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Autore: acchiappanuvole    21/07/2016    1 recensioni
"...la maggior parte di quelle persone sono nate dormendo, vivono dormendo, si sposano dormendo, allevano i figli dormendo, muoiono dormendo senza mai svegliarsi. Non arrivano mai a comprendere la bellezza e lo splendore di quella cosa che chiamiamo esistenza."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sharon


“Volevo che tu lo sapessi, che lo sapesse mamma. Continuerò io. Tutto.  Oh, so che ho tanto da imparare, ma imparerò se m’insegnerai” esita  “so quanto hai fatto, so quanto bene volevi a mia madre e quanto ne vuoi a me…” s’interrompe di nuovo e china la testa. Break è commosso dalla sua impetuosità, la guarda teneramente. Dopo un momento le prende la mano e Sharon risponde alla stretta, alza il viso con occhi splendenti, accesi dall’incertezza e da una supplica. “Posso? Credi che ne sarò in grado? A volte sono così sicura che ce la farò. Lo so. Altre volte ho paura. Penso che è difficile, enorme, e allora sento che è una vanteria stupida. Una fantasia.”
“Cara Sharon, quando avevo la tua età sai cosa credevo?”
“Dimmi.”
“Credevo che tutto fosse possibile. Tutto. Se lo desideravi abbastanza. Se eri abbastanza deciso. Ne ero certo, allora.”
Sharon abbassa lo sguardo “lo pensavi allora? Non avevi ragione?Io sono sicura che l’avessi. Lo sento anch’io, adesso, è proprio ciò che sento io.”
“Forse avevo ragione” Break sorride ma distoglie lo sguardo, “credo che quella certezza , quella decisione, possano condurre molto lontano. Ci saranno sempre alcune cose che non puoi controllare…”
Non termina la frase, pensa a Shelly, che nessuna forza di volontà  al mondo potrà riportare in vita. Ma Sharon è una bambina, pervasa dalla certezza della gioventù, forse non segue i suoi pensieri, forse ha smesso di ascoltare. Ci sono due chiazze di colore sulle sue guance, e le labbra sono atteggiate ad un’espressione che a Break ricorda Shelly. “Io non voglio credere nei limiti. Mamma non ci credeva. Ci riuscirò, vedrai. Te lo giuro. Lo giuro…” Sharon stringe la mano di Break più forte e lui comprende che la ragazzina ha bisogno di quella fede, di quella solennità, di un giuramento. Non risponde nulla ma seguita a guardarla.
Sharon rimane così, con la mano tesa in un gesto rigido, il viso sollevato verso le finestre e i giardini. Poi d’improvviso, come se si vergognasse, lascia la presa.
“Che silenzio stasera.”
Si volta; e quando Break si allontana di un passo, Sharon l’abbraccia impulsivamente.
“Voglio uscire. Per un po’. Da sola. Voglio riflettere, non ti dispiace?”
“No, vai. Verrò a chiamarti per la cena.”
Quando giunge alla porta, Sharon si volta, aggrotta leggermente la fronte. “Quando avevi la mia età… non ci avevo mai pensato. Una volta avevi la mia età.”
Esita e Break sorride con divertita dolcezza. Sharon sorride di rimando e corre in giardino.

Rimasto solo, Break resta seduto per un po’ nella frescura della stanza. Da altre parti della casa giungono suoni lontani, forse una delle domestiche sta canticchiando mentre prepara la cena. Dall’esterno il tubare dei colombi e il canto degli uccelli. Una sera tranquilla. Break ripensa alle parole di Sharon, all’intensità appassionata con cui le aveva pronunciate. Gli ricordano il passato: Shelly com’era il primo giorno che i suoi occhi stanchi si erano posati su di lei. Pensa a sé stesso, abbandonato nell’umidità di un bosco ad odiare il cielo notturno e le stelle, ai tempi in cui niente aveva più importanza.
“Io non voglio credere nei limiti.”
Forse era importante incoraggiare Sharon sulle possibilità, anche se quel pensiero lo spaventa e lo irrita. Ma dopotutto se non lo credi quando hai undici anni, quando puoi farlo?
Ma teme per Sharon, lo fa soffrire il pensiero che quel fulgore di spirito possa offuscarsi con il tempo e l’esperienza. Lascia il riparo della poltrona, la nostalgia di Shelly lo assale. Rimane immobile, come ha imparato, e attende che la sofferenza si smussi. Si aggira inquieto. La sedia preferita di Shelly, il piano del tavolo dove a volte scriveva le lettere, i dorsi logori dei suoi libri. Alcuni dovevano risalire all’infanzia. Tocca ognuno di quegli oggetti. Prende un libro a caso, tenendolo nella mano per scoprire se si apriva ad una data pagina. Un foglio ripiegato cade sul pavimento, una grafia giovanile. Legge attentamente, e le parole di quella poesia echeggiano nelle orecchie con la voce di Shelly. Ascolta la musica della certezza e la promessa. Tutto questo non ha ieri e non ha domani. Perché Shelly l’aveva copiata? Non lo avrebbe mai saputo ma era sicuro di volerlo scoprire. La sofferenza si attenua, il cuore è calmo, come se la donna fosse nella stanza insieme a lui. Break raggiunge la finestra e guarda la figura lontana di Sharon. Siede al piano posto sotto le grandi vetrate spalancate, inizia a suonare. La musica aleggia nell’aria della sera, si mescola alle ombre e all’odore dell’erba bagnata. Sharon nel prato resta immobile, una forma chiara contro le scure siepi del bosco. Alza il viso per ascoltare la musica che Break sta suonando per lei. Sorride, alza le braccia nude e lentamente inizia a danzare. Gira su se stessa , muovendosi con lenta grazia nell’aria grigia e malva della sera, compiaciuta dalla freschezza dell’erba sotto i piedi scalzi, dalla luce sulla pelle.  Sola nel giardino, sola nella sera, sola nella musica. Smette di danzare, lascia ricadere le braccia lungo i fianchi, leva il viso verso il cielo dove le stelle sono ancora invisibili. Sta sorgendo una luna pallida e nebbiosa , dai contorni sfumati, è liberata nel cielo  e irradia solo una luce velata. In lontananza si sente chiurlare un gufo. Un lungo grido tremulo. Sharon guarda verso il bosco aguzzando gli occhi e lo scorge, una forma scura, il battito misurato delle ali. Vola basso sul prato , senza far rumore, si dirige verso i campi lontani per poi scomparire.
Sharon attende sperando ritorni, ma così non è.  Il colore si dilegua dall’aria, la musica proveniente dalla casa diventa lamentosa, poi di nuovo vivace. Comincia ad aver freddo ma non vuole andarsene. Abbraccia quella sensazione, la culla. Mormora tra sé il nome di sua madre, una volta, due, tre, come un incantesimo. Per un istante può sentirla presente, reale come se le toccasse la mano, e con immensa sorpresa scopre che le lacrime  le rigano le guance, ma non si sente triste. Adesso la musica è piena di gaiezza. Sharon leva in alto le braccia  e ricomincia a danzare. Danza per sua madre e per Break; per il fresco della sera, per la bellezza della musica e per se stessa. E mentre danza pensa: “farò questo e questo…”, una sensazione inebriante e euforica, la fa sentire leggera, felice. Il giardino è silenzioso e buio; il cielo splende. E Break la chiama dalla casa.
Smette di danzare e rimane immobile. Poi, con un lieve brivido che può essere d’eccitazione o di paura al pensiero di tutto ciò che sta incominciando, si volta, lascia il giardino e torna correndo in casa.

 

  
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