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Autore: LanceTheWolf    25/07/2016    1 recensioni
Korra è tornata a combattere sul fronte del Regno della Terra, con lei alcuni dei compagni di sempre. Una figura sconosciuta è stata in grado di mettere sotto il suo controllo alcuni dei vecchi nemici del passato e questo comporta la necessità di schierare in battaglia vecchi e nuovi amici. A Città della Repubblica continuano le selezioni per i nuovi Furetti di Fuoco.
Genere: Azione, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Iroh, Korra, Lin Beifong, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar: Storia dell’erede perduto'
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Cap. IX: Come era andata?
La Giornata di Pabu e Naga - Terza Parte

 
Bumi si sentiva strano a indossare di nuovo i vecchi abiti da Generale dell’esercito delle Fazioni Unite, ma non gli dispiaceva. Accarezzava quella cagnolona bianca con fare divertito, mentre attendeva il suo turno alla radio.
–‘Bumi, fammi il piacere di portarla via, non la sopporto più!’ - Disse facendo il verso a Lin. –Ho pensato che non sarebbe stato male coccolarti un po’ Naga. Tanto qui c’è sempre d’aspettare. –
Un altro rapido sguardo alla coda sperando che scorresse un poco più velocemente. Fortuna che il Generale Iroh aveva imposto che non si usasse più di dieci minuti a turno.
-Non è giusto però, io non sono un comune soldato. Sono un ex-generale e un errante dell’aria. Uff! - Sbuffò. –E mi tocca fare la fila. -
Bum-ju non amava il fronte e non lo aveva accompagnato, la cosa gli era dispiaciuta e non poco, ma l’avatar richiedeva il suo intervento come tattico, non come diplomatico e quindi… eccolo lì a fare la fila come quei bimbetti per lo più del fuoco.
Ancora Sbuffò accarezzando il canepolare che tranquillo scodinzolava come se nulla fosse.
-Che noia. Che ne dici bella se poi ci andiamo a prendere Pabu e andiamo a sgranchirci un poco le ossa sulla terra ferma? In teoria oggi sono di riposo… di riposo al fronte poi! Diciamo che finché nessuno ci cerca possiamo starcene tranquilli. Ok? -
Quasi avesse capito il grosso cane gli rifilò una leccata da manuale scodinzolando allegra.
-Già, ci vuole accidenti! - Commentò ancora portando le mani sui fianchi e piegandosi prima a destra e poi a sinistra per far scricchiolare la schiena. –Ahhh! Le mie vecchie ossa! -
Com’era andata? Come mai si trovava lì?
Semplice: doveva parlare con la madre dei suoi figli. Già!
Ancora uno sguardo alla fila e ancora sbuffò pesantemente per poi tornare a coccolare con un sorriso immenso la bestiola gentile che aveva davanti.
“È stato davvero bello risentirla quella prima volta.” Pensava. “Quella Hikari…chi avrebbe mai pensato che fosse quella piccoletta che Yue teneva attaccata alle sue sottane.” Ancora sorrise.
-E no, mamma, niente accade per caso! - si lasciò sfuggire ad alta voce.
Dopo quella rivelazione, come suo solito, aveva agito di impeto. Aveva fatto armi e bagagli e messa la ragazzina di Bolin sul suo bisonte volante erano partiti alla volta della Nazione del fuoco.
-Quanto ha sbraitato Tenzin! Dovevi sentirlo Naga. - Ridacchiò grattandola dietro le orecchie mentre lei gli uggiolava amorevole il suo gradimento.
“Ahhh, non esiste che mi faccia mettere i piedi in testa dal più piccolo di casa. A quella cosetta mancava la sua mamma e a me… beh, ormai ero diventato abbastanza grande e saggio da saper mettere insieme i pezzi della mia esistenza.”  Sospirò, senza allegria questa volta.
“Ero in missione l’ultima volta che vidi Yue. Passai a trovarla… quanto tempo era che con la mia truppa non passavamo tra quelle montagne? Otto, nove anni forse. Dovevamo attraversarle per portare rifornimenti e aiuti ai villaggi al di là della valle, a causa del nubifragio. Ovviamente non potevamo fermarci troppo, ma… avevo voglia di vederla, e… accidenti, passavo per il suo villaggio era il minimo che potessi fare!”
Gli tornò il sorriso, mentre finalmente la fila procedeva di un passo.
-Era la donna più bella che avessi mai incontrato. Ok, forse, ma dico forse, era semplicemente bella, ma le sue curve… wow! Un uomo è sensibile a queste cose. - Sempre rivolto al canepolare davanti a lui.
“Ricordo che fu gentile come al solito, ma non avevo potuto non notare il suo stupore sul viso quando mi vide sul vialetto del giardino della Casa di Zao. Era bella davvero, mentre giocava con quei tre marmocchi. Una scena deliziosa, tanto che mi poggiai alla staccionata per godermela al meglio. L’aria era fresca, i suoi capelli, chiarissimi per quella nazione, ondeggiavano al vento e il suo sorriso e le risa di quei fanciulli… ahhh! Sono davvero uno sciocco a volte.” Sorrise a quel suo pensiero. “Fu quella bimbetta dagli occhi chiari la prima ad accorgersi di me. Sgranò gli occhioni e si rintanò dietro la madre. I due maschietti più grandi a vederla agire così si pararono difronte alle due donne, microba compresa, ovviamente. Due musetti identici a quello della madre, immediatamente sulla difensiva. Quegli occhi verdi, risaltavano sulla loro carnagione scura, errata sia per un sangue di fuoco che per una stirpe della terra. Erano pronti a difendere le due damigelle da qualunque pericolo! Erano adorabili. Terribilmente arruffati, tutti e tre, ma decisamente adorabili. Quando invece fu lei a vedermi, dopo la sorpresa iniziale, mi dedicò uno di quei suoi sorrisi che mi facevano da sempre sentire migliore di quanto fossi. Sorrisi a mia volta, scavalcando quella staccionata, con l’abilità del giovane che ero allora. Lei scompigliò una di quelle testoline castane che aveva davanti per sussurrare poi qualcosa di cui io percepii solo la dolcezza. Quei musetti annuirono tornando sereni e presa la sorellina più piccola per mano si portarono sul retro. Rimanemmo soli. Lei sorrideva ancora. Quante volte ero passato per quel villaggio in passato, troppe… eppure, eppure me ne ero dimenticato. Sorgeva nell’unico valico possibile tra le montagne dell’entroterra della Nazione del fuoco, e l’esercito di cui all’epoca ero parte, passava per quel valico almeno una volta all’anno e quell’insediamento era il nostro punto d’appoggio più apprezzato, proprio per la rinomata bellezza delle donne che vi vivevano. Ero giovane e la vita militare, se pure non l’avessi scelta volontariamente, era nelle mie corde più di altro. Feci carriera velocemente e una volta divenuto ufficiale non fui più costretto a passare per quel valico. Eppure quella volta, dopo anni, per una diga danneggiata dalle piogge incessanti e interi villaggi allagati, ero di nuovo li. Quella fu l’ultima volta che ci passai.”
Ancora sospirò, ma senza perdere il sorriso, questa volta.
Un altro uomo terminò la sua chiamata e la fila si mosse di un altro singolo passo.
“Il tempo di salutarla, di fare due chiacchiere e chiederle di quei bambini che mi ritrovai nuovamente di partenza. Mi scusai come ero abituato a fare ogni volta quando il dovere mi chiamava e lei come al solito mi rincuorò dicendo che sapeva come fosse la vita di un soldato. Chissà perché lo faceva, perché era sempre così gentile… all’epoca mi portavo addosso la convinzione giovanile di essere il migliore al mondo e che, quindi, fossi in un qual modo speciale, ma con tempo, cominciai pensare che per quella donna non ero che un cliente come un altro. Eppure era davvero brava a farmi sentire importante…”
-Ahhh, quanto sappiamo essere stupidi noi uomini! - Sbottò dandosi una manata sul viso difronte alla cagnolona che a quel gesto piegò la testa osservandolo curiosa.
“Avevo avuto una bella cotta per lei in passato, poi… il lavoro… avevo dimenticato ogni cosa. Questo a riprova della indubbia stupidità maschile. È tipo una malattia, col tempo di solito passa… ma non vale per tutti. Ricordo che mi parlò parecchio di quella piccolina tanto chiara, ne andava così orgogliosa, mentre sui gemelli sorvolò abilmente. La cosa mi lasciò un po’ d’amaro in bocca, non era da lei, ma sorrideva… l’avevo vista giocare con loro e ne era innamorata come della femminuccia e allora perché? Pensai che, mentre parlare dell’uomo toccato dagli spiriti non le desse problemi, forse… l’uomo che le aveva regalato quei due gioielli della terra non doveva averle lasciato un bel ricordo. Andai via, che altro potevo fare? Stavo seguendo degli ordini precisi e poi… quelle erano questioni talmente lontane dal mio mondo. I villaggi come il loro erano lontani milioni di anni da quello che era il mondo nelle grandi città, sembrava che li tutto fosse fermo al secolo passato e io… io avevo ancora i miei sogni e la mia carriera. Non pensai più, né a lei, né a quel villaggio fino a quel giorno che vidi quella ragazzina a casa di Bolin. Poi quando tutto mi tornò alla mente, non vi affiorò come aveva fatto nel momento stesso in cui lo avevo vissuto. No… arrivò immerso nella maturità e nella consapevolezza che mi avevano, non per mia volontà, portato gli anni. Sentii che c’era qualcosa che dovevo ancora chiarire ed ero troppo vecchio per aspettare ancora.”
-Non nel senso che sono un vecchio bacucco… ma… insomma… mi hai capito, no?!- Sempre alla povera cagnolona silenziosa.
Un altro passo… qualcuno aveva finito di sentir casa.
-Insomma Naga, mi caricai la biondina come un sacco da campeggio, con la scusa di andare a fare una gita e al contrario passammo il fine settimana nella casa che le aveva dato i natali. Forte, no? - Rise di gusto, mentre la sua ascoltatrice riprendeva a scodinzolare.
-Che sguardo che fece quando riconobbe le vette della Nazione del fuoco. Era incredula… Ahhh!!! La bellezza di avere un bisonte volante come animale domestico! Ma… la verità era che avevo già perso il piacere di stare al fianco di un figlio, per il volere di sua madre, che… non potevo rischiare accadesse ancora, se bene, sperai in cuor mio di sbagliarmi. -
Altro passo. Altri dieci minuti passati.
“Quanto fu felice Hikari e io più di lei nel vederla tanto allegra. Non potevo che concederle un fine settimana e tra il viaggio di andata e ritorno avevamo solo quel giorno per stare con la sua famiglia. Avevo molto di cui parlare con Yue, ma… io lì ero l’estraneo. Eppure, come sempre mi sorrise quando mi vide e non finiva di ringraziarmi tra le lacrime, mentre si teneva quella fanciullina tra le braccia non meno commossa di lei. Me ne rimasi in disparte, era giusto così, ma li vidi quei due ragazzoni della terra, toppo alti e dalla pelle più simile a un retaggio d’acqua che a uno di terra. Ancora troppo spettinati e ancora troppo arrabbiati quando vedevano quel bell’imbusto, che ero io, avvicinarsi a quello che da bravi dominatori della roccia ritenevano il loro territorio. Forse mi sbagliavo, ma… stavamo per partire quando Yue mi chiamò in disparte, mentre Hikari chiacchierava con una vecchina talmente a modo da desiderarla come nonnina.
–Grazie. - Mi diceva ancora con quella voce bassa e gentile tipica del regno della terra.
Cosa sapevo di lei? Era stata venduta da piccolissima al padre del signore di quella casa e li era cresciuta. Chissà se era mai stata nel regno della terra o se era nata nella nazione del fuoco, magari da qualche fanciulla al seguito di chissà quale famiglia nobile in viaggio in quei luoghi e troppo ricchi per permettere alla servetta di badare più alla sua poppante che a loro.
Le dissi che non doveva ringraziarmi, avevo la possibilità di fare quel viaggio e lo avevo fatto. Tutto qui! E… anzi mi dispiaceva non essermi fatto vivo in tutti quegli anni.
Mi stupii nel sentirla dire: -Quindici. Sono passati quindici anni da quando ci siamo visti l’ultima volta. –
Da non credere! Aveva contato gli anni che si erano messi tra le loro vite. Assurdo! Eppure ancora gli sorrideva gentile. Quindici anni: ero passato dall’esercito della Nazione del fuoco a quello delle Nazioni unite e per una serie di eventi, tra cui il mio risvegliarmi come dominatore dell’aria, non mi era più tornata alla mente quella bellezza esotica in una terra in cui ancora non avevo ben imparato a distinguere gli uomini dalle donne… beh, almeno fin tanto non gli cresceva la barba!
Quindici anni: mi sentii addosso i sensi di colpa e per cosa? Infondo non avevo fatto nulla di cui preoccuparmi, o pentirmi, o… di cui semplicemente non andavo fiero.
–Ho solo seguito il mio destino. - Le dissi quasi a volermi giustificare, e lei rispose socchiudendo quegli occhi di smeraldo e sorridendo ancora più dolcemente.
Decisi di far l’uomo una volta tanto… non che normalmente non lo faccia e le domandai a brucia pelo: -Perché non mi hai detto dei due gemelli? –
Speravo di colpire nel segno e dal suo sguardo capii che lo avevo fatto.
Accidenti se era bella! Possibile che sembrasse che per lei il tempo non fosse passato?
Lui invece doveva sembrargli un vecchio rimbambito, memore del ragazzo forte e baldanzoso che era stato.
–Eri un soldato. - Si limitò a dire. –Non sapevo nulla oltre il tuo nome e… non sono una donna libera. Come avrei potuto cercarti? Non abbiamo avuto neanche un telefono fino al mese scorso e solo perché ce lo ha portato direttamente Lord Zuko. –
Già, tutto vero… Lord Zuko poi… lo aveva ammirato tanto in passato, ma a quanto pareva non era stato sufficiente per permettergli di rimanere accanto alla sua adorata piccina.”
Si stizzì in volto a quel pensiero e la cagnolona decise di leccarlo per rimettergli a posto i lineamenti.
Sorrise ancora, mentre a dividerlo dalla cornetta mancavano solo due persone.
“-Quando quel giorno passasti di qui, avrei voluto dirti qualcosa, ma… cosa avresti fatto? Ricordi? Mi parlasti della tua missione, dei tuoi progetti e… cosa te ne facevi di due marmocchi testardi e confusionari. –
Ricordo che risposi di getto: -Questo avresti dovuto farlo decidere a me. –
Le vidi lo sguardo sobbalzare. Me ne dispiacque, non ero mai stato tanto duro con una donna, ma… Izumi mi aveva ferito in un modo tale che in un qual modo riversai su Yue il mio astio.
–Intanto…- continuai: -I miei figli sono cresciuti come servi, mentre il loro padre era un uomo libero e il figlio maggiore dell’Avatar. –
M’era uscito così male. Non volevo ferirla… ahhhh! Stronzate! Volevo e come. Per l’ennesima volta qualcuno si era preso gioco di me, me lo dovevano leggere in faccia!
Poi lei, la sua voce amareggiata: -Non lo sapevo. –
E di colpo si inginocchiò riverente.
Possibile che non gliene avessi parlato? Neanche una volta in quegli anni?
Si. Possibile. Volevo molte cose da giovane e una di queste era dimostrare di potercela fare senza l’aiuto del nome del papino. Forse se glielo avessi detto sarebbe riuscita a trovarmi… quella situazione fece scemare il mio astio e mi affrettai a tirala su da terra.”
-Ti pare che lasciassi inginocchiata in terra la madre dei miei figli. Ma che persona sarei… ma daiii! -
Scosse la testa, arrivato ormai alla panchina di metallo. Vi si sedette stiracchiandosi verso l’alto. Naga posò la testa sulle sue gambe. Così era decisamente più comodo coccolarla.
“-Avevo paura me li portassi via. – Disse, mentre la rialzavo, con gli occhi lucidi. –Sono tutto il mio mondo. Non avrei resistito senza di loro. –
Ok… quello era un altro particolare a cui avrei dovuto arrivare da solo. Eppure l’unica cosa che mi venne in mente in quel momento fu: -E loro lo sanno? Sanno chi è il loro padre? –
La risposta non tardò ad arrivare: -Sanno che era un militare di carriera, gentile e divertente. Che come loro amava ridere e raccontare storie impossibili. –
Poi quel dolore al cuore mi invase. –Non dirmi che anche loro pensano che sia morto. –
Lei mi guardò non capendo a pieno le mie parole. La verità era che già un figlio pensava fossi un militare della Nazione del fuoco morto in azione. Se fosse accaduto una seconda volta, sarebbe stato a dire che ero davvero morto e non me ne ero accorto… accidenti! Noooo… sarebbe stato il colmo dell’assurdità!
Ma grazie agli spiriti lei dissentì con il capo. –Sanno che non sapevo come rintracciarlo. Che la loro mamma era stata talmente stupida di volere da quell’uomo gentile qualcosa da tenersi accanto e così erano nati loro. –
Ok… questo mi imbarazzò terribilmente, ma accidenti non ero più un ragazzino. Sorvolai domandando: -Pensano che li abbia abbandonati? –
Ancora quella testolina castana, talmente chiara da assumere le colorazioni del miele d’acero sotto quella luna, dissentì velocemente. –Gli dissi che era quel signore che li osservava dalla staccionata quel primo giorno sereno dopo tanta pioggia, ma che la mamma gli voleva troppo bene per dirgli di loro. –
In quel regno si trovavano creature spesso troppo oneste da farti sentire uno sciocco solo ad aver pensato male di loro.
Poi Yue sorridendomi come aveva sempre fatto: –Oggi non ti hanno riconosciuto con quella barba e le vesti dell’aria, come potevano! Loro ricordano un ufficiale della Nazione del fuoco. –
La guardai pensando che la preferivo così, sorridente, anziché impaurita. Chissà quante idee le si erano accalcate nella mente quando le avevo rivelato di essere il figlio dell’Avatar, quanta confusione doveva starci adesso dietro quegli occhi gentili.
–Se sei qui per loro… li porterai via, non è vero? –
Fui io a dissentire questa volta. –Yue, a breve partirò per una missione al seguito dell’Avatar Korra. Non so se tornerò. Non sono più un ragazzo, ma se l’Avatar ha bisogno di me, non posso rifiutarmi? - Le sorrisi. –Ti chiedo solo di dirgli di me. Sai che Hikari vive nella casa dell’Avatar e adesso sai chi sono, dove sono e come contattarmi se vuoi. Concedimi almeno di far parte delle loro vite e di dargli quello che per amore gli hai negato. Solo questo. Il resto lo decideranno loro. Sono grandi ormai, non posso e non voglio imporgli nulla. Ma è giusto che conoscano il loro retaggio non lo credi anche tu? Se al termine di questa missione sarò ancora in vita, ti chiedo solo di lasciarmi conoscere le persone che sono diventate e concedergli quella libertà che gli appartiene di diritto, se non camminerò più nel regno dei vivi, lascerò i miei voleri tra le mani della tua figlia più piccola già da domani. Sono il primogenito dell’Avatar Aang, nessuno metterà in dubbio quanto dettato nelle mie volontà. - La vidi incupirsi e farsi terribilmente seria e terribilmente più bella… ahhh! Sono sempre stato sensibile al fascino femminile.
Annuì silenziosamente. Non c’eravamo più visti, c’erano stati fraintendimenti e troppe cose non dette, ma finalmente…”
Era giunto il suo turno per parlare in quel maledetto attrezzo.
Naga si era sdraiata davanti quella panchina di metallo, impedendo a chi era dietro di lui di sedersi. Sorrise divertito alla cosa, gettando uno sguardo a chi era ancora in fila, lieto che quella cagnolona mettesse tra lui e loro lo spazio giusto per poter parlare senza essere udito.
Cominciò a sincronizzare quella sorta di radio-telefono, mentre ripensava alla sua ultima telefonata a quella meraviglia della terra, orgogliosa e gentile come una creatura di fuoco; alla chiamata prima, e a quella prima ancora, fino a diventare quella bella abitudine di sentirla ogni mattina.
“Ora sapeva che Hikari non era realmente la sua bambina, ma l’aveva cresciuta con l’amore di una madre. E stava raccontando di lui a Jishin e Chikyu.”
Sorrise a quel pensiero, desiderando per una volta di non tirare le cuoia in missione come aveva sempre sperato. Morire da eroe improvvisamente non aveva più il suo fascino, non in quella missione, almeno.
“Che stupido a sentirmi felice come un ragazzino quando mi ha rivelato che all’epoca si era presa una bella cotta per il soldatino dagli occhi celesti… soldatino che ovviamente sarei io!”
Ancora sorrise, mentre cercava di far funzionare quel mostro ronzante che aveva davanti.
“-Una cotta che forse non mi è mai passata. - Mi ha detto.”
Sospirò sentendo finalmente il primo squillo.
“E l’ultima volta: -Quando verrai a trovarmi? Mi manchi. –
Quanto mi sono sentito importante, come mi faceva sentire sempre il suo sorriso.
–Presto! Il prima possibile. - Ho risposto. -Voglio fare di te una donna libera. –
E accidenti se voglio farlo.” Razionalizzò, mentre con la coda dell’occhio vedeva la giovane Avatar avvicinarsi alla cagnolona polare… mentre un secondo squillo gli echeggiava nell’orecchio.
-Ecco dov’eri finita! Ti ho cercato da per tutto…-
Se disse altro, Korra, dopo di questo, Bumi non lo sentì, troppo attento a quel –Pronto. - troppo gentile e profondo, per non sapere chi fosse a chiamare a quell’ora.
-Yue… sono io. - Rispose.

   
 
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