Una ragazza, muta e danzante, abitava in un castello circondato da mura. All'interno altri uomini e donne, muti, urlanti o sprofondati nella loro fantasia, che tuttavia era per loro realtà. Non si accorgevano della loro penosa condizione, dolcemente cullati da quelle cure che rendevano sopportabile la prigionia tra le alte mura. All'interno era tutto bianco, odore di lenzuola pulite e finestre sbarrate. La ragazza ballava sui bordi dei tavoli, di notte, dopo essere sfuggita alle corde che la volevano distesa e dormiente. Le grandi sale bianche e le finestre sbarrate, nonostante le morbide tende, si trasformavano nella sua fantasia in una triste prigione, in cui aveva tutto fuorché la libertà. Voleva danzare sui prati, lungo i torrenti, attraversarli ballando sull'acqua. Arrampicarsi sugli alberi, per stringere delicatamente tra le mani un nido abbandonato, voleva correre su una scogliera, in una giornata di vento e tempesta, voleva sentire gli spruzzi delle onde sul viso, voleva un lungo vestito azzurro che si confondesse con il colore del cielo, e ballare con i biondi capelli al vento che le avrebbe scompigliato i riccioli sciolti. Ma era dentro. Chiusa dentro. Voleva uscire. Scappare. E fuggì. Una notte fuggì. Finalmente i prati, finalmente l'acqua e il cielo, finalmente poteva correre con i biondi capelli al vento, che le accarezzava i riccioli sciolti. Ballava, la sua vita era come in un teatro, dove non c'erano prove ma solo un'anima libera che esprimeva il suo amore al mondo, era un personaggio di una rappresentazione spontanea, una principessa, o una semplice ragazza, che danzava, trasportata dalla fantasia, dall'immaginazione, da una favola di altri tempi, senza bisogno di parole, muta ma felice, sempre felice, con il suo inseparabile sorriso sulle labbra e la sua risata cristallina che si perdeva nel vento mente lei correva sulla scogliera, ballando, ma senza cadere, se non nella dolce follia.