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Autore: innocent_wolves    25/07/2016    2 recensioni
Gerard è un abile mago, responsabile di gran parte del successo della famosa nave da crociera Envison Destiny. È anche una di quelle persone... Insomma, una di quelle persone che sembrano assorbire tutto lo spazio che le circonda con la propria arroganza e sicurezza. Non toccheresti la loro personalità neanche con un bastone lungo tre metri, ma la gente le adora comunque.
Questo non riguarda Frank. Lavorando dietro ai banconi dei bar della nave e vedendo Gerard quasi ogni giorno, non riesce a capire cos’abbia di tanto fantastico. D’altro canto, nessun altro deve sopportare i suoi commenti maliziosi o considerazioni strafottenti. Perché se c’è una cosa che Gerard sembra amare, è infastidire continuamente Frank.
[traduzione]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Envision the Magic

 
XIII

 
Il suo treno di pensieri lo portò di nuovo al mondo reale e poi più o meno lo fece tornare nel presente, alla sera prima. Pensò a Gerard di fronte a lui, quella figura triste che non era per niente sembrata Gerard. Immaginare quella scena faceva ancora battere il suo cuore con uno strano tipo di sfumatura amara, un dolore sbiadito difficile da comprendere. Rifiutarlo era stata la cosa giusta da fare dopo che gli aveva aperto così il proprio cuore? Frank si rigirò su un fianco, il letto cigolò. Guardò fuori dal piccolo oblò, non vide altro che il cielo azzurro. Va bene, forse era stata una mossa da stronzi ma si era detto di averne avuto abbastanza.
 
E lo pensava, lo pensava davvero; Gerard aveva sempre continuato a recitare la sua strana versione di al lupo al lupo, giocando con tutti i livelli della scala delle emozioni umane. Era andato dal prendersi gioco di lui al baciarlo. Era stato arrabbiato e minaccioso e sarcastico. L’aveva ignorato completamente. Se n’è persino andato, senza alcun tipo di preavviso. In altre parole, si era comportato in modo ridicolo per tutto quel tempo, e per completare l’opera, aveva deciso di girare del tutto la situazione dicendo di essere sinceramente dispiaciuto. La parte peggiore era che sembrava intenderlo sul serio.
 
Frank non era sicuro su niente e alla fine sbollì così. Non era sicuro se Gerard lo stesse facendo perché era confuso e semplicemente non riusciva a capirsi, o perché avesse qualche problema. Forse qualcosa in lui si era rotto ad un certo punto, rendendolo incapace di farlo agire come qualsiasi altra persone razionale, di buon senso, avrebbe fatto; forse era questo, ai suoi occhi, ciò che significava usare il buon senso. Per quel che ne sapeva poteva essere solo un altro trucco; sicuramente non poteva essere certo che non lo fosse. Quel tizio era un bravo attore, l’aveva detto lui stesso. Frank percepì un’ondata di irritazione attraversarlo e sostare nel suo stomaco. La lasciò fare per un po’, permettendole di diffondersi ed impregnarsi, prima di appallottolare la mano e girarsi per dare al cuscino un pugno infastidito.
 
“Razza di fottuto idiota” borbottò. “Perché rendi tutto così fottutamente difficile?”
 
Ricadde sul cuscino e si trascinò la mano per la faccia. Non sapeva a chi fossero state rivolte quelle parole; Gerard o se stesso. Frank non aveva problemi di fiducia, ma era pur sempre un essere umano; tutti gli esseri umani hanno paura di venire feriti, no? La prima cosa che gli venne in mente fu che volesse solamente riuscire a mettere a repentaglio la propria fiducia senza doversi preoccupare di possibili ferite. Se solo avesse potuto esserne certo.
 
Sospirò. Più di una volta si era sorpreso a sperare di essersi innamorato di Lisa invece. Sarebbe comunque stato un problema ma per qualche motivo sembrava uno più facile da risolvere. Era solo un altro di quei Se solo nella sua vita. Ma ovviamente, tra tutte le persone del mondo doveva andare ad innamorarsi di qualcuno come Gerard Way. Non importava quanto arrabbiato o urtato o disgustato con se stesso fosse; si era innamorato, non avrebbe avuto senso negarlo. Avrebbe potuto strisciare via da lì se avesse voluto ma avrebbe impiegato anni. Era solo l’aspetto di essere insicuro che continuava a perseguirlo, impedendogli di accettare il fatto di essersi incastrato nell’essere innamorato di qualcuno per cui non sapeva neanche se avesse voluto sprecare altri sentimenti.
 
Frank tornò a fissare pensoso il letto sopra al suo. Da qualche parte nel profondo pensò, forse persino sperò un pochino, che l’amore per Caden potesse rimpiazzare ciò che provava per Gerard, ma non cambiò nulla. Era un tipo diverso di amore. Suo figlio aveva il suo posto insostituibile nel suo cuore, nessun altro poteva toccarlo. Tuttavia, solo perché quel posto era già occupato non significava che tutti gli altri spazi fossero già protetti; con qualche combinazione astutamente azzeccata, chiunque avrebbe potuto accedervi, e Gerard era nel processo di chiudercisi dentro a chiave. Non sembrò proprio una sorpresa quando ci pensò. Quando si parlava di amore, si poteva averne un’infinita quantità da condividere. Immaginò fosse vero che l’amore fosse una donna capricciosa.
 
***
 
Prima di pranzo, Caden trascorse un paio d’ore al campo per bambini. Frank decise di chiedere a Lisa se intanto volesse una tazza di caffè. Si trovavano nel ponte più alto, appoggiati alla ringhiera, quando una folata di aria tiepida arrivò sfiorando le loro teste. Frank alzò lo sguardo, strizzando gli occhi a causa del sole. Quando Frank era appena un bambino suo padre aveva fatto trasferire la famiglia dal Jersey a Miami per questioni legate alle opportunità di lavoro, il che significava che non era mai stato abituato a Natali pieni di neve. E comunque si chiedeva come questo, un Natale ai Caraibi, fosse per i clienti che venivano sul serio da luoghi in cui erano abituati ad inverni freddi.
 
“Ehi, hai smesso di mettere i tuoi piercing?” chiese Lisa, interrompendo le sue riflessioni sulle vacanze. “A casa non li rimetti.”
 
Accigliato, Frank si toccò la pelle sotto alle labbra, e poté sentire una piccola traccia del buco dove di solito si trovava l’anellino.
 
“Già, direi di sì” rispose, leggermente sorpreso per il fatto di non essersi preso il tempo di notarlo. “Deve essersi chiuso il buco” aggiunse. “Non mi mancano tanto, a dire la verità. Una cosa in meno di cui preoccuparsi.”
 
Per più o meno mezz’ora i due continuarono a parlare di tutto e niente, toccando un po’ tutti quegli argomenti vuoti e senza senso che non li portarono da nessuna parte, che era solo un modo per girare attorno alla questione. Frank guardò Lisa; quasi non sembrava lei. Sembrava che più si avvicinassero alla fine della settimana, e più le onde si infrangevano sotto lo scafo della nave, più si permetteva di essere preoccupata. E sapeva cosa la stesse preoccupando; anche lui lo era.
 
“Cosa facciamo, Frank?” chiese lei alla fine, guardandolo accennando ad  un sorriso che svanì subito. Aveva le mani intorno al caffè e la tiepida brezza li attraversò con  colpi indelicati, facendo ondeggiare i suoi capelli. “Cosa succede quando torniamo a casa? I Natali e i compleanni sono una cosa, ma cosa faremo per il resto dell’anno?”
 
“Bella domanda…” Frank fissò l’oceano, mordendosi il labbro e girando senza farci caso il coperchio del suo bicchiere di caffè. “Sinceramente non lo so.”
 
“Credo che Caden si aspetti che tu ti trasferisca da noi” aggiunse quindi. “È da un po’ che chiede se verrai a casa per Natale.”
 
Frank spostò lo sguardo, un po’ a disagio; sapeva che prima o poi sarebbe stato un problema. “Non posso… non posso vivere con voi. E voglio bene ad entrambi” aggiunse velocemente “Davvero. Non è per quello. È che non penso potremmo avere una normale vita di famiglia. Non possiamo vivere come mamma e papà se saremo solo, sai, amici.”
 
Scrollò le spalle goffamente; quelle parole suonavano dure, nonostante ciò che aveva aggiunto. Lisa guardò l’acqua, molto più in basso, i gomiti appoggiati alla ringhiera scrostata.
 
“Sì, so cosa intendi. E comunque non saremo mai più che ‘amici’, anch’io l’avevo pensato” disse, annuendo. "E ovviamente sono d’accordo con te. Non possiamo forzare altro da questo. Solo non so se Caden lo capisce."
 
“Dicevo davvero quando ho detto che voglio bene ad entrambi” ripeté Frank con sincerità, improvvisamente timoroso che avrebbe pensato sarebbe sparito. “Non me ne andrò o altro.”
 
“E io non voglio che te ne vada” disse lei velocemente. “Voglio che tu ci sia e anche Caden lo vuole, di sicuro. Mi sto preoccupando solo dell’organizzazione, tutto qui – sai, i weekend e le riunioni di famiglia e quelle cose lì. Non mi piace l’idea di divere tutto ma non vedo altri modi di farlo.” Sospirò. “Ci sentiremo solo di essere un’altra di quelle coppie divorziate. O almeno lo sembrerà.”
 
“Già” mormorò, annuendo. Fissò l’orizzonte. “Neanche a me piace. Ma sono sicuro che lo risolveremo e… ci abitueremo. Dopotutto, siamo arrivati fino a qui.”
 
Rimasero lì in silenzio per un po’, semplicemente godendosi la vista e bevendo i loro caffè. Gli ci volle un po’ ma alla fine notò che Lisa lo stava guardando, un sorriso sghembo ai lati della sua bocca. Alzò un sopracciglio, indagatrice.
 
“Cosa?” rise.
 
“Non sei davvero qui, o no? Sembri un po’ più distante del solito… non so. È come se stessi pensando a qualcun altro.” Poi i suoi occhi si spalancarono e sorrise consapevole. “Aspetta, stai pensando ad una ragazza, o no? Frank, ti sei trovato una fidanzata?”
 
Frank fece una smorfia, muovendosi a disagio sul posto. Era davvero così evidente?
 
“Non esattamente. Ma sì, ci sei andata vicina.” Girò la schiena verso il mare, guardando i clienti che si godevano la piscina. Chiuse gli occhi e inclinò la testa per sentire il sole in faccia. “Come lo dite di solito voi ragazze… Ah sì; c’è questo ragazzo…”
 
Lasciò la frase sospesa nell’aria e aprì un occhio, guardandola perifericamente. Sorrise un po’. Lisa non impiegò più di una frazione di secondo per riprendersi e la sua faccia si accese; aveva capito.
 
“Quindi vuoi dire…?” I suoi occhi lo stavano spingendo a confermare i suoi sospetti prima che lo dicesse lei.
 
“Sì, è proprio quello che voglio dire” ammise Frank, con le orecchie  un po’ arrosate. “Non so, mi piacciono entrambi. Più o meno. Almeno mi sono detto che mi piacciono entrambi” si corresse, sospirando. “Penso di avere delle preferenze, però.”
 
Per un momento, Lisa sembrò quasi offesa dal fatto che non glielo avesse detto prima. Poi iniziò a ridere.
 
“Va bene” rise, scuotendo la testa. “Onestamente? Non è che possa dire che non me l’aspettassi o altro; di sicuro ti piaceva tastare le acque alle superiori, per quello che ricordo. Mi ricordo anche che a volte avevi la tendenza ad essere molto scrupoloso. Però pensavo solo che stessi andando contro corrente. Per qualche ragione ho sempre pensato che saresti finito con una ragazza.”
“Ehi, posso ancora” Frank alzò le spalle. “Ci sono ancore molte acque inesplorate là fuori. Non ho detto che è lui.”
 
“Ma è quello che ti senti, o no?”
 
“Sì… E no. Non lo so.” Esitò, alzando gli occhi al cielo. “Non riesco a credere di stare per dirlo – ma è complicato.”
 
Be’?” Lisa gli diede una gomitata. “Dimmi chi è! Lo conosco?” aggiunse, e all’improvviso il suo tono calò, come se temesse che qualcuno potesse origliare.
 
Frank le disse che la persona in questione in effetti era colui che ci aveva provato con lei l’altro giorno. Poi, prima che potesse fermarsi, iniziò a raccontarle cosa fosse successo tra loro da quando aveva iniziato a lavorare per l’Envision, tutto quello con cui avevano avuto a che fare nei mesi precedenti. Infine, le raccontò della notte prima. Fu strano, ma parlando, Frank si sentì immensamente sollevato. All’inizio aveva voluto tralasciare alcune parti della storia ma presto si accorse quanto fosse bello confidarsi con qualcuno, quindi le aprì il proprio cuore. Non era stato veramente consapevole di quanto questo gli fosse pesato, quanto gli avesse corroso il cervello, prima che ne iniziasse a parlare.
 
Quando ebbe finito, Lisa aveva le mani attorno al suo caffè, le dita allacciate come devote in una silenziosa preghiera. Lo guardò, leggermente preoccupata.
 
“Pensi che voi due potreste farcela? Nonostante tutto?”
 
“Non ne ho idea” Frank sospirò, alzando ancora le spalle. “Devo ancora comprenderlo. A volte non lo capisco.”
 
“Quello che non capisco è perché voi due continuiate a complicare le cose” rispose schietta, e di colpo suonò impaziente, persino un po’ arrabbiata con lui. “Hai il diritto di essere scettico e tutto, ma chi lo sa? Magari questa volta fa sul serio. In qualsiasi caso rimarrete entrambi tristi se continuate così. Gli hai detto di voler rimanere sano per il bene di Caden e di non poter avere a che fare con quel dolore. Be’, forse sei già distrutto, Frank. Forse stai solo peggiorando tutto. Dagli una possibilità. Penso che sia ciò di cui hai realmente bisogno.”
“Ma tu non hai idea di come lui sia realmente” rispose Frank, un po’ sulla difensiva. “E ho provato a dargli un’altra possibilità.”
“A me non sembra. Se l’avessi fatto ti saresti comportato diversamente ieri sera; non l’avresti respinto. Ad alcune persone bisogna dare il beneficio del dubbio prima che inizino a ricomporsi.”
 
Si morse il labbro pensosamente. Non c’era dubbio che ciò che Lisa aveva detto l’avesse infastidito, ma questo solo perché sapeva che quello che aveva detto avesse totalmente senso.
 
“Va bene” sospirò, alla fine. “Forse hai ragione. Ma comunque, tutto questo è fottutamente stupido e inutile. Dovrei semplicemente parlargli.”
 
“Penso che dovresti” acconsentì Lisa, annuendo. “Da come parli, è evidente che siete tutti e due pazzi l’uno dell’altra. Non so perché altrimenti vi degnereste di passare tutti questi casini.”
 
Frank si accorse di fissare il nulla e perdersi un po’ provando ad immaginarsi come sarebbe finita per loro. Non era neanche sicuro su cosa avrebbe dovuto dire. E poi, come si iniziava una conversazione del genere? Con un “ho cambiato idea” oppure “mi sono sbagliato”? suonavano entrambi ugualmente goffi. Una brusca e breve folata di vento gli scompigliò i capelli, strappandolo via dalla sua contemplazione, come ricordandogli che prima avrebbe dovuto sistemare altre cose.
 
“Be’, per ora Gerard dovrà aspettare” aggiunse alla fine, quasi come un ripensamento. “Al momento la nostra priorità è Caden. Ovviamente dovremo fare come hai detto; vivere come la maggior parte dei genitori divorziati, tranne per il fatto che questa famiglia sarà molto diversa da qualsiasi altra. Voglio dire, sua mamma potrebbe avere un nuovo fidanzato ma questo vale anche per suo padre. Caden è nell’insolita posizione di poter avere due possibili patrigni; di sicuro non avrà una tipica famiglia nucleare. Ciò che bisogna capire è come dovremmo spiegarglielo.”
 
Per un secondo o due, Lisa lo guardò e basta. Poi si sporse e gli strinse la mano. “Non hai idea di quanto io sia felice che tu sia il papà di Caden” disse dolcemente, con un’espressione autenticamente sincera in faccia. “Davvero. Non ne hai la minima idea. Ovviamente ho sempre pensato fosse una bella persona, ma adesso che ha un vero padre nella sua vita è cresciuto così tanto. Penso che i bambini della sua età abbiano bisogno di un padre da ammirare e non avrei potuto sperare in nessuno meglio di te per quel posto. Hai detto che fare l’adulto ti fosse nuovo e tutto ma sai cosa? La maggior parte degli adulti neanche è come te. Scommetto che qualcuno con vent’anni di esperienza nel crescere i bambini non avrebbe potuto fare meglio di te. Volevo solo dirtelo” aggiunse, dedicandogli un altro sorriso e mezza alzata di spalle. “Dovresti sapere che sei fantastico.”
 
Frank non sapeva proprio come rispondere. La sua gola si sigillò, un bozzolo istantaneo formatosi nella sua trachea, e non osava aprire bocca per parlare. Era sicuro che se avesse anche solo separato le labbra la sua risposta sarebbe uscita come qualcosa di indecifrabile, stridente e acuta. Alla fine si avvicinò e la abbracciò.
 
“Dopo parlerò con Caden” mormorò tra i suoi capelli.
 
“Sei sicuro?” Lisa si allontanò di poco, guardandolo. “Perché posso venire con te.”
 
“Nah.” Scosse la testa. “Per ora hai fatto tutto da sola, quindi lasciami fare questo. Penso che dovresti prenderti una pausa e rilassarti; prova la spa o qualcos’altro. Non dimenticarti che sei qui in vacanza. Lascia che mi preoccupi di Caden.”
 
***
 
Era proprio appena dopo pranzo e la nave stava per arrivare a Philipsburg, dov’era tutto pronto per andare in spiaggia e per uno spettacolo sugli scii d’acqua di Babbo Natale. Frank prese Caden dal campo e scoprì che il bambino era ancora pieno di un’enorme quantità di energia; continuò a correre e saltare tre passi davanti a lui, e più di una volta spinse Frank a correre solo perché non lo perdesse di vista. Sapeva che Caden doveva mangiare qualcosa ma allo stesso tempo non voleva sprecare tempo a farlo stare fermo. Alla fine, invece, lo portò nella cucina, dove aveva conosciuto un po’ di dipendenti nel corso dei mesi; quel posto era più rumoroso e pieno di molta più azione. Inoltre, sapeva che non sarebbe stato difficile trovare qualcuno più che disposto a preparare a suo figlio un panino veloce.
 
Dopo che Caden ebbe proclamato di essere pieno, volle andare a vedere il ponte più alto. Frank appoggiò volentieri la richiesta, pensando che magari la vista di Philipsburg in lontananza gli avrebbe donato un po’ di ispirazione su come dare al figlio un quadretto decente della sua possibile futura famiglia.
 
 
“Ehi, Caden” iniziò Frank, senza la più pallida idea di come avrebbe dovuto introdurre quell’argomento in un modo che avrebbe capito. Era vero che il bambino era grande e sveglio per la sua età, ma c’erano sempre limiti. “Papà ti deve parlare di una cosa.”
 
Caden non rispose; ora aveva perso alcune delle sue energie, iniziava ad apparire un po’ stanco. Aveva appoggiato la fronte alla barra di metallo più alta della ringhiera e sbirciava curiosamente alla profonda massa blu sotto di loro. Strinse la barra in mezzo con attenzione mentre i suoi piedi erano saldamente piantati sul pavimento. Frank fu orgoglioso del fatto che l’avesse ascoltato quando gli aveva severamente detto di non salire su nessuna ringhiera della nave.
 
“Di solito le mamme e i papà vivono insieme. E lo sai, giusto?”
 
“Uh-huh” il bambino annuì.
 
“Be’, a volte…” Frank continuò. “A volte no.”
 
“So anche quello” rispose, continuando a non guardarlo. “Come Thomas, nella mia classe. I suoi genitori non vivono nella stessa casa. Sono…” Si fermò, pensando alla parola che gli mancava. “Thomas dice che sono se-parati.
 
Frank si sentì un po’ sollevato; almeno adesso aveva una visione in qualche modo più chiara della conoscenza del figlio in quel campo.
 
“Okay. Be’, è più o meno la stessa cosa con me e tua mamma” continuò incerto. “Il motivo per cui non mi sono ancora trasferito da voi è perché non vivremo nella stessa casa. Saremo separati.”
 
Questa volta Caden distolse lo sguardo dal mare e lo guardò con un tenue senso di meraviglia. Strizzò gli occhi a causa del sole, provando a trovare la faccia del padre in quella luce brillante. Lo fece sembrare del tutto confuso e Frank sentì il proprio cuore venire accoltellato da pura cattiva coscienza.
 
“Perché?”
 
Aveva temuto quella domanda. Quel semplice perché. E questo perché in particolare gli ruppe il cuore. Si inginocchiò per arrivare all’altezza del bambino, e guardare nei suoi grandi occhi nocciola. Era come guardare una versione molto più giovane di se stessi.
 
“Va bene” disse. Mise le mani sulle spalle di Caden, guardandolo con sincerità. “Prima che ti dica perché, devi sapere che potrei dire cose che non ti piaceranno. Quindi se ti faccio arrabbiare o ti do fastidio, fammelo sapere così proverò a spiegartelo un po’ meglio. Puoi farlo?”
 
Il bambino di sei anni lo guardò contemplativamente. Poi annuì un paio di volte, sembrando un po’ circospetto.
 
“Bene” Frank sorrise. “Non vivrò con voi perché la tua mamma ed io, non ci vogliamo bene come le mamme e i papà dovrebbero.”
 
“Perché no?”
 
“Era passato molto tempo da quando avevo parlato con tua mamma. Ti ricordi di quando siete venuti da me la prima volta, che non l’ho quasi riconosciuta? E che non sapevo chi fossi? Be’, a volte, quando i grandi non parlano per un po’, si dimenticano l’uno dell’altro. E a volte, nel frattempo succedono altre cose. Non significa che smettano di essere amici, ma quando si incontrano di nuovo, non è più la stessa cosa.”
 
“È questo che è successo a te e alla mamma?” Chiese Caden, guardando attentamente il suo viso.
 
“Esatto” Frank annuì. “Quando sarai più grande capirai molto meglio ciò che intendo. Ma per ora, tutto quello che devi sapere è che io e la mamma siamo buoni amici, anche se non vogliamo vivere insieme. E solo perché non vivo con voi non significa che non vi voglia bene.”
 
“Lo so, papà” annuì seriamente. “E va bene. Devi vivere sulla nave, anche, e stai via molto, ma penso che il tuo sia il lavoro più bello tra tutti quelli dei papà del mondo.”
 
Frank rise. “Lo pensi davvero? Be’, quando tornerò ci vedremo lo stesso e faremo un sacco di cose fighe, giusto?”
 
“Sì!” il bambino sorrise. “Tu e io, papà.”
 
“Tu e io, ragazzo” ripeté, entusiasta di rimando e allungatosi per scompigliargli i capelli.
 
Caden rise, con il viso acceso per la gioia. Poi la sua espressione mutò e assunse una sfumatura seria, facendo pensare che si fosse ricordato qualcosa di natura molto più preoccupante.
 
“Ma… quando non sarai sulla nave e non sarai con noi, sarai da solo” si accigliò, e per un attimo sembrò preoccupato. “Non voglio che tu sia triste.”
 
“Awh, Caden.” Spinto da qualcosa nelle profondità del suo cuore, Frank non poté evitare di abbracciare il figlio. “Non sono triste o niente del genere. Sono molto felice. Ho voi, ricordi?”
 
Quando lo lasciò, Caden sembrava ancora scettico.
 
“Sì, ma sarai da solo. È triste che non vivrai con nessuno quando non sarai con me o con mamma. Non ci sarà nessuno quando tornerai a casa.”
 
“Ecco, è questo il punto” iniziò Frank, leggermente esitante. “Penso che non sarò da solo. Forse anch’io vivrò con qualcuno.”
 
“Con chi vivrai?”
 
“Okay, uhm.” Si morse il labbro, realizzando di essere sempre più vicino all’argomento più complicato. “A volte, una ragazza può amare un’altra ragazza, e un ragazzo può amare un altro ragazzo, proprio come fanno le mamme e i papà. E, uh, a volte i bambini possono avere due mamme o due papà. Ma non c’è niente di male. Va bene stare con chi ci piace.”
 
Frank si aspettava quasi di vederlo reagire con “bleah, che schifo” o qualcosa del genere, per poi fare una smorfia, ma invece si illuminò.
 
“Ehi papà – sai una cosa?” esclamò, la voce ridotta ad un rantolo esaltato. Espirò, impaziente di fargli sapere cosa avesse in mente. “Una volta, ero alla festa di compleanno per un mio compagno di classe – si chiama David – e quando eravamo a casa sua c’era anche sua sorella grande, e lei aveva una ragazza. Qualcuno le ha chiesto perché avesse una ragazza e non un ragazzo, perché era strano che avesse una ragazza quando anche lei era una ragazza, e allora ha detto che a volte le facce possono funzionare come incantesimi per le persone, proprio come nelle favole. Ha detto che incantarsi è lo stesso che innamorarsi. E papà – può succedere a tutti perché non puoi decidere tu chi sarà. È per questo che a volte, i ragazzi e i ragazzi stanno insieme e ragazze e ragazze stanno insieme, perché l’incantesimo funziona così. È solo diverso, tutto qui.”
Frank lo fissò, per un momento senza parole. Era così strano sentire tutte queste parole sensate dalla bocca puerile di un bambino di sei anni. Aveva perfettamente senso; innamorarsi era il risultato di un incantesimo lanciato dal viso di qualcuno. Perché non ci aveva pensato lui ad una spiegazione simile? Chiunque fosse la sorella di quel David, era un genio.
 
“Oh.” Sbatté le palpebre, sorpreso. “Okay, be’, uh… La sorella di David ha completamente ragione” aggiunse in fretta. “Completamente. Funziona proprio così. E penso… che forse sono stato colpito da un incantesimo come quello. Ma l’incantesimo non è arrivato da una ragazza.”
 
Caden sembrò riservargli una riflessione molto approfondita. “Quindi avrai un ragazzo invece di una ragazza, papà?” chiese.
 
Frank annuì, semplicemente.
 
“Vivrai con lui? È per questo che non sarai solo quando tornerai a casa?”
 
“Forse” rispose, alzando le spalle. “Vedremo. Siamo ancora solo amici.”
 
“E io?” Continuò allora Caden. “Avrò due papà?”
 
“Ehi, non dimenticare che io sono tuo padre” Frank rise, divertito da quanto il figlio suonasse sinceramente perplesso. “Ma forse potrai –”
 
Stava per suggerire che ‘zio’ o ‘patrigno’ sarebbero state alternative accettabili per questo ‘altro papà’, ma venne interrotto da un’ombra che improvvisamente apparse di fianco a loro bloccando il sole.
 
“Ehi, ragazzi” disse una voce, ed entrambi alzarono lo sguardo; Caden si girò automaticamente verso il suono, mentre Frank riconobbe immediatamente la voce.
 
Gerard li stava sovrastando, con i pollici nelle tasche dei suoi jeans consumati. Indossava una giacca blu e bianca di pelle, allacciata a metà sopra ad una maglietta grigia con un’incomprensibile stampa rossa. Si tolse gli occhiali da aviatore e li nascose nella tasca interna. Ci fu come un vero colpo allo stomaco di Frank quando realizzò quanto fosse stupendo con tanta facilità; stava lì come se fosse a metà tra il personaggio di un anime ed una rockstar, in attesa di un gruppo di reporter accorsi lì per fotografarlo. Stava infinitamente meglio quel giorno che il giorno prima.
 
“Gerard” disse, accennando bruscamente verso di lui alzandosi in piedi. Non era del tutto sicuro su come riconoscere la sua presenza, quindi scelse il modo formale.
 
Caden si distanziò un po’, sporgendosi e abbracciando la gamba del padre con un braccio. Si ritirò nella sua solita timidezza, come faceva sempre quando erano coinvolti completi sconosciuti. Scrutò Gerard ed il solito sguardo sospettoso gli coprì il viso. Frank mise un braccio attorno alle magre spalle del bambino.
 
“Chi è il nostro piccolo amico?” chiese Gerard, inclinando la testa guardandolo e sorridendo dubbioso.
 
“Andiamo, ragazzo” disse Frank con dolcezza. Lo strinse gentilmente, incoraggiante. “Puoi dirgli come ti chiami. Non essere maleducato.”
 
Metà del viso del bambino era in ombra, mentre l’altra era colpita dai raggi del sole, un grande occhio nocciola diventava leggermente ambra. Non stava rispondendo, ma neanche scuotendo la testa.
 
“Caden” rispose secco alla fine, dopo un altro momento di esitazione.
 
“Caden? Wow, è un nome piuttosto figo” disse Gerard. “Sembra proprio un nome da rockstar, se vuoi saperlo. Il mio nome è Gerard, non è così figo, quindi se vuoi puoi chiamarmi solo Gee.”
 
Frank poté sentirsi gli estremi della bocca torcersi in un movimento verso l’alto, creando un piccolo sorriso sulle sue labbra. Non poteva farci niente.
 
“In effetti Gee è un mago” disse al figlio, stando al gioco che Gerard aveva iniziato. “Forse può mostrarci un trucco?”
 
Guardò Gerard con aria interrogativa, lui alzò di poco le sopracciglia in sua direzione. È una sfida? sembrava chiedere. Comunque sia scosse le spalle ed iniziò a cercare nella sua tasca interna. Alla fine tirò fuori una penna.
 
“Va bene, allora” disse, inginocchiandosi di fronte a loro. “Vediamo un po’.”
 
Caden era ancora aggrappato alla gamba di Frank ma guardò Gerard con curiosità, con gli occhi indugiava dal suo viso, alla pena nella sua mano, e ancora al suo viso.
 
“Ti piacciono i fumetti, Caden?” gli chiese Gerard. “Il tuo papà ti ha già parlato di X-Men? O forse sei un po’ troppo piccolo per quello?”
 
“No, non lo sono” dichiarò il bambino, quasi indignato, rispondendo con più attenzione ora che parlavano di cose più interessanti. “Mi piacciono i fumetti, e anche a papà piacciono. E trasmettono X-Man ogni domenica mattina; mamma dice che posso fare colazione davanti alla TV la domenica, quindi posso guardarlo” aggiunse, come se avesse davvero voluto confermare una volta per tutte di non essere troppo piccolo per X-Men.
 
“Oh, quindi guardi il cartone, huh?” rispose Gerard, suonando un po’ impressionato. “È fantastico, allora sai chi è Magneto, giusto?”
 
Caden annuì di nuovo. Si avvicinò un po’ questa volta, premurandosi ancora di non lasciar andare la gamba di Frank, anche se la sua presa si era indebolita parecchio.
 
“In effetti ho dei magneti nelle mani” ammise Gerard, con la voce più convincente del mondo, come se semplicemente fosse naturale per alcune persone. “Quindi sono un po’ come Magneto, ma i miei non sono molto forti. In più non posso davvero controllare i campi elettromagnetici, come fa lui. Va bene, questo non mi rende per niente come Magneto, ma comunque; ciò che posso fare funziona solo con le cose piccole, come questa penna.”
 
Gli occhi del bambino erano spalancati e brillanti, come piccole biglie. Sembrava affascinato dal fatto che un piccolo pezzo di super cattiveria potesse essere in ginocchio proprio davanti a lui.
 
Gerard appoggiò con cura la penna sul pavimento del ponte. Lasciò la mano destra volteggiarci sopra, spalancò le dita, mentre la mano sinistra teneva il polso destro. Spinse con gentilezza la mano giù, e quando la alzò di nuovo, la penna gli sembrò attaccata al palmo, quasi librandosi rigidamente dal suolo. Scosse un po’ la mano, dimostrando che fosse davvero attaccata. Per un momento, Frank si chiese come avesse fatto, poi notò che alla mano che teneva il polso mancava l’indice. Visto che sapeva che Gerard aveva tutte le dita intatte, il dito mancante doveva essere ciò che teneva lì la penna. Era un trucco semplice ma le sue mani erano esperte. Faceva tutto così sobriamente, veloce e con delle espressioni facciali così concentrate che sembrava tutto reale. Sembrava davvero che farlo gli costasse una considerevole quantità di energia.
 
Caden ci credeva, al cento per cento. Aveva lasciato andare del tutto la gamba di Frank e stava fissando la penna, affascinato.
 
Wow,” sussurrò, inclinando la testa in modo curioso, “come hai fatto?”
 
Gerard all’improvviso lasciò andare la penna, fingendo che i suoi poteri magnetici avessero improvvisamente smesso di funzionare. La penna cadde sul pavimento con un duro clangore e il bambino quasi saltò, sorpreso.
 
“Te l’ho detto che ho dei magneti nelle mani” gli fece un occhiolino astutamente, nascondendo la penna in tasca mentre si alzava. “Ma come puoi vedere, si stanno un po’ arrugginendo. Tuttavia ciò in cui sono molto bravo è trovare cose, tipo questa.”
 
Si allungò verso l’orecchio di Caden, e quando si spinse via stava tenendo una carta in mano.
 
“Whoops” esclamò, facendo una smorfia e comportandosi come se avesse davvero trovato la carta posata da qualche parte nell’orecchio del bambino. “Non è quello che stavo cercando, scusa. Sarà meglio rimetterla dov’era…”
 
La sua mano sfiorò ancora l’orecchio del bambino e la carta svanì. Fece ridacchiare Caden, e Frank non poté evitare di ridere alla sua reazione.
 
“Okay, aspetta” Gerard si accigliò. “Che nessuno si muova…”
Stava esaminando l’aria con gli occhi, fingendo di aver individuato qualcosa ronzargli intorno alla testa, come una zanzara invisibile. Poi unì all’improvviso le mani con uno schiocco, facendo sussultare sia Caden che Frank per la sorpresa.
 
“Presa!”
 
Sorrise soddisfatto mentre disgiungeva le mani, rivelando la presenza di una monetina nel suo palmo. Luccicò alla luce del sole e Frank fu sollevato nel vedere che fosse solo un comune dollaro e non una di quelle monete fatte apposta con il numero di telefono.
 
“Non è tanto, ma queste sono davvero veloci e non facili da prendere” disse, lanciando il dollaro in aria prima di riafferrarlo. “L’ho stordito però, quindi non andrà da nessuna parte” aggiunse, mettendo la moneta nelle piccole mani del bambino. “Tieni.”
 
“Wow, grazie!” Rispose Caden, tenendo la moneta come se fosse un tesoro nazionale. Gli sorrise; adesso aveva sicuramente superato lo scetticismo, tutto il suo viso radiava ammirazione giovanile. Aveva quasi delle stelle negli occhi.
 
“Di nulla” Gerard sorrise. “Ehi, penso che ci sia un distributore di giocattoli dall’altra parte della piscina. Scommetto che con una moneta magica come quella potresti trovare un gioco che ti piace. Forse dovresti provarci. Oh, ma farai meglio ad essere veloce” aggiunse con serietà. “Quella moneta potrebbe riprendere vita in qualsiasi momento.”
 
Caden si girò verso Frank e gli prese la mano, strattonandola eccitatamente. “Papà, posso andare a trovarlo? Ti prego, ti prego, ti prego?”
 
“Sì, puoi andare” Frank annuì. “Solo torna qui quando hai fatto. Non stare intorno alla piscina o altro – vedi dove metti i piedi, okay?”
 
“Okay!”
 
Sorrise guardandolo correre via. Poi si girò e alzò le spalle verso Gerard in segno di scuse, il quale rispose con un’espressione che sembrava dire Bambini, eh?
 
Tra loro si formò un esitante e leggermente imbarazzante silenzio. Frank voleva ringraziarlo e dirgli che aveva davvero apprezzato che fosse stato accorto nei confronti di Caden, ma non era del tutto sicuro su come formare la frase. Allo stesso tempo era un po’ sospettoso; non aveva idea su cosa gli avesse fatto compiere quei trucchi di magia. A dirla tutta, non era proprio considerato nello stile di Gerard; non l’aveva esattamente preso per una persona molto da bambini. Ma ancora, Frank non sentiva di poterne essere troppo sicuro; trovava quasi necessario essere consapevoli di un qualche possibile secondo fine nascosto. Comunque, fare quelle cose per Caden era stato carino da parte sua. Voleva anche scusarsi per la sera prima e dirgli che sapeva che non doveva essere stato facile per lui confessare tutto così. Per le persone come Gerard, comportarsi umilmente era quasi la stessa cosa che mettersi in imbarazzo. Forse meritava il beneficio del dubbio questa volta, come Lisa aveva consigliato.
 
Proprio quando Frank aprì la bocca per parlare, una giovane donna improvvisamente si avvicinò a loro, sterminando la sua frase prima ancora che gli arrivasse alle labbra.
 
“Gerard Way” iniziò lei, un principio di sorrisetto sulle sue labbra. “Che piacevole sorpresa.” Il tono nella sua voce indicò che non si trattasse affatto di una sorpresa; piacevole forse, ma non una sorpresa. Era evidente che le loro strade si fossero incrociate una o due volte prima.
 
Sembrò che sia Frank che Gerard caddero nella trappola di fissarla subito. E comunque, lei era proprio una che attirava l’attenzione. C’era un tocco esotico nel suo aspetto; qualcosa dell’Asia occidentale, forse. Non sapeva. In  qualsiasi caso, era come un magnete con le gambe per i lunghi sguardi.
 
“Cosa?” La donna sorrise beffardamente verso Gerard, una sigaretta non accesa ciondolante dalle sue dita. “Hai già dimenticato il mio nome?”
 
“Tara” rispose subito, e il tono leggermente a corto di respiro nella sua voce catturò l’attenzione di Frank. Lo guardò; giudicando dalla sua faccia sembrava che si fosse trovato faccia a faccia con qualcuno che non vedeva da un po’ ti tempo, e non si aspettava realmente di rivedere. “Non avevo idea fossi su questa nave. È – è passato molto tempo.”
 
“Ovviamente” sbuffò sarcastica. “Che problemi hai, comunque? Stai ancora male per avermi mollata?” Alzò un sopracciglio perfettamente disegnato verso di lui. Poi sorrise ancora. “E ora non rimanere lì come un idiota; sii un gentiluomo e occupati di questa per me.” Accennò alla sigaretta.
“Be’, perdona me e la mia sorpresa,” replicò Gerard e allungò la mano in tasca, tirando fuori il suo accendino viola “ma non ti vedo da – quanto? – un anno? Due anni? E non dire che ti ho mollata” aggiunse, dedicandole uno sguardo periferico che diceva che il suo commento fosse stato ingiusto. “Non l’ho fatto, e lo sai.”
 
Tara appoggiò la sigaretta tra le proprie labbra e si sporse, i suoi scuri occhi color cioccolato incollati al viso di Gerard durante il breve secondo in cui lui l’accese.
 
“Oh, lo so, tesoro” sorrise, e raddrizzandosi mandò una nuvola di fumo verso il cielo. “Semplicemente adoro la tua espressione ogni volta che lo affermo.”
 
“Pensavo fossi a Parigi?” continuò lui, ignorando la sua ultima frase. “Avevi detto che preferivi dirigere la tua azienda di profumi da lì?”
 
“Quindi te lo ricordi, uhu? No, gli affari possono arrangiarsi per adesso.” Scosse le spalle, indifferente. “È Natale; le persone comprano profumi come matte a Natale. Ho pensato di prendermi una pausa e mentre guardavo dépliant, ho capito che una crociera doveva essere… perfetta.”
 
“Sembri in forma, Tara” disse Gerard seriamente. “È bello rivederti.”
 
Gli sorrise, prendendo un altro tiro dalla sigaretta. Frank si mosse a disagio sul posto, incerto se dovesse lasciarli o no. Era come se Gerard si fosse dimenticato del tutto che fosse lì. Voleva schiarirsi la gola e ricordargli della propria presenza, ma non riuscì a farlo. Realizzò all’improvviso che Gerard stesse parlando proprio con una donna che rifletteva la sua personalità, azzeccata; sicuramente non era una di quelle ragazze facilmente impressionabili su cui sembrava puntare sempre. La loro piccola conversazione sembrava una strana e subconscia battaglia per la dominanza che alla fine Gerard si era permesso di perdere.
 
“Quindi, sei occupato?” Tara lo guardò interrogativa.
 
“Oh, giusto” Finalmente Gerard sembrò rendersi pienamente conto che Frank fosse ancora lì. “Stavo parlando con il mio, uhm… amico, qui.”
 
Diede un’occhiata a Frank, guardandolo senza apparente interesse, come se l’avesse appena notato. Poi alzò le sopracciglia verso Gerard, qualcosa nei suoi occhi diceva Okay – e quindi? Stava chiaramente indicando che la conversazione con Frank fosse finita e che sicuramente lei non se ne sarebbe andata senza di lui.
 
“Uh, Frank,” Iniziò Gerard a disagio “ti dispiace se – ? ” Il suo tono calò mentre accennava a un punto dietro di sé, indicando che se ne stesse andando.
 
Anche se dovette ammettere di essere un pochino offeso, Frank colse il segno. Non c’era motivo di discutere o rendere questo momento ancora più imbarazzante di quanto già fosse. Inoltre, era un cliente; non importava se lui era in servizio o no, lei era comunque in vantaggio.
 
“No, per niente” rispose, mettendosi immediatamente la maschera da lavoro e sorridendo educato ad entrambi. “Devo comunque trovare Caden e prepararmi per il mio turno.”
 
Gerard si morse il labbro esitante e per un momento sembrava volesse aggiungere “Ci vediamo in giro”, ma inghiottì le parole all’ultimo momento, lasciando tutto così.
 
Mentre andava verso i distributori, Frank si guardò alle spalle. Non venne notato; Gerard si era rimesso gli occhiali da sole e aveva la mano protettivamente intorno alla fiamma del suo accendino, con un’accigliata contemplativa in direzione della sigaretta che aveva tra le labbra. Poi Tara lo prese a braccetto e lui si girò, lasciandosi portare via.



Ciao!
Perdonate il mio ritardo - posso giustificarmi dicendo che questo capitolo è più lungo degli altri?
Sono anche successe molte cose: Frank si è aperto, sono stati rivelati altri aspetti della vita di Party Poison Gerard...

Vi lascio con le solite domande.
Al prossimo capitolo.
E grazie a tutti per le recensioni! È davvero bello leggerle.
xoxo

   
 
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