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Autore: Soul Mancini    22/07/2016    12 recensioni
Martina aveva desiderato tanto quel cellulare! In fondo a otto anni ci si sente già abbastanza grandi per certe cose.
Ma l'ingenuità dei bambini è pericolosa, spesso li porta a dare fiducia alle persone sbagliate.
Ed è proprio dietro quel piccolo schermo, capace di incantare grandi e piccini, che inizia l'incubo.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ReggaeFamily

Chatty



Martina si svegliò di soprassalto, mettendosi subito a sedere sul suo lettino.

Era arrivato l'8 maggio, il giorno del suo compleanno e lei non aspettava altro! Aveva compiuto otto anni ed era davvero curiosa di sapere cosa i suoi genitori le avessero regalato.

Da un paio di mesi chiedeva insistentemente un cellulare – il suo primo cellulare – perché alcuni suoi compagni di classe ne avevano uno e lei non poteva permettere di rimanere indietro.

Martina voleva un cellulare di quelli belli, che hanno l'aria di valere tanto e si usano premendo le dita sullo schermo, così avrebbe potuto anche lei parlare con gli altri bambini, ricevere quei video scemi che le facevano vedere sempre in classe e giocare a tantissimi giochi.

Così saltò giù dal letto e corse nella camera dei suoi genitori.

Mamma, papà! È il mio compleanno!” gridò non appena si ritrovò sulla soglia.

I suoi genitori si svegliarono di soprassalto, spaventati dal grido della bambina.

Buongiorno Martina... tanti auguri!” biascicò sua madre, mentre lei si tuffava nel grande letto matrimoniale, tra le braccia di suo padre.

Dopo essere stata coccolata per qualche minuto, Martina non resistette più e domandò: “Papà, che cosa mi hai comprato?”

Lui si alzò dal letto, seguito poi dalla moglie, e disse a sua figlia di recarsi in cucina, dove lui l'avrebbe raggiunta con il regalo.

Martina scese le scale e si sedette su una sedia, impaziente di sapere se il suo sogno era stato realizzato.

Ma lei già sapeva che avrebbe ricevuto un cellulare: quando lei chiedeva qualcosa le veniva subito data. A volte i suoi genitori le negavano qualcosa, ma a lei bastava fare un po' di capricci e gridare e loro subito cedevano.

Poco dopo sua madre e suo padre entrarono nella stanza con un pacchetto rettangolare stretto tra le mani.

Martina se ne impossessò con uno strattone, per poi strappare la carta ed esaminare la scatola che si ritrovava in mano.

È un cellulare, uno smartphone tutto mio! Sì, non vedo l'ora di andare a scuola e far vedere ai miei compagni quanto è bello!” esultò la bambina, fiondandosi sul suo regalo senza neanche ringraziare i suoi genitori.

Loro non ci fecero tanto caso: si sedettero a tavola per la colazione, contenti che la bambina aveva qualcosa che la tenesse impegnata. Almeno non avrebbero dovuto stare dietro alle sue grida e ai suoi capricci.


Martina era proprio contentissima. In quei giorni stava imparando a usare il suo telefono e le sembrava di poter controllare tutto il mondo con quel piccolo aggeggio in mano.

I suoi compagni erano rimasti sorpresi e ora tutti le stavano intorno e le chiedevano se potevano giocare con il suo cellulare. Ma lei non lo prestava a nessuno perché ne era troppo gelosa, e poi le piaceva essere pregata dagli altri.

Giuditta, la sua compagna di banco che aveva un iPhone, le disse che per essere davvero alla moda doveva farsi i selfie.

E che cosa sono i serfie?” aveva chiesto Martina, confusa.

Si dice selfie, con la L, scema! Devi farti una foto da sola, con la telecamera interna! Guarda come faccio io! Se li fanno tutte le femmine e poi li fanno vedere agli altri!” aveva spiegato Giuditta, mentre inquadrava il suo viso e scattava una foto dopo l'altra.

Così anche Martina aveva preso il suo telefono e aveva seguito le istruzioni della sua compagna.

Prima di scattare, aveva osservato i suoi capelli lisci e lunghi color miele, gli occhi talmente neri che non si riusciva a trovare la pupilla e le sue guance tonde e rosse.

Sono proprio bella!, aveva pensato, mettendosi in posa come una star.


La scuola stava per finire e Martina non riusciva proprio a capire i suoi compagni. All'inizio loro volevano sempre stare con lei e vedere i giochi del suo smartphone, ma dopo qualche giorno avevano cominciato a dire che lei era antipatica e smorfiosa, che non voleva mai giocare con loro, e allora l'avevano lasciata sola.

Ma a lei non importava.

Un giorno, mentre cercava qualche nuovo gioco da scaricare, ricevette un messaggio un po' strano da un numero che non conosceva.


Ciao, ti stavo cercando :)


Il cuore di Martina prese a martellarle forte nel petto.

Lei sapeva che agli sconosciuti non bisogna mai rispondere perché potrebbe essere pericoloso.

Ma lei era una bambina coraggiosa, voleva scoprire chi le aveva mandato quel messaggio.

Così rispose:


Ciao chi sei?


Mi chiamo Giulia e ho 9 anni... sto cercando una persona con cui giocare, tu come ti chiami?


Visto? È una bambina come me, pensò Martina tranquillizzandosi. Era una bambina che voleva un'amica, proprio come lei!

Avere un'amica a distanza era una cosa molto emozionante, una cosa da grandi; l'aveva visto una volta in un programma che si chiamava Catfish ed era incredibile che adesso stesse succedendo proprio a lei!

Così salvò il numero di Giulia e rispose al messaggio, piena di entusiasmo.

Mentre digitava, non si chiese minimamente come avesse fatto quella bambina a trovarla.


Io mi chiamo martina e ho 8 anni.. sono molto contenta che mi hai mandato questo messaggio, certo che possiamo giocare insieme ;) ;) ;)


Che bello Martinaaa! Allora ti chiamo Marty e siamo amiche, tu chiamami Giuly!!! Adesso però mi devi raccontare: in che classe sei? Hai tanti amici?


Io vivo in una casa bellissima e grandissima con i miei genitori che mi comprano tutto quello che voglio, sono in seconda elementare ma secondo me sono troppo intelligente e poi tutti i miei compagni mi vogliono e vogliono giocare con il mio telefono nuovissimo che è meglio degli altri XD


Così Martina continuò a parlare con Giulia e ben presto si rese conto che era davvero simpatica.

Ogni giorno si sentivano e si mandavano un sacco di foto e video divertenti, poi parlavano un sacco e Martina le raccontava un sacco di cose.

Giulia le disse che lei non era così fortunata: i suoi genitori non le volevano bene e l'avevano abbandonata e i suoi compagni di scuola la escludevano e la mandavano via quando si avvicinava a loro per giocare.

Sei fortunata ad avere tutti i giochi che vuoi” le aveva scritto.

A Martina dispiaceva e le prometteva che un giorno l'avrebbe invitata a casa sua e avrebbero giocato insieme; le avrebbe anche prestato i suoi giochi, ma non troppo perché erano suoi.

La bambina però non rivelò ai suoi genitori e a nessun altro adulto l'esistenza della sua nuova amica: sicuramente loro non avrebbero approvato e l'avrebbero costretta a smettere di parlare con Giulia.

Invece amava vantarsi con i suoi compagni di avere un'amica a distanza. Tutti la guardavano con ammirazione quando lo raccontava, anche se alcuni non le credevano e la accusavano di essere solo una bugiarda.

Martina rispondeva loro a tono: “Siete gelosi perché io ho un'amica che vive lontana e voi no! Io faccio un sacco di cose da grandi e voi siete bambini piccoli e capricciosi!”

Un giorno Giulia le chiese:


Ma perché litighi sempre con i tuoi amici? Devi pensare a giocare con loro e basta. Io non ne ho e mi sento così sola...


Non devi stare sola, anche tu devi giocare con gli altri bambini e poi i miei amici tornano sempre da me a chiedermi scusa anche se litighiamo


Gli altri bambini non mi vogliono :(


Perché?????


Hanno detto che sono strana e pericolosa. Non è vero, io non sono pericolosa!!! Quando li abbraccio mi dicono che gli faccio male ma io non voglio, io voglio solo giocare...


Un brivido percorse la schiena di Martina, ma nemmeno lei si seppe spiegare perché. Sapeva che Giulia non era affatto pericolosa, era una bambina simpatica e dolce, però quella parola le faceva un po' paura.


Sono gelosi perché tu sei meglio di loro


Marty, lo vuoi sapere un segreto?


Certo


Mi hanno rinchiuso in un collegio, quello dove si mandano i bambini cattivi, però assomigliava di più a un ospedale. Io non avevo fatto niente di male, forse i miei genitori mi avevano mandato lì perché non mi volevano più, allora io sono scappata


Martina rimase interdetta per qualche secondo, a fissare lo schermo senza realmente vederlo. Quella storia era incredibile e stava a significare solo una cosa: Giulia era stata davvero coraggiosa a fare una cosa del genere e si era difesa perché l'avevano punita per qualcosa che non aveva fatto.

Glielo scrisse, aggiungendo che anche lei voleva diventare così coraggiosa.


Era un afoso pomeriggio di fine giugno e Martina si stava annoiando. Era a casa, sul divano in soggiorno, e giocava con il suo telefono.

Con questo sole luminoso avrei voluto andare al parco a giocare con i miei amici, pensò con uno sbadiglio.

Alla tv si parlava di una bambina scomparsa da un mese e mezzo, così afferrò il telecomando e la spense. Da settimane ormai non si faceva che parlare di questa storia e lei si era stancata. A lei non importava.


Marty, io mi sto annoiando tantissimo, ho voglia di giocare con qualcuno


Questo fu il messaggio di Giulia che la riscosse dal torpore.


Anche io...


Cosa ne dici se vieni da me per giocare insieme?


Lei ci pensò su. In fondo cosa aveva da perdere?

Sarebbe stata l'occasione giusta per fare una passeggiata all'aria aperta e conoscere Giulia di persona. Però le venne in mente che forse abitavano troppo lontano e non ci sarebbe potuta andare a piedi.


Ma giuly... e se abitiamo lontane????


No, non abitiamo lontaneee e se vuoi mentre vieni da me parliamo al telefono, così ti tengo compagnia e ti dico dove devi passare!!


Okkk io mi fido di te ma aspetta che mi devo preparare e poi i miei genitori non lo devono sapere che sto uscendo


Mentre si teneva in contatto con Giulia, la bambina raggiunse in camera sua e prese uno zaino.

Cosa devo metterci dentro?, si chiese, mentre spostava lo sguardo da una parte all'altra della stanza.

Alla fine optò per una giacca, una bottiglia, un paio di merendine e, ovviamente, il suo adorato cellulare.

I suoi genitori probabilmente si trovavano al piano di sopra, così uscire senza essere vista fu per lei molto facile: camminò in punta di piedi per il corridoio e aprì il portone d'ingresso più lentamente possibile.

Una volta fuori, corse come una pazza fuori dal giardino e percorse tutta la strada, finché non svoltò l'angolo e si appoggiò al muro per riprendere fiato.

L'adrenalina le scorreva nelle vene e si sentiva una vera ribelle. Era stata davvero brava! Ora non rimaneva che mettersi in viaggio.

Spiegò a Giulia dove si trovava e lei le indicò la strada da seguire, promettendole che l'avrebbe chiamata entro qualche minuto.

Martina camminava sotto il sole cocente lungo vie che non aveva mai visto, con il cellulare costantemente in mano, in attesa di una chiamata della sua amica.

Dopo circa dieci minuti si accorse che si stava addentrando in una strada di periferia, in una zona in cui i tanti alberi sovrastavano le poche abitazioni rustiche.

Eppure era sicura di aver seguito meticolosamente le indicazioni.

In quel momento il cellulare prese a squillare.

Pronto Giuly, sono io!” rispose Martina con entusiasmo.

Ciao Marty” rispose una voce infantile in tono basso, come se avesse paura di farsi sentire da qualcuno.

Sono così felice che tra poco ci incontreremo! Ma per quanto tempo dovrò camminare?”

Un po', ma ci sarò io a tenerti compagnia e ti sembrerà di meno!”

Va bene. Io adesso sono in una strada di periferia, dove ci sono poche case. Mi sono persa o no?”

No, non ti sei persa. Adesso devi andare dritta, poi troverai un'altra strada a destra, dove c'è un cartello, e dovrai girare lì.”

Le due continuarono a chiacchierare del più e del meno, di cose da bambine: giocattoli, compiti e cartoni animati. Martina raccontò qualche episodio accaduto a scuola, quando la classe si metteva d'accordo per fare scherzi ai maestri o tutti insieme li prendevano in giro.

Intanto i minuti volavano e Martina continuava a calpestare terreni sconnessi, polvere e foglie secche. Sotto le indicazioni di Giulia stava attraversando sentieri di un bosco in cui era stata poche volte e di cui non conosceva niente. Si guardava attorno e scorgeva alberi dalle fronde irraggiungibili, cespugli colmi di spine e pietre da evitare per non ruzzolare a terra. Intanto le sue gambe erano sempre più stanche: non sapeva da quanto tempo stesse camminando ininterrottamente.

Anche se non sapeva dove si trovava, non aveva paura perché Giulia la rassicurava e le prometteva che insieme si sarebbero divertite. Lei sapeva la strada e non avrebbe permesso che si perdesse.

Erano amiche e si volevano bene.

A un certo punto si accorse di un fruscio lontano, dolce e irregolare, e lo riconobbe subito.

Giuly, ma sono vicino a un fiume! C'è un fiume qui, lo sento!” esclamò, saltellando per la gioia.

Sì, è alla tua sinistra” confermò l'altra bambina.

Che bello! Allora mi avvicino e mi fermo un po' a riposare, sono troppo stanca e non ce la faccio più a camminare.”

Certo che ti devi riposare! Ma non per troppo tempo, altrimenti ci metterai un sacco ad arrivare da me!”

Martina si diresse verso il piccolo fiume con il respiro regolare di Giulia nell'orecchio. Quando arrivò al corso d'acqua, rimase a fissarlo per qualche secondo, incantata, poi si accomodò su un masso vicino alla riva e cominciò a divorare le merendine che aveva messo nello zaino.

Questo bosco è bellissimo, sembra uno di quelli delle fiabe! Però ho un po' paura di perdermi” ammise la bambina.

Non devi avere paura, ci sono io che ti dico dove devi andare! Però mi devi promettere che non ti arrenderai e non ti fermerai in mezzo al bosco. Non voglio che tu resti da sola lì.”

Martina promise e dopo dieci minuti riprese il suo cammino.

Il viaggio procedeva normalmente, ma ben presto la bimba si stancò di camminare. Non ne poteva più, era stanca e non sapeva dove era finita. Voleva tornare a casa.

Così scoppiò a piangere e si rannicchiò ai piedi di un albero.

Marty, che succede? Perché stai piangendo?” domandò dolcemente la voce al telefono.

Io voglio venire da te, voglio conoscerti e che giochiamo insieme, però sono stanca e non ho più voglia di camminare! E poi non so dove sono e poi il sole sta tramontando e io ho fame e voglio tornare a casa!” mormorò tra i singhiozzi, mentre tentava di asciugarsi le lacrime con una mano.

No, Martina! Lo so che è difficile, però non ti puoi fermare proprio adesso che stai per arrivare! Io ti vorrei abbracciare e se fossimo state insieme, sarebbe stato meno faticoso, però ti devi fidare di me! Io non voglio che tu ti perda in mezzo al bosco!” cercò di consolarla Giulia teneramente.

A Martina parve quasi di poter sentire le carezze e l'abbraccio della sua amica mentre la confortava; questo le diede nuovamente la forza per andare avanti, anche perché non poteva stare nel bosco tutta la notte.

Così, dopo essersi calmata e aver fatto un paio di respiri profondi, si rialzò e riprese a camminare.

Ormai il sole faticava a illuminare il sottobosco e l'aria cominciava a farsi più fresca.

Martina era affamata e si stringeva la giacca intorno al corpo, come se essa potesse difenderla da qualsiasi pericolo.

Mentre i suoi lunghi racconti si riducevano a monosillabi strascicati e gli ultimi pallidi raggi cedevano il posto alle tenebre, Giulia continuava a ripetere che ormai c'era quasi e che doveva resistere.

Io... non vedo più niente...” mormorò Martina, cercando di non inciampare.

Di colpo il respiro di Giulia si fece più pesante. “Martina...” sospirava, ansimante.

Cosa sta succedendo?” domandò lei allarmata, stringendo convulsamente il cellulare.

Aveva il cuore in gola e i suoi occhi vagavano da una parte all'altra, senza mettere a fuoco niente di preciso.

Dall'altro capo del telefono, Giulia continuava ad ansimare e a sussurrare il suo nome. Martina quasi poteva avvertire il respiro caldo e ormai irregolare dell'altra bambina, là dove invece era posizionato un telefono ormai scarico. Il suo nome sussurrato le sembrava un'accusa.

La comunicazione si interruppe con un suono acuto e prolungato, ponendo fine ai rantoli della voce all'altro capo.

Martina si rese conto finalmente della sua situazione: era da sola, a chilometri da casa sua, in un bosco, senza neanche un filo di luce.

A quel punto scoppiò a piangere disperatamente e pensava invano a una soluzione; i singhiozzi le squarciavano il petto e due lacrime troppo grandi le solcavano inesorabilmente le guance, pallide e tese.

I numerosi suoni del bosco la facevano sobbalzare: ora un qualche uccello notturno muoveva le chiome degli alberi su di lei, ora un animaletto impaurito scappava dietro un cespuglio.

Un fruscio più forte degli altri la fece immobilizzare all'improvviso, con gli occhi sgranati e il cuore che percuoteva la sua gabbia toracica all'impazzata.

Poi accadde tutto in un secondo.

Sentì un colpo alla testa, pari a un'esplosione, e qualcosa che la stringeva in tutto il colpo, togliendole il respiro. Opporre resistenza era inutile: qualcuno la stringeva in una morsa soffocante.

Martina non ebbe nemmeno il tempo di gridare: si ritrovò a terra, con la faccia schiacciata contro il suolo e la bocca piena di terra e polvere.

Ciò che l'aveva imprigionata la ribaltò e lei si ritrovò a pancia in su.

Non fu il colpo alla testa o la pietra sullo stomaco la peggior tortura, bensì il volto sfigurato che si ritrovò davanti.

Era un teschio senz'anima, dal quale pendeva qualche brandello di carne putrida. In cima il resto di alcuni capelli si intrecciava a ramoscelli, mentre dalle cavità oculari si dimenavano dei vermi bianchi, causa della decomposizione.

Quel cranio era attaccato a un corpo piccolo e ormai scomposto.

Ciao Marty,” sussurrò, con la stessa voce infantile e dolce di Giulia, “adesso che siamo insieme possiamo giocare.”

Martina avrebbe voluto gridare, dimenarsi, scappare e dimenticare l'accaduto.

E invece, dopo ciò, il vuoto.


Il giorno dopo nel bosco la polizia rinvenne due corpi appartenenti a due bambine, stretti in un abbraccio, come fossero due amiche.

Uno era quello di Martina, deceduta da poche ore, che portava sul volto un'espressione di terrore. La maschera che l'accompagnò verso la morte.

L'altro apparteneva a Giulia, la strana Giulia, una bambina scomparsa diverse settimane prima.

Giulia aveva un passato tremendo, che aveva riempito le pagine dei giornali per tanto tempo: era stata abbandonata all'età di cinque anni da suo padre, dopo essere stata violentata da lui.

Subito una famiglia decise di adottarla e di prendersene cura, sperando che riuscisse a superare il trauma e crescere come gli altri bambini; invece lei non si riprese mai del tutto e il suo passato ebbe varie ripercussioni sul suo comportamento: manifestò infatti diverse manie di persecuzione e sbalzi d'umore improvvisi; un attimo prima giocava amorevolmente con i suoi compagni e dopo diventava violenta, li picchiava e li insultava.

Giulia crebbe sola, senza amici.

Inoltre aveva un'altra particolarità: poteva passare ore intere davanti a uno schermo, qualsiasi cosa ci fosse raffigurato.

Un mese prima della sua scomparsa minacciò di morte la sua madre adottiva con un coltello. A seguito di questo fatto venne rinchiusa nel reparto di psichiatria infantile in una clinica.

Ma la bambina era imprevedibile: per tutta la sua breve permanenza nel reparto, architettò un modo per scappare e infine ci riuscì. Si nascose nel bosco, ma per varie settimane non venne ritrovata alcuna traccia.

Finché i genitori di Martina non denunciarono la scomparsa della figlia.

Nelle tasca dei pantaloni – ormai a brandelli – della piccola Giulia venne trovato un cellulare ormai distrutto e inutilizzabile.

Anche Martina era in possesso di un cellulare, ma il suo era ancora funzionante.

Quando il poliziotto lo afferrò, notò un messaggio ricevuto proprio quella notte.


G+M MAPS: Migliori Amiche Per Sempre


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Ciao a tutti! :)

Chi già mi conosce e mi segue, forse saprà che questo non è il mio primo horror: avevo provato a cimentarmi in questo affascinante genere, ma il risultato non era stato dei migliori. Nonostante ciò io non mi sono arresa e ho voluto riprovare a scriverne un altro a distanza di un po' di tempo.

Ringrazio tutti coloro che si sono fermati a leggere e che quindi hanno trovato interessante la storia (o almeno dal titolo e la trama è sembrata una bella storia, poi probabilmente si sono ricreduti XD)!

Vorrei fare una piccola precisazione sui messaggi: alcune frasi sono formulate in modo strano e a volte manca la punteggiatura, ma questo solo per imitare lo stile di scrittura delle due bambine (una era bambina, l'altra un po' meno, ma vabbè) e non perché l'autrice è ignorante (questo è tutto da vedere).

Ringrazio immensamente chi recensirà e chi mi darà il suo parere sincero. Ho bisogno davvero di molto aiuto per migliorare in questo genere e per questo spero di ricevere tante opinioni e critiche!

Grazie ancora per essere passati! :3

Soul ♥

   
 
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