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Autore: sibley    18/07/2016    0 recensioni
Nel Continente Occidentale torna pressoché dal nulla Benjen Stark, carico di rimorsi e pronto a rivelare tutti i segreti a lui raccontati da Eddard Stark, il fratello deceduto sotto il dominio di Re Joffrey. Con un Tommen Baratheon che inizia a ripudiare sempre più la propria madre, per schierarsi con Margaery Tyrell - determinata a rimanere l'unica Regina nel regno - ed un Jaime Lannister lontano, per Cersei Lannister le cose si mettono sempre peggio, al punto da trovarsi costretta a serrarsi nei propri appartamenti laddove nessuno può entrare mentre invia ripetute missive al fratello, chiedendogli di tornare il prima possibile, a costo di ammettere il proprio errore nel mandarlo nelle Terre dei Fiumi.
Genere: Guerra, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benjen Stark, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Jon Snow, Robert Baratheon
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Jaime Lannister aveva appena riconsegnato Edmure Tully a suo zio Brynden, il cosiddetto Pesce Nero. Sperava di aver fatto la scelta più giusta, di non aver commesso una imperdonabile sciocchezza consegnando l'unico ostaggio utile che avevano al loro - attualmente - unico rivale. Si era detto molto stupito quando Cersei lo aveva mandato in quelle terre a riconquistare Delta delle Acque - o meglio, ad ufficializzare il loro dominio su quel territorio. I Frey non erano stati in grado di prendere con l'astuzia quei quattro soldati che c'erano a tenere le mura del Castello e Brynden Tully era attualmente l'unico che sembrava poter dare qualche problema ai Lannister per rendere effettiva la loro presenza in quel castello. Aveva disprezzato il loro timido tentativo di minacciare malamente il Pesce Nero di impiccare il nipote Edmure. Jaime immaginava che Brynden non si sarebbe mai lasciato intimidire da un ricatto così stupido perciò aveva giocato d'astuzia, facendo leva sulla stupidità e la codardia dell'erede di Delta delle Acque. Brynden gli ricordava molto Catelyn Stark: implacabile. Edmure Tully invece era simile a Lysa Arryn: codardo e pressoché inutile. 

Jaime rimase fermo ad osservare ciò che accadeva. Notò che sui bastioni Edmure stava discutendo animatamente con il Pesce Nero. Parlavano fitto fitto, allontanandosi dai soldati che rimanevano in attesa di ordini quasi quanto lo Sterminatore di Re attendeva una risposta dalla situazione. Brynden pareva piuttosto innervosito mentre Edmure aveva l'aria molto preoccupata. Jaime non riusciva a capire il piccolo e patetico Edmure. Lui non si sarebbe mai comportato in quella maniera così stupida e smidollata, lui avrebbe preso la prigionia con filosofia, come un modo per imparare ancora qualcosa e d'altronde avrebbe intuito da sè che chiunque l'avesse preso prigioniero non l'avrebbe mai e poi mai impiccato, soprattutto in una situazione del genere. Ma contava molto sulla stupidità atroce del rampollo Tully. Lo vide atteggiarsi a grand'uomo con le guardie e dar loro ordini. Le guardie sembrarono un po' spaesate. Brynden Tully - per contro - con un cenno sembrò annullare l'ordine del nipote. Le guardie rimasero immobili qualche istante, poi uno di essi - probabilmente il Capitano - indicò Edmure e fece cenno a tutti gli altri di seguire i suoi comandi. Pochi istanti dopo, il portone d'ingresso al Castello di Delta delle Acque veniva calato. Jaime con un cenno lasciò che le guardie Frey entrassero nelle mura del Castello e lui si allontanò.

Si rese conto che nessuno l'aveva seguito, nessuno aveva voluto prendersi la briga di andare a congratularsi con colui che era riuscito a dar loro il Castello che assediavano da mesi senza alcun risultato. "I soliti ingrati Frey" pensò tra sè mentre si dirigeva alla propria tenda. La prima cosa che catturò la sua attenzione fu una lettera bianca appoggiata su quella sorta di tavolo che aveva fatto inserire appositamente per scrivere lettere o per convocare i soldati più alti di rango tra le truppe dei Frey per decidere sul da farsi. Ricordò vivamente che non erano riusciti a raggiungere un accordo decente, perciò infine aveva congedato tutti malamente e si era limitato a fare ciò che preferiva. Prese la missiva, notando che era sicuramente stata portata lì poco prima. I segni delle zampette bagnate del corvo erano ancora ben visibili ed umide sulla carta. Staccò la ceralacca dalla carta, aprendo lentamente la lettera. Riconobbe immediatamente la scrittura.

 
Jaime, amore mio. 
Tommen è completamente impazzito. 
Mi ha confinata nei miei appartamenti e sono qui chiusa da giorni e giorni ormai. 
Non posso uscire, non posso ricevere troppe visite. 
Soltanto Margaery Tyrell viene a trovarmi, e lo fa soltanto per schernirmi.
Ti prego, amore mio.
Torna presto ad Approdo del Re.
Mi pento tanto di averti lasciato andare via...
Ti prego, torna presto.

Tua Cersei.


Jaime lesse e rilesse la lettera per vari minuti. Cersei l'aveva spedito lontano da Approdo del Re, perchè a suo dire era più sicuro andarsene di lì - dal momento che lui ovviamente era dalla parte di Cersei - e l'Alto Passero stava cercando di far finire nelle prigioni del Tempio buona parte dei compagni della Regina Reggente. L'unico che sembrava tranquillo era Mastro Qyburn, probabilmente perché aveva già molteplici modi per districarsi dal problema che si poteva porre. Jaime scosse la testa. Ora Cersei aveva bisogno di lui. Non bastava più Robert Strong? Non bastava più la Montagna resuscitata? No? Ora serviva proprio lui. E perché poi? Senza una mano non valeva granché come combattente. Manteneva il suo ruolo nella Guardia Reale solo ed esclusivamente perché dopotutto Tommen era suo figlio - sebbene Tommen non lo sapesse ancora - e di conseguenza il piccolino preferiva tenere lo zio accanto a sé. "Anche se" - rifletté Jaime - "questa richiesta di tornare suona strana. Cersei è stata chiusa nei suoi appartamenti da nostro figlio, il che significa che probabilmente anche Tommen si è lasciato traviare da quel dannato Septon. Se pensa che sua madre sia colpevole, di certo non penserà che io sia innocente." in breve, tornare era un rischio e non da poco.

Jaime uscì dalla tenda.

«Sellate il cavallo. Il mio compito è assolto, ho altre mansioni da svolgere!» gridò a chiunque volesse ascoltarlo.

Dopotutto, era sicuro che di lì a pochi minuti avrebbe avuto il proprio cavallo pronto a cavalcare per dovunque egli volesse. Rientrò nella tenda per gettare alcune cose di prima necessità nella sacca da viaggio. Avrebbe lasciato a Bronn il compito di riportare quelle poche cose che avrebbe lasciato oltre alla propria tenda. Non aveva portato niente di eccessivo, soltanto qualche vestito di ricambio e la propria arma. Fin da quando Cersei gli aveva assegnato quel compito, aveva saputo che non ci sarebbe voluto moltissimo per riuscire a concluderlo vittoriosamente. Si chiese se in fin dei conti Cersei non sapesse bene che presto le sarebbe servito il suo aiuto e proprio per quel motivo l'avesse incaricato di una missione così ridicolmente semplice. Si diede leggermente dello stupido. Se fosse tornato rapidamente ad Approdo del Re sarebbe sembrato un cane agli occhi di chiunque sapesse dei problemi di Cersei, ma allo stesso tempo sentiva un profondo amore per la sorella ed aveva il bisogno intrinseco di difenderla da tutto e tutti. La sua ambizione l'aveva portata ad avere grossi problemi alla fine, come Jaime stesso immaginava ormai da molto tempo. "Sì, è la decisione giusta." pensò ancora.

 
***

Cavalcava da solo ormai da qualche ora. Aveva chiesto a Bronn di rimanere all'accampamento per far in modo che nessuno osasse fare lo sciacallo tra i suoi averi - anche se sapeva benissimo che nessuno mai si sarebbe azzardato a fare una cosa simile - ma in realtà voleva semplicemente stare da solo. Voleva cavalcare in pace, senza scherni di alcun tipo - tipici di Bronn - voleva cavalcare senza occhiatacce cattive - tipiche di Brienne - o senza commenti ammirati di alcun tipo - tipici di Podrick Payne. Odiava gli scudieri ed i compagni di viaggio in generale. Chiacchieravano, lo osservavano, tentavano di imitare i suoi modi di fare od altrimenti rompevano le scatole in maniera inverosimile. Il problema era solamente uno nel cavalcare solitari: i pensieri andavano avanti disordinati ed era impossibile disciplinarli, era impossibile riuscire a fermare quel flusso di malinconia che lo coglieva troppo spesso. E appunto, non aveva nessuno che potesse interrompere quel grosso problema che si ritrovava.

Il più delle volte la sua malinconia verteva su suo fratello Tyrion. Aveva le sue fonti e sapeva che era arrivato a Meereen, al cospetto della Regina Daenerys, assieme a Varys. Non aveva alcunissima intenzione di denunciarlo a Cersei. Sapeva benissimo che Tyrion gli aveva detto quelle cose soltanto dettate dalla rabbia per quanto gli aveva appena rivelato su Tysha e soprattutto sapeva benissimo che non era stato di certo lui ad uccidere suo figlio Joffrey, così come non era sicuramente stata Sansa Stark. No, i colpevoli erano da cercare proprio tra le persone pù insospettabili, tra chi diceva sempre di sì a Cersei e poi tramava alle spalle. Ma anche lì sorgeva un grosso problema: c'era ben troppa gente che poteva desiderare la morte di Joffrey e che aveva sempre acconsentito ad ogni stramberia della sorella maggiore. L'unica cosa che dava la sicurezza a Jaime di essere nel giusto quando difendeva la propria gemella era quella cosa che aveva sentito dire così tanti anni prima e che aveva fatto sua in maniere improponibili. 

"Amore, amore... quali atti si compiono in tuo nome."

Sentì nella propria testa la voce profonda di Robert Baratheon ripetere quelle parole con quell'inflessione un po' rauca ed un po' rassegnata mentre parlava con suo padre Tywin Lannister e decise di fermarsi qualche istante, provando ad arginare quel fiume di ricordi che iniziava ad invadergli la testa e che non lo lasciava ragionare decentemente sul da farsi, sul percorso ancora da fare prima di arrivare ad Approdo del Re. Ma fu tutto inutile.

< Robert Baratheon stava seduto sullo scranno più grosso disponibile a Castel Granito. Jaime era lì grazie alle disposizioni date da Re Aegon che aveva spedito il proprio Primo Cavaliere ed un paio di membri della Guardia Reale nel territorio di Lannisport per trovare un bastardo generato qualche anno prima. Sebbene fosse strano spedire uomini così di rilievo a Castel Granito solo per quello, Jaime lo prese come un ottimo pretesto per tornare da Cersei mentre Tywin lo vide come l'occasione più perfetta per iniziare gli accordi con Robert Baratheon che stava per scatenare una grossa guerra contro i Targaryen. 

«Sono sicuro che quel maledetto di Rhaegar Targaryen la tiene nella Fortezza Rossa!» esplose quello che sarebbe diventato il Re di lì a poco.

«Ma perché tutto questo? Per una ragazza? Io non ne vedo la necessità...» tastò il terreno Tywin.

«LEI NON 
È UNA SEMPLICE RAGAZZA! LEI È LYANNA STARK, SORELLA DEL MIO MIGLIORE AMICO E MIA FUTURA SPOSA!»

«Non c'è la minima possibilità di evitare questa guerra?»
 chiese Jaime, azzardandosi a spiccicare parola.

Robert Baratheon si voltò verso di lui con aria di sufficienza. Era enorme - notò Jaime - era grande e grosso, con fasci di enormi muscoli ed un ventre piatto e perfetto che aveva l'aria di essere stato scolpito in numerose battaglie. I capelli corvini e gli occhi marroni gli donavano un'aria davvero regale, a dispetto di Re Aegon che sembrava più un paggetto piuttosto che un Re, con quella statura un po' incerta - che sembrava altissimo sul Trono e un nano quando era in piedi - e quei capelli color oro che avevano tutta l'aria di non aver mai visto un campo di battaglia. Jaime era certo che almeno inizialmente i Targaryen fossero dei veri e propri conquistatori, ma era altresì sicuro che non avrebbe visto tanto presto un altro Targaryen con la vera e propria stoffa del guerriero. 

«Ragazzo mio, tu sei ancora giovane, molto giovane. Quanti anni hai? Diciassette? Diciotto? Forse diciannove al massimo? Non hai ancora combattuto una guerra, vero? No. Niente di tutto questo. Non mi stupirei se la Cappa che porti sia solo un piccolo regalo di Aegon Targaryen al figlio prediletto del proprio Primo Cavaliere. Quando ti innamorerai, capirai tutto questo. Quando l'amore sarà l'unico motivo per cui ti alzi il mattino, solo per vedere il suo viso una volta in più.»

Jaime era rimasto zitto e si era chiesto se per Cersei avrebbe scatenato una guerra. La risposta gli arrivò immediatamente.

«Allora, Tywin... per i tuoi servigi, potrei aiutarti a trovare un marito a Cersei, la tua primogenita. Magari troverò il modo di convincere Jon Arryn a sposarla, così lui avrà l'erede che merita e Cersei avrà sicuramente un'esistenza agiata.»

Avrebbe ucciso Jon Arryn se si fosse soltanto azzardato a sfiorare la sua amata sorella con un dito. Una guerra non sarebbe stata nulla a confronto dell'inferno che avrebbe fatto scaturire se avesse sposato qualcuno che non fosse lui.

«Amore, amore... quali atti si compiono in tuo nome...» commentò Robert Baratheon infine.

Il futuro Re si alzò e strinse la mano di suo padre, prima di passare a stringere la mano di Jaime con fare fintamente comprensivo. Jaime avrebbe detestato Robert anche per questo, ma se ne sarebbe accorto solamente dopo parecchi anni. La sua priorità ora era rendersi conto di cosa sarebbe accaduto di lì a poco. La sua Cersei sarebbe stata data in sposa a qualcuno che non fosse stato lui e questo non poteva di sicuro permetterlo... >


Si riscosse dai suoi pensieri con un sussulto. Un rumore l'aveva fatto trasalire mentre era fermo da qualche istante sul cavallo a ripensare a quella scena di parecchi anni prima. Alla fine Cersei era stata data in sposa proprio a Robert Baratheon che l'aveva maltrattata così tanto e per così tanto tempo da far salire ancor di più la sua insofferenza verso quel grasso e grosso Re barbuto che aveva perso ogni tipo di aspetto bello e regale. Soltanto dopo anni ed anni aveva accumulato tutto ciò che Robert aveva fatto per farsi odiare e gli aveva presentato il conto quando al suo funerale gli aveva sputato addosso mentre riposava nel Tempio di Baelor. Il rumore che l'aveva distratto poco prima era stato ripetuto.

Jaime si raddrizzò meglio sulla sella del cavallo che ne stava approfittando per brucare un poco d'erba secca lì a terra. Il biondo Lannister si guardò attorno qualche istante, anche se sapeva benissimo che chiunque fosse - se avesse voluto tendergli un agguato - non si sarebbe fatto vedere e silenziosamente ringraziò le foglie secche che indicavano l'arrivo dell'autunno che l'avevano avvertito della presenza dell'estraneo. Ma voltandosi vide l'ultima persona che aveva immaginato di vedere.

«Brienne...»

«Jaime.»

«Non dovresti essere al Nord con Sansa Stark?»

«Sansa non vuole i miei servigi. L'ho portata al sicuro ed ora ho il compito di riportarti la tua spada.»


La Vergine di Tarth gli porse la spada, estraendola dalla grossa fondina che la conteneva. Jaime la osservò. Sapeva dell'abitudine di Brienne di rispettare sempre gli accordi presi, anche se non era riuscita a difendere due delle persone che aveva giurato di proteggere. Ma d'altronde, che colpa gliene si poteva fare? Un'ombra aveva ammazzato Renly Baratheon e nel momento in cui Catelyn Stark era stata uccisa lei non era nemmeno presente... in compenso sapeva che aveva trovato Arya Stark e che l'aveva lasciata andare via con un uomo, probabilmente il suo nuovo maestro d'armi e che aveva incontrato anche Sansa Stark e l'aveva lasciata alle cure di Jon Snow al Castello Nero. 

In parte Jaime era molto contento che Brienne stesse riuscendo negli obiettivi che si stava prefissando. Dopotutto sapeva benissimo che si era demoralizzata molto quando gli era stato ricordato da varie persone dei suoi due enormi fallimenti e sapere che stava compiendo le sue missioni con grande volontà e che le stava anche portando perfettamente a termine lo rendeva felice. Aveva imparato a vedere Brienne come una sorta di sorella, come qualcuno da apprezzare e stimare. Alcune volte si era chiesto se per caso si stesse invaghendo di lei, ma non aveva mai ricevuto una risposta concreta. D'altro canto però, sapeva che se stava correndo a salvare Cersei nonostante tutto, nonostante il dubbio che spesso si era impadronito di lui - che le parole di Tyrion in realtà fossero tutte vere - significava che non aveva perso un briciolo dell'amore che provava per la sorella maggiore.

«Che fai? Non la prendi?» chiese Brienne, stanca di aspettare con quella spada enorme in mano.

«Ah, già...»

Jaime tese la mano, afferrando la spada per l'elsa. 

«Grazie.»

«Non ringraziarmi. Questa spada è tua.»

«Non so se la voglio.»

«Non dire sciocchezze, Sterminatore di Re.»

«Non chiamarmi così.
» sibilò.

«Vergine di Tarth.» aggiunse tra lo scherzoso e l'irritato.

«Le nostre strade si dividono nuovamente, Jaime Lannister.»

«Dove andrai, Brienne di Tarth?»

«Verso Braavos. Alcune voci dicono che Arya Stark si trova laggiù, che ora vende pesce per i vicoli malfamati e si fa chiamare Cat.»

«Scelta del nome molto interessante.»


«Molto interessante, sì.»

«Allora arrivederci, Brienne di Tarth.»


Lei non rispose. Jaime scosse le redini del cavallo, dirigendolo nuovamente nella direzione che stava imboccando.

«Allora addio, Jaime Lannister.» sussurrò lei.

 
***

Nella Fortezza Rossa si era scatenata una caccia all'uomo incredibile dopo il ritrovamento del corpo di Olenna Tyrell, voce che era giunta anche a Sansa Stark e Jon Snow nelle segrete del castello. Sansa sapeva bene che la responsabile era nientemeno che Cersei, ma d'altronde lei e Jon erano anche pressoché gli unici a sapere che Cersei non rispettava il divieto impostole dal figlio e che se ne andava in giro indisturbata. Sansa non aveva ancora potuto parlare con Jon, poiché la guardia tendeva ancora a minacciarli pesantemente se un qualsivoglia tentativo di discutere della vicenda fosse stato intercettato.

Sansa trovava Olenna Tyrell una donna molto forte, che aveva effettivamente sopportato parecchio a causa dell'inettitudine del marito e del figlio - come non mancava mai di ricordare a chiunque gliene desse la possibilità - e l'idea che fosse morta la sconvolgeva. Si chiedeva se per caso non fosse nemmeno colpa di Cersei Lannister, perché si stupiva della possibilità che Olenna fosse stata gabbata dalla Regina Reggente. Peccava d'ingenuità Sansa, sebbene tutte le vicende che le erano successe negi ultimi tempi l'avevano comunque risvegliata molto dal classico incanto che vive ogni Lady da quando nasce a quando non incontra le prime difficoltà - ammesso che arrivi mai ad incontrarne - anche se in molte cose doveva ancora imparare e comprendere che sebbene le persone fossero crudeli e guerriere, avevano comunque la possibilità di essere anche astute e ingegnose quando l'occasione lo richiedeva.

In parte, Sansa era consapevole dell'idea che Cersei non era una sprovveduta e che se avesse voluto Olenna Tyrell morta, sarebbe accaduto senza troppi giri di parole. Quello che la stupiva era la semplicità con cui c'era riuscita. Meno di poche ore prima parlava con lei della possibilità di diventare Regina al fianco di Tommen e subito dopo si ritrovava con la nonna dell'attuale Regina moglie di Tommen morta stecchita - e da quanto ne sapeva, avvelenata - con quindi Margaery Tyrell totalmente sprovvista d'aiuto. Sansa sapeva anche del bisogno estremo che Margaery aveva della nonna, da sempre sua grande confidente, amica e sostenitrice. Adesso per la Regina sarebbe stato complicato far fronte a tutto quello che le stava succedendo, senza dubbio. A lei stava simpatica Margaery. Per certi versi, le aveva risparmiato una pessima vita al fianco di Joffrey Baratheon che era nientemeno che un infame di prima categoria, ma d'altro canto Sansa sapeva che l'aveva fatto anche per diventare Regina dei Sette Regni. Non c'era stata beneficienza da parte di Margaery, ma solamente un grosso tornaconto personale.

Tutti avevano un tornaconto, dopotutto, però. Sansa stessa se avesse accettato di diventare Regina dei Sette Regni, sarebbe stato solamente per il proprio tornaconto personale. Avrebbe liberato Jon dalla prigionia, sarebbe uscita lei stessa dalla prigione e avrebbe potuto fare qualcosa per quella povera Casata in decadimento che erano gli Stark. La Battaglia dei Bastardi era stato sì un buon inizio, qualcosa che fa brodo, ma niente di eclatante ancora. Molti erano convinti che senza l'aiuto dei Lord della Valle, gli Stark sarebbero finiti tutti sterminati in un sol colpo. Il brutto era che in parte Sansa pensava che era andata proprio così, ma c'era sempre il lato buono della cosa. Era riuscita ad essere diplomatica quanto sua madre ed era dunque riuscita ad ottenere un aiuto da parte di un'altra Casata, aveva stretto un'alleanza.

Sansa ricordava quando sua madre suggeriva a suo padre le parole giuste da scrivere nelle lettere che spediva personalmente ai Lord con cui intendeva stringere alleanze o comunque piccoli patti per non pestarsi i piedi a vicenda nelle guerre. Si ritrovò a pensare che sua madre Catelyn sarebbe stata anch'essa una grandissima Regina, sebbene il suo Regno non sarebbe di sicuro somigliato a quello della Regina Cersei. Sarebbe stato un regno molto più criteriato, molto più democratico e sicuramente meno sanguinoso. Catelyn avrebbe risolto con la Pace mentre Cersei risolveva con la Guerra. Catelyn avrebbe posto rimedio con la Vita mentre Cersei poneva rimedio con la Morte. Sansa rabbrividì domandandosi se per caso sarebbe lei stessa andata incontro alla morte se per caso avesse rifiutato l'offerta di Cersei Lannister. Anche se comunque, inconsciamente, sapeva che la proposta era ricca di vantaggi. Distrattamente comprese che Cersei doveva davvero essere alla frutta, senza sostenitori né amici, se davvero aveva bisogno della sua presenza a Corte come Regina. Immaginava che Cersei si aspettasse una stregua difesa da parte sua quando si sarebbe trovata in difficoltà e si sarebbe anche aspettata che Sansa facesse ragionare il piccolo Tommen. Sansa non aveva mai visto molto Tommen, non aveva la minima idea del suo carattere e non aveva nemmeno idea di come si potesse manipolare quel ragazzino. Si immaginò che Cersei avesse comunque sempre una piccola "assicurazione" nel caso Sansa non l'avesse aiutata a sbarazzarsi del piccolo problema chiamato "Tommen completamente plagiato da quel pazzo fanatico dell'Alto Passero".

Sansa udì la porta della sua cella aprirsi.

«Voglio una risposta.» sibilò Cersei senza lasciare nemmeno che la porta si richiudesse alle sue spalle.

«Io... io accetto.»

«Come immaginavo.»


Nella penombra, il bel viso di Cersei Lannister si curvò in un sorrisetto. Era quasi libera.
  
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