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Autore: Clockwise    18/07/2016    2 recensioni
Chiudono gli occhi, entrambi, uniti e lontani ad un tempo. Lo stesso sospiro – tornare a casa.
[...]
«Mi dispiace, John.»
Scosse la testa.
«Di esserti innamorato di me?»
Sherlock non rispose; lo fecero i suoi occhi, trasparenti come acqua.

Amanda ha diciannove anni quando va a Londra per la prima volta in cerca di suo padre, in cerca di risposte, costringendo John e Sherlock, ormai estranei, a fare i conti con loro stessi.
"Nostos": in greco, "viaggio di ritorno", "ritorno a casa".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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De profundis
 
Yet each man kills the thing he loves.
O. Wilde, The Ballad of Reading Gaol
 
 
«Sei sicuro che sia il posto giusto? Io non vedo nessuna chiesa…»
«Non potevo certo farci lasciare di fronte al portone, tu che dici? Dovrebbe essere laggiù, oltre quegli alber–»
La mano di John sulla sua bocca lo zittisce. Gli lancia un’occhiata inquisitoria, ma gli occhi dell’altro si guardano intorno spalancati e attenti.
«C’è qualcuno» sussurra, continuando a tenere la mano sulla bocca di Sherlock. Dal buio ovattato intorno a loro, emergono dei suoni: due serie di passi sull’erba, una decisa e affrettata, l’altra recalcitrante, discontinua. Mugugni lievi, gemiti. Un grido più acuto – voce di donna.
John non si controlla: scatta in avanti, in direzione della voce, mandando all’aria tutte le precauzioni. Sherlock trattiene un’imprecazione e lo segue.
Gli altri due, sorpresi, esitano per un istante, prima che l’uomo afferri l’altra per un braccio e la trascini via, costringendola a correre verso gli alberi. Sono distanti un centinaio di metri da loro, ma Sherlock può giurare che quelli siano i capelli biondi di Amanda, che schiaffeggiano l’aria mentre lei si gira, cercando di opporre resistenza e fare dietro-front verso John, che corre con quanto fiato ha in corpo, e Sherlock, qualche metro dietro.
«Ottima mossa, John, davvero geniale!» grida, affrettando il passo ed affiancandosi al medico. Lui si limita ad emettere un verso che ricorda da vicino un ringhio.
«È mia figlia, quella lì! Ma dubito tu sappia cosa vuol dire, tenere veramente a qualcuno!»
Amanda e l’uomo che la trascina via sono sempre più vicini ora, ma si addentrano fra gli alberi lontano dal vialetto pavimentato. L’uomo apparentemente conosce bene la strada, mentre Sherlock e John sono costretti a rallentare per evitare ostacoli.
«Oh, ti prego non venire a farmi la predica! Sai benissimo qual è stato il nostro problema!»
Sherlock spicca un salto per superare un tronco caduto, John lo scavalca.
«Te ne sei andato! Tu! Sei sparito di nuovo, per l'ennesima volta!»
«Era una soluzione temporanea! Litigavamo da mesi, John!»
«Non sto parlando dell'appartamento, per la miseria!»
Sherlock si ferma, costringendo l’altro a fare lo stesso – inutile inseguirli ancora, sa che li aspetteranno nella chiesa. John sembra intuire il suo ragionamento e non protesta, limitandosi a riprendere fiato con una mano sulla milza dolorante.
«Te ne sei andato molto prima. C'erano giorni in cui mi parlavi a malapena, sparivi senza dirmi nulla, ti chiudevi in te stesso e non c'era verso di tirarti fuori. Non riuscivo più a raggiungerti, Sherlock, eri troppo lontano e non mi volevi con te. E Trevor? È allora che ti ho perso – l'appartamento è stato solo l'inevitabile conseguenza.»
Sherlock deglutisce a vuoto.
«Non mi hai mai veramente avuto, John.»
Il medico spalanca gli occhi, con l’aria di chi ha appena ricevuto un pugno. Sherlock sente il sangue divenirgli fiele, ma ormai è tardi per rimangiarsi quello che ha detto.
«Non hai mai veramente lasciato andare Mary e Amanda.»
John scuote la testa e i suoi occhi sono insopportabili per Sherlock; si volta e continua a correre, l’altro lo segue poco dopo. I loro passi rimbombano nel sottobosco, ma degli altri due non c’è traccia.
«La chiesa! Di là.»
Gli alberi si diradano per lasciare spazio ad una piccola costruzione in marmo e mattoni. I due si arrestano davanti al portone, chiuso. Sherlock tenta di forzarlo mentre John prova con una porta più piccola sulla destra, che cede facilmente alla sua spinta.
«Sherlock!»
L’uomo intasca i suoi grimaldelli e lo segue all’interno. Con un fruscio di metallo contro stoffa, estrae una pistola dalla giacca e la posa contro il pugno chiuso di John, che istintivamente si apre e si richiude contro l’arma. Si scambiano una breve occhiata e un cenno d’assenso, avanzando in un buio anticamera. C’è un portone che presumibilmente conduce all’interno della chiesa, e una porta più piccola sulla sinistra; John si accosta al portone mentre Sherlock spalanca l’altra, che si rivela un ripostiglio. Silenzioso, si avvicina a John. Insieme, aprono i battenti ed avanzano lungo la navata.
 
Amanda è ridotta ad un fagotto gettato ai piedi dell’altare; accanto a lei, un uomo incappucciato in una lunga tonaca nera sgrana un rosario. Non dà segno di essersi accorto di John e Sherlock, mentre i due si avvicinano, i loro passi echeggianti sul marmo colorato.
Sherlock percepisce John farsi sempre più preoccupato e nervoso al suo fianco, teso come la corda di un arco pronto a colpire. La sua mente, nel frattempo, corre fra i suoi fascicoli di quel vecchio caso, la storia di questa parrocchia, i messaggi ricevuti, quel poco che ricorda del catechismo – eppure in un angolo c’è lo spazio per ricordare John che attraversava una simile navata, il suo sorriso e il suo passo sicuro, il suo nervosismo del tutto naturale, il suo viso radioso mentre la sposa incedeva verso di lui, i suoi occhi burrascosi mentre guardava verso di lui un’ultima volta, lui che resisteva stoico mentre perdeva tutto quanto. Sbatte le palpebre ed allontana quelle immagini, costringendosi a tornare al presente.
«Ben arrivati. Io sono padre Jefferson. È pronto alla sua confessione, Mr Holmes?»
La voce dell’uomo è morbida e melodiosa, ma viscida come le spire di una serpe. John non riesce a staccare gli occhi da Amanda, che non si muove. La sua voce suona come un ringhio.
«Cosa le hai fatto?»
L’uomo piega il capo di lato, guardando John con un sorriso mieloso.
«Che modi, Dottor Watson! Non le hanno insegnato a portare rispetto ad un padre?»
Gli occhi di John sono neri, la mascella serrata, le nocche bianche sui pugni stretti, ondate di rabbia sgorgano da tutto il suo corpo.    
«Forse non ti prenderò a pugni quando sarò certo che non hai fatto del male a mia figlia. È tutto il rispetto a cui puoi ambire, per ora.»
Il prete scuote il capo, indietreggiando fino all’altare. Vi è posato sopra un candelabro acceso; ne estrae una candela e torna ad avvicinarsi ad Amanda.
«Sa, Mr Holmes, le sue azioni verso dei poveri uomini di chiesa, qualche mese fa, non sono state affatto gentili. Minacce, ricatti, quei disgustosi poliziotti nelle nostre sacre dimore…»
Schiocca più volte la lingua contro i denti in segno di disapprovazione.
«Ma sa qual è il peggio? Il fatto che provenissero da un uomo come lei… un deviato
I suoi occhi scivolano significativamente su John.
«E dire che lei sembrava una persona dabbene… E ha generato una creatura così graziosa, che peccato…»
John solleva il braccio sinistro, impugnando l’arma. Il prete spalanca gli occhi per la sorpresa, Sherlock gli posa una mano sulla spalla.
«Dammi un solo buon motivo per cui io non debba farti del male, adesso.»
«Non è decisamente il luogo più appropriato, non credi?» La sua voce rimane amabile e zuccherosa. «E poi, io volevo soltanto parlare con il signor Holmes. Ascoltare la sua confessione, aiutarlo a ripulirsi dai suoi peccati.»
«Dovrei chiedere perdono per aver amato?»
I passi di Sherlock riecheggiano cupi. Amanda sta riprendendo i sensi, ma nessuno degli altri due se n’è ancora accorto. Deve prendere tempo.
«Per anni, mi sono illuso di non esserne capace. Altre volte, ho rimpianto di non potermi più mascherare dietro quella finta sicurezza. Sarebbe stato tutto così semplice e indolore. Avrei risparmiato molta sofferenza, a me e a chi amavo. Ma sa una cosa, padre?»
John, dietro di lui, trattiene il respiro.
«È il prezzo da pagare per vivere veramente: i mondi debbono penare perché possa sbocciare un fiore. Lo ha detto Oscar Wilde, possiamo fidarci.»
Volta appena il capo; John vede il suo profilo, ma non incontra i suoi occhi.
«Non ho ancora smesso di amare.»
L’aria torna a riempirgli i polmoni, che bruciano. Sente la gola stringersi e seccarsi.
«E non chiederò perdono per questo. Né tantomeno perché l’oggetto del mio amore è un altro uomo.»
Sa che Sherlock sta solo cercando di prendere tempo, in attesa che arrivi la polizia che ha avvertito mentre erano in taxi, ma non può illudersi che stia mentendo. Sherlock è un ottimo attore, ma non davanti a John – non più.
Jefferson scuote il capo, indossando un’aria contrita. Si inginocchia accanto ad Amanda e inclina appena la candela ancora accesa che tiene in mano.
«Un vero peccato, signor Holmes, davvero un peccato che lei sia così testardo, così ostinato… Eppure qualcuno deve pagare. Espiazione, ne ha mai sentito parlare? Un sacrificio. E quale agnello migliore…»
John osserva come al rallentatore una goccia di cera bollente staccarsi dalla fiamma e planare lentamente verso la guancia pallida della ragazza, gli sembra quasi di poter sentire sulla sua pelle il dolore lancinante, ma al contempo è paralizzato dall’orrore, quasi si trovasse in un incubo. Quando decide di agire è ormai troppo tardi.
Il volto del prete si trasforma prima in una maschera di assoluta sorpresa, quindi di dolore, mentre il calcio di Amanda lo raggiunge sul costato. La candela rotola a terra, spegnendosi, mentre la ragazza fa leva sulle mani e si rimette in piedi, sfregandosi la guancia.
«Amanda!»
Il calcio di Jefferson la colpisce sugli stinchi, facendole perdere l’equilibrio e rovinare in avanti. Sherlock è rapido ad afferrarla, mentre John si avventa sull’uomo, colpendolo sul viso con il calcio della pistola. Inavvertitamente, scivola sulla candela rotolata fin lì e l’altro non perde tempo a spingerlo a terra e disarmarlo. Solo allora John si accorge del suo considerevole peso e della massa muscolare inusuale. Fa leva con le ginocchia per toglierselo di dosso, e Sherlock lo aiuta da dietro, prendendolo per il colletto della veste. Lo tira in piedi e lo blocca contrò di sé con un braccio sulla sua gola, mentre Amanda si china a raccogliere la pistola e gliela punta contro con mani tremanti. Tende una mano verso John, che però la ignora e si rialza in piedi da solo, per poi prenderle l’arma ed avvicinarsi agli altri due.
«Ora direi che è un buon momento per iniziare a dire le tue preghiere.»
Non c’è celia nel suo tono, solo la collera cieca di una fiera a cui abbiano sottratto i cuccioli e devastato la tana. 
«John
«John, ti prego.»
Lentamente, la sua mano smette di tremare e i suoi occhi tornano a schiarirsi, mentre le voci accorate di Sherlock e Amanda lo tirano a riva dall’abisso d’ira in cui era sprofondato.
«Ha amato anche lui, John.»
Alza gli occhi su Sherlock con l’aria di chi ha davvero poca voglia di stare a sentire storie. Amanda si avvicina, esitante, e gli posa una mano sul braccio – il bacio di una farfalla. Sherlock stringe la presa sul collo dell’uomo ma continua, imperterrito.
«Ha amato una donna, a lungo e profondamente. Si era già promesso alla chiesa però, sbaglio?»
L’uomo annuisce come può, ansante, rinunciando a divincolarsi.
«Sarebbe stato disposto a rinunciare ai suoi voti, per lei, tuttavia, non è così? Peccato che lei non lo avesse aspettato e si fosse rifatta una vita. Si è sposata. Non lo ha mai perdonato per non averla scelta, e lui si è roso nel dubbio e nella vergogna per tutta la vita, non ha mai smesso di amarla. Ha tentato in tutti i modi di espiare il suo peccato: guardalo, John, ha fatto il cammino di Santiago e quello di Lourdes, porta dei bracciali in ricordo, dorme su un pagliericcio e spegne tutte le candele con le dita, ogni sera, anzi, spesso si ustiona da solo, guarda le sue mani e il suo viso, si fustiga con dei rami secchi, ne vedo i segni qui sotto il colletto, e una volta l’ha fatto addirittura con una frusta, ma le ferite erano troppo gravi per poterlo ripetere e sperare che nessuno se ne accorgesse, vedo le cicatrici. Quest’uomo, John, è sull’orlo della pazzia. E mi assomiglia più di quanto mi faccia piacere ammettere.»
Il suo volto si contrae in una smorfia amara, sembra quasi vicino alla nausea.
«Anch’io, padre, ho scelto una scienza superiore davanti all’amore di un uomo. Un amore così forte e impetuoso che minacciava di distruggere tutto quello che avevo sempre conosciuto, tutto quello che ero. Ma l’aveva già fatto, e non aveva più senso opporvisi – me ne sono accorto troppo tardi. Così mi sono rifugiato nella mia scienza, ma ormai ero perduto – lei mi capisce, vero, padre? Forse, non ero pronto per quel tipo di amore.»
Gli occhi di Sherlock sono indescrivibili – stelle implodono e stelle nascono, la loro luce ed energia filtra prepotente attraverso le cortine iridescenti, viene inghiottita dalle pupille senza fondo. Il suo intero viso riflette quella contraddizione: luce pura si libra dalla sua pelle eburnea e viene catturata dai ricci scuri, dalle ombre sotto gli occhi e gli zigomi, dalla linea tremante delle labbra morbide.
Per un istante, John considera la situazione come se la vedesse dall’esterno. Ci sono lui e Sherlock in una chiesa, più sua figlia e un prete. In un universo parallelo, quel prete potrebbe essere lì per unire le loro mani, Amanda per fare da testimone silenziosa e sorridente, e lanciare chicchi di riso. Potrebbe esserci anche Mary, con lei – perché no? – può quasi vederle, in piedi l’una di fianco all’altra, vestite di fiori, belle come mattine di primavera. Ci sarebbe Mycroft, col suo fido ombrello e una rosa appuntata all’occhiello. E la signora Hudson, che darebbe loro la sua benedizione con due baci tremolanti. Greg e Molly, e Harry e Clara, e Mike, e perfino Sally Donovan e Anderson, solo per vedere lo sguardo di orrore sul viso di Sherlock…
Sherlock. John scuote la testa, aggrappandosi al suo viso per tornare alla realtà.
Forse non è ancora troppo tardi.
Amanda, silenziosa come una brezza, gli prende la mano non armata fra le sue, finché John non smette di tremare. Prende un grande respiro e la sua mano torna ferma.
«Non è tormentando Sherlock Holmes che si libererà dai suoi peccati, padre.»
L’uomo solleva il mento, parlando a scatti, il viso paonazzo.
«Il mondo… va liberato… dagli impuri… e i peccatori…»
John scuote il capo, abbassando l’arma. Le sirene della polizia si fanno largo oltre le vetrate.
«Perché non ci insegna come essere uomini migliori, piuttosto? Non dovrebbe essere questa la sua missione?»
Jefferson chiude gli occhi, accasciandosi contro Sherlock, che allenta impercettibilmente la presa. Il portone viene spalancato senza tante cerimonie e la navata invasa da agenti e ordini gridati e paramedici.
Un sospiro rinfranca all’unisono Sherlock, John e Amanda, mentre dei poliziotti portano via il prete. John e Amanda, le mani ancora intrecciate, si lasciano andare ad un abbraccio. La ragazza trema come un pulcino bagnato e John fa del suo meglio per rassicurarla, carezzandole i capelli scompigliati, stringendola forte a sé – come il padre di cui lei ha bisogno.
Quando si allontanano, Amanda sorride appena, sollevata, salvo poi spalancare gli occhi, preoccupata. John si volta in direzione del suo sguardo: pochi passi dietro di loro, nel punto in cui l’avevano lasciato, Sherlock piange.
Più che un vero e proprio pianto, è un grido muto, soffocato, che si riversa dalle sue palpebre serrate e lo scuote tutto in un unico tremito. John esita ad avvicinarsi: sa che ha bisogno di stare da solo, c’è già abbastanza chiasso nella sua mente – o nel suo cuore.
Ma quando Sherlock si accascia su sé stesso, premendo forte i palmi sugli occhi, come se gli avessero improvvisamente sfilato la spina dorsale, John manda all’aria tutti i suoi ragionamenti e gli si accosta in due passi, sorreggendolo e proteggendolo in un abbraccio lieve, non invadente – l’ombra ai rami di un salice. Ancora non si incastrano perfettamente, però.



 






Grazie a chi legge/segue/recensisce, come sempre :)
A presto!
-Clock
  
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