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Autore: herr    20/07/2016    1 recensioni
Hilda è una giovane giornalista di Castelia che rischia di perdere il lavoro quando comincia ad instaurare un rapporto di scambio con un misterioso individuo di nome N. Grazie a lui, Hilda riuscirà a brillare nel mondo del giornalismo, ma comincerà a capire che per mantenere il gioco — e l’attrazione — di N dovrà rinunciare a ciò che le è più caro, mentre Castelia si farà sempre più pericolosa ai suoi occhi.
{ ferriswheel ; Hilda centric ; introspettivo qb ; pain and suffering }
COMPLETATA, FOR FUCK'S SAKE


« Non erano questi i patti »
« Quali erano, i patti? »
« Mi hai ingannato »
« L’ho fatto? Ti ho dato quello che volevi, Hilda. Non hai mai voluto il tuo lavoro, quello che volevi era un senso alla vita spenta che conducevi, ed eccomi qua. Questi erano i patti »
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellocchio/Looker, N, Nuovo personaggio, Team Plasma, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cards - Hilda Baskerville's story '
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PREVIOUSLY ON CARDS Zinzolin tende un agguato ad Hilda e sotto i suoi occhi uccide Julie. Natalie recupera la memoria ed incontra N che le chiarisce la situazione.

Chapter XIII
Six Feet Under

 
presente — Castelia City — 29/10/11
Hilda guardò il pavimento sporco di sangue. Una chiazza rossa, della grandezza del palmo di una mano, era dipinta ai suoi piedi e qualche goccia aveva bagnato le sue calze. 
Affondò nuovamente la lama nella soffice pelle ed una scarica di dolore si riflesse nel suo corpo. Faceva male, bruciava nella sua mano di un dolore che, seppur per pochi secondi, riuscì a sopraffare le sue emozioni. Una tempesta di sensazioni contrastanti incapace di ascoltare od anche solo di isolare.
Prestando attenzione al suo riflesso, nella superficie argentata, riconobbe una Hilda stremata e debole. I suoi occhi esitarono, osservando l’espressione di apatica tristezza dipinta sul suo volto. Era questo ciò che voleva?, si chiese. Avrebbe potuto uccidersi, in quell’esatto istante, ed il coltello suonava sempre di più come la soluzione migliore: due pugnalate al cuore e con esse le sue sofferenze sarebbero cessate. Ma per quanto si sforzasse, ogni suo pensiero concludeva con l’immagine di N, sorridente, sulla ruota panoramica. Desiderava rivederlo più di quanto desiderasse morire, poiché il suo amore era capace come solo esso poteva fare di placare le sue paturnie.
« Mi senti, Zinzolin? » gridò, osservando il buio che la circondava « sono sicura che tu abbia installato delle telecamere, o almeno delle cimici. D’altronde, sei capace di molto altro »
Fece un passo avanti, ed un altro ancora. 
« Hai perso così tanto tempo a concentrarti su di me, a rendere la mia vita miserabile. Perché dunque non cessare ogni cosa? Perché non uccidermi? »
Alzò il capo e si rivolse al soffitto. « Perché, eh? » gridava.
« Non preoccuparti, ci ho pensato io »
Issò il coltello in alto, come se stesse sfoggiando un trofeo. « Lo vedi? Lo vedi, eh, bastardo? »
Tacque.
Nessuna risposta. 
« LO VEDI, BASTARDO? » urlò, mentre le lacrime scivolavano lungo il suo viso « di’ a N che mi dispiace. Veramente, mi dispiace »
Portò repentina il coltello all’altezza dell’addome e, senza alcuna esitazione, lo fece scivolare nella pelle. Un acuto dolore si pervase nel suo corpo e si flesse, piegata dalle scariche. Dalla sua bocca, non un suono.
Estrasse l’arma e subito dopo s’inflisse un altro colpo. Il sangue stillava dalla ferita, fiotti di caldo e denso sangue scivolavano lungo il suo corpo, lungo le gambe, sino a raggiungere il pavimento. La sofferenza era così grande che la sua mente, quasi estasiata, non era capace di provare altre sensazioni. Zinzolin, Bianca, Julie, ogni pensiero era stato scacciato.
Fece lentamente scivolare la lama all’esterno, il sangue che continuava a scivolare, ed accennò ad una terza pugnalata ma fu interrotta sul nascere. Non era in grado di controllare la mano, le dita lasciarono la presa ed il coltello cadde a terra, fatto eco da un rumore metallico.
La sua vista si annebbiò e le gambe cedettero al peso del suo corpo. Giaceva inerme, il sangue che espandeva sotto di lei.

 
presente — Castelia City — 30/10/11
Sono morta? fu il suo primo pensiero. 
Semmai avesse dovuto rappresentare il paradiso, il paesaggio che si proponeva ai suoi occhi era di più quanto vicino la rappresentazione avrebbe potuto essere. Il bianco era il colore protagonista di quel misterioso luogo: bianche erano le lenzuola che la ricoprivano, bianche erano le pareti che la circondavano e bianche erano le sue vesti. Una luce accecante filtrava attraverso le finestre, bruciava nei suoi occhi e costringeva le palpebre a non scoprire ulteriormente gli occhi. 
Tentò di alzare il braccio, scoprendo con suo stupore di essere costretta ad un letto da una serie di macchinari.
« Sh, non sforzarti »
Una voce calda giunse alle sue orecchie. Era il suono che aveva tanto bramato nei suoi sogni: la sua voce. Una melodia che non avrebbe mai dimenticato.
« N… sei tu? »
« Sono io, Hilda » rispose la voce, scoprendosi alla vista della giovane. Un’aurea etera lo circondava, risultava intangibile agli occhi della giovane, quasi etereo. L’apparizione divina di una magica entità.
« N… »
« Non serve che tu dica nulla. Va tutto bene »
« Sono… sono morta? »
Le labbra di N si piegarono in un sorriso. Una risata risuonò nell’aria.
« Cosa ti fa pensare questo? » rise lui. 
« Il coltello… il sangue… pensavo di morire… » sussurrò. Le parole bruciavano nella sua gola come si tramutavano in suoni. « Io volevo solo vederti di nuovo. Sapevo che saresti tornato da me, non avresti mai lasciato che morissi… »
« Le cose sono più complicate di quello che appaiono, Hilda. Dovresti saperlo »
« Non mi interessa, finché ci sei tu »
N si chinò verso di lei. Gli occhi di Hilda incontrarono le iridi verdi smeraldo dei suoi e le labbra s’avvicinarono lentamente a quelle della giovane. Un breve bacio, la sua bocca non fu capace di assecondare i movimenti del ragazzo e come avvenne il contatto una sensazione di calore la investì. Era afrodisiaco.
« Non ci sarò per sempre »
Si mosse attorno al lettino leggiadro, la sua pelle emanava una luce divina. I capelli erano sciolti e fluivano dolcemente lungo la sua schiena, il verde brillava al contatto con la luce.
Proseguì avanti, sino a scomparire dal campo visivo della giovane.
« Cosa stai facendo? » chiese, parole che si persero nel vuoto. « N, dove sei? Cosa stai facendo? »
La visione di Hilda si oscurò, la luce parve diminuire e la sensazione di benessere che provava lasciò il passo ad un gelido freddo. Come ad un eclissi, come svegliatasi da un sogno, le braccia di Morfeo la scossero al risveglio.
Come aprì gli occhi, Looker aveva preso il posto di N.
« Stai bene? » esordì, le sue parole che spazzarono via la patina onirica « la polizia mi ha detto che ti avrei trovata qui »
« Dov’è N? »
« Non c’è mai stato N. Parlavi nel sonno, Hilda »
I suoi occhi esitarono sul viso dell’uomo: era sorpreso.
« Cosa è successo? »
« Cos’hai fatto tu, piuttosto. I medici mi hanno detto che sei stata pugnalata per ben due volte all’addome, ti hanno ritrovato in un lago di sangue »
« Non preoccupartene »
« Me ne preoccupo, invece! Prima Julie, adesso tu, cos—»
« È colpa mia. Sono stata io— sono stata io a pugnalarmi »
La sorpresa nel suo viso si tramutò ben presto in rabbia. Una scintilla si accese nei suoi occhi, acuiti dalla scarica di furia che lo pervase.
« Cosa? Perché l’avresti fatto? »
« Io… volevo rivedere N »
« Volevi rivedere N? E per rivederlo ti sei assicurata di non vederlo mai più? »
« È più complicata la questione »
« Sai cosa? Non mi interessa. Dici che è complicato, ti nascondi dietro scuse, ce n’è sempre una, non è vero? ». Si era allontanato da Hilda, non sedeva più accanto a lei. Faceva fatica a vederlo, costretta al letto. « E io che come uno scemo ti ascolto »
« Looker, ti prego—»
« Ho smesso di ascoltarti »
« Looker… »
« Ah, e se tra un tentato suicidio ed un altro avessi voglia, domani pomeriggio ci sarà il funerale di Julie. Il funerale di una persona morta, abbi rispetto almeno per quello »

 
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presente — Castelia City, ospedale — 30/10/11
« Come si sente, questa mattina? »
« Meglio, decisamente meglio »
« Signorina… » gli occhi dell’uomo corsero lungo il foglio che stringeva in mano sino al fondo « … Lisa Fisher? »
Natalie sorrise. « È il mio nome »
« Sono contento che abbia recuperato la memoria, ma ci sarebbero alcuni punti sui quali preferirei soffermarmi prima di lasciarla fuori dall’ospedale »
« Penso di averle già detto tutto »
« Sì, sì, ma vede… non possiamo prendere sottogamba quanto successo ieri »
« Si riferisce a Natalie Inkgard? »
« È esatto »
« Oh… in quel caso… Sa, tra l’amnesia e l’ospedalizzazione, ho pensato che fosse il mio nome »
« Se l’è inventato? »
« Affatto. Era scritto su un biglietto da visita che avevo in tasca, per questo motivo ho pensato potesse essere mio… » affermò decisa. Il dottore, al contrario, lo era meno. « Ho pensato che potesse essere me… alcune volte la mente umana gioca degli strani scherzi »
« Sembrava piuttosto convinta »
« Lo ero, o meglio, volevo esserlo. Volevo essere convinta di aver ricordato chi fossi »
« Ora però non ha più dubbi, mi sbaglio? »
« Ha ragione, non ho più dubbi »
« Molto bene. Allora—»
Il dottore si interruppe, richiamato all’attenzione da un rumore cavo. Qualcuno aveva bussato. « Avanti? »
Il viso di N fece capolino dalla porta. « È tutto finito, dottore? »
« Certamente, signor Fisher Io e la sua splendida moglie abbiamo appena finito di parlare, potete tornare a casa »
« Nate, non serviva che entrassi! Io e il dottore stavamo parlando »
« Va tutto bene signora, mi creda. Può andare »
Natalie sfoggiò l’espressione più raggiante che conoscesse. Se l’avesse vista dall’esterno, neanche lei ci avrebbe creduto. « Grazie dottore, è stato gentilissimo »
« Di nulla, ho solo fatto il mio dovere »
« Il piacere è mio » esclamò N stringendo la mano all’uomo « è commovente incontrare persone così zelanti e dedite al proprio lavoro come lei »

 
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flashback — Castelia City, ospedale — 29/10/11
« Sì »
All’udire quelle parole, N riprese a parlare.
« Ottimo. Prima di tutto, però, abbiamo bisogno di trovarti una nuova identità »
« E come pensi di farlo? »
Il ragazzo estrasse un badge metallico dalla tasca, recante un’immagine ed un nome a Natalie sconosciuto.
« Cosa sarebbe? »
« La tua tessera d’identità, cara moglie »
« Come scusa? »
« Qualche giorno fa, Nate Fisher ha picchiato a morte sua moglie Lisa nel suo appartamento a Castelia. Prima che la polizia potesse scoprirlo, però, ho intercettato l’uomo e me ne sono occupato personalmente »
« L’hai ucciso? »
Un sorriso inarcò le sue labbra. « È importante? Quello che importa, abbiamo due identità su cui contare »
« Continuo a non capire »
« Diremo ai medici che tu sei mia moglie, Lisa Fisher! Le giornate corrispondono, non dovrai fare altro che fingerti lei davanti a loro » continuò, porgendole la carta « è geniale »
« La somiglianza è spaventosa… E cosa ne farai del corpo? »
« Me ne sono già occupato, Zinzolin ha già potuto appurare come Natalie Inkgard sia morta »
« E nessuno ha detto nulla? C’è stato almeno un funerale? »
« Ovviamente no, Zinzolin ha ordinato che facessi in modo che tu scomparissi. Una vacanza a lungo termine, se la vuoi mettere così »
« Quindi hai falsificato la scomparsa di una donna con la quale hai falsificato la mia morte… quanto è contorto? »
« Abbastanza da funzionare »

 
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presente — Castelia City — 30/10/11
Il sole infuocava all’esterno dell’edificio ospedaliero. Riparati da un abete, N e Natalie si erano trovati a parlare. 
« Sembra che il piano abbia funzionato »
« Dubitavi, cara moglie? » scherzò N « mi sottovaluti »
Natalie sforzò un sorriso. Non era convinta.
« Semplicemente, non penso di poter passare sopra così facilmente come fai tu a certe cose »
« Nessuno sentirà la mancanza di Nate Fisher »
« Ciò non cambia quello che hai fatto »
« Era uno stronzo, se l’è meritato »
« Forse hai ragione tu » lo incalzò. Considerava chiudere la discussione un discreto modo per dimenticarla e, se possibile, andare avanti. « Ad ogni modo, quand’è che posso parlare con Hilda? »
« Oh, Natalie! Non essere stupida, non ci parlerai mai! »
« Scusa? »
« Non so che idea ti sia fatta, ma è escluso che tu ti avvicini a lei. Zinzolin la controlla ventiquattr’ore su ventiquattro. Credimi, oggi è più di quanto ti potrai avvicinare a lei »
« Come oggi? È qua? »
« Non te l’ho detto? Ieri ha tentato il suicidio »
« E me lo dici così? »
« Come dovrei dirtelo? Sta bene, non avrei mai lasciato che si facesse male più del dovuto. Ora via Natalie, abbiamo problemi più grandi »

 
presente — Castelia City — 30/10/11
La giornata era trascorsa lenta ed inesorabile agli occhi di Hilda. Il contatto umano era stato  raro e breve, non che le desse fastidio essere la sola compagnia di sé stessa, ma sino al punto da perdere la concezione del tempo. L’orologio che culminava sulla parete di fronte a lei era fermo sulle 8:57 e ciò le dava l’impressione di esser congelata in un frammento di tempo, nonostante la luce solare dimostrasse il contrario.
Contrariamente alle sue aspettative, poco dopo il tramonto del sole ricevette una strana visita. L’uomo rassomigliava ad un poliziotto per gli abiti.
« Buongiorno, sono il detective Garrett Smith » esordì, facendosi strada nella camera « lei dev’essere la signorina Hilda Baskerville, presumo »
« A cosa devo la sua visita? » 
« Semplice routine. Sono venuto a raccogliere la sua testimonianza »
« Oh… »
Abbassò gli occhi, nel tentativo di nascondere l’espressione di stupore, ma giudicando dallo sguardo che le restituì l’uomo qualcosa in lei aveva tradito le sue sensazioni meno superficiali.
« Non si preoccupi, so già tutto » sorrise, accomodandosi in parte a lei. « Il furto, no? È stato un furto finito male »
« Sì, ha ragione lei. È stato un furto »
« Mi sa dare più informazioni? »
Prima chi potesse cominciare a parlar, vide uno strano oggetto beige essere estratto dalla tasca dell'uomo. Riconobbe in esso un taccuino, ed allacciatovi c’era una penna con la quale prese a scrivere.
« Non saprei… era buio, penso che abbia scassinato la porta »
« Non v’erano segni d’effrazione, signora »
« Mi scusi, sì, non c’erano… allora deve esser entrato senza che io la avessi chiusa, la porta »
La penna sfrecciava sulla cellulosa, si sentiva come violata dai suoi movimenti. 
« Dev’esser stato così… sentiva di esser stata seguita? »
« Sì… »
« Molto bene… ha altre informazioni che possano esser utili? »
« No… non penso »
« Abbiamo finito, allora. Le auguro una buona guarigione, e si ricordi cosa abbiamo detto stasera! »
« Come? » domandò confusa « Come scusi? »
« Cosa abbiamo detto, per quando arriverà la polizia ad interrogarla! Non vogliamo mica che scopra il nostro piccolo segreto? Oh, Zinzolin manda i suoi saluti! »

 
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presente — Castelia City, funerale di Julie — 31/10/11
Il giorno del funerale pioveva. Il cielo era plumbeo, dipinto di un grigio asettico e monocromatico, quasi come se fosse anch’esso in lutto e la pioggia il suo unico modo di salutare la defunta.
Hilda aveva deciso di tenersi in disparte, osservando da lontano la funzione svoltasi all’aria aperta. Non si reputava degna, sulla sua coscienza pesava ancora la morte di Julie ed assistere a quello spettacolo non faceva altro che appesantire quella sensazione. Allo stesso tempo, però, sentiva in sé la necessità di onorarla; un discreto conflitto al quale non aveva la forza di sopperire.
Vide la bara esser calata nella terra e scomparire dietro il manto erbaceo. Looker, l’unica persona presente, raschiò della terra con una pala e la gettò sopra il legno più e più volte, sino a che non fu sotterrata completamente. Gli impiegò una mezz’ora, tempo il quale trascorse soggetto alla pioggia che impazza sopra di lui. I suoi abiti erano fradici.
« Hilda… » mormorò sorpreso, osservandola avvicinarsi a lui « non pensavo che saresti veramente venuta »
« Dovevo »
Looker sorrise. « Sì, penso di sì »
« Sei l’unico qua? »
L’uomo si guardò attorno, indicando l’anziano uomo che aveva condotto la funzione.
« Solo io e lui. Pochi ma buoni » aggiunse. « I suoi genitori sono morti qualche anno fa, non le era rimasta una famiglia »
« Mi dispiace… »
« Non dispiacertene. È stato questo il motivo che l’ha portata ad aiutarci, sapeva il rischio che affrontava »
« Sarà… riguardo a questo, volevo scusarmi per ieri mattina »
« Ho esagerato io, credo »
« Diciamo che anche io mi sono impegnata » scherzò, porgendogli la mano « pace? »
« Pace » confermò lui.
« Molto bene. Ora cosa pensiamo di fare? »
« Vorrei riposarmi. Sono stati dei giorni devastanti, ho bisogno di una pausa »
« Ok, quindi…? »
« Quindi ci vediamo, Hilda. A domani, o forse dopodomani »
Le rivolse un caldo sorriso e la superò, muovendosi nella direzione opposta a lei. La pioggia cadeva sempre più fitta, motivo per cui non riuscì a distinguerlo come si allontanava dal cimitero.
Hilda si strinse nelle spalle, emettendo un brivido di freddo. 
Si indirizzò verso la strada ed attraversò quel lugubre luogo ad ampie falcate: aveva intenzione di uscirne il prima possibile. Le avevano sempre messo soggezione i cimiteri, sin da quando era bambina li aveva collegati ad immagini di tristezza e disperazione, sensazioni che era lungi dal voler provare di nuovo. Ed eppure, navigava in esse. Julie era morta, N era scomparso dalla sua vita e Zinzolin, per motivi a lei oscuri, si stava divertendo a rovinarle la vita. 
Il fragore della tempesta riempiva le sue orecchie e le gocce bagnavano i suoi vestiti. Ogni suo senso era sopraffatto dall’acquazzone, sino al punto da vedere macchie nere nella strada che si proponeva a lei. Un nuovo rumore fischiò nelle sue orecchie, un suono che assomiglia sempre di più al rombo di un auto. 
Improvvisamente, le macchie nere assunsero una forma.
L’esperienza sensoriale si concretizzò in una limousine nera che, lentamente, intercedeva al lato di Hilda. 
Il finestrino si abbassò ed una voce roca giunse alle orecchie di Hilda.
« Buonasera, signorina Baskerville »
Hilda aumentò il passo, sorpassando l’auto, ma essa perseverò nel suo moto.
« Signorina Baskerville, è gelido là fuori. Che ne dice di farmi compagnia al caldo? » continuò la voce.
« Sono sicura che troverai una compagnia migliore della mia. Una puttana, ad esempio »
« Non sia volgare, non è da lei »
« “È da lei” però far uscire la volgarità nelle persone, caro Zinzolin »
« Speravo avesse una considerazione maggiore di me, signorina Baskerville »
« La smetti? È irritante sentirmi chiamare “signorina Baskerville” »
« Come vuole, signorina Baskerville »
A quelle parole, Hilda si arrestò. Portò lo sguardo al finestrino, cercando gli occhi di Zinzolin attraverso il vetro, ma non li trovò.
« Vuole per caso entrare? L’offerta è ancora valida »
Hilda asserì.

« Volevo comunicarle che sono molto dispiaciuto per lei, è stato decisamente uno spiacevole incidente »
« Forse ricordo male, ma quelle due pugnalate furono abbastanza volontarie »
« Il suo senso dell’umorismo a quanto vedo è rimasto intatto »
« Mi hai chiamato per qualcosa oltre che per chiacchierare? »
Un sorriso illuminò il volto di Zinzolin. « Certamente. La ho chiamata per ricordarle delle telecamere nell’hotel di Bianca »
« Le cosa? » esclamò. Un brivido corse lungo la sua schiena.
« Non sia così scioccata, ogni hotel possiede delle telecamere per controllare la situazione, e si dà il caso che Bianca sia stata molto fortunata. C’è una telecamera che punta proprio verso la sua porta! »
« Che cazzo stai dicendo? Vuoi incastrarmi? »
« Le parole, signorina! Nessuno vuole incastrare nessuno, ho per caso detto questo? Lavora molto di fantasia »
« Mi hai appena detto che sono stata registrata! »
« È il suo cervello a malinterpretare le mie parole »
« Non voglio più continuare questa conversazione » sbottò, gettandosi fuori dal finestrino.
« Arrivederci, signorina Baskerville! » riuscì ad udire, prima che l’auto non sfrecciasse sul cemento umido sino a scomparire alla sua vista.
La pioggia infuriava sui cieli di Castelia ed i suoi abiti ripresero l’acqua che tanto difficilmente il calore della limousine aveva tentato di asciugare. Il vento ululava nelle sue orecchie, unito all’incessante ticchettio delle gocce di pioggia.
Si sentiva braccata, con il fiato di qualcuno sulla gola. Inseguita da qualche entità misteriosa che assumeva le più svariate forme: da N a Zinzolin, Looker ed ogni persona che le capitasse di incontrare. E se fosse un sogno? le capitava di pensare, di sperare in cuor suo che fosse un’esperienza fittizia cessata da un semplice sbattimento di palpebre. Avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe trovata a casa sua, nel suo letto, lontana dai pericoli. 
Si pizzicò.
Quando riaprì gli occhi, lo scenario era il medesimo. Stava camminando in balia della tempesta, ignara del luogo nel quale quell’errare l’avrebbe condotta. Forse era veramente morta, forse era tutto un sogno che precedeva l’inferno e che quando la pioggia sarebbe cessata, si sarebbe trovata di fronte a qualcuno — o qualcosa di malefico.
Non era nemmeno così.
La pioggia si diradò, pur continuando a cadere inesorabilmente sulla città, e si aprì a lei il suggestivo panorama del porto di Castelia. Di fronte a lei, il Molo della Vittoria. Quale ironia.
Fece dei passi in avanti, inoltrandosi nel breve braccio di mare bagnato per tre lati dal mare, e vide una figura incappucciata sul ciglio della pietra. Continuò a camminare, sino ad arrivare al suo fianco.
« Cosa ci fa una così bella ragazza qua? » esordì l’anziano, mantenendo lo sguardo chino sulla sua canna da pesca.
« Cosa ci fa un così vecchio uomo qua » gli fece eco lei, abbozzando un sorriso.
« Sono un umile pescatore » rispose, questa volta cercando il suo sguardo « e lei non ha risposto alla mia domanda »
Hilda alzò gli occhi, contemplando il mare increspato dalla tempesta. « Non lo sa nemmeno lei. È un periodo difficile »
« Nulla che un po’ di speranza non riesca a spazzare via! Lo sa, c’è una leggenda che dice che se espresso un desidero al Molo Vittoria, Vicini sarà in grado di realizzarlo »
Hilda rise.
« Come mai ride? È vero! » scherzò « cos’è che desidera, eh? Non costa nulla! »
« Cosa desidero? » ripeté, continuando a guardare il mare « la fine. La fine di questo periodo, la calma dopo la tempesta, sia che questo comporti la morte »
Il pescatore non rispose.
« Se è la morte che desidera portarmi Victini, ho paura che debba aspettare: non è il solo »




Il titolo è un omaggio a Six Feet Under

Meravigliosa serie della HBO.

herr
   
 
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