CAPITOLO SEDICI.
«Di
pattuglia...? Adesso???»
Dean spalanca le braccia, esasperato. «È una follia! Non dovremmo
proprio muoverci-- Non subito dopo l'attacco, con il coprifuoco e le
guardie di Metatron che rastrellano i dissidenti e tutti i rischi che
conosci!»
«Allora
non venire con me... Ci penso da solo.»
Sam
si è già infilato la giacca, ha afferrato il primo zaino tattico
che gli è capitato a tiro e se lo è caricato su una spalla. Quando
suo fratello gli ha raccontato cosa era successo, c'è stato un breve
litigio – subito soppiantato dall'urgenza di rimettersi subito in
movimento, di attivarsi per andare a recuperare il robot disperso.
Non è colpa di Dean, se Gadreel è stato preso. Quello alle
comunicazioni è il primo incarico di
tutti i principianti, da
sempre... Quello meno rischioso. Nessuno poteva prevedere cosa
sarebbe accaduto. Nessuno, a parte Sam. Che un po' lo sapeva, un po'
se lo sentiva – dannazione,
Gadreel ce lo aveva scritto in faccia che non era pronto, - e
ora si lascia trascinare dall'agitazione, dall'impulsività e dai
sensi di colpa.
«Scordatelo.» Dean ha le sopracciglia aggrottate, la tipica
espressione inamovibile di quando decide che, se Sam vuole gettarsi
nel fuoco, allora tanto vale bruciare assieme a lui. Recupera dal
pavimento la sacca militare di cui si era disfatto soltanto poco
prima, - quando si era illuso di poter finalmente riposare un po',
per schiarirsi le idee prima di pianificare la prossima mossa. E
invece quella notte di combattimenti sembra destinata ad allungarsi
all'infinito, e Dean ormai sa che, come già accaduto per una miriade
di altre notti come quella, vedranno sorgere l'alba dalla strada –
da dietro il finestrino di una macchina, o accovacciati sul retro del
camion di qualche anonimo sostenitore, disposto a scarrozzarli in
giro sfidando il coprifuoco imposto da Metatron e rischiando di
essere arrestato.
Sam
tiene le mani strette attorno alla spalliera di una sedia, nervoso.
Sposta lo sguardo su suo fratello con una certa, sorpresa gratitudine
pensando che nonostante tutto - nonostante i litigi e le questioni
che hanno lasciato in sospeso negli anni, - Dean è sempre lì:
sempre accanto a lui, sempre pronto a saltare sul primo treno per
l'inferno e a prendere a calci in culo il diavolo, pur di
proteggerlo.
«Ti
ricordi quella base che avevamo scoperto lungo i confini?», chiede
il più piccolo, dopo un breve silenzio in cui una vecchia immagine
gli è ritornata alla memoria. Il ricordo di una piccola base di cui
nessuno conosceva l'esistenza, prima che i ribelli la scovassero –
anni prima, quando Sam ancora combatteva, - e di cui, da quando
Metatron si era insediato alla Robotics Industry, quasi tutti
sembravano essersi dimenticati.
Dean
si stringe nelle spalle, perplesso. «Sì... E allora?» Non ha idea
di dove Sam voglia andare a parare. Questa storia di Gadreel sembra
averlo scosso più di quanto voglia dare a vedere... Ma a Dean non
importa il perché. Se ritrovare l'androide
lo farà sentire meglio, allora lui lo aiuterà.
«Sicuramente
Metatron sarà fuggito e avrà bisogno di un posto in cui ripiegare,
no? È un buon punto da cui partire...» Più
che a suo fratello, Sam lo sta dicendo a sé stesso. Per convincersi
di avere davvero qualcosa
di concreto su cui ragionare... Qualche straccio di possibilità di
rimettere a posto le cose.
Ma
Dean lo riporta in fretta con i piedi per terra.
«E
poi? Anche se ritroviamo la
base, non è detto che Gadreel sia
lì. Senza contare che potrebbero già averlo riprogrammato, e--»
«E
quindi?» Sam è ancora teso, e parecchio. Ma Dean lo conosce fin
troppo bene, e sa che dietro tanta irrequietezza dev'esserci
qualcosa... Qualcosa che suo fratello non gli ha detto.
«Ti
senti in colpa, non è così? Cosa è successo che io non so..?»,
chiede il maggiore, con l'intenzione di indurre l'altro ad aprirsi un
po' e scaricare almeno parte di quella rabbia che sta visibilmente
reprimendo.
Colpito
e affondato. Sam non
risponde immediatamente. A volte si vergogna della facilità con cui
Dean riesce a leggere i suoi pensieri, come se tra di loro non ci
fosse alcun filtro - ma, d'altra parte, questa empatia gli risparmia
imbarazzanti spiegazioni e giri di parole... Specialmente quando si
tratta di cose di cui non ha alcuna voglia di parlare.
«Niente,
solo...» Il fratello più piccolo ha perso parte della sua
aggressività e ora tiene gli occhi a terra, incapace di ammettere
persino a sé stesso che sì, si sente terribilmente in colpa. Colpa.
Sarà colpa sua se
Gadreel non ritornerà, se-- Non
pensarci. Non pensarci nemmeno.
«Non posso abbandonarlo. È vero, io... Mi sono comportato male con
lui, e mi sento responsabile per quello che è successo. Ma posso
ancora rimediare, se lo ritrovo. Devo
ritrovarlo, Dean,
capisci?»
Ma
la domanda non ottiene risposta. E quando Sam solleva di nuovo lo
sguardo, incuriosito dal silenzio prolungato del fratello, si accorge
che Dean lo sta guardando con un'aria strana. Quasi... Divertita, ma
allo stesso tempo insolitamente accondiscendente - come quella di un
padre che vede cadere in modo ridicolo il figlio nel tentativo di
muovere i primi, goffi passi.
«...
Che c'è?», chiede dunque Sam, alzando un sopracciglio con aria sconcertata.
Ma
l'espressione di Dean non cambia: sta quasi sorridendo apertamente,
adesso.
«Niente,
è che...» Il maggiore scuote lentamente la testa, quasi
ridacchiando tra sé e sé. «...Qualcosa mi dice che le due famose
promesse di Sam Winchester
stanno vacillando, eh?»
Sam
avvampa all'istante, ma si sforza come può di non darlo a vedere.
«Non
so di cosa parli,» ribatte, meno stizzito di quanto vorrebbe. Dean
non lo sta prendendo in giro, anzi: sembra davvero
contento per lui. E vederlo sorridente distrugge qualsiasi traccia di
ostilità rimasta nel minore.
«Oh,
sì che lo sai. E una l'hai già infranta... Te lo leggo in faccia,
Sammy,»
insiste Dean, consapevole che l'altro – ovviamente – non
confermerà ma nemmeno smentirà.
Sam
tace, infatti. Osserva il viso di Dean colorarsi di una specie di
indulgenza speranzosa, prima che questi si stringa nelle spalle e
continui a parlare.
«...E
se per caso te la senti di cambiare idea anche su
quell'altra cosa...»,
aggiunge infatti il più grande, con lieve imbarazzo – non sa se
può spingersi davvero
fino a questo punto, ma vuole almeno provarci. «... Sappi
che il tuo posto è
sempre lì che ti aspetta. Ci sono ancora il tuo fucile e la tua
roba, nella tua stanza... E un armadietto con il tuo nome che aspetta
soltanto che tu lo riapra.»
Dean
è sereno e sincero, mentre gli propone di ritornare a combattere. È
passato molto tempo da quando si sono scambiati quelle parole
terribili, all'indomani della morte di Jess, e fino ad oggi non sono
mai riusciti ad affrontare l'argomento in modo pacifico. Ma forse...
Gli ultimi avvenimenti – l'arrivo di Gadreel per Sam, e
l'accettazione di Dean dei i propri sentimenti verso Castiel, - hanno
cambiato le cose. Li hanno resi più miti, più inclini al dialogo su
cose di cui prima non riuscivano a discutere senza finire a
picchiarsi a vicenda. In una parola: stanno imparando di nuovo ad
essere fratelli.
Messa
in questi termini, la questione non suscita in Sam il solito
istintivo, radicato senso di rifiuto e ribellione. Suona quasi
ragionevole, a dire il vero... Plausibile.
«Lo
so, Dean,» risponde infatti il più piccolo, con una calma così
ponderata e padrona di sé stessa che quasi non gli appartiene.
«Solo... Non credo di
volerne parlare, adesso.»
Tutto qui. Niente
più urla e litigi, soltanto la verità.
Dean
annuisce lentamente, permeato dalla stessa tranquillità. Il fatto
che suo fratello sembra essere passato da un secco no
a un semplice lo
so apre orizzonti di
possibili compromessi futuri... Di nuove soluzioni.
«D'accordo.
Solo... Ricordati che la tua roba è lì...» Breve pausa. Sospiro.
«... E anche io.»
Sam
accenna addirittura un mezzo sorriso, sorpreso dall'idea di esser
appena riuscito a parlare di combattimento
con suo fratello senza aver trasformato la stanza nella gabbia delle
scimmie urlatrici. È un bel progresso: non c'è che dire.
«Ci
penso, ok?»
«Ok.»
Dean giocherella con le chiavi della macchina, che tintinnano nella
tasca della giacca. Sembra molto meno stanco e più concentrato, ora
che si è tolto questo peso e forse – è solo un forse,
ma prima non aveva
neanche quello, - in futuro riavrà di nuovo suo fratello accanto, in
prima linea. Sorride, con una fresca determinazione.
«Allora...
Andiamo a salvare la principessa?»
Stordito,
scarico. Danneggiato.
Ecco
come si sente. E gli fa male la testa... Non riesce a ragionare. I
pensieri si accavallano nella sua mente bollente in modo sconnesso -
mozziconi di frasi che non hanno alcun legame di senso.
Gadreel
cammina al buio su una strada che non conosce. È
polverosa e deserta e priva di illuminazione - e l'androide
non riesce nemmeno a capire se stia andando dritto oppure no: quasi
una metafora della sua vita. Ma si ostina ad addentrarsi
nell'oscurità, cercando di
avvicinarsi ad un chiarore lontano che forse non raggiungerà mai, ma
che gli promette serenità.
Davanti
a sé, il prototipo scorge le
cime illuminate dei palazzi e i camminamenti sospesi che ha visto per
la prima volta dalla finestra dell'istituto,
assieme a Sam – ma sono soltanto sprazzi di memoria, immagini
sfocate: nulla di più. Se solo riuscisse a ricordare con più
precisione, forse potrebbe orientarsi e tornare lì... Ma già
soltanto il fatto che stia camminando è
un miracolo, nelle condizioni in cui è
ridotto.
Dovrebbe correre, lo sa: ma non ci riesce. Non
passerà molto tempo prima che le guardie di Metatron si precipitino
a cercarlo - e Gadreel è
consapevole di dover mettere la maggiore distanza possibile tra lui e
loro: ma è davvero troppo,
troppo distrutto. Ha appena la forza per continuare a camminare,
faticosamente, mettendo un passo storto dietro l'altro
– ostinandosi ad ignorare la sgradevole impressione che le gambe
possano cedergli in qualsiasi momento, obbligandolo a fermarsi. Ma,
anche se le energie minacciano di lasciarlo, l'ostinazione
lo mantiene in piedi: deve andarsene da lì. Anche a costo di
trascinarsi, anche a costo di strisciare, deve assolutamente
allontanarsi il più
possibile da quella prigione. E così avanza, traballante e
instabile, un passo alla volta. Con infinito dolore, con infinita
pazienza, lungo un cammino dissestato e sconosciuto.
Ci
sono rumori tutt'intorno,
sopra e sotto di lui. Ma di molti di quei suoni - soprattutto quelli
lontani della città, - Gadreel non riesce a spiegarsi la
provenienza, perché non li
conosce ancora. Sono tante le cose che non ha ancora visto... Quelle
che vorrebbe poter vedere.
Dal
terreno giunge come una vibrazione continua... E una considerazione
amara affiora alla mente dell'androide,
nonostante la confusione indotta dal malessere: la Città sotterranea
è enorme, ma lui non ha la
minima idea di come vi si acceda. Le entrate sono camuffate così
bene che nessuno è mai
riuscito a scovarle, in dieci anni di conflitti... Come pretende di
riuscirci, lui, così compromesso nel corpo e nei ricordi?
È
stanco. Vorrebbe soltanto lasciarsi cadere e non doversi preoccupare
mai più... O, almeno, questo
è ciò che farebbe se non fosse
così risoluto a sopravvivere.
Il
virus della riprogrammazione non smette mai di tormentarlo: cerca di
cancellare le informazioni del suo sistema e di scriverne di nuove -
spietate e corrotte. Sussurra nelle sue orecchie ordini terribili -
un brusio continuo e perverso, - lo tenta cercando di convincerlo ad
arrendersi... Ma Gadreel resiste. In qualche inspiegabile, inedito
modo, lui resiste come nessun altro ha mai fatto prima. Perché
non vuole. Perché sa
che, se glielo permetterà, quel virus lo trasformerà in qualcosa
che non vuole essere. Ma lui non vuole diventare un assassino, non
vuole essere un servo di Metatron. Ed è
faticoso, è doloroso e gli
costa energia, ma Gadreel proprio non cede. Non può tradire il
giuramento che ha compiuto... Non può tradire la propria natura, né
la promessa che ha fatto a Chuck.
Brilla
più forte, si
ripete, per darsi coraggio quando i piedi sembrano diventare
improvvisamente pesanti. Più
è
buio, e più la fiamma brilla
forte...
Le
parole del padre gli danno la forza di andare anche se le sue gambe
vogliono fermarsi. Se non fosse stato per quel ricordo, non avrebbe
mai trovato il coraggio di approfittare di quell'insperata
occasione – di quella porta lasciata incautamente aperta, nel
laboratorio, - per fuggire via. Ciò che Gadreel spera, ora, è
di avere sufficiente volontà per tenerla ancora accesa, quella
fiamma... Per non lasciarla soffocare.
Il
robot inciampa sui propri passi, ma per pura fortuna riesce a non
perdere l'equilibrio. È alterato, stremato, sottosopra. Tutto
intorno a lui ondeggia come se fosse su una nave...
Ha
voglia di cadere.
«Eppure
ricordo che era qui... Dannazione!»
Sam
impreca, sul bordo della strada, puntando la torcia nella porzione di
sterpaglia incolta che i fari accesi dell'Impala, accostata qualche
metro dietro di lui, non riescono a illuminare.
«Te
l'ho detto, è passato un sacco di tempo.» Dean è in piedi, un
braccio appoggiato al tettuccio dell'auto e l'altro sullo sportello
aperto del lato guidatore. «Potrebbero aver chiuso la vecchia
entrata... Oppure, la base potrebbe semplicemente essere caduta in
disuso.»
«Allora
continuiamo a cercare!», sbraita Sam, setacciando il terreno lungo i
confini di un piccolo bosco incolto. La notte è fredda e la brina si
addensa sulle foglie, facendole risplendere di luce riflessa.
«Non
c'è un altro posto dove cercare, Sam!», sbotta Dean, per tutta
risposta. Sono in giro da più di un'ora, ormai, e ogni minuto che
trascorrono in strada potrebbe costare loro molto caro. Hanno già
evitato le ronde dell'esercito di Metatron per un paio di volte, ma
la fortuna non li assisterà per sempre. «E poi ci stiamo
avvicinando troppo... Così rischiamo di farci catturare!»
«Ascolta,
tu resta qui. Io vado a cercare l'entrata
della base... Sono sicuro che fosse da queste parti. Forse più
avanti...» Sam si allontana ancora,
cocciuto. Non vuole lasciar perdere... Non può.
Ma
Dean non è dello stesso avviso.
«Smettila
di fare il testone, sali in macchina. Continueremo a cercare
insieme... Ma se non troviamo niente, devi promettermi che per
stasera la finiamo qui e riprenderemo le ricerche domattina. Non si
vede niente, con questo buio, e--»
All'improvviso Dean vede qualcosa emergere dalla boscaglia
disordinata alle spalle del fratello, e d'istinto punta la pistola
nel buio. «EHI,
FERMO!»
Una
luce accecante... Un brusio di voci che giungono soltanto a pezzi.
«...
Lui... Attento... Programmato...»
Gadreel
non ci sente più, non ci
vede nemmeno. La testa gira troppo velocemente.
È
finita, pensa. Sono le guardie.
Lo
riporteranno indietro. Questa volta lo disattiveranno...
No,
non è giusto.
«NO,
DEAN!»
Sam si frappone istintivamente tra suo fratello e la sagoma comparsa
dal buio. Lo ha riconosciuto subito, prima ancora di guardarlo in
faccia – e quasi non riesce a credere di essere davvero
riuscito a ritrovarlo, in
così poco tempo. «Mettila via! È lui... È Gadreel!»
Nonostante
l'imperativo del fratello minore, Dean continua a tenere l'arma
puntata. Ora che l'androide ha mosso qualche passo barcollante sul
bordo della strada, finendo nel cono di luce dei fari, lo ha
riconosciuto anche lui.
«Che
diavolo ci fa qui fuori???» domanda Dean, confuso. Ma poi la sua
attenzione si sposta di nuovo su Sam, che si sta avvicinando
all'androide in maniera fin troppo incauta – e l'istinto di
protezione del fratello maggiore risorge, con la stessa forza di
sempre. «No, Sam, sta' attento! Potrebbe essere riprogrammato--»,
cerca di avvisarlo, ma Sam è già ad un passo dal robot.
«Ma
non lo vedi come sta?» Il minore dei Winchester ha immediatamente
abbassato la guardia, quando si è reso conto delle condizioni
dell'androide. Non riesce più a preoccuparsi di salvaguardare la
propria incolumità, ora che ha constatato di prima persona che
Gadreel sembra seriamente necessitare di cure urgenti e tempestive.
«Se anche fosse riprogrammato, cosa pensi che potrebbe fare?»
«Meglio
non fidarsi...», insiste Dean, continuando a tenerlo sotto tiro.
«Forza, levati da lì.»
«Non
sparare!»
«Togliti
dalla linea di tiro, Sam!»
«Mettila
via! Ci penso io, adesso.» Sam è inamovibile, e continua a
intralciare la traiettoria per proteggere il robot – con estremo
disappunto di Dean. Gli si avvicina, mostrandogli le mani disarmate,
in cerca di un contatto... Anche se Gadreel sembra troppo stordito
per rendersi conto di lui e di quello che sta accadendo.
«Gadreel...
Ehi, Gadreel, mi senti? Sono
Sam... Gadreel, guardami...»
…
Può soltanto tentare di difendersi.
Quando
si sente afferrare, istintivamente l'androide
scatta - non vuole tornare da Metatron, non vuole tornare nelle mani
di Taddeus, - cercando di colpire alla cieca. Ma ha appena il tempo
di provarci che subito qualcosa lo investe e lo colpisce forte, in
mezzo al petto, con una potenza tale da staccargli i piedi dal suolo
e scaraventarlo all'indietro.
Qualcuno urla qualcosa, ma Gadreel non sente quasi più
nulla. È come paralizzato.
L'impatto è
stato duro, e la botta che ha ricevuto gli ha lasciato addosso
l'impronta di una sensazione bruciante...
Il
colpo di grazia.
Il
robot annaspa, nel panico, cercando di portare le mani al petto per
capire cosa sia successo. Ma non riesce a coordinare i movimenti, ha
le dita addormentate e un formicolio insopportabile si estende dalla
testa ai piedi, come se avesse assunto un forte anestetico. I
pensieri deragliano all'improvviso
- per la paura, la debolezza e il dolore.
Si
sente sempre meno presente, sempre più
lontano...
«Dannazione,
Dean! Ti avevo detto di non sparare!»
«Ma
ti stava attaccando! Non è
in grado di riconoscerti, Sam!»
Il
fratello maggiore abbassa l'arma, mentre il minore si inginocchia
accanto al corpo del robot disteso sull'asfalto.
«Gadreel...»
L'umano si china
sull'androide, prendendolo tra le braccia. Lo tocca con estrema delicatezza,
nell'irrazionale timore di
potergli fare male semplicemente esercitando una lieve pressione in
più. «Gadreel,
ehi, guardami...», lo
incita, voltandogli gentilmente il viso per poterlo osservare.
L'androide trema e brucia. Ha
gli occhi annebbiati, tra le palpebre socchiuse, e geme debolmente
dalle labbra pallide. Sfiorandolo, Sam percepisce la ruvidezza di
un'imperfezione sotto il
pollice, scoprendo un taglio che parte dall'occhio sinistro e gli
apre lo zigomo. Qualcuno lo ha colpito... E anche questo è
tutta colpa mia, pensa
l'uomo, sentendosi sprofondare.
«Non
voglio, non voglio... Non voglio...»
Sam
deve avvicinare l'orecchio alle sue labbra, per capire le parole che
il robot continua a farfugliare, con un filo di voce, agitandosi in
evidente stato confusionale. Un ruscello spontaneo di lacrime scorre
dagli angoli degli occhi grigioverdi, arrossati e allucinati. «Non
voglio--»
La
sofferenza non dovrebbe appartenere a quel tipo di creature, pensa
Sam. È una prerogativa delle persone, e non delle macchine. Eppure,
così tremante e vulnerabile, Gadreel sembra più umano di quanto
dovrebbe, e Sam lo stringe un po' di più a sé, ingabbiandolo tra le
braccia a facendogli posare la testa sulla propria spalla.
«Mi
dispiace... È tutta colpa mia...» L'uomo cede all'istinto di
accarezzargli teneramente i capelli e il viso, premergli un
bacio sulla fronte calda. Vorrebbe poter tornare indietro e agire
diversamente, evitargli tutto questo dolore... Essere onesto con lui
e con sé stesso, non
comportarsi mai più in
maniera così egoista come ha fatto.
Il
rumore secco della portiera che sbatte, e Dean si avvicina ai due con
passi misurati, cauti. Ora sono tutti e tre inquadrati dalle lunghe
luci dei fari dell'Impala - unico chiarore su quella strada
abbandonata.
«Come
sta? Portiamolo all'istituto. Charlie e Kevin lo rimetteranno a
nuovo...», dice il maggiore, senza riuscire a stabilire in alcun
modo la gravità della situazione. Non è lui che si occupa di queste
cose. Ma Charlie e Kevin sono riusciti a compiere veri e propri
miracoli con i loro androidi...
Sam
scuote la testa. «Ho paura che sia troppo tardi...», mormora, senza
smettere di accarezzare e guardare l'androide. Teme davvero che ogni
istante possa essere l'ultimo
- e che, se distoglierà lo sguardo anche solo per un brevissimo
attimo, quando tornerà a posare gli occhi sul viso del robot, lo
vedrà fermo... Immobile.
Ma
Dean insiste, lo scuote per una spalla, incitandolo a non darsi per
vinto.
«No
che non è tardi!»
Il fratello maggiore si guarda attorno, sincerandosi che la loro
presenza, e la breve confusione che hanno sollevato, non abbia
attirato le guardie di Metatron nelle vicinanze. «Non
possiamo restare qui... Forza, andiamo, portiamolo via.»
…
Luci rosse e viola dietro le palpebre chiuse. Adesso non c'è
più nemmeno la terra...
Forse qualcuno lo sta sollevando, o forse sta solo sognando tutto. Ma
gli androidi sognano, poi?
Gadreel
non lo sa. Tutto ciò che sa, tutto ciò che importa, è
quel lieve contatto che ha percepito, pochi istanti prima. Caldo,
delicato. Gentile... E pieno di rimorso. Ma confortante... Una
sensazione familiare.
Qualcuno
lo ha toccato, ma senza cattive intenzioni. Che fossero carezze,
quelle che ha sentito addosso?
Gadreel lo spera davvero. Spera che qualcuno possa riuscire a
perdonarlo, che possa aver pietà di lui nonostante abbia fallito in
ogni singola azione che compiuto – che ha provato a
compiere...
Quel
fantasma di carezza è
l'ultima cosa a cui l'androide pensa, prima che tutto si spenga all'improvviso.