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Autore: AlessiaCo    25/07/2016    1 recensioni
Era come se le loro labbra fossero state create per baciarsi in un solo modo, il loro
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- E questo che significa? -- L'ho fatto per non dimenticare - - Per non dimenticare che cosa? - - Che ho trovato il mio punto cardinale -
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ciao a tutti! Ecco qui un nuovo capitolo. Nella speranza di saziare le vostre menti, un bacio :)



ELYZA
 
 
.- Io sono Nyko, entrate – ci invitò l’uomo aprendo il catenaccio della recinzione dandoci la possibilità di metterci al sicuro. Alicia avvanzò per prima, superando tutto il gruppo e presentandosi con una stretta di mano. Rimasi come chiudi fila, osservando attentamente l’espressione bonaria assunta dall’uomo che, dopo le presentazioni, sembrò mutare completamente il proprio atteggiamento. Nonostante considerassi quell’evento, un vero colpo di fortuna, rimasi dell’idea che sarebbe stato meglio non abbassare la guardia.
La tenuta si estendeva a perdita d’occhio, la grande casa somigliava più a un vecchio rudere ristrutturato, ma sufficientemente grande da ospitarci tutti quanti. Tornai a osservare la rete perimetrale lungo il confine, soffermandomi sul punto in cui Jasper aveva conficcato lo zombie ancora intento a dimenarsi e contorcersi. – L’ho costruita insieme a mio figlio – mi disse avvicinandosi a me, notando il mio interesse verso quell’operato – Avete avuto un’ottima idea – risposi voltanto il mio sguardo verso di lui. – Andiamo dentro, non voglio che arrivino in massa – ci ordinò precedendoci verso il portico di casa sua.
 
Varcata la porta, l’odore di legno grezzo mi invase le narici. La maggior parte della mobilia, infatti, era costruita con materiali naturali e non mi sarei stupita di venire a sapere fosse stata realizzata dagli stessi proprietari. Il salone era completamente ricoperto di tappeti, molto probabilmente utili a non far produrre alcun suono dal pavimento scricchiolante, idea che trovai molto ingegnosa. Una signora di bella presenza ci diede il benvenuto, facendoci accomodare su comodi divani posti accanto a un piccolo angolo cottura. I forti raggi di sole che penetravano dalla finestra, misero in risalto la numerosa quantità di polvere presente nella stanza, e a quella vista annebbiata iniziai a non sopportare più la sporcizia attaccata alla mia pelle.  – Prego, accomodatevi, volete da bere? -. Ci chiese poggiando lo sguardo su ognuno di noi. Il solito sfacciato di Jasper non esitò ad accettare la gentile richiesta, chiedendo alla donna di riempire il suo bicchiere più volte.
.- Come ti sembra? – mi chiese Alicia portandosi a sedere di fianco a me – Vediamo cosa ci dicono – preferii rispondere prima di pronunciare sentenze.
 
.- ROAN! SCENDI – sentii urlare Nyko rivolto verso alle scale che portavano al piano superiore. Dopo pochi secondi un ragazzo barbuto, con aria misteriosa, fece capolino nella stanza. Per alcuni istanti assunse la stessa espressione del padre che ci rivolse momenti prima ma, vedendo l’aria rilassata dei genitori, prese coraggio nel parlare – Chi sono ? - - Fuggitivi -. Una strana emozione iniziò a pervadermi il corpo, i miei occhi si fossilizzarono in quelli celesti e freddi di quel ragazzo che, per nulla intimorito, decise di lasciarseli osservare a lungo. Sentirmi definire “fuggitiva” mi sembrò talmente bizzarro che non riuscìì a evitare a uno strano brontolio di uscire dalle mie labbra.
.- Non potete restare qui a lungo – disse il ragazzo portandosi a sedere su una grossa e ingombrante poltrona – Infatti non intendiamo rimanere per molto. Chiediamo solo asilo per questa notte. – rispose prontamente Alicia, offrendosi come portavoce. – Per me va bene, basta che non combinino guai -  rispose rivolgendosi al padre che aveva tutta l’aria di chi non sopportava quell’atteggiamento – Se volete scusarmi… io ho da fare – si congedò ripercorrendo le scale e lasciandoci la libertà di commentare il suo modo glaciale di porsi – Dovete scusarlo, è un bravo ragazzo, ma non ha passato momenti facili - - Non lo dica a noi – rispose Raven portandosi le mani al petto.
 
 
 
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Il mio orologio da polso segnò le 17:30 e involontariamente la mia mente volò ai bei pomeriggi dei mesi precedenti quando, a quell’ora, ero solita incontrare i miei amici per una bella bevuta al parco vicino casa. Quei momenti mi parvero così remoti che le scene fecero fatica a delinearsi nella mia memoria. Una volta sistemato il mio giaciglio per la notte, decisi di dirigermi nel porticato esterno alla casa, nella speranza di godermi un po’ di tranquillità in attesa che il resto del gruppo si fosse sitemato. Una vecchia seggiola a dondolo fu il richiamo perfetto per il mio corpo stanco e indebolito da quella faticosa giornata. Sospirando per il dolore delle mie membra, mi misi a sedere porgendo il mio sguardo verso il cielo. Ero solita guardare il cielo, mi era sempre piaciuto farlo. Ogni volta che ne avevo l’occasione mi dirigevo in un posto appartato, mi sdraiavo e restavo in quello stato per minuti interi. Il cielo mi faceva pensare, mi faceva pensare a cose belle e a cose brutte. Quel cielo che ogni giorno era diverso ma che in realtà era sempre lo stesso. Anche io ero diversa ma ero sempre la stessa. Assurdo  come il mondo intorno a noi sembrava non risentire della mancanza dei propri abitanti. In quel momento mi sentii talmente piccola e inutile che le mie braccia si strinsero instintivamente attorno alle mie spalle, facendomi assumere una postura infantile. – Sei qua – sentii dire da una pensierosa Alicia. Distolsi lo sguardo dal panorama, poggiandolo su una visione di gran lunga più soddisfacente. La guardai venirmi in contro con un sorriso genuino sul volto e, facendo molta attenzione, si posizionò sulle mie ginocchia, accovacciandosi tra le mie braccia. Fortunatamente, la robusta seggiola, riuscì a reggere entrambi i nostri pesi e io ebbi la possibilità di cullarla sul mio petto. Il leggero vento caldo iniziò a scompigliarle i capelli che, fastidiosamente, ritrovai sul mio viso poco sopra la sua testa. Nel tentativo di rimetterglieli in ordine, iniziai ad accarezzarli portandoglieli dietro l’orecchio. – Cosa stavi facendo ? - - Pensavo… - - Secondo te abbiamo fatto una sciocchezza a rimanere? - - Avevamo qualche altra scelta? – chiesi ripensando a Nyko con il fucile puntato verso di noi. – Domani dobbiamo dirigerci a sud - - Mi fido di te… io non me ne intendo. Ho sempre fatto fatica a orientarmi - - Com’è che dicevi…? “Non importa che direzione prendere… basta percorrere il proprio cammino insieme alle persone che ami” - - Direi che sono stata di parola – risposi abbassando il mio volto per incontrare i suoi occhi. Come quel cielo che non cambiava mai, anche la mia promessa non sarebbe mutata. Le avevo promesso che le sarei rimasta accanto e quello era tutto ciò che intendevo fare.
 
ALICIA
 
 Il modo in cui riusciva a farmi sentire importante era disarmante. Ogni frase che usciva dalle sue labbra suonava come una promessa a cuore aperto, e io non potevo far altro che imprimermele nella mente. Chiusi gli occhi, ascoltando la musica rituale del suo cuore e improvvisamente mi sentii a casa. Non ci sarebbe stato altro suono in grado di calmarmi come quello del suo battito, così regolare... Così profondo. Il suo profumo era mutato, portava ormai addosso parte del mio. I suoi occhi avevano smesso di intimorirsi nel cercare i miei. I suoi gesti...le sue attenzioni. Qualunque azione lei compisse io me ne sentivo parte. Era forse quello l'amore? Non mi ero mai innamorata di nessuno ma, prima di Elyza, non ci fu nessuno in grado di farmi provare anche solo una minima parte di tutto quello. Lei era la prima cosa su cui i miei occhi si posavano al mattino e l'ultima prima di andare a dormire. Oltre a illuminare le giornate, il suo sorriso rendeva luminosi i miei sogni. " Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo" mi chiesi non riuscendo a impedire al mio cuore di accelerare. La sua mano sinistra catturò la mia e, come tasselli,le nostre dita si incastrarono formando un pugno. - Hai delle dita lunghissime - constatò mettendomi leggermente in imbarazzo, pensando a un doppio senso che non riuscii a non immaginare nella mia testa - Sei tu che le hai piccole - la schernii osservando la sua mano a mia volta - Veramente la mia mano ha una misura nella media... Sei tu che sei geneticamente modificata - - Come se questa cosa ti dispiacesse... - dissi sicura di farle intendere ciò che desideravo. Questa volta fu lei ad arrossire e io trovai quel suo faccino talmente tenero che non resistetti nel baciarlo nella speranza di toglierle il colore rosso dalle guance. - Sei un'idiota-
 
.- Se voi due avete finito, vi devo parlare – mi voltai di scatto verso mio fratello, intento a osservarci con aria affaticata e,portandosi le mani suoi fianchi,godette anche lui di quella leggera aria fresca. - Ci sono problemi? - chiesi non capendo il suo atteggiamento. Mi alzai dal grembo di Elyza, facendo attenzione a non sbilanciarla troppo rischiando di farla cadere da quel dondolo traballante. - No, nessun problema. Ma questi tipi non mi piacciono, dobbiamo andare via il prima possibile - - Nyko non mi sembra una brutta persona. - - Lui no, il figlio un po’ meno - - Dai Nick, possiamo biasimarli? Sono già stati troppo gentili a ospitarci tutti - - Forse gli fa comodo - - Cosa vuoi dire? - domandò Elyza portandosi più vicina. Nick si strinse sempre di più, abbassando il volume della voce e tirandosi un occhiata dietro le spalle - Sono troppo calmi ragazze! Hanno addirittura avuto il tempo di costruire una recinzione - - Questa zona è raggiungibile solo via mare, è normale che non siano arrivati i militari qui. Non penso che lo vengano a disturbare - - Ok... Mettiamo che tu abbia ragione... Quanto possono sopravvivere qui? Cibo, acqua...  Di certo Nyko non mi sembra tipo da prendere la barca e rischiare di essere beccato in mare - - Forse hai ragione, lasciami tempo per riflettere e parlare con loro... Ora zitto che sta arrivando - dissi cominciando a sfoggiare un enorme sorriso verso l'uomo appena nominato.
.- Allora? Vi siete sistemati? - - Oh! Si sì certo! Grazie della vostra ospitalità - - Se non ci si aiuta tra di noi... - rispose portandosi vicino a Nick e allungando una mano sulla sua spalla - Dove siete diretti quindi ? - - In realtà non lo sappiamo. Dobbiamo trovare un modo per non tornare verso il mare, le acque ormai sono diventate meno sicure che la terra. - rispose molto sinceramente Elyza che, fino a quel momento, si era limitata a osservarlo in silenzio. - Che ne dite di parlarne tra di noi dopo cena? Devo aiutare mia moglie a cucinare, i miei figli diventano ingestibili quando sono affamati - - Figli? Pensavo ci fosse solo Roan - - No! Ne ho quattro, e uno in arrivo - ci rispose sorridendo e avanzando all'interno dell'abitazione.
Io rimasi un po’ interdetta, era sempre bello sapere che una nuova creatura sarebbe venuta al mondo, ma in che modo sarebbe cresciuta? Che vita potevano offrirgli date le circostanze? Trattenni i miei pensieri, notando gli occhi della donna su di me. I suoi zigomi pronunciati, la sua pelle scavata da qualche ruga, il suo colorito pallido,mi diedero l'impressione che non stesse passando una buona gravidanza. Posai i miei occhi sulla sua pancia pronunciata e mi chiesi come avevo fatto a non notarla prima e, guardandola portarsi la mano su di essa, non riuscii a trattenere un sorriso tenero.
 
.- Ciao... - Una ragazza mingherlina e dai mori capelli, entrò timidamente nella sala da pranzo. I suoi lineamenti dolci somigliavano a quelli della madre ma gli occhi chiari portavano lo stesso colore del padre. - Oh! vieni entra! Questa è mia figlia Maya - disse l’uomo invitando la ragazza a portarsi più vicina. Inutile dire che il primo a catapultarsi sulla poveretta fu Jasper che, con il suo solito sguardo sornione, si presentò con un baciamano degno di scena. Trovando quel comportamento familiare, cercai con lo sguardo mio fratello e mi stupii di trovarlo in un angolino, per nulla interessato alla nuova arrivata che aveva tutta l'aria di essere un bel tipetto. Alzai le spalle, infondo vedere Nick calmo mi faceva stare molto più tranquilla. - Forza, sedetevi - ci invitò la donna, ancora alle prese con i fornelli.
Fortunatamente Raven e Octavia non ci fecero passare per dei scansafatiche e, educatamente, aiutarono la famiglia a preparare la cena - E quindi avete un'orto - constatò Bellamy portandosi un grosso pomodoro sotto il naso per assaporarne il profumo - È sempre stata una passione di famiglia quella di coltivare. Una volta ci occupavamo soltanto di fiori, ma date le circostanze, abbiamo deciso di piantare qualcosa di commestibile - - È stata un'ottima idea per sopperire la fame! - commentò Monty addentando una carota. Nonostante i precedenti commenti di mio fratello, quelle persone mi parvero molto semplici e genuine. Negli occhi di Nyko e della moglie, potei leggere solo profonda speranza, speranza di avere giorno per giorno l'indispensabile per offrire ai propri figli una normale quotidianità. Ciò che ci stava offrendo quella famiglia non era soltanto un rifugio, ma era parte della loro sopravvivenza. Un po’ mi si strinse il cuore al pensiero di star attingendo al loro fabbisogno giornaliero. Avrei preferito rimanere a digiuna, piuttosto che privarli di qualcosa di così importante.
All'improvviso qualcosa di soffice mi sfiorò le mani, e a quel contatto fui costretta ad abbassare gli occhi. Una piccola bambina mi strinse l'anulare e il mignolo in un pugnetto e, non riuscendola a guardare in volto, mi misi in ginocchio per osservarla - E tu chi sei? - le chiesi sorridendole. Lei continuò a ciucciarsi il dito, mentre con l'altra mano strinse maggiormante le mie dita, come se non volesse lasciarle andare - Lulu - - Lulù? - domandai cercando di interpretare i suoi versetti. Lei mi fissò per un po’, poi scosse la testa in segno negativo e io mi accigliai non riuscendo a capire ciò che voleva dirmi - Si chiama Luna - disse di colpo un bambino dietro di me. - Io sono Aden - si presentò poi cercando di trascinare via la sorellina lontana da me.
 
ELYZA
 
La cena si concluse pacificamente. Durante il pasto avemmo modo di discorrere su quanto accaduto nelle città limitrofe e Nyko rimase sorpreso nell'udure in che condizioni versava il mondo aldilà della sua recinzione. Più passava il tempo e più mi chiesi se effettivamente quella famiglia avesse possibilità di sopravvivere.
In quella buia serata, a illuminare la stanza, furono le numerose candele che Alicia si offrì felicemente di accendere. Io mi accomodai sul comodo divano ad osservarla compiere i lenti movimenti, fin quando non finì di dar fuoco all'ultima miccia. Il suo volto soddisfatto appena concluse il suo compito, mi ripagó di tutto il tempo impiegato ad aspettare che finisse. Il suo viso, illuminato da quelle flebile e calda luce, mi parve un dipinto di qualche artista famoso dell'800. - Stai bene? - mi chiese rimettendo l'accendino in tasca. Io non risposi, ma rimasi con i miei occhi nei suoi, in attesa che mi raggiungesse. Il suo corpo non tardò ad accomodarsi di fianco al mio e il suo tepore iniziò a riscaldarmi. - Hey! - disse all'improvviso allungando le braccia davanti a se. Una piccola bambina le andò immediatamente in contro, posizionandosi fra le sue braccia in attesa di essere presa sulle ginocchia. Osservai la scena in silenzio, ma il cuore iniziò a palpitare all'impazzata. Quella sera ebbi modo di conoscere un nuovo lato di Alicia che pensavo non possedesse. Il modo in cui scherzó con la piccola, il suo sorriso materno, le sue braccia protettive, mi suscitarono uno strano sentimento che non riuscii a spiegarmi. - Non ti piacciono i bambini? - mi chiese notando il mio silenzio - Affatto, mi piacciono! Ma questa bimba sembra abbia preso la sua decisione - risposi solleticandole il pancino e facendola ridere.
 
 
 
.- Forza tutti a letto! - Urlò Nyko, incentivando il figlio minore Aden a prendere la sorellina e portarla su in camera. Luna, nonostante fosse troppo piccola per capire, iniziò a piangere contrariata nell'essere portata via dalle braccia di Alicia che si trattenne nel tenersela tutta per se. Maya intervenì, portandosi via i due fratellini, dopodiché il resto del gruppo ci raggiunse in sala per discutere su come si sarebbe svolta la giornata successiva.
.- Quindi non volete prendere il mare... - osservó l'uomo sedendosi nella poltrona di fronte al divano in cui eravamo poste. - No signore. Abbiamo vissuto in mare per un po' di giorni e quando pensammo di aver trovato la soluzione migliore per sopravvivere... - - Ho capito - rispose portandosi il volto tra le mani. Mi scambiai una veloce occhiata con Alicia che, come me, non riuscì a capire il perché di tutta quella preoccupazione per noi. Ero grata a quell'uomo per tutto l'interesse che prestava nei nostri confronti, ma non mi spiegai il perchè di così tanta inquietudine e afflizione. - Anche io volevo scappare. - iniziò a raccontare spostando lo sguardo verso Bellamy, Nick e tutto il resto del gruppo. - Più e più volte fui tentato di mettermi in marcia e lasciare questa casa. Per mesi ho studiato il mio piano di fuga, senza tralasciare niente. - - E perché non sei partito? - chiese Octavia interrompendolo - Perché scoprimmo della gravidanza di mia moglie. Io e Roan costruimmo quindi questa enorme recinzione attorno al nostro terreno. Fortunatamente, gli attacchi furono pochi e in breve tempo riuscimmo ad erigerla - - Il resto degli abitanti dove sono? - - Si sono tutti trasformati. La nostra casa è la più alta della zona. Per raggiungerla, come avete visto, bisogna compiere molte salite, quindi nessuno è mai venuto a infastidirci -. Guardai Nick assumere una faccia scocciata come se si sentisse preso in giro e io mi domandai se non avesse tutti i torti nel sentirsi così. Per quanto dessi ragione ad Alicia, i racconti di Nyko rimasero sempre sul vago, senza una reale spiegazione dell'accaduto - C'è solo un modo per andarsene da qui - - E quale sarebbe? - chiese Bellamy prendendo le redini del discorso. Nyko si alzò dal divano e lentamente raggiunse un piccolo mobiletto dove estrasse qualcosa dal cassetto - Questo... - rispose buttando un mazzo di chiavi a Bellamy che prontamente prese al volo. - Cosa sono? - - Le chiavi dei miei Pick-up -.  
Guardai prima Bellamy e poi Alicia che, come il resto del gruppo, rimasero in silenzio nella speranza di ricevere più dettagli - L'unico modo per andarsene da qui è mediante la campagna. Non ci sono strade, dovrete percorrere più di mille  miglia in mezzo al nulla -.
I suoi occhi si velarono di una patina di lacrime e, nonostante la presenza della moglie e di suo figlio, si lasciò andare a qualche debolezza. Lo guardai osservarsi intorno e senza chiedere il permesso uscì verso la terrazza in cerca molto probabilmente di una boccata d'aria. Noi rimanemmo per alcuni istanti fermi nelle stesse posizioni. Non potevamo di certo capire quali fossero le vere ragioni che lo portarono ad affidarci l'unico suo mezzo per lasciare quel luogo. Un forte suono risvegliò i miei pensieri e con la coda dell'occhio notai Roan prendere a pugni lo stipite della porta, per poi dirigersi verso le sue stanze. Ci sentimmo tutti a disagio, non pensavamo di recare un così gravoso danno a quella famiglia, e di certo non ci saremmo aspettati tutto ciò - È meglio che vada a parlargli - mi disse Alicia sfiorando il mio braccio prima di recarsi anch'essa fuori.
Osservai la sua figura longilinea dirigersi verso l'atrio, fino a scomparire dietro l'angolo nascondendosi alla mia vista - Che facciamo ? - Raven e Bellamy si fecero spazio tra i cuscini fin quando non mi giunsero vicini in modo da discutere a voce bassa intanto che gli altri distraevano la moglie e la figlia con futili chiacchiere - Aspettiamo Alicia - - Da quando in qua non pensi con la tua testa ? - - Vacci piano con le parole Bel - Il mio sguardo diventò improvvisamente duro tanto che sentii i miei muscoli facciali irrigidirsi. Ok... Forse ero stanca e nervosa, ma il suo modo di rivolgersi mi fece andare su tutte le furie - Alicia ce la sta mettendo tutta per non incombere in qualche spiacevole equivoco e se non fosse stato per il suo modo gentile di porsi con loro, forse non saremmo qui ora. - - Non intendevo offenderla - - Lo so, volevi offendere me. Ma sappi che in un modo o nell'altro le cose sono cambiate, io sono cambiata. E se la sua presenza ti dà fastidio sei libero di parlarne con lei o andartene - Guardai la sua mascella serrarsi visibilmente tanto che Raven indietreggiò con il corpo timorosa che potesse succedere qualcosa da un momento all'altro. Io continuai a reggere il suo sguardo cercando di essere il più dura possibile. Conoscevo Bellamy, e sapevo anche che qualcosa, dall'arrivo di Alicia, l'aveva turbato. Le occasioni per parlarne ce ne furono, ma naturalmente non avevo intenzione di discuterne in un momento così delicato. Bellamy doveva capire che "La bella Tenebrosa", come erano soliti chiamarla, era ormai parte della mia vita, e di certo non mi sarei preclusa la possibilità di essere felice.
 
ALICIA
 
Dei leggeri singhiozzi mi giunsero alle orecchie e in un secondo mi ritrovai davanti a una persona completamente vulnerabile. Per quel poco che potei conoscere Nyko, non mi sarei mai immaginata che si sarebbe messo a piangere davanti a dei ragazzini. Le sue spalle ricurve nascosero per un momento il suo viso rigato dalle lacrime e, prima di far notare la mia presenza, preferii attendere qualche istante per lasciargli un poco di libertà - Tutto bene? - chiesi quindi avvicinandomi a lui e poggiandomi con i gomiti sulla balconata di legno. - Dovete perdonarmi. Ma sono realtà dure da digerire - - Non posso che darti ragione. In realtà nutro stima nel modo in cui accudisci la tua famiglia - - Non dovresti, sono solo un vigliacco - - Perché dici questo? - lo guardai asciugarsi il suo viso ancora umido e vagare con lo sguardo su tutto il mio corpo. Il suo modo di studiarmi però, non mi diede fastidio... Anzi, per un breve tempo mi chiesi se mi stesse guardando per la prima volta. - Guardati... Sei una ragazza poco più che maggiorenne, credo... E sei stata in grado di porti davanti al mio fucile nel tentativo di salvare il tuo gruppo, senza pensarci due volte, sei coraggiosa. - Disse tutto d'un fiato portandosi sempre più vicino - E invece guarda me ora. Un uomo grande e grosso che non fa nulla per portare la propria famiglia in salvo. Voi avete molte più carte in regola di me per lasciare questo posto - Rimasi in silenzio, colma dal fiume di parole con cui mi inondò il petto. Se le circostanze fossero state differenti, avrei chiesto e insistito per farli venire via con noi - È per tua moglie che rimani, non è vero? - domandai puntando lo sguardo altrove per non farlo sentire in imbarazzo - La mangerà da dentro se non fai qualcosa - continuai portandolo di fronte alla realtà dei fatti - Nessuno di noi avrà vita lunga. Ormai è una settimana che sente il bambino muoversi in maniera anormale. Se lei si trasformerà a causa del feto... Io accetterò il morso che mi inliggerà, e così il resto dei miei figli - - Concedi loro di venire con noi - - No! - urlò quasi minacciandomi. Il suo modo di comportarsi era davvero ambiguo e antitetico. Da una parte c'era l'uomo protettivo che si dava da fare per non far mancare nulla ai propri figli e dall'altra una persona arrogante ed egoista, che costringe la propria famiglia a rimanere inerme e accettare i fatti come avvengono. Quale uomo è così pazzo da non dare una possibilità diversa ai propri figli, piuttosto che farli divorare da quel maledetto destino che, prima o poi, sapevano sarebbero stati costretti a vivere. - Accetta la mia offerta Alicia. Prendi i due Pick-up e vai via. - - Se le cose stanno così, lo farò - - Andate in New Mexico, precisamente a Puerta de Luna, li troverete mio fratello Marcus, lui vi darà sicuramente una mano - - Era lì che volevi andare con la tua famiglia? - - Si... ma come ho detto, non abbiamo vita abbastanza lunga per raggiungerlo -
 
 
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Dormire in sala da pranzo fu una delle soluzioni più ottimali che trovammo.La casa, anche se grande, non riusciva a ospitarci tutti nelle stanze da letto. Io, Eliza, Raven e Octavia decidemmo di accomodarci sul tappet, buttando qua e in la coperte logore da usare come poggia testa.
.- Hey –
.- Hey –
Appena entrai nella sala il suo dolce sguardo non tardò a trovarmi, invitandomi a recarmi velocemente accanto a lei. Fortunatamente, la tiepida luce delle candele che accesi momenti prima, mi diedero la possibilità di non inciampare sul mio cammino e non svegliare le nostre amiche già crollate dalla stanchezza . Mi accovacciai al suo fianco, rimanendo faccia a faccia per poterla osservare fin quando i miei occhi non si fossero chiusi. Una cosa che mi lasciava sempre senza fiato era con quanta facilità i nostri corpi si cercavano si incastravano perfettamente. I suoi occhi mi osservarono in silenzio, lucidi e stanchi. Guardai il suo sguardo soffermarsi sulle mie labbra, causandomi un'imminente voglia di assaporarla. Senza compiere nessun movimento, fu lei a chiudere la distanza,e io mi lasciai cullare dal suo bacio dolce. Sentii la sua lingua chiedere permesso, cosa che concessi subito,incapace di pensare razionalmente. Forse, se non fossimo state ospiti e se non avessimo avuto le ragazze accanto a noi, avremmo fatto nuovamente l'amore. Quanto desideravo sentirmi come quel giorno... Soddisfatta, amata, desiderata. Per quanto ancora dovevamo sottostare a una vita incompleta? Egoista nel concederci momenti tutti nostri, momenti fatti della mia pelle sulla sua, fronti bagnate e menti annebbiate. Il respiro irregolare, le pupille dilatate, sapevo che avrei dovuto dare un freno a tutto quello, ma perché dovevo sempre essere io quella forte? Presi il suo viso fra le mani, obbligandola a staccarsi da me e a guardarmi. Riprese fiato e io sentii il suo respiro raffreddarmi le labbra ancora calde dal suo bacio - Mi manchi... - le sussurrai sicura che lei avrebbe capito quante parole in realtà ci fossero racchiuse in quelle due. La osservai puntare i gomiti al lato della mia testa per allontanarsi ancora un po’ e, solo in quel momento, mi resi conto averla già su di me. - Anche tu mi manchi Alicia - mi rispose prima di donarmi un nuovo bacio, molto più casto, e rimettersi nella precedente posizione. - Scusa... - mi disse sistemandomi i ciuffi ribelli e lasciando carezze sul mio viso - Non devi scusarti. “Se non ricordi che Amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato” - - Di chi è? - - Shakespeare – risposi vergognandomi della mia citazione – Quale follia hai compiuto Alicia? - - Mi sono innamorata di te -
 

 
  
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