Crossover
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Autore: Registe    20/07/2016    4 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Epilogo





La caverna del Drago





Non si era mai chiesta chi fosse.
Le era sempre sembrata una domanda idiota, di quelle che si faceva la gente quando non aveva nulla da fare o quando era imbottita di keela fino alla punta dei piedi; alcuni avrebbero potuto farle notare che non si era mai posta la domanda per non ricevere una risposta potenzialmente spiacevole, ma conosceva pochissime persone –una, massimo due- che avrebbero avuto il coraggio di farle quell’osservazione. Meglio così.
Odiava gli indovinelli.
Non se lo chiese nemmeno in quel momento. Non le importava nulla di quanto tempo fosse passato da quando aveva aperto gli occhi ed era rimasta a fissare il soffitto, una serie di crepe nella roccia scura e bruciata dal fuoco: le fenditure le ricordavano un arabesco particolare, uno nero ed oro che aveva visto tantissimi anni prima a Tatooine. Sarebbe stato superfluo chiedersi perché ricordasse una cosa talmente ininfluente, lei che di arte non aveva mai capito nulla, nemmeno il valore di quei rari pezzi che qualche volta era stata assoldata per rubare.
Ma sì, sapeva benissimo perché lo ricordava.
Una coppia di voci l’aveva risvegliata. Forse le aveva ascoltate per un tempo infinito, nascoste tra i veli di quello strano sogno, pesante e doloroso, che ancora adesso le sostava sulle palpebre come mai le era accaduto in tutta la vita: una bassa, profonda, ed una seconda stridula e acuta come quella di un uccello. Quello che sembrava un battibecco privo di forma veniva senza dubbio al di fuori della grotta in cui si trovava.
Si accorse di avere le gambe tremanti. E tutte le volte che le era accaduto non era mai stato qualcosa di piacevole.
Lentamente le portò al petto, curvando la testa in avanti per assaporare le proprie ginocchia ferme nell’incavo delle guance: l’odore acre dei biomateriali del suo vestito le diede conforto, quasi come una carezza che cercava, senza molto successo, di lavare via gli ultimi ricordi rimasti. Premette anche la fronte sulle ginocchia alla ricerca della propria forza mentre obbligò le dita ad uscire dal torpore; se le passò lungo in corpo una alla volta, esplorando ogni singola cucitura del suo vestito, ogni punto familiare, ogni zona lacerata. Le fece passare sulla stoffa e contro la pelle degli stivali che ancora aveva indosso. Il familiare scatto della vibrolama la rassicurò: ne accese, spense e poi accese di nuovo il tamburo caricatore, la mente solo concentrata sull’uomo nella cui gola avrebbe voluto cacciare quell’arma e che chiaramente non era lì –non si sarebbe ritrovata illesa o libera di muoversi, altrimenti. Si costrinse a scacciare il ricordo del suo sorriso crudele.
Guardò solo con l’angolo degli occhi di nuovo il soffitto sopra la sua testa, concentrandosi per rivedere una seconda volta quel dedalo di spaccature che le ricordava l’arabesco nel palazzo di Tatooine di Dreddon de’Hutt. Aveva tinto quella decorazione con sangue, icore, e qualunque cosa si trovasse nel corpo di un Hutt quando aveva inserito un detonatore termico nei suoi girini-spuntino preferiti. Nulla di personale, solo una taglia da riscuotere per il Sole Nero.
Era stata in quell’occasione che lo aveva conosciuto. Già, non era stato di certo l’incontro più romantico della Galassia.
Attese un altro minuto, poi si alzò in piedi. Si fermò, incuriosita dalla sensazione dei suoi stessi capelli liberi contro il collo; li aveva sempre indossati stretti sotto l’elmo, nascosti, e si fermò per un momento a sperimentare quei capelli che le formicolavano fino alle spalle come le dita affusolate e sporche di un ettercap. D’istinto portò le proprie mani alla chioma per legarli, ma il gesto si risolse solo in un movimento a vuoto dei polsi poiché il suo elmo era in un angolo, inutilizzato, e quando lo raccolse notò che aveva molti meno graffi o bozzi di quanti ne possedesse l’ultima volta che si era soffermata davvero a guardarlo. Lo soppesò, alquanto incredula, ma non appena vide il proprio volto riflesso nella superficie lucida, i suoi stessi occhi incavati e uno sguardo spaventato che non le apparteneva, lo indossò d’istinto pur di non continuare quello scenario straziante. Se lo sistemò con cura come d’abitudine mentre le pupille cercavano nella grotta in cui si era risvegliata un indizio –forse anche due- su dove si trovasse.
La risposta le giunse sotto forma di un ruggito forte, furioso, seguito a sua volta da un coro di versi sordi. Qualcosa si muoveva in maniera indistinta nell’aria, un battito d’ali che lei sapeva benissimo provenire solo dal predatore più forte di tutti.
“Non è giusto, Borahorn, quella pila di letame spetta a te!”
“Smettila di fare il furbo! Quello è il tuo settore, non il mio!” rispose la voce profonda, seguita dal rumore di qualcosa che veniva scaraventato a terra. “Inizia a spalare, Gurdandy”.
Quando finalmente i suoi occhi riuscirono ad abituarsi di nuovo alla luce del sole non poté trattenere un verso di sgomento. Tra le rocce rosse erose da un sole violento non c’era angolo di terra o di cielo che non fosse in qualche modo controllato, dominato da una squama, un’ala o una coda. Il verso del primo drago fu ripetuto dagli altri, un ruggito di sfida che avrebbe spinto chiunque a non avanzare di un passo in quella terra dove chiaramente qualunque essere avesse due gambe sarebbe stato subito indicato come preda. Due di essi, uno nero ed uno color cielo, si dibattevano in aria contendendosi qualcosa e lei dovette appoggiarsi alla parete della caverna per non cadere: le sue gambe non erano ancora stabili come avrebbe voluto e ad ogni colpo di quelle ali si creava un vento abbastanza forte da spingerla indietro. Ovunque potesse volgere lo sguardo, anche verso alcune rocce che si trovavano all’orizzonte, vi erano i più forti predatori che la Galassia avesse mai creato.
“Santa Madre Drago, Borahorn, si è svegliata!”
Seguì la voce gracchiante, ormai consapevole che stava parlando di lei. Quando si mosse nella sua direzione vide, armati di pale e di quelli che sembravano enormi sacchi carichi di letame, i due esseri più strani che avesse mai visto. Il che, detto da lei che poteva assumere la forma di qualunque creatura della Galassia, era un problema che poteva rapidamente volgersi in qualcosa di interessante o in qualcosa di esponenzialmente molto pericoloso.
Zam Wesell decise che avrebbe optato per la prima soluzione.




Narratore: “Stenterete a crederci amici lettori, ma siamo DAVVERO giunti alla fine di questa parte di avventura. Sono sincero, pensavo che le Registe non ce l’avrebbero mai fatta! Ai pochi di voi che hanno avuto il coraggio, la pazienza e la dedizione di seguirci fin qui va il mio più sentito GRAZIE! Un Narratore non sarebbe tale senza un fedele pubblico ad ascoltarlo! E ora, prima di salutarci, è il momento dell’angolo di curiosità, ovvero tutto ciò che avreste sempre desiderato sapere sul Ramingo e lo Stregone e che le Registe non hanno mai avuto il coraggio di rivelarvi…

Via alle danze!

- A dispetto del titolo belligerante, nella sua stesura originale questa serie era incredibilmente più noiosa. La “guerra dei mondi” non era che un pretesto per rendere possibile la lacrimevole riconciliazione tra i due raccomandati di acciaio Inox delle Registe, e le battaglie erano pressoché inesistenti. Solo la doppia battaglia finale era più o meno smile alla versione di adesso: l’attacco a Coruscant era poco più che una scaramuccia tra soldatini di piombo, e tutto il resto… semplicemente non esisteva! Mi sembra di vedere le vostre mandibole precipitare davanti agli schermi in un singulto di stupore: come, starete pensando con sacrosanto sdegno, le Registe hanno seminato morte e distruzione nella Galassia tutta solo per far fare pace ai loro cocchi? Ora capite come si sentiva il popolo egizio nel Vecchio Testamento quando Dio mandava loro le piaghe.

- Non avete idea (e fidatevi, non volete averla) di quanto fosse stuccosa, smielata, patetica, zuccherosa, insomma UNO STRAZIO la scena della riconciliazione tra Vexen e Zexion! Vi dico solo che regnava una sovrabbondanza di lacrime e abbracci. Fortunatamente in questa nuova versione le Registe hanno deciso di puntare sulla sobrietà (ogni tanto ne pensano una giusta) e di rendere più graduale il riavvicinamento tra zio e nipote. Ma siete avvisati, le lacrime e gli abbracci arriveranno. Eccome se arriveranno. Fuggite finché potete!

- Anche le tempistiche della narrazione lasciavano a desiderare nella mefitica prima stesura. I flashback di Vexen, già di per sé indigeribili come una peperonata andata a male, erano concentrati TUTTI INSIEME prima del risveglio di Zexion. Il capitolo in questione durava 22 pagine di Word. E continuava in un altro file.

- Il personaggio di Bartosh non compariva nella prima stesura. Era comunque il padre adottivo di Hyunkel, ma era morto – definitivamente, intendo - in un’anonima battaglia anni prima dell’inizio di questa serie, lasciando al figlio solo la stella di carta come ricordo di sé. Le Registe lo hanno riesumato (nel vero senso della parola) per aggiungere pathos alla battaglia di Coruscant e soprattutto perché si sono ricordate che una guerra non è una vera guerra se qualcuno non ci lascia le penne – o in questo caso le ossa. Insomma, risparmiato solo per morire in modo più coreografico davanti agli schermi. Le Registe sono il Male.

- Anche il piano imperiale del doppio gioco di Kratas è un’aggiunta della nuova stesura, così come il combattimento nella palude contro le Nebbie. Le Registe si sono rese conto che tirare fuori l’esistenza delle Nebbie al processo di Vexen senza mai averle menzionate/introdotte prima non era molto efficace. E così hanno provveduto a rammendare l’ennesima toppa in questa storia che faceva più acqua del Titanic dopo lo scontro con l’iceberg.

- Vi è piaciuto il processo a Vexen? Spero per voi di sì, perché sappiate che d’ora in poi le Registe si scateneranno con i processi come neanche in un crossover con Forum. Cosa abbiano queste polverose beghe legali di tanto affascinante è un mistero che resterà per sempre segregato in quei labirinti oscuri e tortuosi che sono le menti delle nostre Registe.


E questa è davvero la fine! Vi diamo appuntamento alla prossima serie, che come annunciato sarà un prequel-spin off (usiamo un po’ di termini di moda! Dobbiamo essere al passo con i tempi!) dal titolo…



*inserire colonna sonora da suspence*



*rullo di tamburi*



*crescendo di colonna sonora e tamburi*



*climax di colonna sonora e tamburi*




*altra suspence gratuita*



*ulteriore suspence gratuita*



*suspence gratuita come se non ci fosse un domani*



“XIII ORDER”!!!

(sì le Registe avevano poca voglia di impegnarsi)

Arrivederci a tutti e sempre W il Narratore!!!”





 

F I N E




Ringraziamenti speciali a:
- RoxasXIII95 e ValyxV per seguirci fedelmente sul nostro adorato xiiiorderforum
- Ash Visconti, Devilangel476, Wolf19 e KING KURAMA per le lunghe e sentite recensioni su efp.

Ragazzi, questa storia è stata portata avanti per circa 3 anni, essere riuscite a mettere la parola FINE è stata un'impresa! Ma nulla ci fermerà, perché siamo pienissime di idee e di storie da raccontarvi, dunque tenetevi pronti per la prossima avventura!
  
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