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Autore: Rumyantsev    19/07/2016    1 recensioni
He Tian che con uno ci prova e con l'altro ci riesce. Ma, suo malgrado, manca totalmente di sensibilità.
[He Tian/QuelloRosso] [He Tian/Jian Yi onesided]
[Parecchia stupidità]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: He Tian, Jian Yi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanto perché si sappia, non ho preso sul serio né i personaggi né la ship (He Tian/Rosso), perché volevo fare una cosetta leggera e, conoscendomi, sarebbe invece uscito un polpettone angst e badwrog che avremmo apprezzato giusto io e Jack lo Squartatore. Tutta la storia è piena zeppa di scemenze ed è più o meno così che la volevo (circa, quasi). Segnalatemi, per favore, tutte le castronerie grammaticali/sintattiche/logiche che trovate perché sono un genio e pubblico ad orari assurdi in cui non connetto più niente, figuriamoci correggere le cose! 
 



Di come He Tian si rese conto di non conoscere il nome del rosso,
 e non riuscì comunque a venirne a capo.
 
«Giusto perché tu lo sappia, mi stai cominciando a mettere ansia», si pronunciò He Tian, davanti all’ormai fin troppo usuale spettacolo di Jian Yi intento a scrutare con occhi ardenti quella povera ragazzina che era stata innamorata di Zhan Zheng Xi, con l’aria di uno che stia progettando minuziosamente un omicidio cruentissimo. Riusciva quasi a vedere i pezzi di carne di quel corpicino volare da tutte le parti dietro alle sue pupille. E, siccome nella sua mente non proprio sanissima il desiderio di fare male a qualcuno era circa equivalente al desiderio di farselo e basta, avrebbe potuto facilmente definire Jian Yi un maniaco sessuale, al momento peggiore di lui. La qual cosa, se ci si rifletteva un po’ su, era sicuramente inquietante.
Jian Yi continuò a tramare non troppo in segreto, ma non prima di aver borbottato: «Ma guarda quant’è carina quella racchia», affermazione che He Tian non si sforzò di commentare per fargli sapere quanto fosse contraddittoria, tanto non è che lo stesse ascoltando.
Un tempo sarebbe rimasto molto scontento di sapere che Jian Yi non gli prestava attenzione, e non perché come al solito era troppo impegnato a tentare di strappare una qualche reazione vagamente omosessuale a quel palo di Zhan Zheng Xi, ma perché distratto dalla gonnella di quella tale Cui Cai, o Xue Yan, o come cazzo si chiamava. Ora era anche lui tutto preso da un altro pensiero: il pranzo che lo attendeva a casa. No, non si riferiva a quello che avrebbe trovato in pentola, ma al cuoco. Era in realtà parecchio scocciato di essere dovuto restare oltre l’orario scolastico per pulire, anziché fare la strada assieme a quell’altro fino al suo appartamento. Non aveva neanche lontanamente pensato di pulire, ovviamente, e sarebbe sgattaiolato via dall’edificio immediatamente se solo il professore di educazione fisica non l’avesse beccato in prossimità del cancello e minacciato una sospensione se non fosse andato a svolgere il compito che gli era stato assegnato. Era tornato in classe e aveva guardato, stando comodamente seduto, gli altri ragazzi che si davano da fare per finire in fretta. Finché non era arrivato un certo orario che aveva ritenuto accettabile per andare via facendo finta di aver fatto qualcosa, ed era sceso all’ingresso, dove aveva visto Jian Yi uccidere con gli occhi la sua neo eletta – da He Tian - fidanzata. Dopo quel breve scambio di battute, lo sorpassò, fece pochi passi prima di trovarsi la strada sbarrata da nientemeno che Zhan Zheng Xi, scopa e paletta alla mano, spuntato all’improvviso da dietro un angolo.
Gli fece una battuta orrenda sullo scopare che comprendeva Jian Yi e il pavimento, ricevendo un elegantissimo dito medio per risposta, e un’espressione impassibile. Ecco perché Zhan Zheng Xi non gli piaceva proprio per niente: era noioso. Scoparselo sarebbe stato circa come infilarlo in un pezzo di ghiaccio, o di pietra, e non riusciva proprio a capire che attrattiva avesse per Jian Yi. Peraltro, aveva anche delle sopracciglia molto brutte. Se al suo posto ci fosse stato il suo ragazzo rosso, probabilmente, dopo un’uscita del genere avrebbero dovuto spegnerlo con l’estintore. Come quella volta che gli era arrivato dietro di soppiatto, mentre sciacquava un bicchiere, e gli aveva soffiato nell’orecchio. Il suo cuore aveva battuto così forte e con un ritmo così frenetico che He Tian poteva giurare di averlo proprio sentito con le sue orecchie, e il bicchiere gli era volato via dalle mani infrangendosi contro il muro, la stanza si era riempita di tanti di quegli improperi coloriti da far rabbrividire il demonio. E, chiaramente, quando si era voltato per fronteggiarlo, ogni centimetro di pelle scoperto era bordò. He Tian non era uno che rideva a crepapelle, anche perché non sapeva farlo, al massimo ghignava malignamente, ma quella volta era stato a tanto così dal rotolarsi per terra con le lacrime agli occhi. E c’erano stati una serie di altri episodi minori, tutti intenzionalmente provocati da He Tian dopo che aveva scoperto la tendenza che quel tipo aveva ad accendersi per un niente. Aveva notato che, sfiorandolo anche innocentemente in parti innocue del corpo, lo faceva arrossire e sussultare come se gli avesse stretto l’amichetto nel palmo della mano, e una battuta a doppio senso, anche la più vaga, lo lasciava profondamente sconvolto come se fosse stato una monachella di clausura. Era quindi chiaro, per He Tian, che quello desiderasse ardentemente di essere preso da lui, possibilmente nella maniera più rude e violenta possibile. Aveva dovuto più volte lottare contro l’impulso di infilargli la lingua in bocca e un’altra cosa da un’altra parte, solo perché si divertiva davvero troppo a giocare col cibo prima di divorarlo. C’era anche da dire che, se avesse realmente provato a fargli qualcosa, il rosso era così pudico da rispondere in maniera negativa e anche violenta. Non che sarebbe stato un problema per He Tian costringerlo con la forza a stare col culo all’aria sulla prima superficie piana disponibile, ma preferiva stressarlo finché non fosse stato lui stesso a strusciarsi contro il suo corpo e chiederglielo. Poi probabilmente sarebbe finito costretto a terra dalla forza di He Tian comunque, ma almeno non avrebbe fatto finta di non volerlo. Non poteva fare per sempre il prezioso.
He Tian aveva capito da tempo che il rapporto del ragazzo cinese medio con l’omosessualità non era proprio dei migliori – bastava fermarsi a guardare un secondo quel frustrato di Zhan Zheng Xi per capire -, lui stesso aveva impiegato un po’ di tempo a riconoscere di essere irrimediabilmente frocio. Non che gli facessero orrore le donne, anzi!, aveva più che volentieri fantasticato sul toccare le tette a certe sue compagne, o alle ragazze che vedeva in TV, e qualche volta era capitato qualche sogno bagnato con protagoniste femminili, però, in generale, se pensava a delle mani nelle sue mutande, avrebbe preferito fossero di un uomo. Ma per lui era stato più facile accettarlo che per gli altri: niente avrebbe potuto scalfire la sua inimitabile perfezione, che bisogno c’era di crucciarsi per quel motivo? Il rosso aveva solo bisogno del suo tempo. Il rosso era uno di quelli che avevano… ma perché continuava a chiamarlo “rosso”? Si sforzò di ricordare un momento, in quel mese che si conoscevano, in cui non si era riferito a lui chiamandolo in quel modo, o “quell’altro”, “il tizio”, “l’idiota” e affini. No, non gli veniva proprio in mente. Anche quando doveva chiamarlo ad alta voce, il suo nome era o un “tu” perentorio, o uno “ehi” minaccioso oppure un più sbrigativo e brusco “oh”. Possibile che in tutto quel tempo non gli avesse detto il suo nome? Probabilmente l’aveva detto in uno di quei momenti in cui He Tian non lo stava ascoltando, cioè circa sempre quando erano assieme, o, ancora più probabilmente, He Tian l’aveva dimenticato. Non aveva mai avuto una gran memoria con i nomi, o con qualsiasi cosa riguardasse le altre persone che non lo interessavano, e il rosso aveva cominciato a interessarlo giusto quando Jian Yi aveva deciso d’ingaggiarci una rissa. Ma comunque, il problema era che ora non poteva certo continuare a chiamare l’uomo che si sarebbe scopato “rosso” per sempre. Non era gravissimo, per lui, ma alla lunga avrebbe potuto generare fraintendimenti.
In quel momento Zhan Zheng Xi, rimasto fermo davanti a lui tutto il tempo con la solita faccia di uno che ne ha le palle piene, in attesa che He Tian lo lasciasse passare, si schiarì rumorosamente la voce e mosse, spazientito, quelle due code di scoiattolo che aveva al posto delle sopracciglia.
He Tian, ancora sovrappensiero, gli chiese, prima ancora di pensare di farlo: «Ti ricordi per caso come si chiama quello rosso?».
Le code di scoiattolo si unirono in una unica.
«Che rosso?», domandò.
«Quello che ti ha lapidato quando stavi eroicamente battendoti per l’onore della tua amata», approfittò dell’occasione per prenderlo in giro, un passatempo cui mai avrebbe avuto cuore di rinunciare.
Zhan Zheng Xi, al solito, ignorò totalmente la provocazione. «Non ho mai saputo il suo nome», rispose, e, «Non sta sempre a casa tua o qualcosa del genere, scusa?», aggiunse. Come se il fatto di averlo in casa a ricoprire, fondamentalmente, il ruolo di cameriera dovesse per forza implicare il sapere suo nome. Tzè, ma in che mondo viveva Zhan Zheng Xi?
He Tian scrollò le spalle, a intendere che non aveva importanza, e si scostò per lasciarlo rientrare nell’edificio. Ci pensò su qualche secondo: forse Jian Yi ricordava il suo nome. Era stato perché quei due dovevano darsele che l’aveva notato, d’altronde.
Jian Yi aveva momentaneamente desistito dal progettare omicidi in maniera ridicolmente manifesta, e stava ora evidentemente considerando l’idea di darsi alla progettazione di matrimoni. Precisamente del suo matrimonio, con Zhan Zheng Xi che saliva le scale, ignaro. He Tian lasciò qualche secondo alla sua immaginazione per galoppare a briglia sciolta, prima che l’immagine degenerasse in una proiezione mentale di Zhan Zheng Xi con un bianchissimo abito a sirena, cosa che, sapeva, l’avrebbe stomacato per tutti gli anni a venire.
«Se lo guardi con tanta intensità c’è il rischio che inciampi e si spezzi la schiena», che non sarebbe uno sviluppo poi tanto negativo, è così rigido che fa quasi impressione concluse nella sua mente. Jian Yi sussultò e si voltò verso di lui, con un’espressione infinitamente colpevole e adorabile… dannazione a lui, perché gli doveva creare così tanti problemi?! Non poteva nascere brutto come tutti gli altri?! Tutti tranne He Tian medesimo, ovviamente. E il rosso. Anche il rosso era carino quando era tutto rosso.
«Sei ancora qui!», sbottò, sinceramente sorpreso e, soprattutto, isterico.
He Tian gli rivolse il migliore dei suoi sorrisi affascinanti- generalmente percepiti come disturbanti dal resto del mondo – e si avvicinò fino a vedere ogni sfumatura di colore nei suoi occhi, mossa che provocò, al solito, il brusco ritrarsi di Jian Yi. Era un ragazzo timido.
«Non montarti la testa, voglio solo chiederti una cosa», altro inquietante sorriso.
Jian Yi fece una faccia e un movimento con le spalle che in apparenza volevano dire “allora muoviti e vattene” ma He Tian sapeva - sempre per quella questione che era un ragazzo timido - che si trattava in realtà di un modo per dissimulare la bruciante delusione d’aver scoperto di non essere la sua priorità. O comunque una cosa del genere, ne era sicuro.
«Quel ragazzo dai capelli rossi, sai come si chiama?».
«Come si chiama?», rispose Jian Yi, piuttosto confuso. Per qualche motivo, quella risposta fece venire a He Tian voglia di mordergli le guancie. Era davvero troppo bello.
«Esatto. Lo sai?».
Ci pensò su qualche secondo, poi scosse la testa in un cenno di diniego. «Perché lo vuoi sapere?». Era una domanda stupida, di quelle che se gliel’avesse rivolta chiunque altro non avrebbe risposto o l’avrebbe liquidato con un’uscita sarcastica e irritante, ma era di Jian Yi che si trattava. Recuperò quei centimetri di spazio che l’altro aveva frapposto tra loro poco prima di modo che ci fosse meno di un respiro tra la sua guancia e quella di Jian Yi.
«Ho sentito che alle ragazze piace essere chiamate per nome, così», sussurrò, poi appoggiò la bocca al suo orecchio e disse: «Jian Yi», il tono ancora più basso, quasi un gemito che gli s’infranse, caldo, contro la pelle facendolo manifestamente rabbrividire. Si sarebbe concesso di leccargli il lobo, ma prima che potesse muoversi e farlo Jian Yi era già saltato via e stava un metro più in là rispetto a prima, con le braccia tese come a difendersi.
«E poi sono io quello che mette ansia!», sbottò, facendo sorridere genuinamente He Tian perché, ehi!, ma allora prima lo stava ascoltando!
Decise che aveva giocato abbastanza con lui, per quel giorno, e, dopo averlo opportunamente salutato con un brusco movimento del capo, si diresse nuovamente verso casa. Il rosso doveva sentirsi trascurato…
Possedeva una copia delle chiavi del suo appartamento per una questione logistica: He Tian voleva, rincasando, trovare il letto rifatto, la casa pulita e il piatto già in tavola, quindi il rosso doveva avviarsi appena terminate le lezioni a prescindere da cosa il suo padrone decideva di fare. Gliel’aveva consegnata senza alcuna remora: entrambi erano consci delle conseguenze oltremodo spiacevoli che si sarebbero abbattute sul rosso nel caso in cui avesse preso iniziative non autorizzate da He Tian che coinvolgessero le sue cose e i suoi spazi. E il rosso, c’era da dire, aveva un istinto di conservazione parecchio sviluppato. Almeno, la maggior parte delle volte.
Avrebbe dovuto chiedergli il nome, sarebbe stata la prima cosa che gli avrebbe chiesto, si era ripromesso, perché aveva l’impressione che procrastinando sarebbe stato distratto dall’ultima trovata del rosso per fingere di ribellarsi – gli piaceva molto dare l’impressione di non essere completamente assoggettato a He Tian, aveva notato. Avrebbe dovuto, sicuramente, e l’avrebbe anche fatto se solo il rosso non avesse deciso di donargli una visione ben più fuorviante di una semplice protesta masticata tra i denti, debole come la sua volontà.
Davanti alla porta c’era un cumulo di vestiti: la divisa scolastica e la giacca del rosso, evidentemente bagnati fradici, accanto a scarpe e calzini, invece asciutti, però giustamente restare nudo ma con scarpe e calzini era da deficienti. E He Tian si chiese perché tutta quell’acqua quando fuori non pioveva da tre giorni. Poi un’altra consapevolezza schiacciante gli seccò la gola.
Lasciò cadere la cartella e si diresse in cucina.
Il rosso era davanti ai fornelli – esattamente dove He Tian l’avrebbe voluto, in condizioni normali – e, sentendolo entrare, si voltò a guardarlo, proponendogli una panoramica frontale del suo corpo meramente coperto da un paio di boxer. Pelle scoperta, tanta… Il suo pensiero volò a tutti le immagini relative al bondage che aveva trovato su internet, col risultato di trasformare la propria gola in un deserto peggio di prima.
«Oh He Tian, scusa ma un gruppo di bambini per strada-», prima ancora che potesse finire la frase, He Tian colmò a grandi passi la distanza tra di loro.
«Tu stai decisamente cercando di essere fottuto», e, mentre il rosso lanciava una serie di esclamazioni volte a giustificarsi prima e allontanarlo poi, aveva già una mano sulla sua natica e l’altra sulla nuca, a spingerlo contro di sé.
Due ore dopo il rosso giaceva, oramai privo di boxer, sul letto accanto a lui, altrettanto privo d’indumenti, impossibilitato a sdraiarsi sulla schiena – o sedersi, o camminare – per minimo una settimana. E sembrava arrabbiato e rassegnato assieme, mentre cercava di guardare ovunque non ci fosse He Tian, o il suo corpo avrebbe assunto lo stesso colore della sua chioma e sarebbe stato impossibilitato anche a parlare se non squittendo.
Tenendo la sigaretta tra pollice e indice, He Tian ricordò d’aver progettato di chiedergli qualcosa, prima che accadesse quello.
«Senti», richiamò la sua attenzione, «Com’è che ti chiamavi?».
E ancora oggi non riesce a capire il perché dello sguardo ferito e disgustato che l’altro gli rivolse prima di andare via, zoppicando, senza neanche riprendersi le mutande.
 
   
 
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