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Autore: Melitot Proud Eye    22/04/2009    1 recensioni
Lei sorrise. E rimase a osservare la scena finché il piccolo, esausto, non si fu addormentato.
Raccolta di flashfics incentrate sulla vita familiare degli Himura e dei loro amici.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Nota: un po' di Kenshin e Sano, con Kenji nel mix :-) se non si era capito dalla oneshot precedente, adoro il modo in cui Watsuki ha ritratto la loro amicizia. Spero di averla resa in modo plausibile.

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Un mattino in un quartiere popolare di Tokyo



Da quando Sanosuke era tornato lui e Kenshin parlavano molto, scherzavano molto, discutevano molto. Insomma, stavano parecchio assieme.
Kaoru era contenta che il marito avesse ritrovato il migliore amico, ma a tutto c'era un limite...
Uscì dalla palestra con una bokken in mano e la mosca al naso.
«Allora, voi due» minacciò, agitando l'attrezzo. «Io sto cercando di far lezione: mi spiegate come faccio se i vostri discorsi continuano a distrarre i ragazzi?» In realtà era soltanto Sano a creare disturbo, ma questo non deresponsabilizzava Kenshin. «Oltretutto Kenji non fa che sgattaiolare dentro, rischiando di farsi male!»
E fece penzolare il piccolo terremoto davanti agli occhi sgranati del padre.
«Oro» disse quello, staccando il figlio dalla punta della bokken. «Kenji, sei proprio dispettoso.»
"Dispettoso"? "Ingestibile" sarebbe più accurato, pensò Kaoru.
Sano intanto aveva incrociato le braccia.
«Tsk tsk tsk, signorinella, tu mi hai molto deluso. Dopo tutti 'sti anni mi aspettavo di tornare e scoprire che avevi fatto almeno dieci figli col povero samurai, qui. E invece...» Lei si sentì avvampare, ma non ebbe tempo di ribattere. «Kenji lo sa, vero, povero piccolo marmocchio? Vorrebbe dei fratellini da tormentare e non ne ha...»
Il bambino parve non prendersela per il pizzicottone. Assentì con degnazione.
«Per un numero del genere avresti dovuto aspettare un po' di più» commentò Kenshin, sollevando il figlio da terra.
«Ma va', ma va'.» Una gaia pacca sulle spalle. «Mai sentito parlare di gemelli?»
«Sì, ci vuole doppio lavoro.»
Allibita, Kaoru guardò prima Kenshin, poi Sano (il corruttore) e mandò fumo dalle orecchie.
Quand'è troppo è troppo!
Tirò loro dietro bokken e secchi da bucato, sputacchiando l'avvertimento di non tornare per un po'. Mentre infilavano l'uscio di casa, veloci come lepri, colse un altro paio di commenti.
«E' troppo nervosa, Kenshin. Scommetto che non stai adempiendo ai tuoi doveri.»
«Non scaricare la colpa su di me, Sano.»

I due amici s'avviarono di tacito accordo verso la clinica, attraversando l'affollata strada centrale. Passarono davanti all'Akabeko proprio mentre Tae finiva di ramazzare il battuto; la salutarono, ricambiati. Kenji guardava il mondo dall'alto delle spalle di suo padre e mugolava qualche canzoncina, battendo i piedini contro il suo petto.
«Fammi indovinare, Sano» disse Kenshin, cogliendo l'occhiata dell'altro al locale. «Hai già aperto un nuovo conto.»
«Mai chiuso il primo.»
«Oro!»
Avrebbe dovuto aspettarselo... povera Tae.
Sanosuke prese a fischiettare, tornando spesso con gli occhi a Kenji.
«Dimmi tu, piuttosto. Com'è la vita da sposati?»
Gli sorrise. «Molto soddisfacente, grazie. Ne avevo bisogno.»
«E quella da genitori?»
Inclinò la testa. In quel momento, Kenji gli stava tirando i capelli con particolare impegno.
«Alti e bassi» rispose fra i denti.
Sano sogghignò, poi – davanti a un ciuffo rosso che volava via – non riuscì a trettenersi e scoppiò in una fragorosa risata. Sollevò l'amico del peso molesto e si caricò la peste sulle spalle; il cambiamento d'altitudine strappò a Kenji un gridolino di giubilo.
«Alto alto altooo!»
Il bambino era in visibilio. Iniziò ad agitarsi in mille direzioni per vedere tutto quello che c'era da vedere, ma la presa di Sano era salda e il legittimo portatore non si preoccupò.
«Io credo che saresti un buon padre, sai, Sano?»
Un'occhiata in tralice. «Mah.»
«Tu no?»
«Oh, io sì. E' la volpe che ha qualche dubbio.»
Quella sì che era una sorpresa. Da che gli aveva spifferato Kaoru, la signorina Megumi aveva trascorso gli ultimi anni sulle spine, temendo che lui non tornasse; esternò il sentimento, sperando di non essere importuno.
Un'alzata di spalle. «No, volermi mi vuole. Ma dice di dover testare la mia effettiva maturità prima di cominciare a mantenermi.»
Oro, pensò Kenshin, sentendo un rivoletto di sudore scendergli sul collo. Viva la sincerità.
Giunsero in vista della clinica e Sano si fermò, con uno sguardo tanto malizioso quanto sfacciato.
«Aspetta che la intrappoli sola dopo il tramonto e vedrai, se non mi sposa di corsa...»
«Checcosa le farai, zio Suke?»
Guardarono in su, ricordandosi di Kenji.
«Farò dieci cuginetti tutti per te, mezza pinta» rispose l'interpellato, agganciandolo sotto le braccia e chinandosi per metterlo a terra. «Che ne dici?»
«Sìì!»
«Su, ora vai e raccomanda alla zia di rendersi disponibile.»
Kenji corse dentro come una furia, sotto gli occhi basiti di Kenshin.
«Sano! Che mansioni dai a mio figlio?!»
«Beh, sai come si dice... ambasciator non porta pena!»
Lo spadaccino si sbatté una mano in faccia. Sanosuke non era affatto cambiato.


   
 
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