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Autore: Carme93    22/07/2016    0 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo dodicesimo

Vento di novità
 
«Accidenti!» sbottò Elphias attirando l’attenzione di tutti.
«Che succede?» chiese allarmato Albus, avendo notato che l’amico era impallidito dopo aver aperto la Gazzetta del Profeta. Elphias ruotò il giornale verso di loro. Albus sentì un groppo in gola: in prima pagina troneggiava una foto con l’uroboro. Il simbolo dei Neomangiamorte. Era stato sparato in cielo, sua una strana struttura triangolare. La folla, nella foto in bianco e nero, era nel panico e figura incappucciate si muovevano colpendo tutti come se fossero semplici bersagli. Babbani, per questo non si difendono realizzò Albus. Lesse il titolo esterrefatto: “Neomangiamorte attaccano il Museo Babbano Louvre. Parigi nel panico”. Ecco perché non aveva riconosciuto il luogo, ma gli era famigliare: era stato in Francia molti anni prima.
«Perché? Che senso ha?» domandò Alastor.
«Valli a capire» sbottò contrariata Rose, mentre faceva posto ad uno Scorpius ancora assonnato.
«Leggi ad alta voce, Al» lo esortò Cassy.
«Ieri sera, poco prima della chiusura del Museo i Neomangiamorte sono entrati in azione» iniziò Albus dopo aver trovato l’articolo completo. «Stando alle testimonianze dei maghi e dei Babbani si è trattato di almeno una cinquantina di uomini. Gli Auror francesi sono stati schiantati rapidamente. I Neomangiamorte, eliminate anche le guardie Babbane, sono penetrati all’interno del Museo. Ciò che più sorprende è il loro obiettivo. Hanno scoperto il laboratorio segreto di Nicolas Flamel e l’hanno messo a soqquadro. Tutti sapevamo che il grimorio del famosissimo alchimista non è stato mai divulgato dalla sua famiglia. Le ultime dichiarazioni di Emile Flamel, però, hanno suscitato parecchie preoccupazioni: il grimorio non è mai stato nemmeno nelle mani dei discendenti di Nicolas Flamel. Inoltre i Neomangiamorte ne sono alla ricerca, così finalmente si spiega l’attacco subito dalla famiglia lo scorso luglio. Gli Auror francesi si sono messi in contatto con il nostro Quartier Generale, ma nessuno dei due Capitani ha voluto rispondere alle nostre domande. Da indiscrezioni però abbiamo saputo che questa mattina all’alba Harry Potter ha preso una passaporta per la Francia con un gruppo di uomini. Ufficialmente sono andati per riconoscere alcuni Neomangiamorte arrestati, ma in realtà dobbiamo temere un attacco simile anche da noi? Sono mesi ormai che la situazione sta degenerando ed il Ministero, evidentemente, tenta di nascondere la verità alla Comunità magica. In Francia si è letteralmente scatenato il panico: i Babbani ritengono che sia stato un attacco al loro Governo, ciò comporterà delle complicazioni alle indagini? I nostri inviati attendono in questo momento di intervistare o il Capitano Potter od il Capitano Leroy».
«Certo gli Auror non dicono nulla per evitare attacchi di isterismo» borbottò Rose.
«Che dopo quest’articolo ci saranno comunque» notò Elphias.
«Sono una massa di assassini» commentò disgustato Albus.
«Ma perché vogliono il grimorio di Flamel?» chiese Rose.
«Per la pietra filosofale, sicuramente» rispose Scorpius, che aveva seguito con attenzione il loro discorso.
«Sì, ma a che pro?» domandò Al, rivolto più a sé stesso che agli altri. «Insomma questa donna cerca l’immortalità? E poi zia Hermione una volta ce ne ha parlato. Se bevi l’Elisir di Lunga Vita una volta, non è che diventi immortale per sempre… come dice il nome allunga la vita… e basta… bisogna dipendere sempre da esso!».
«Sapete che cosa vi dico? Forse dovremmo cercare informazioni su questa donna» disse Scorpius meditabondo.
«Sicuramente zio Harry l’avrà già fatto» replicò Rose.
«Sì, ma a noi non diranno mai nulla e magari se sappiamo qualcosa in più su di lei, potremmo anche capire che cosa la spinge a comportarsi così».
«Mi sembra giusto! Sei un genio, Scorp!» approvò Rose.
«No, no e no! Mio padre non vuole che indaghiamo per conto nostro» si lamentò Albus.
«E noi, non glielo diciamo» disse Rose con noncuranza.
«Io inizierei dall’Archivio della Scuola» propose Scorpius.

*

«Oggi facciamo un giro nella Foresta» annunciò il professor Paciock, quando tutti presero posto nella serra numero uno. «Quindi non tirate proprio fuori il vostro materiale. Lasciate qui gli zaini».
I ragazzini, Corvonero e Grifondoro del primo anno, lo fissarono stupiti per qualche secondo prima di riscuotersi e muoversi. Il professore ridacchiò e disse: «State tranquilli, rimarremo ai margini della Foresta Proibita. Voglio solo mostrarvi alcune piante e degli alberi. Forza, fuori di qui».
Brian sorrise lievemente a Connor Mils, che aveva rapidamente fatto amicizia con i compagni di Casa e non lo calcolava più di tanto fin dai primi giorni di Scuola. Non che la cosa gli pesasse particolarmente: insomma anche lui aveva fatto amicizia. Solo che ancora gli sembrava tutto strano. Non era abituato ad essere benvoluto dai suoi compagni. Certo, non mancavano alcuni ragazzi antipatici ed un po’ bulletti, quelli cui era perfettamente abituato, ma i Corvonero del suo anno erano tutti simpatici e per lo più gentili. Seguì in silenzio gli altri lungo il prato. In effetti era una bella giornata di fine settembre, ed era bello stare all’aperto. Il Lago Nero scintillava al sole e gli veniva voglia di passeggiare sulla riva. Continuò a guardarsi intorno per tutto il tragitto e non poté fare a meno di sorridere.
«Allora, ragazzi» disse il professore sorridendo e battendo le mani per attirare la loro attenzione. «State tutti vicino a me e non vi azzardate ad allontanarvi! Quando si dice che la Foresta è pericolosa non è uno scherzo. Mi raccomando».
Detto ciò si mosse tra gli alberi ed i ragazzi gli tennero dietro.
«Per caso qualcuno sa riconoscere questa pianta?» domandò ad un certo punto, toccandone la corteccia liscia. L’unica ad alzare la mano fu una ragazzina di Grifondoro, cui il professore diede subito la parola.
«È un agrifoglio. Viene utilizzato per le bacchette di solito».
«Esattamente, Nicole. Cinque punti a Grifondoro».
Brian notò che la ragazzina era arrossita notevolmente, ma nessuno fece commenti.
«Questa pianta oltre che dalla corteccia liscia, si può riconoscere dalle foglie. Quelle dei rami inferiori hanno lamina ovale a margine spinoso, come difesa dagli animali; quelle dei rami superiori hanno lamina intera acuminata solo all’apice». Staccò due foglie e gliele mostrò. «Attenti a non pungervi» li ammonì, mentre se la passavano per osservarla da vicino.
«Mia madre dice che respinge il male» disse un ragazzino biondo di Grifondoro.
«Lorcan, questo non lo so. Nessuno ci impedisce di crederlo» replicò con un sorrisetto divertito l’insegnante, anche per rispondere ad Annika che aveva borbottato qualcosa come che stupidaggine. Ripresero a camminare.
«Questo che albero è?» chiese curioso un altro Grifondoro.
Il professore non sembrò infastidito dalla domanda, al contrario il suo sorriso si allargò ulteriolmente. Brian si sentì contagiato dal suo buon umore. Non era abituato neanche a questo: miss Murphy, la sua insegnante alla scuola babbana, non sorrideva mai. O meglio non sorrideva mai a lui. E considerava tutte le domande fuori luogo e di disturbo al regolare svolgersi della lezione.
«Non la riconosci, Valentin? Eppure è un albero abbastanza comune» replicò il professore, esortandolo a rifletterci. Il ragazzino si limitò a scrollare le spalle.
«È una betulla. Anche questo è un albero da bacchetta» sussurrò Nicole. Il professore annuì e spiegò: «È un albero a crescita rapida. I rami sono molto sottili e le foglie a forma di cuore» ne staccò una e gliela passò, proprio come aveva fatto prima. «La corteccia è bianca e con il trascorrere del tempo si screpola ed assume delle striature nere. Può raggiungere i 20-25 metri di altezza».
«I rami di questa pianta vengono usati per le code delle Firebolt!» disse un Grifondoro, che Brian era sicuro si chiamasse Benjamin. Si conoscevano di vista già prima della Scuola, perché era figlio di un collega del padre.
«Wow davvero?» si entusiasmò Lorcan.
«Non vi distraete parlando di Quidditch!» li richiamò l’insegnante.
Si soffermarono ad analizzare una pianta di biancospino, che ancora una volta fu riconosciuta immediatamente da Nicole; così come l’albero di ciliegio. Quella ragazzina sembrava conoscere tutti gli alberi da bacchetta.
«Questa, invece, secondo voi come si chiama?». Brian si riscosse dai suoi pensieri e tornò ad ascoltare la lezione. Sorrise. Quella piantina la conosceva, non seppe cosa glielo fece fare, visto che aveva evitato di farlo con tutti gli insegnanti fino a quel momento, ma alzò timidamente la mano.
«Sì, Brian?» lo esortò il professore.
«Dragoncello. Le sue foglie vengono utilizzate nelle pozioni curative, siccome hanno proprietà anestetiche e disinfettanti».
«Perfetto. Cinque punti a Corvonero. Sinceramente, non mi aspettavo che qualcuno di voi la riconoscesse» disse il professore, gratificandolo con un largo sorriso.
«Mia mamma… nelle aiuole a casa…» borbottò in risposta alla domanda inespressa del professore, ma fu contento che egli non indagasse oltre.
«E da quando rispondi alle domande? Non eri l’ultimo della classe?» gli sussurrò Connor, mentre si spostavano. I Corvonero più vicino lo fulminarono con lo sguardo. Brian aveva notato che i suoi compagni erano stati molto contenti della sua risposta, probabilmente perché fino a quel momento solo Nicole aveva guadagnato punti e per Grifondoro naturalmente. Sospirò contrariato e rispose con una scrollata di spalle per poi allontanarsi. Aveva sempre saputo di non essere stupido, era miss Murphy e così i suoi compagni babbani che lo trattavano come tale. Era orgogliosissimo di essere stato smistato a Corvonero.
«Questo è un frassino. Fornisce ottimo legno da bacchetta e viene utilizzato anche per le scope da corsa» spiegò il professore. Brian tentò di scacciare i pensieri tristi e riconcentrarsi sulla lezione. «Questa, invece, l’abbiamo vista già vicino alla serra numero uno. Ve la ricordate?».
«È menta piperita» disse Brian, ma si accorse di non essere stato l’unico a parlare. I suoi occhi incrociarono quelli di Nicole ed entrambi sorrisero.
Il professore ridacchiò. «Magari qualcun altro, si ricorda anche quali siano le sue proprietà?».
La mano di Louis scattò in aria. Il ragazzino, come suo solito, aveva ascoltato attentamente tutto ed incamerato senza sforzo ogni informazione, ma a differenza di altre lezioni sembrava annoiato. Brian, invece, si sentiva felice. All’aria aperta ed in mezzo al verde. Non comprendeva proprio come l’amico potesse preferire il chiuso asfissiante e spesso maleodorante dell’aula di Pozioni.
«Le foglie e le sommità fiorite hanno un’azione spasmolitica, analgesica ed antisettica. Servono, quindi, per realizzare sia infusioni contro il mal di testa, sia elisir digestivi».
«Corretto. Allora cinque punti ciascuno a Louis, Brian e Nicole. Cercate di ricordarvelo. Certe cose possono sempre tornare utili».
Il resto della lezione trascorse in modo simile. Nicole era un asso nel riconoscere gli alberi, ma Brian, superata un po’ della sua timidezza, le tenne testa.
«Ottimo. Una bella lezione. Per la prossima settimana vorrei che faceste una scheda per ogni pianta che abbiamo visto oggi. Dovrete indicarne le caratteristiche fisiche e le proprietà. Vorrei che creaste una specie di erbario personale e mano a mano che studieremo nuove piante le aggiungeste a queste».
Non tutti i ragazzi ne furono entusiasti, ma si mossero verso la Sala Grande per il pranzo, dopo aver recuperato gli zaini nella serra numero uno.
Brian rimase indietro quando vide che a Nicole erano caduti i libri.
«Ti aiuto» disse raccogliendoli ed aiutandola a rimetterli nello zaino.
«Grazie» disse con le guance imporporate.
«Sai un sacco di cose» borbottò tanto per parlare di qualcosa, mentre attraversavano il prato.
«Insomma… non quanto te… è stato mio nonno ad insegnarmi a distinguere gli alberi da bacchetta… Lui sì che era bravo… era un Corvonero…».
«A me le ha insegnate la mia mamma… una volta il giardino della nostra villetta era sempre fiorito…».
Nessuno dei due fece domande sull’uso del passato, ma Brian provò subito un moto di simpatia per quella ragazzina. «Vuoi pranzare al nostro tavolo, Nicole?».
«No, grazie… Però, per piacere… chiamami Niki non Nicole…».
«Ok, Niki… magari ci vediamo per fare i compiti dopo le lezioni?».
«Sì, va bene».

*

«Ehi, Paciock! Vieni! Vogliono fare un esperimento e tu non puoi non darci una mano» disse Calliance, strattonandolo ed allontanandolo dal resto dei Grifondoro.
Frank cercò con lo sguardo le sue amiche, ma loro si erano fermate a parlare con Hagrid e non si erano accorte di nulla. «Non mi piacciono gli esperimenti! Fateveli da soli!» disse tentando di liberarsi dalla stretta di Calliance.
«Ci metteremo un attimo… Tenetelo…» disse Granbell ai suoi due compari.
Frank si sentì stringere le braccia in una morsa da entrambe le parti. Da un lato Calliance, dall’altro Hans.
«Mollatemi!» strillò e si vergognò nel sentire un’evidente nota di panico nella sua voce.
«Su, Paciock. Vogliamo solo sapere che sapore hanno i Vermicoli di Hagrid» disse Granbell, facendo ridere anche Calliance ed Hans.
Frank sgranò gli occhi terrorizzato nel vedere Granbell tirare fuori dalla tasca del mantello un pugno di quegli animaletti.
«Mangiateli tu, se ci tieni tanto» strillò, ma fu un grave errore. Granbell ne approfittò per metterli in bocca di forza i Vermicoli.
Fu la sensazione più disgustosa e nauseante che avesse mai provato in vita sua. Per un attimo sentì quei grossi vermi agitarsi nella sua bocca, poi lo sputarli e vomitare anche le budella fu un tutt’uno. Hans e Calliance lo mollarono subito, evidentemente schifati.
«Esperimento fallito. Direi che i Vermicoli non sono buoni» commentò ironico Granbell, suscitando le risate degli altri due. Risate che si spensero subito.
«Stupeficium».
Frank distinse diverse voci femminili urlare insulti ed i lamenti dei suoi aguzzini, che evidentemente erano stati schiantati tutti e tre. Alle voci più che famigliari che però non riusciva a discernere si unì il vocione di Hagrid. Comunque non ci capì nulla, incapace di muoversi dalla posizione a gattoni in cui era caduto, quando l’avevano lasciato andare; finché due forti mani, quelle di Hagrid naturalmente, non lo rimisero in piedi.
«Ora ti porto infermieria…».
«Nooo… ti prego…» biascicò per disperazione. Era già abbastanza, anzi troppo, umiliante in quel modo.
«Mmm e va bene… voi tre sparite dalla mia vista… lo dirò alla Preside… oh, sì… vigliacchi, ecco quello che siete…» ringhiò contro i tre Grifondoro, che prontamente si diedero alla fuga. Frank si lasciò trascinare da Hagrid fin dentro la sua capanna. Loki, un cagnone che arriva al suo fianco, gli saltò subito addosso. Lo accarezzò lievemente e poi si lasciò cadere su una sedia, mentre gli altri prendevano posto intorno a lui. Amy fece amicizia con Loki in pochi secondi.
«Ora ti ci faccio un tè» borbottò Hagrid.
«Grazie» mormorò Frank, quando gli mise davanti una tazza di tè fumante. Gli altri lo fissavano in silenzio.
«Senti, non per dire ma al mio paese siamo dotati di quattro arti e se te ne bloccano due, puoi sempre usare quelli che ti rimangono. In più voi maschi avete un bel punto debole… una bella ginocchiata lì e ti assicuro che Calliance non sarebbe più stato interessato al sapore dei Vermicoli» sbottò Lucy.
«Lascialo stare» sibilò Roxi, minacciosa.
«Non lo difendere sempre! Lo pensi anche tu!» replicò Lucy stizzita.
«Non pensavo che l’avrei mai detto, ma Lucy ha ragione. Frank, quando ti deciderai a prenderli a calci, come meritano?» chiese Amy.
Frank avrebbe voluto sprofondare, ma visto che la terra non si apriva a comando, o comunque non al suo, rispose: «Mi dispiace. Hagrid non puoi non dirlo alla Preside?».
L’omone scosse la testa irsuta più volte. «No, Frank. Mi dispiace, ma non posso. È una cosa brutta quella che hanno fatto quei tre… Non capisco cosa ci stanno a fare tra i Grifondoro…» borbottò in risposta. Per un po’ le uniche a parlare furono Amy e Lucy che avevano iniziato a discutere su chi delle due avesse scagliato lo schiantesimo più forte.
Hagrid diede una pacca sulla spalla a Frank, che si ritrovo con la faccia a pochi centimetri dalla tazza ormai vuota. «Ti senti meglio?».
«Sì, grazie» mormorò lui.
«Allora, andiamo. Sta per fare buio».
«Oh, Hagrid posso venire a trovare Loki qualche volta?» chiese Amy.
Il mezzogigante ridacchiò: «Se ci tieni tanto, sei la benvenuta. Ma non so cosa ci trovi in lui».

*

«Hannah, aspettami!».
Una donna bionda, sulla quarantina, camminava a passo svelto lungo una via deserta e poco frequentata dell’East End, si voltò il tempo necessario per osservare l’uomo che l’aveva chiamata. Non si fermò.
«Accidenti!» imprecò quello, che aumentando l’andatura la raggiunse e la bloccò trattenendola per un braccio. «Sei impazzita? Meno male che non hai detto nulla a nostro padre!».
La donna infastidita si divincolò dalla sua presa e lo fissò con occhi ardenti. «Charles, non ti permettere! Non sono più una bambina!».
«A me sembra che tu ti stia comportando proprio in quel modo, invece».
«Il tuo giudizio non è richiesto. Nessuno ti ha chiesto di venire».
«Veramente, me l’ha chiesto tu».
«Ed hai rifiutato. Quindi va’ pure».
«Non essere stupida! Questo è un quartiere malfamato! Merlino solo sa cosa potrebbero farti questi Babbani!».
«Ma ti senti quando parli? Ci sono maghi ben peggiori dei delinquenti babbani! Ed io so difendermi! Dovresti saperlo!».
«Non tirare in ballo quella storia!» la minacciò Charles.
«La tiro fuori eccome! Io ho combattuto! Io ho fatto parte dell’Esercito di Silente! Tu dov’eri? A casa! Nascosto!». Ora i tratti delicati della donna erano sconvolti dalla rabbia.
«Non osare parlarmi in questo modo!» sbottò Charles.
«Se no che fai?» lo provocò lei, «Io non sono uno dei tuoi figli!».
Si fissarono in cagnesco per alcuni secondi, poi Hannah gli voltò le spalle e riprese a camminare. Sentiva i suoi passi dietro di lei, ma non le interessava più. Si asciugò gli occhi in modo che lui non la vedesse. Aveva detto quelle parole presa dalla rabbia, in caso contrario non gli avrebbe mai rinfacciato il passato. Si fermò solo vicino all’ingresso di un palazzo fatiscente.
«È questo?» chiese Charles.
Hannah non gli rispose. Odiava la sua irascibilità, non sapeva mai affrontare con pacatezza pareri contrari al suo. Avrebbe voluto avere Neville accanto in quel momento e non Charles. Si fece coraggio ed entrò nell’atrio buio. Prese la prima rampa di scale, sempre in silenzio. Stavolta le sue scuse avrebbero dovuto essere molto convincenti. Non l’avrebbe perdonato facilmente per il suo comportamento. Doveva capire che essere il più grande e per di più l’unico erede maschio della famiglia non gli dava alcun potere su di lei! Quando raggiunsero il terzo piano, si guardò intorno incerta. Amy aveva detto a Neville che il loro appartamento era l’unico senza nome sul campanello. Sul piccolo, sporco e squallido pianerottolo si affacciavano quattro porte. L’unica che rispondeva a quella descrizione era la più vicina alle scale che portavano ai piani superiori. Suonò, sentendo che il battito del suo cuore accelerava, ma nessuno venne ad aprire.
«Ma chi ti dice che lei vuole vederci?» chiese sprezzante Charles. Hannah lo fulminò con lo sguardo e fu davvero tentata di dargli uno schiaffo per smuovere quell’espressione costantemente distaccata e rigida che tanto odiava. Charles dovette comprendere il suo stato d’animo, perché, dopo aver controllato che erano soli, estrasse la bacchetta e la puntò contro la porta. Per un attimo Hannah credette che volesse aprire la porta con la magia, ma non accadde nulla.
«Non c’è nessuno in casa. Se davvero abita qui, allora è uscita» la informò laconico Charles.
Avrebbe voluto un po’ di conforto in quel momento, ma non l’avrebbe mai cercato da lui, non dopo il loro litigio comunque. Si fece forza e sedette sui gradini più bassi della scala ignorando il suo sospiro irato. Così attesero in silenzio. Quanto tempo trascorse Hannah non avrebbe potuto dirlo con certezza. Ad un certo punto sentirono dei passi sulle scale ed il suo cuore ebbe un sussultò. Sarebbe potuto essere chiunque. Un qualsiasi inquilino del palazzo. Non si alzò, temendo una delusione. Tenne comunque sott’occhio la sommità delle scale. E la vide. Erano trascorsi molto più di vent’anni, ma l’avrebbe riconosciuta dovunque.
«Elisabeth» strillò, alzandosi.
La donna che era appena arrivata e non si era accorta di loro sollevò il volto ed i loro occhi si incrociarono. Hannah eliminò la distanza tra loro e l’abbracciò stretta, prima che ella potesse dire qualunque cosa. «Hannah» mormorò Elisabeth squadrandola, dopo che ebbero sciolto l’abbraccio. «C-come…?».
«Come ho fatto a trovarti?» l’aiutò Hannah. «Tua figlia. Amy mi ha dato l’indirizzo».
«Amy? Come fate a conoscerla?» chiese l’altra, ancora stordita e sorpresa.
«Ha conosciuto i suoi cugini ad Hogwarts. Di conseguenza l’ho saputo anche io! Però ora devi spiegarmi perché ho dovuto sapere che sei tornata così! MA SOPRATTUTTO PERCHÈ NON TI SEI DEGNATA DI MANDARMI UNA STUPIDISSIMA LETTERA PER TUTTO QUESTO TEMPO? EH? ERI ARRABIATA CON NOSTRO PADRE E CON CHARLES, MA IO CHE CENTRAVO? MI HAI LASCIATO SOLA! SOLA!» Hannah deglutì e cercò di scacciare le lacrime che ormai le cadevano copiose lungo le guance. Non si era nemmeno resa conto di aver iniziato a urlare. Charles si era avvicinato e la osservava trasecolato.
«Hannah… Io… mi dispiace… Perdonami. Io sono scappata e volevo lasciarmi tutto indietro e poi tu… tu avresti mostrato qualunque lettera a mamma e papà…» mormorò Elisabeth.
«Lo sai che sono stati malissimo dopo che te ne sei andata in quel modo? Papà ancora non si dà pace!» replicò Hannah fulminandola con lo sguardo. A quel punto si sentì smarrita e non comprese che cosa l’avesse spinta ad andare lì. Avrebbe dovuto ascoltare Charles fin da principio. Aveva semplicemente riaperto un antica e dolorosa ferita. «Non sarei mai dovuta venire qui» disse scuotendo la testa e fece per andarsene, ma ancora una volta quel giorno fu trattenuta. Questa volta non era stato Charles, però.
«Ti prego, Hannah. Perdonami. Sono tornata e sono pronta a fare qualsiasi cosa per essere perdonata».
«Sempre la solita melodrammatica» sbottò Charles parlando per la prima volta. «Papà ti accoglierà a braccia aperte, se è questo che temi. A me non interessa, non hai fatto nulla che non mi sarei aspettato da te. Ora, facci entrare in casa. Stiamo dando spettacolo. Scommetterei tutto il patrimonio della nostra famiglia che quei Babbani hanno le orecchie attaccate alla porta per ascoltarci».
Elisabeth con le mani tremanti inserì una vecchia chiave arrugginita nella toppa e poi li fece segno di entrare.
«Bene» principiò Charles appena Elisabeth si fu chiusa la porta alle spalle, «Ora prendi i tuoi averi e vieni a casa con noi».
«Ma…».
«Niente ma. Fallo e basta. Si cena alle sette da noi. L’hai dimenticato, vero? Papà si preoccuperebbe a non vederci tornare».
«Merlino, Charles. Hai più di quarant’anni! E ti preoccupi di rispettare gli orari di nostro padre?» sbottò derisoria Elisabeth.
«Proprio perché sono un uomo adulto sono consapevole delle mie responsabilità. Non ho tempo da perdere qui. Se tu ti comporti ancora come un adolescente ribelle, non posso farci nulla» replicò Charles sprezzante indicando i suoi capelli, che presentavano ciocche dai colori vistosi.
«Va bene» si arrese Elisabeth, palesemente irritata. Non ci volle molto per raccogliere i suoi averi. Non aveva portato molto dagli Stati Uniti. «Sono pronta».
«Perfetto. Ci sono un paio di cose che devi sapere prima di andare».
«Sentiamo» disse in tono di sfida Elisabeth.
«Non fare domande sulla mamma».
Hannah sussultò ed Elisabeth chiese: «Perché?».
«Perché nel 1996 è stata uccisa dai Mangiamorte e non hai nessun diritto di riattizzare il dolore sopito, soprattutto di nostro padre».
«Charles!» lo richiamò esterrefatta Hannah. Non credeva che il fratello potesse aver così poco tatto. Elisabeth ebbe un capogiro alle sue parole e Hannah la sostenne con un sorriso mesto.
«Immaginati se l’avesse chiesto a papà!» fu la difesa di Charles. «Io abito con papà nella nostra villa. Appena arriviamo ti farò preparare la tua vecchia stanza da un elfo. Nessuno ha toccato niente. Hai domande?».
Elisabeth scosse la testa e li seguì fuori. Durante il tragitto nessuno di loro aprì bocca. Si smaterializzarono e si trovarono di fronte ad un’ampia cancellata in ferro, su una colonna con un carattere elegante era vergato a chiare ed eleganti lettere: Villa Amy.
«Bentornata a casa» sussurrò debolmente Hannah, nonostante si sentisse ancora arrabbiata con lei. Charles li fece strada lungo il vialetto di ciottoli che portava al portone di ingresso. Una volta entrati furono investiti da un turbine biondo. «Mamma! Sei tornata!».
Hannah abbracciò la bambina e le pose qualche domanda a bassa voce. La piccola si limitò ad annuire e poi rivolse la sua attenzione agli altri due adulti. «Ciao, zio Charles. Buonasera, signora».
«Elisabeth ti presento mia figlia Augusta. Augusta lei è la zia Elisabeth, ve ne ho parlato» disse Hannah.
La bambina sgranò gli occhi e la scrutò per qualche secondo, poi le porse la mano. «Piacere».
«Io vado ad avvertire nostro padre» borbottò Charles.
«Mamma, ha scritto papà» disse Augusta, tirando fuori dalla tasca una lettera e porgendogliela. «Dice che Alice e gli altri si sono messi nei guai di nuovo. Hanno attaccato ad una sedia un loro compagno di Casa usando la Colla Super Resistente Tiri Vispi Weasley» aggiunse scuotendo la testa con un’espressione così severa e computa che non sembrava adatta ad una bambina.
«Sei sicura che è figlia tua e non di Charles?» non riuscì a trattenersi Elisabeth.
«Sì» rispose Hannah alzando gli occhi al cielo. Poi si avvicinò ad una culla e prese in braccio un’altra bimba. «Devo darle da mangiare. Augusta, chi l’ha cambiata?».
«Un’elfa» rispose la bambina con un’alzata di spalle.
«E lei?».
«Aurora. L’ultima arrivata in famiglia» rispose Hannah.
«Elisabeth!» tuonò una voce maschile.
Un uomo un po’ piegato per gli anni e con i capelli completamente grigi l’abbracciò stretta. «Sei tornata… sei tornata… pensavo che non ti avrei più rivista! Sai che sollievo stai dando a questo povero vecchio!?».
«Sentite ma Amy in che Casa è stata smistata? Non risponde alle mie lettere. È arrabbiata perché l’ho portata qui di forza» disse ad un certo punto Elisabeth, quando tutti si furono calmati dopo il momento di forte commozione.
«Amy?» chiese sorpreso Albert Abbott, il capofamiglia.
«Già. È mia figlia. Ha tredici anni» spiegò Elisabeth.
«Non potevi scegliere nome più appropriato» sospirò l’anziano.
«Comunque è una Serpeverde» rispose Hannah, lasciando basiti tutti.

*

«Pronto, Louis?» domandò Brian.
Il ragazzino accarezzò ancora una volta il suo Kneazle e si mosse verso la porta del dormitorio dove lo attendevano Brian e Drew.
«Su, certo che avete delle facce! Mica stiamo andando a Pozioni!» disse eccitato Drew.
«Appunto» replicò Louis seccato.
«E dai! Non ditemi che non avete mai volato!» insistette Drew, desiderando che i due compagni fossero partecipi del suo entusiasmo.
«No. Io vivo in mezzo ai Babbani. Mio padre non ha mai voluto che provassi la sua scopa» disse Brian.
«Io sì, ma è stato un disastro» borbottò Louis. «Preferisco stare con i piedi ben piantati a terra».
Drew sbuffò.
«Era ora! Datevi una mossa! Non vedo l’ora di volare» strillò Annika. «Maggie ed Anastasia sono già scese. Temevano di arrivare in ritardo» aggiunse, alzando gli occhi al cielo. Non era una tipa troppo puntuale, questo i ragazzi l’avevano compreso fin dai primi giorni.
«Allora raggiungiamole! Ehi, Sarah tu non sei felice di volare?» disse Drew tentando di coinvolgere la silenziosissima coetanea.
«Insomma» borbottò Sarah.
Drew guardò Annika in una mutua ricerca di aiuto, ella si limitò a scrollare le spalle. Corsero lungo le scale ed il prato fino a raggiungere il campo da Quidditch.
«Siete arrivati appena in tempo» li accolse freddamente la professoressa. «Mettetevi al fianco di una scopa e non mi fate perdere tempo».
I Grifondoro, con cui seguivano la lezione, erano già in posizione e così i cinque Corvonero li imitarono.
«Ora allungate la mano sulla scopa e dite ‘Su’» spiegò la professoressa.
Un coro di ‘su’ si levò dai ragazzi. La scopa volò subito nelle mani di Drew con sua estrema soddisfazione. La stessa cosa accadde ad Annika, il cui sorriso si allargò notevolmente sul suo volto. Le scope degli altri Corvonero rimasero inesorabilmente a terra. I Grifondoro se la stavano cavando decisamente meglio.
«Su» disse supplichevole Brian senza il minimo successo. Louis non ci stava provando davvero, osservava la scopa come se da un momento all’altro dovesse prendere vita e morderlo. Le ragazze sembravano scocciate.
«Datevi una mossa» li esortò l’insegnante, che sbuffando sedette su una panchina ai bordi del campo e accese quella che era palesemente una sigaretta babbana. «Non abbiamo tutto il giorno».
«Perché non ce lo spiega» sbottò a bassa voce Anastasia.
«Secondo me non la sa fare» replicò un Grifondoro vicino a lei. Connor Mils. Brian lo riconobbe subito dalla voce ma quando si accorse che teneva la scopa in mano avrebbe voluto sparire. D’altronde Connor era sempre stato uno dei più bravi in ambito sportivo nella scuola babbana. A quanto pare non c’era molta differenza tra sport magici e babbani. Basta essere portati. E lui non lo era minimamente. Dopo vari tentativi che presero parte dell’ora a loro disposizione, Brian riuscì con suo enorme sollievo a farsi obbedire da quella benedetta scopa. La sola che rimase a terra fu quella di Louis. Annika stava provando ad aiutarlo, ma invano.
«Ora saliteci sopra» ordinò la professoressa lanciando un’occhiata sprezzante a Louis. La donna con fare annoiato ed infastidito passò tra loro per correggerne la presa. «Provate a sollevarvi, ma non andate lontano se non ne siete capaci».
Il resto della lezione fu uno dei momenti più umilianti per Louis. I più esperti tra i suoi compagni non fecero altro che svolazzare da una parte all’altra del campo, chi volava per la prima volta iniziò a prenderci gusto.
«Ora, basta giocare. La lezione è finita. Ci vediamo la prossima volta» disse la professoressa. «Weasley, visto che non hai fatto nulla per tutta la lezione, raccogli almeno le scope e portale nel ripostiglio» aggiunse spegnendo l’ennesima sigaretta e voltando loro le spalle.
«Che vada a farsi strabenedire» sbottò Annika avvicinandosi a Louis. «Avrebbe anche potuto aiutarti».
«E dire che non vedevo l’ora di conoscerla» mormorò deluso Drew.
«Perché mai?» domandò Annika.
«La Jones è stata il Capitano delle Holyhead Harpies dalla fine del degli anni ’90 fino al suo definitivo ritiro. Per essere precisi ha continuato a giocare fino alla nomina di Angelina Johnson come allenatrice. Circa nel 2004 se non sbaglio» spiegò Lorcan Scamander che si era avvicinato, «Ehi amico, credo che ce l’abbia con te. Non si è mai saputo perché, ma si dice che le due abbiano litigato e poco dopo la Jones si è ritirata. E tu sei il nipote di Angelina».
«Si dice che non si sopportassero nemmeno come compagne di squadra» disse Drew.
«Che felicità» sbottò Louis.
«Su con il morale… Ti diamo una mano noi con le scope» disse Annika.
«E se la Jones non ti lascia stare, dillo a zio Harry. Se la farà sotto…» disse ridendo Lorcan.
 
 
 
   
 
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