera crisi. Incontrammo un Grendel selvatico, di grossa stazza, e di alto livello. Cominciammo ad attaccare. Volevo assolutamente ucciderlo. Le zanne di Grifone, che si ottengono dai Grendel, erano l’unica cosa che mi mancava per raggiungere il mio sogno. La Leonheart. Quella stupenda arma. Ma quello non capitolava sotto i nostri colpi, anche se si facevano sempre più insistenti. Ora non potevamo neppure fuggire. Le sue zannate solcavano tremende l’aria, fendendo spesso la nostra pelle. E lui non sembrava risentire della stanchezza. La sua corazza, così lucida, inscalfita, nonostante i miei continui attacchi. Era un affronto. Il sangue mi ribolliva nelle vene. E non fa bene ai nervi. Ogni codata del mostro era come se mi uccidesse. Le mie ossa, il mio scheletro, nulla mi rimaneva per sconfiggerlo. Solo la mente. Come al solito. Tentavo invano di continuare a combattere, di tenere duro. Ma c’era un’unica soluzione. E io lo sapevo. La stessa, maledetta, unica soluzione. Sorrisi rassegnata, sputando un po’ di sangue amaro per terra. Mi alzai dalla mia posizione, distendendo le ginocchia prima piegate sotto il peso della lama della mia GunBlade. Alzai al cielo la mia spada, con una sola mano. Come brillava sotto la luce del crepuscolo. La lama nera della mia Crime And Penality. Chissà che bell’effetto avrebbe fatto, quella azzurra della Leonheart. Fu con la lama azzurra in mente che invocai. Scandendo bene la formula. Nessuno potava più fermarmi, ora. Nemmeno Seifer. Gli occhi dei miei compagni erano sbalorditi. Con la lama fendetti nuovamente l’aria. Così. Per mandare meglio alla carica Eden. Proprio Eden. Forse fu un suicidio. La Guardiana dall’invocazione eterna. Un lento strazio, per il nemico. Eden cominciò a colpire ripetutamente il corpo del nemico con sinuosi movimenti, mentre io la supportavo. Tutti gli altri stavano ad almeno cinque metri di distanza da me. Distanza di sicurezza. Non per la bestia. Non per i frammenti di palazzi che cadevano come stelle comete, sotto la forza dei colpi della Guardiana. Non per il Grendel ridotto in macerie. Non capivo. Stavano lontani da me, forse? Se solo Seifer avesse trovato la forza di venirmi vicino. Lo sentivo urlare. Sentivo la sua voce calda e strozzata dal dolore di qualche ferita, ma non sentivo lui. Solo le sue mani avrebbero potuto interrompermi. E invece pensava che con uno “Smettila Eve!” avrei interrotto l’invocazione? No, non l’avrei mai fatto. A costo di dimenticare. A costo di soffrire. Eccola la crisi. Vieni Guardiana bastarda, vieni, appropriati della mia memoria, dei miei ricordi. Vieni, divora la mia mente, lasciane gli avanzi. E dammi la forza per combattere. Cibati di me e distruggi il mio avversario. Distruggi tutto ciò che c’è di umano in me. Distruggi questo soldato, questa bestia. Distruggimi. La ferita sulla spalla, forse per la tensione nervosa, mi si riaprì in una cascata di sangue. Poi altre piccole ferite mi lacerarono il corpo. Non solo la mia testa era dolorante. Tutta me stessa voleva partecipare alla crisi, stavolta. Vieni pure, nutriti di me, fammi tua, non ho paura. Vieni belva sovrumana, vieni a staccare la testa di questa tua simile. Che non sono altro che IO. Vieni a cibarti di Eve Talabis, bestia, vieni, ti do me stessa, per un pugno di zanne di grifone. La crisi andava avanti, tremenda e inarrestabile, così come l’invocazione di Eden. Il mostro non reagiva più. Cadavere. Era un ammasso di pelle, una carcassa senza vita. Ma io continuavo a percuoterla, con la mia Eden. Oh mostro, Oh Grendel, perché sei perito così presto? Non volevi rimanere a vedermi giocare? Dov’è la tua anima? La bestia ha divorato anche quella? Che ingorda. Oh Grendel. Riposa in pace. Spero che potrai vedere il tuo carnefice soffrire. Perché io sto soffrendo, Grendel, ora arriveranno i Ricordi. Di nuovo quella strana sensazione di sovrapposizione delle immagini. Ora vedevo mio padre. Mio padre che, con la sua solita sigaretta in bocca, lucidava le armi. Mio padre che, la sera, mi raccontava le storie che risalivano alla guerra della strega. Mio padre che, dopo che mi ero intrufolata nel JunkShop, mi veniva a prendere e mi metteva a letto. Mio padre… ora vedevo tutto con i suoi occhi. Vedevo la nonna da giovane, con lui tra le braccia. Vedevo le sue prime armi. Vedevo mia madre il giorno del loro matrimonio, nel suo bozzolo di stoffe da sposa. Vedevo mio padre che apriva la saracinesca del suo primo JunKShop. Vedevo me, da piccola, un fagottino tra le sue grandi mani. E poi vedevo.. i miei capricci, e ancora io che ridevo, o io con Komo. Solo io, nei suoi pensieri. Poi vedevo il mio volto piangere.. sopra la sua bara. Papà… anche allora mi vedevi? E ora mi vedi? Vedi come sono ridotta? Non guardarmi papà, faccio schifo. Sono una bestia. Ho le mani nodose e corrose dal sangue. Mastico tabacco e sputo il sangue dei miei nemici. Lustro solo le medaglie. Ho quattordici anni papà. E sono già un vecchio soldato? Come stai papà? Ti piace Seifer? Lui ha catturato il cuore di questa tua vecchia bambina. Oh Seifer. Mi sta chiamando. Mi dispiace papà. Devo andare. Fuori mi aspettano. Non credo che ti ricorderò mai più. Felice di averti rivisto, papà. Ma non mi chiedere di salutare mamma, tanto me lo dimentico. Ti saluto papà, torno da Seifer. Addio papà. Ti voglio bene.

Mi gettai per terra. Dimenticato. Qualcosa era stato dimenticato. Cosa? Seifer si avvicinò a me, con aria preoccupata. Leggevo lo stupore nei sui occhi. Mi prese le spalle, poi cominciò a parlare. “Mi avevi promesso di non rifarlo! Perché Eve!” Me lo scansai di dosso. E mi alzai in piedi. Ancora coperta di sangue. Ancora accecata dall’emicrania. Ancora divorata dalla Guardiana. Seifer sgranò gli occhi. Non poteva credere a ciò che vedeva. Anche gli altri erano stupiti. Yuffie cercò di avvicinarmi. Ma venne respinta. Da una forza molto più grande di lei. Da una forza molto più grande di me. Da me. Leon fu l’unico a riuscire ad avvicinarsi. Mi toccò una spalla, e io mi alzai. Non so come. Non so come successe. Ma lo guardai in viso. Ero alla sua stessa altezza. Lenta metamorfosi. Leon mi si avvicinò ancora un po’. Non era stupito, per quello che mi stava accadendo. “Il tuo viso.” Mi disse “E’ scarno.” Lo toccai con una mano. Sentivo i solchi. Ma com’era possibile. Se solo prima ero bella paffuta! Ali d’angelo. Qualcosa mi strappò le vesti sul retro. Due ali. Ali d’angelo. Non ci potevo credere. Anche Seifer si avvicinò. Capiva. Mi appoggiò una mano sulla spalla. Un dolore lancinante al petto. Qualcosa mi perforò il petto. Proprio così. Tra i seni si era appena formato un immenso solco. Bagnati di sangue, ne uscirono due anelli. Poi il solco si richiuse, lasciando fuori solo i pendagli. Come se fossero destinati a diventare per sempre parte della mia carne. “Che cosa mi succede?” Chiesi, cercando aiuto negli occhi di Seifer. Quello mi sorrise. “Sei entrata in Limit Break, piccola. Lo so, è terribile, ma è il momento in cui il potere raggiunge l’apice.” Dunque era questa la famosa Limit Break? La mia spada era ora una Leonheart. Ma quello stato in cui mi trovavo.. era qualcosa che andava al di là dell’uso di normali Tecniche Speciali. Qualcosa che andava al di la persino del cuore di pietra.

Avvertì una lama fendere l’aria. Mi voltai. La luna si confondeva con il sole, creando un paesaggio azzurro- rosato. Sotto quella fioca luce, le nostre ombre erano ormai tutt’uno con quelle di Squall e Rinoa, dietro di noi. La ragazza mi salutò con un cenno della mano, sollevando in aria il suo Shoting Star. Mi sorrise, con malignità. Strinsi gli occhi. Poi lei prese la parola, avvicinandosi a me di un passo. “Allora, piccola Eve, non sono straordinari i poteri della strega?”

La mia Limit Break. Non è tutt’altro. Che magia. Sono una strega. E queste sono le mie ali.

 

 

CAPITOLO FINALE:

 

                                         MAYBE I’LL BE A LION. 

Midi: Jenova Absolute Piano

Strega. Strega. Strega. La parola, è già tremenda di suo. Odiata, temuta da tutti. La strega ha sempre abitato nella mente degli uomini, tormentandoli, da quando esiste la terra. Discendente del Grande Hyne, non sei altro che un’intoccabile. Qualcuno che se non fosse nato sarebbe stato molto meglio. Donne bruciate, donne condannate, donne sigillate. L’unica loro colpa, aver ricevuto i poteri di strega in tenera età. O per discendenza. Non volevo quel potere. Non mi serviva. Mi avrebbe uccisa. Quel potere, il potere della strega, era di troppo. Ma quando, quando lo ero divenuta?

Guardai Rinoa negli occhi. Poi sguainai la mia GunBlade dall’elsa. Lo stesso face Seifer. Leon guardava la scena, consapevole di tutto. Non riuscivo a capire. Come poteva sapere tutto, quando io stessa non sapevo nulla? “Quando? Quando è successo? Chi è stato? Chi mi ha trasferito i suoi poteri?” Gridai verso Rinoa. Quella mi sorrise. Malignamente. “Sei come me piccola. E’ Artemisia che ti parla. La strega del futuro.” Tutti guardammo Rinoa. O meglio, Artemisia. “Quest’anima, l’anima di Rinoa, si sta contorcendo dentro di me… sta soffrendo..” Guardai Squall. Nessuna reazione. Doveva essere sotto qualche incantesimo. Anche Seifer stava guardandolo. Nei suoi occhi leggevo la disperazione. Lo capivo. Il suo eterno rivale, il suo migliore amico. In quello stato. Nessuno avrebbe potuto accettarlo, tanto meno Seifer. Rinoa ricominciò a parlare di me. “Sei come me, piccola Eve, devi accettarlo. E’ come se ci avessero separate alla nascita. Siamo nate streghe.” Scrutai gli occhi di Rinoa. Stavo per piangere. Io.. nata strega? Io.. da sempre così? Forse.. il mio desiderio di uccidere… sono forse una strega malvagia? Signore… dimmelo. Signore.. salvami. Angelo alato, riprendimi tra le tue braccia… ho capito perché non puoi più toccarmi, angelo. Moriresti. Rinoa ricominciò “Un unico essere! La strega suprema! Ecco ciò che siamo! Ecco ciò che siamo! Eve… lo sai il significato del tuo nome? Del nostro nome? Io.. Artemisia.. quando ero un unico essere.. assieme a te.. ci chiamavamo così.” Strega dalla nascita. E oltretutto un unico essere con Artemisia. Eve. Sono un mostro? “Eve…” ricominciò la ragazza “io e te.. tanto tempo fa, nella dimensione senza tempo, in uno dei tanti futuri dove la compressione temporale ha avuto successo, siamo nate dall’unione di una Guardiana della forza e di un Cavaliere della Strega..” Bastarda. Non ero altro che una bastarda. Metà umana, metà Guardiana. Una strega in definitiva. “Eravamo l’unica figlia dei due, e ci chiamarono Eve. Dalla Genesi. Eve è la madre di tutti gli uomini. Strana coincidenza del destino. Sai cosa succedeva, in un altro futuro?” Leon si fece scuro in viso. “In un futuro parallelo, nasceva un altro incrocio tra un umano e una Guardiana. Fu chiamato Adam, e noi due, o meglio, Eve, saremmo dovute unirci a lui, per dare il via ad una nuova specie, che avrebbe dominato il mondo. Streghe e Cavalieri perfetti, segnati dal destino dalla nascita. Hai capito, Eve? Ma il grande Hyne non volle. Così fece la cosa più tremenda che una divinità può fare. Uccise i nostri genitori e quelli di Adam, poi, accecato dall’ira, per aver osato mettere in discussione la sua supremazia, ci diede una punizione molto peggiore della morte. Chiamò il guardiano del tempo.” Rinoa sorrise a Leon. “E’ Leon il guardiano del tempo! Capito? Comunque, una volta chiamato questo Dio, gli fece fare il lavoro sporco. Te la ricordi quella notte, Leon?” Leon alzò gli occhi al cielo. Poi guardò Rinoa. “Si.. ricordo..” Le disse “Mi ricordo benissimo. Quella notte, mentre Adam e Eve dormivano, gli separai in due unità diverse. Chiamai una Artemisia, la metà malvagia, e la spedì nel futuro. L’altra la chiamai Eve, la metà buona, e la spedì nel passato. Eve e Artemisia erano due streghe. Poi divisi Adam. In due ragazzi… due cavalieri.. ma purtroppo.. sbagliai i miei calcoli.. e li spedì nello stesso tempo, in un passato di soli otto anni precedente quello di Eve. Uno era.. Squall Leonheart.. l’altro.. Seifer!” Guardai il mio ragazzo. Era sconvolto. Alzò gli occhi al cielo, poi sorrise, rassegnato. Prese la parola “Chi è la metà malvagia di Adam?” Leon lo guardò intensamente “Sei tu.” Rinoa si mise a ridere sguaiatamente. “Che bel quadretto! Purtroppo è successo un piccolo disastro, e io, sono stata uccisa da questa cretina della quale ora ho il corpo, e dal suo ragazzo, una metà di Adam. E sai perché?” Perché volevo una compressione temporale.” Io la guadai, poi presi la parola “Mi cercavi? Volevi riunirti a me?” Rinoa sorrise “Si, piccola, volevo la mia metà. E guarda come mi sono ridotta. Sono uno spirito inorganico che vaga per lo spazio tempo alla ricerca di un corpo da poter usare. E guarda chi ho trovato? La piccola Rinoa, questa imbecille che non è assolutamente consapevole del suo immenso potere. Così l’ho usata. Era tutto premeditato. Ho fatto scoppiare io la guerra. Tutto per richiamarti a Deling City. Sotto l’arco di trionfo. Perché questa è la nostra Arena. L’unico posto dove posso riunire i nostri corpi. Ora capisci?” Si, capivo. “Ti vuoi riunire a me? Saremo bellissime e invincibili, e anche Adam, lui.. sarà il nostro amante, il nostro cavaliere. Per sempre. Potremo dare il via ad un'altra compressione del tempo. Lì sopravviveremo benissimo. E daremo il via alla nostra stirpe, di cui noi e Adam saremo re e regina. Devi solo prendere la mia mano. E quella del tuo cavaliere deve prendere la mano del mio.” Rinoa allungò le sue mani verso di me. Sentivo una forte energia spirituale provenire da esse. Un’energia inconfondibile. L’energia dei Guardiani. Dio, era come una calamita. Istintivamente allungai una mano. Ma qualcosa mi prese alle spalle. LEON.

Bellissimo, Leon. I capelli lunghi lungo il viso erano scompigliati da uno strano vento caldo, e anche lui brillava di un’aura tutta particolare. I suoi occhi erano gelidi e caldi allo stesso tempo, la sua bocca carnosa inclinata verso il basso, semiaperta. I suoi zigomi erano dorati da una strana abbronzatura color caffelatte, che non avevo mai visto prima. Era come un Dio. Un bellissimo Dio, che con la sua immagine perfetta ti acceca in un bagliore naturalmente splendido. Mi parlò: “Vuoi andare? Non vuoi rimanere con me? Vai da lei?” Scossi la testa. “Tu cosa scegli Seifer?” Mi rivolsi al mio ragazzo. Lui guardava intensamente Squall, come se stesse scrutando la sua immagine riflessa su uno specchio d’acqua. Stessa espressione. Stesso sfregio. Stessi ciuffi ribelli che ricadevano sugli occhi, di due tonalità poco diverse d’azzurro. Erano simili. Persino lo stesso splendido corpo, anche se Seifer era leggermente più alto di Squall. Si somigliavano. Seifer alzò il palmo della sua mano e immediatamente Squall ripeté il gesto. Come uno specchio. E questo Seifer non lo accettava. Loro erano luce ed ombra. Tutto o nulla. Bianco e nero. Come potevano somigliarsi? In fondo, anche se avevano le stessa cellule nel corpo, le particelle celebrali di ognuno di loro due erano molto diverse. Dopotutto erano due metà completamente diverse. L’uno benigno, l’altro malvagio. Seifer si voltò dalla mia parte. Poi si mosse verso di me. In pochi passi mi aveva raggiunta, ed ora eravamo l’uno vicino all’altra. Lui sbuffò leggermente accarezzandomi le ali, spostandosi un ciuffo da un occhio. Puntò il dito contro Squall. “Quello specchio non riflette bene.” Disse, sorridendomi. “E tu non somigli per nulla a quella giovane vecchia che giace come un parassita dentro il corpo di Rinoa.” Era vero? Seifer, anche se mi avevi mentito, non mi interessava. Se veramente lo credevi, a me stava bene così. Perché a me non interessa avere Adam. A me interessi tu.  Mi voltai verso Leon, guardandolo intensamente negli occhi. “Che cosa devo fare?” Gli chiesi. Una lacrima calda mi solcò velocemente la guancia sinistra. In fondo avevo appena rifiutato la me stessa della Genesi. O forse avevo appena accettato ciò che ero? Leon sorrise a me e a Seifer. Sembrava molto più grande dei suoi diciotto anni. Ma gli dei non hanno età. “Sono qui in questo tempo per questo.” Mi disse “Eve, ribellati. Libera Rinoa e Squall.” Io annui. Poi ripresi la parola “Come?” Lui mi mise una mano sulla spalla ferita, mentre del sangue sgorgava dai punti precedentemente riaperti. “ Dovrai fare qualcosa di impossibile per un essere umano. Qualcosa di possibile solo a una divinità. Devi eliminare un essere inorganico, Eve. Non basta esorcizzarlo dal corpo di Rinoa. Devi ucciderla.” Come, Leon, come? Non ho la chiave della fortuna, mi devi aiutare. “Perché non lo fai tu? Io non sono una divinità.” Gli dissi. Lui scosse la testa. “Eve, io sono un giudice. Non sono qui per modificare il destino. Non posso modificare ciò che è scritto dagli Antichi. Ma tu hai la chiave per correggere la fortuna. Solo tu, e Seifer, che siete nati dall’affronto più grande che un essere vivente potesse fare al Destino. Provaci Eve.” Io annui. Ma ancora non capivo. Rinoa interruppe il nostro discorso. “Oseresti rinnegare te stessa!?” Io la guardai, poi ricominciai a parlare con Leon. “Tu dimmi come.” Lui cominciò a spiegarmi il piano. “Eve, io manderò te, Seifer, Rinoa e Squall in una dimensione dove il tempo non esiste. Nell’Arena Suprema, nel luogo senza spazio ne tempo. Nell’infinito. In un’immensità senza confini che una mente umana non può permettersi di immaginare. Questa dimensione è governata da spiriti inorganici. Quindi perderai il tuo corpo, almeno finché starai li. Anche Rinoa perderà il suo corpo, così rimarrà solo lo spirito di Artemisia e quello che infesta come un parassita il corpo di Squall. E potrete combattere. Ma stai attenta, perché Artemisia è qualcosa di spaventosamente forte. Sei pronta?” Io annui.

Buio.

Dove sono?

Vedo solo bagliori soffusi.

Forse sono stelle.

E’ questa la dimensione senza tempo?

E’ infinita.

Midi: Terra  

“Ti piace il mio mondo?” disse Artemisia. “Quel Dio maledetto è stato furbo. Ha trovato l’unico luogo dove puoi danneggiarmi senza distruggere anche Rinoa.” Un corpo inorganico giaceva vicino a lei. Era incredibilmente bello, con dei lunghi capelli biondi e un viso celestiale, molto somigliante a quello di Squall e Seifer. Il fisico asciutto e muscoloso era incredibilmente dorato da una bella abbronzatura scintillante. Il ragazzo aveva in mano una GunBlade. Una Leonheart. Capì. Mi girai verso Seifer. Ma ci trovai solo un uomo identico al primo, solo che con un Hiperyon in mano. Seifer. L’altro era Squall. Ma in quel luogo avevano entrambi lo stesso aspetto, quello di Adam. Guardai Artemisia. Bellissima. Una ragazza dalla pelle lucida e candida, illuminata da mille schegge di diamante incastonate nella carne. Lunghi capelli rossi le ricadevano fino alle ginocchia, con due ciuffi ribelli e ricci che ricadevano lungo il viso. Il viso, splendido e misterioso. Il mio viso. Solo che più adulto. E un po’ più maligno. Capì. Quella donna ero io. Quella donna era Artemisia. Era il guscio che un tempo aveva imprigionato le nostre due anime unite. Era Eve.

“Non siamo bellissime?” Disse Artemisia. La sua bocca si muoveva sinuosamente, a ritmo con le parole, scandendo le lettere in modo sublime. “Saremo anche bellissime…. Ma tu per me rimani sempre un mostro. Per me non sei altro che un cadavere in putrefazione accecato dalla superbia!” Artemisia sorrise. “Non vuoi riunirti a me?” Io scossi la testa. “No Artemisia, non voglio! E neppure Seifer! Ma che cosa vuoi tu?! Si può sapere che cosa desideri?” Alcuni ciuffi rossi mi caddero sugli occhi, intrapponendosi all’immagine di Artemisia. Quella inarcò le sopracciglia. “Eve.. ho capito. Ma hai firmato la tua condanna a morte. D’accordo.. vuoi sapere cosa voglio? Prima dovrai battere me e Squall…”

Le sue mani candide disegnarono un cerchio in aria, lasciandosi dietro una scia di brillanti. L’aria stessa… stava solidificandosi, prendendo forma in quel cerchio, come se tutte le particelle si stessero solidificando. Un’immensa lama di diamante. E un’impugnatura ricoperta da candidi drappi. Era una spada. Artemisia prese in mano quell’arma perfetta, accarezzando piano con l’indice tutta la lama cristallina. Sollevo la spada in aria. “Questa è la Masanume. Una spada di cristallo forgiata da un cacciatore di spiriti. E’ fatta apposta per i corpi inorganici. Trapasserà quel che c’è di te in questo mondo.. e allora morirai. Anche il tuo corpo. Tutta te stessa. Un cadavere.”

Un cadavere. Uccidere nella polvere, vivere nella polvere, morire nella polvere. Nella propria polvere. Nella polvere del tuo scheletro decomposto sul campo di battaglia. Il destino dei soldati. Non ho paura della morte.

Alzai la mia Leonheart in aria, in segno di sfida. Artemisia mi guardò. Poi si lanciò verso di me.

La Masanume colpì la mia arma con una potenza inaudita, ma io, altrettanto forte, la respinsi. Cominciammo a combattere. Scintille azzurre vibravano nell’aria danzando al suono delle spade. Allo strano tintinnio delle armi.

La musica del soldato.

Una fanfara trionfale?

Una marcia funebre?

Non saprei. So solo che il suono delle armi mi piace. Perché in fondo l’arma stessa fa parte di te.

Uno strano liquido bluastro uscì dal corpo di Artemisia, attraversando le tempie e le guance candide, fermandosi sulle sue labbra carnose. Lei ci passo la lingua sopra, sbafando un po’ di sangue attorno alla bocca. Perché proprio di sangue si trattava. L’avevo ferita.

Che affronto.

L’avevo ferita.

Che significa?

Sto vincendo?

Sto perdendo?

Uno strana espressione si dipinse sul volto di Artemisia. Rabbia, forse. Contraccambiò il mio attacco con un’altrettanto potente magia di fuoco. Mi sentì bruciare la pelle, i capelli, come dalle lingue dell’inferno.

Basta.

Perché mi ferisci?

Non capisci che dopo ti ferirò a mia volta?

Cos’è questo strano gioco a turni?

Morirò per prima?

Sopravviverò?

In fondo è il tempo che decide.

Ma qui il tempo non c’è.

Stiamo violando le regole del gioco.

Nel frattempo Squall e Seifer ci stavano guardando a debita distanza l’uno dall’altro. Come giudici. Sentivo altri sguardi addosso.

Nell’antica Roma l’imperatore e gli altri patrizi erano soliti recarsi nelle arene per assistere agli spettacoli dei Gladiatori. Il gioco era semplice quanto macabro. Chi moriva per primo perdeva.

Si trattava di uccidere. Questo si studia sui libri di storia. Ma non è poi così antico.

Artemisia si scagliò di nuovo all’attacco con la sua Masanume. Mi scansai appena, poi le lacerai una spalla colpendola da dietro. Lei urlò.

Ecco l’urlo disperato di chi sa di non dover ancora morire.

Perché non ho lasciato che la Leonheart ti trafiggesse più a fondo?

Sono stata imprudente.

Voglio continuare a giocare.

Sono stata crudele.

Voglio continuare a giocare.

Artemisia si rialzò in piedi, mentre un rivolo di sangue fluttuava lungo il busto. Era il suo turno.

Di nuovo mi scagliò contro una magia. Stavolta non andò per il sottile. Un’ultima.

Chi di spada ferisce di spada perisce, vero?

Occhio per occhio dente per dente?

Sono queste le regole della battaglia?

Perché?

E’ così doloroso.

Fa male.

Brucia.

Le mie cellule si contorcono, esplodono, agonizzano e muoiono.

Tutto in un eterno secondo.

Le vene si gonfiano e pulsano.

Esploderanno?

L’ultima è dolorosa.

Come una battaglia.

Ma allora perché?

Perché ho scelto di combattere, nella mia vita?

Stesa per terra, potevo benissimo sentire la presenza di Artemisia anche con le palpebre serrate. Aprì gli occhi. Era sopra di me, con la sua splendida Masanume. Me la puntava in faccia. Contro la mia bocca. La spada era ancora candida e immacolata come prima. Pulita. Senza una sola traccia di sangue.

Levami quella lurida spada dal viso.

E’ impregnata del mio sangue.

Non lo vedi?

Ne hai sporche le mani.

“Come la mettiamo adesso?” Mi chiese “In ogni caso saresti destinata a venire con me. Il destino l’ha deciso. Quella notte. Gli errori commessi da Leon, hanno fatto prendere alla dea bendata una strana via. Ma ora ci siamo riunite piccola. Sorella si sangue, dammi la mano.”

Mi stai terrorizzando.

Perché mi inviti?

Basta.

Non voglio la tua mano.

Lasciami.

Stringi troppo le mie dita.

Scossi la testa. “Uccidimi piuttosto. Non mi riunirò a te. Coraggio, trapassami con la tua spada.”

Ho tanta paura.

Ho tante paure.

Chiudo gli occhi ma rimangono nella mia testa.

Non sono forte.

Sono vigliacca.

Ma una cosa sola non temo.

La morte.

Anche se di là non diventerò un angelo dalle ali bianche, anche se di là avrò solo ali nere come quelle di un pipistrello, non mi interessa.

Sono stanca di giocare.

Game Over.

Artemisia mi sorrise.

“Non posso vincere piccola Eve, mi capisci? Nessuna di noi due può vincere. Non sperare di cavartela morendo. Perché anche la morte ci teme. Non ci permetterà mai di passare dall’altra parte. L’unico modo per chiudere la partita è donarti a me. E avere me. Uniamoci.”

Oh.

Che pace.

Pensavo di essere morta.

Ma la tua voce mi ha svegliata di nuovo.

Decado nuovamente.

Non posso nemmeno implorare la morte?

Perché Dio?

Perché?

Perché mi fai soffrire?

Non sei mai stato buono con me.

“Sii buona Eve. Permettimi di riunirti a te.”

Perché dovrei essere buona?

Qualcuno lo è mai stato?

Seifer mi ha fatto soffrire con le sue indecisioni.

Leon mi ha fatto soffrire perché mi ha mentito sulla sua vera identità.

Yuffie mi ha fatto soffrire quando prendeva droghe.

I guardiani mi fanno soffrire perché cancellano i miei ricordi.

I guardiani?

E’ per loro che sono qui.

I guardiani?

E’ per loro che sono nata.

I guardiani?

Ma non voglio morire per loro.

“Non mi sfuggire, Eve. Non rinnegare te stessa. Non rinnegare il potere di strega. Non rinnegare la tua divinità.”

Sono forse una dea?

No, non sono una dea.

Sono forse una strega?

No, non sono una strega.

Sono forse una donna?

No, ancora non sono una donna.

Sono forse una bambina?

No, non sono più una bambina.

Sono forse già vecchia?

Ho forse già le rughe e le ossa indolenzite?

No, non sarò mai una vecchia.

Sono forse un soldato?

No, non sono più solo un soldato.

Chi sono io?

Ancora non sono nulla.

Mi sto ancora formando.

E sarò come Artemisia?

Non posso aver già visto me stessa.

Voglio crescere.

Voglio maturare.

Con le mie esperienze.

Con la forza delle mie braccia.

Non voglio ali d’angelo per volare.

Voglio piedi nudi per camminare sulla terra arsa dal sangue.

Non voglio i poteri di strega per non sporcarmi le mani.

Voglio una spada sporca e macchiata di sangue.

Non voglio essere invincibile.

Voglio perdere, voglio rotolarmi nella polvere, voglio piangere, bere il sangue delle mie ferite.

Non voglio morire.

Perché unirmi a lei sarebbe come morire.

Non voglio morire.

Voglio crescere.

Forse sarò un leone.

Mi alzai di scatto, dando un calcio ad Artemisia, buttandola a terra. Mi ci gettai sopra di peso e le strinsi una mano alla gola, soffocandola.

Poi presi la GunBlade la puntai dritta in mezzo al suo petto.

“Ora ascoltami bene.” Le dissi. “Rinnego. Rinnego ciò che eravamo, rinnego i poteri di strega, rinnego i guardiani, rinnego tutto! Rinnego il potere stesso, ciò di cui tu sei tanto affamata! Non mi unirò mai a te. Ti inchioderò qui, alla terra, con questa mia spada. Poi la sfilerò dal tuo corpo morto e me ne andrò a cosa, portando con me Seifer e Squall, salvando le persone che amo. Perché io non ti amo e non potrei mai far parte di te! Hai capito? Mai! Mai! Mai! E lo farò!”

Artemisia scoppiò in lacrime “Nooo! Non farlo! Non rinnegare! Non puoi!” Le sue lacrime.

Cos’è questa scia calda che mi attraversa le guance?

Cos’è che mi attanaglia il cuore?

Un nemico che piange?

Sono un’egoista?

Non conosco la pietà?

Allora.

Soldato.

“Rinnego Artemisia! Una, dieci cento, mille e mille volte! Rinnego! Rinnego per me stessa, per i miei amici, per il mio amore!” Artemisia piAnse ancora. Singhiozzava come una bambina a cui vengono tolti i giocattoli.

Sto forse piAngendo anch’io?

Non riesco a sopportare la vista del nemico che piange?

Forse non sono così egoista?

Forse conosco la pietà?

Allora.

Soldato.

“Perché Eve! Tu pensi solo a te stessa! Non puoi impedirmi di riunirmi a te! Se lo fai non mi riunirò mai a lui!” Lui? Che stava dicendo? “Eve… sono una donna. Anche io amo..” Amore? “Non capisco perché.. ma io ricordo Adam, ricordo la sua infinita bellezza, le sue parole dolci e gentili, il suo modo di amare..” Amare? “Adam… mio signore.. voglio solo amarti…” Signore?

In fondo cerca solo di amare.

In fondo cerca solo ciò che cercano tutti.

Cerca di essere felice.

Cerca di vivere felice.

Non è ciò che cerco anche io?

Non è ciò che cerca il mondo?

Artemisia scosse la testa in modo violento, poi ricominciò ad urlarmi contro “Non mi interessi tu! Mi interessa lui! Rivoglio il mio Adam! Rivoglio il mio Adam! Solo per un attimo ancora, poi potrò morire! Cosa ho fatto di male per non meritarmi questo? Un ultimo bacio, un ultimo sguardo.. solo un bacio signore! Ti prego Eve… sono disperata! Non posso morire così.. non posso neppure morire! Al mio male non c’è più confine! La triste punizione! La mia triste maledizione! La pena più terribile! Non voglio! Eve trova un modo per salvarmi! Solo lui può farlo! Poi brucerò all’inferno per l’eternità, ma prima voglio baciarlo… voglio baciarlo!”

Guardai Seifer. Lui e Squall, che nel frattempo aveva ripreso le proprie capacità mentali, stavano guardando la scena con gli occhi rivolti verso il basso. In fondo era come se Eve e Adam si fossero già riuniti. Povera Artemisia. Accanto al suo amato. Così lontana da lui.

Seifer…

Cosa stai facendo…

Perché tu e Squall vi state stringendo la mano?

Si.. anche io.. stringerò la sua mano…

E spero che accada..

In fondo..

Solo per un istante..

Qui non c’è tempo..

Poi tornerò a casa con voi?

O rimarrò con lei per sempre?

Non avete paura..

Che non si possa cambiare….

Ragazzi..

Siete buoni…

In fondo neppure io..

Sono così egoista e cattiva.

Perché altrimenti le mie dita sarebbero attorcigliate a quelle di Artemisia?

Che bel calore….

Sono Eve.

 

Adam.. sei tu?

Sono io… Eve..

 

Amore… è da tanto che non ci si vede, Eve..

Sei sempre splendida.

 

Anche tu..

Ma non durerà in eterno..

 

Penso che poi morirò..

Seifer e Squall vogliono tornare dalle loro amate..

 

Già.. anche la piccola Eve vuole tornare da Seifer..

Moriremo entrambi..

 

Saremo angeli o demoni, Eve?

 

Non lo so…

Baciami.

 

Sarà fatto mia sposa…

 

Ti amo mio signore…

 

Che bello…

Abbiamo avuto il tempo di baciarci..

Le tue labbra… Adam.. le tue labbra.. sono calde..

 

Eve… le tue non saranno mai fredde..

Nemmeno all’inferno..

 

Staremo all’inferno?

 

Si Eve.. abbiamo peccato..

 

Hai paura?

 

Dell’inferno?

 

Si.

 

No.. Eve.. l’abbiamo scelto noi..

 

In fondo io spero ancora che Hyne abbia pietà di noi..

 

Non sperare di varcare le soglie del paradiso, mia sposa..

 

Non voglio ali d’angelo… non sarò mai un angelo..

 

E allora cosa vuoi, mia sposa?

 

Non voglio morire…

 

Dobbiamo..

 

Lo so.. ma speravo di finire all’inferno con te…

 

Ci separeranno laggiù…

 

Lo so.. era solo un’illusione…

 

Eve… non voglio lasciare questo mondo dove ci sei tu..

 

Mi ucciderò mio signore…

 

Il pensiero di seguirti sarà soave…

 

Addio…

 

Eve,, sei già morta?

Si.. Non ti sento più…

Bene… non ho più alcuna ragione di rimanere qui..

Seifer..

Squall..

Ora siete liberi..

Grazie..

Addio.

 

 

                                                EPILOGO.

Midi: Melodies of Life

C’è un Dio che ti abbandona. C’è un demone che ti salva. Spero che sia un Demone carino. Si dice che un uomo, se, nella sua vita, si impegna a fondo in ogni cosa, possa ottenere le ali. Le mie ali sono nere come quelle di un pipistrello. Ma finche potrò volare mia andranno bene. In fondo, se avessi le ali.. mi intralcerebbero le mani.

Kaori Yuki

 

 

31 Dicembre.

“Come sono duri i preparativi per le feste. Ma sono la passione del preside, e lui non ci rinuncerebbe mai. In fondo fanno piacere a tutti. Il Garden è ancora in costruzione. Verrà più bello di prima, ne siamo sicuri. Tutti. SeeD e matricole per ora alloggiano in un fabbricato nelle campagne vicino al vecchio Garden, che per ora lo sostituisce. Ma si vive bene anche qui.”

Quel pomeriggio smisi presto di prendere appunti sul mio “quaderno dei ricordi”, ero molto indaffarata con i preparativi per la festa. Avevo preso l’abitudine di tenere questa specie di diario un mese dopo la battaglia, per non dimenticare nulla. Non sono più andata in Limit Break, dopo quel giorno. Veramente non ho combattuto molto… peccato. Il centro di addestramento non era ancora stato terminato, per cui andavo solo a caccia di Leshmator per le campagne. Seifer mi chiamava “L’acchiappa zanzare” per prendermi in giro.. effettivamente.. non aveva tutti i torti. Sorrisi. Pur essendo dicembre, c’era un bellissimo sole che illuminava il nevischio caduto la notte prima. Che bello. Qualcuno bussò alla mia porta. Chiusi il quaderno ed andai ad aprire. La ragazza di fronte a me indossava una salopette azzurra, sopra una felpa grigia. “Ciao Rinoa..” Dissi. “Ciao Rinoa un corno!” Rinoa era fatta così. E’ un po’ troppo lunatica.. si arrabbia e si emoziona per nulla. “Muoviti! Sei proprio una scansafatiche! Gli altri sono già nel salone che lo stanno addobbando per la festa! E tu ci devi aiutare con le tartine!” Sbuffai “Uffa! Perché un SeeD di alto rango si deve abbassare a fare le tartine?” Rinoa fece una piccola risata, poi mi trascinò nel salone delle feste. Lì mi aspettavano gli altri, già intenti a preparare la festa. Feci finta di preparare le tartine per una mezzora, dopodiché sgusciai fuori per levarmi questo impiccio. Ma non mi ritrovai da sola. Avvolto nel suo solito giacchetto di pelle, anche se con addosso una tuta sportiva, c’era Squall, che stava tranquillamente fumandosi una sigaretta seduto sul davanzale. Mi guardò in faccia e mi sorrise. “Non dirmi che devo tornare dentro… perché di aiutare Rinoa ad attaccare i festoni proprio non ne ho voglia…” Io gli sorrisi a mia volta. “Non ti preoccupare.. sono fuggita anche io..” Gli dissi, mettendomi a sedere sul davanzale vicino a lui. Mi porse una sigaretta. Tra le labbra sentì il filtro leggermente umido, e il sapore del tabacco in gola, che mi pungeva leggermente il collo. Buttai fuori il fumo, che si condensò subito a causa dell’aria fredda e pungente. Squall continuava a guadare l’orizzonte bianco. “Non hai voglia di combattere?” Mi chiese. “E’ passato così tanto tempo da quel giorno….” Io sorrisi, un po’ malinconicamente. “Per me è come se fosse ieri. Vorrei tanto sapere come stanno ora Adam e Eve.” Lui scese dal davanzale, e, camminando calciando la neve arrivò fino alla porta del salone. “Tu come stai?” Mi chiese. “Very well.” Gli risposi, ridendo.

“Stanno bene anche loro, allora..” Mi disse. E’ sempre un po’ enigmatico. “Tu sei strano…” Lui si appoggiò al muro e mi sorrise. “Allora siamo in due..” Guardai sotto di me. Nel cortile alcuni ragazzini stavano facendo a palle di neve. “Ho sentito che stasera ci sarà anche tuo padre, alla festa. Non hai voglia di rivederlo?” Squall sorrise malinconico, alzando gli occhi al cielo. “Preferirei vedere mia madre.” Sapevo già, grazie ai racconti di Seifer, che la madre di Squall era morta nel darlo alla luce. “Mi piacerebbe vedere i genitori di Seifer..” Dissi, con un velo di imbarazzo. “Vuoi chiedere la mano del loro pargoletto?” Disse Squall scherzando “See.. stai attento, se Seifer ti sente prenderlo così in giro.. ti uccide! E poi non penso che sia possibile vedere i genitori di Seifer.. da quanto tempo sono morti?” Squall si abbrunì. “L’anno scorso, in un incidente stradale. “Cosa? Ma allora perché era in orfanotrofio da quando aveva due anni?” Squall girò lo sguardo, nel rispondermi “Seifer.. diciamo che i suoi erano troppo giovani per prendersene cura.. una gravidanza indesiderata.. l’hanno abbandonato.. un po’ come ha fatto mio padre con me, dopo tutto..” Mi portai una mano alla bocca. “Io.. non avrei mai immaginato che..” “L’unico ponte tra Seifer e i suoi è sempre stata Yuffie. Non sembra, ma lui le vuole molto bene. In realtà sono fratellastri, la madre si è risposata.” Squall mi appoggiò una mano sulla spalla. “Non penso che si senta solo, comunque. Lui…. Ha te, piccola.” Mi girai dalla sua parte, appoggiando la testa sopra la sua spalla. “Neppure tu ti senti solo, vero? Hai Rinoa…” Squall mi sorrise. “Ci capiamo benissimo noi due, vero?” Mi fece un occhiolino “Che ne dici di mollare Seifer e di metterti con me?” Scoppiammo a ridere. Rinoa irruppe sul terrazzo. “Ehhhh?! Non solo vuoi due scansafatiche battete la fiacca, ma addirittura vi trovo a fumare sul balcone! Ma bravi! Coraggio Squall, spegni quella sigaretta e vieni dentro, che ho bisogno di te! Seifer è un completo imbranato, e non mi mette bene i festoni! Vieni a dargli una mano!” Lei se lo portò via a braccetto. Mi rimisi a guardare la neve. Pensai a Trabia. E quindi a Leon. Vi era tornato subito dopo la battaglia. Forse non l’avrei più rivisto. In fondo gli avevo disubbidito. E poi era una divinità, non sarebbe rimasto sulla terra così a lungo. Ma prima di andarsene, in macchina, mi aveva sorriso. Il migliore dei saluti. In fondo era andato tutto bene. Sorrisi nuovamente. Buttai nella neve la sigaretta a metà, poi rientrai nel salone delle feste, dove Squall, Rinoa e Seifer, stavano litigando per un festone. Mi misi a ridere.

Che bella la vita, ora che un demone mi ha salvata. Il mio demone, Seifer. Non voglio ali d’angelo. Voglio vivere con un cattivo come lui. Perdendo la mia purezza. Ma in fondo mi piace così. Certe volte penso che la purezza sia la peggiore delle perversioni. Scossi la testa. Non dovevo dar troppa retta ai pensieri… Mi va bene così. Basta parole.

We no nedd to the End. The way is long and hard. But.. I am Strong. I am not angel.  

Maybe I am a Lion.

Oh no… Non poteva essere successo…. Urlai con tutta la mia forza.. “Rinoa! Scema hai versato la vernice sul mio vestito! Ti uccido!”

In fondo siamo tutti un po’ scemi, qui.. altrimenti non penso che saremmo ancora vivi ^.^

 

                                                 Free Talk:

Beh.. le note dell’autrice. Forse a molti non sarà piaciuto il finale, ma io non ho voluto dare chiarezza su dove siano Eve e Adam. Sono peccatori e potrebbero essere all’inferno. Ma sono uomini.. e alla fine la misericordia di chi decide è grande. Ma chi se ne importa. Tanto si sono amati per l’ultima volta, e loro sono contenti così, e io pure! O forse non ho più voglia di scrivere ^.^

Beh… sia che Eve a Adam siano all’inferno o in paradiso.. è ora di salutare ‘sti ragazzi, e di ringraziare.

Ringrazio Kaori Yuki, Msakatsu Katsura, Shikakuno e altri mangaka che mi hanno dato l’ispirazione.

Ringrazio mia cugina e Arianna, che mi hanno sostenuta e aiutata con i loro pareri durante la stesura.

Ringrazio la Square che mi ha permesso di giocare a Final Fantasy.

Ringrazio me stessa per aver creato tutto questo. Magari fa schifo, ma a me piace ^.^!

  
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