Eccomi
… dopo un bel po’ di tempo, mi sono decisa a continuare questa storia, grazie
anche alle vostre richieste. Sono felice che vi sia piaciuta, anche io l’ho
sempre immaginata così.
Non
vorrei essere caduta nel banale
continuandola in questo modo, spero comunque che continui a piacermi.
Ho
cercato di dar fondo al lato dolce di Rosalie e Emmett, nonostante nei libri
della Meyer non ci sia molto questo aspetto.
Ancora
un grazie a chi ha commentato e chi l’ha messa nei preferiti.
Baci
Scimmietta
Eryp92: sono felice che ti sia piaciuta. I dialoghi
non sono proprio il mio forte, quindi non riesco mai a mettere le azioni, mi
dispiace.
evelyn_cla:lietissima che sia
piaciuta un sacco, spero che la continuerai a seguire.
Sandra92:eccoti accontenta! La continuo, anche perché
contro qualsiasi mia aspettativa, con questa coppia mi sto trovando bene, e le
parole prendono vita da sole.
Maghetta25: so di essere ripetitiva, ma sono
contenta che sia piaciuta anche a te. sapere che non sono male a scrivere è
stupendo, e poi mi da ancora più voglia di scrivere.
Vale
Pattz: ho seguito il vostro consiglio e l’ho
continuata. Dopo il bell’inizio spero di non cadere nel banale, ma ci provo
comunque a continuare. Grazie.
2.Capitolo
Erano passati
otto giorni da quando avevo trasformato Emmett. La mia vita, aveva preso una
piega inaspettata. Con Emmett accanto, mi sentivo felice, riempiva le mie
giornate come nulla aveva mai fatto.
Gli avevamo spiegato
tutto ciò che doveva sapere. Il fatto di essere “vegetariani”, di non dover
rivelare a nessuno il nostro segreto. Gli raccontammo dei Volturi, e del potere
di Edward. Alla scoperta di quest’ultimo, spalancò gli occhi dalla
sorpresa.
“Si Emmett, conosco
anche i tuoi più intimi segreti” disse Edward, ridacchiando sotto i baffi,
molto probabilmente rispondendo ad una sua domanda mentale.
Chissà quali
fossero i più intimi segreti di Emmett, quelli di cui era strettamente geloso.
In quel momento
ero sdraiata sul letto della mia camera, ripensando a quei riccetti neri, che
mi riscaldavano il cuore ormai morto e freddo.
Improvvisamente
qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” dissi,
sedendomi correttamente. Sulla soglia della camera, c’era la figura enorme di Emmett.
“Ciao Rose. Posso
stare un po’ qui con te?” mi chiese, leggermente imbarazzato, e con una vocina
bassa, che non feci fatica a sentire.
“Certo Emmett.
Come mai? Non hai animali da sgozzare?” lo misi ancora di più a disagio, e me
ne pentii all’istante. Lui era venuto qui, magari per passare un po’ di tempo
con me, e io gli rispondevo così.
“Ecco, no … cioè
si, ma non mi andava” entrò nella camera, ancora a testa bassa, e si
sedette sul bordo del mio letto. Mi spostai verso il centro, per farlo sistemare
più comodo, ma lui rimase dov’era, forse ancora scosso.
“Rose, senti, io
volevo sapere come mai hai deciso di trasformarmi. Da quanto mi ha detto Edward
tu odi la tua condizione” Ora mi guardava negli occhi, un po’ più audace di
prima.
“Edward ti ha
raccontato della mia vita prima di essere trasformata?”
“No. Ha detto che
la decisione di raccontarmela doveva essere tua!” sorrise, e ancora una volta
mi riscaldò il cuore. Era tenero, e sembrava un bambino troppo cresciuto.
Gli raccontai
tutto, partendo dal principio. Gli dissi dei miei genitori, di ciò che si
aspettavano da me. gli raccontai dei King, del corteggiamento, e di quella
fatidica sera. Non gli risparmiai nessun orrore e nessun dettaglio. Sentivo di
potermi aprire completamente con lui. In quel momento, la maschera da dura che
mi ero creata, giaceva a terra, come se fosse invisibile.
Lo vidi agitarsi
sul letto, quando gli dissi della violenza. Sembrava lottare contro le lacrime,
nonostante non potesse versarne.
“Ecco, ora sai
tutto di me” gli dissi, abbassando lo sguardo, per non farmi vedere in volto.
Temevo che sarebbe fuggito a gambe levate dalla mia camera. Inaspettatamente,
invece, me lo ritrovai ancora più vicino, e le sue braccia forti e muscolose mi
strinsero in un caldo abbraccio.
“Oh Rose, mi
dispiace. Non pensavo avessi sofferto così tanto” la sua voce, si ruppe per
un istante, poi si allontanò da me, lasciandomi un bacio sulla
guancia. Mille spilli mi punsero gli occhi. Odiai la mia condizione in quel
momento. Condizione che non mi permetteva di sfogarmi come avrei voluto fare.
Emmett parve
accorgersene, perché mi sorrise comprensivo e mi riabbracciò.
In quel momento
bussarono alla porta. Di scatto ci allontanammo tutti e due, imbarazzati.
“Avanti” dissi, e
sulla porta, si stanziarono le figure di Carlisle ed Esme.
“Rosalie cara,
noi andiamo a caccia con Edward. Vi volete aggregare?” ci chiesero. Fu Emmett a
rispondere, per tutti e due.
“No, grazie.
Siamo a posto così!” si voltò a guardarmi, come se cercasse
assenso. Feci un cenno affermativo, e gli altri, salutandoci se ne andarono.
“Ehm … Rosalie …
io devo fare una cosa. Ti dispiace se vado?”
“No Emm. Vai. Non
preoccuparti” gli sorrisi, e quando anche lui fu uscito dalla mia camera, mi
avvicinai alla finestra.
Mi sentivo
spossata mentalmente. La conversazione con il mio orso era stata più faticosa
di quanto si potesse immaginare. Lo era sempre per me, quando rievocavo alla
mente i ricordi del mio passato da umana, il dolore mi artigliava lo stomaco, e
mi ci voleva sempre un po’ per riprendermi.
Mentre rimanevo lì, ad ammirare il
mondo e a pensare, piano scese la notte, che mi abbracciò con le sue
stelle luminose.
La notte era uno
dei miei momenti preferiti. Quando il cielo diventava nero, mi sentivo sicura e
forte. Dopotutto ero una vampira, e si sa, che la notte è il mondo dei vampiri.
Stavo andando in
bagno, a fare una doccia, quando un rumore provenire da dietro la mia porta, mi
incuriosii.
Mi avvicinai alla
porta, e l’aprii.
Per terra, c’era
un mazzo di fiori, con un biglietto. Le presi in mano, attenta a non rovinarle,
e le poggiai sul mio letto.
Il bigliettino
era attaccato alla carta con una spilla a fiore. La staccai delicatamente e lo
lessi.
Mi dispiace che tu abbia dovuto patire tutte quelle
cose crudeli di cui mi hai parlato oggi. Avrei voluto essere lì
per difenderti, ma purtroppo non ti conoscevo ancora. Oggi posso dire di
conoscerti un po’ meglio, e sono lieto che tu abbia deciso di rendermi
partecipe dei tuoi sentimenti. Sei una ragazza dolce Rosalie, e non dovresti
odiare la tua condizione, o meglio, la nostra. È un modo per
andare avanti, per riscattarsi. So che può sembrare una
frase fatta, ma quando vorrai sfogarti, io ci sarò
sempre per te. Tuo Emmett
Se avessi potuto
piangere in quel momento, la casa sarebbe diventata un piccolo lago salato.
Non meritavo
tutta quella dolcezza, ma ero felice che fosse Emmett a darmela. Forse lui, mi
aveva capita più di chiunque altro, più di quanto mi capissi io.
Non ero mai stata
una persona brava ad esprimere i propri sentimenti verso chi le stava attorno,
ed ora ancora più di prima, ma con lui forse ci sarei riuscita. Dovevo almeno
provarci.
Forse non ero
stata io a salvare lui, era lui che stava salvando me.
Gli occhi mi
pungevano ancora, ma mi imposi di calmarmi. Presi un vaso e lo riempii d’acqua,
poi ci misi i fiori dentro. Lo poggiai sul comodino. Come vampira, anche il
sonno mi era stato tolto, ma vedere quei piccoli boccioli lì accanto al
letto, mi avrebbe aiutata a tornare un po’ umana.
Mentre li
ammiravo, qualcuno picchiettò alla finestra del balcone. Alzai gli
occhi, e vidi mia madre fare segno di aprirmi. Le corsi incontro, e non appena
fu dentro, mi diede uno dei suoi caldi abbracci.
“Rose tesoro …”
mi disse, accarezzandomi i capelli e la guancia.
“Oh mamma … cos’è
questa cosa che mi nasce nel petto?” le chiesi, rendendomi conto in quel
momento di un dolore al petto, che si ingrandiva sempre più.
“Qui piccola
mia?” Esme sfiorò il mio cuore con le dita, delicata. Annuii con la
testa, e lei mi sorrise.
“Si chiama Amore,
Rosalie, Amore con la A maiuscola …” disse, uscendo dalla porta.
Rimasi
imbambolata.
Non riuscivo a
crederci. Avevo provato quel sentimento, ma perché non ero riuscita a
comprenderlo? Eppure sentivo che quello che Esme mi diceva era vero. Mi bastava
pensare alla su felicità assieme a Carlisle, per capire che l’amore esisteva
veramente.
Scesi in cucina,
e lì trovai la mia famiglia.
Esme e Carlisle
erano seduti sul divano, a lanciarsi sguardi carichi d’amore.
Edward era al
piano, a suonare. Alzò la testa verso di me e sorrise. Uno dei sorrisi che
mi regalava spesso ultimamente.
Lui, invece non
c’era.
“È in giardino. Ti
sta aspettando” mi disse Edward, con un sussurro quasi impercettibile.
Uscii fuori, e al
riparo dalla pioggia scrosciante, sotto un albero, lo trovai. Le gocce di
pioggia che scorrevano lente sul suo volto sembravano lacrime.
Mi avvicinai.
Lentamente. Non parve sentire i miei passi, soffocati dal manto d’erba.
Gli toccai la
spalla, e si girò, fissando i suoi occhi rossi nei miei dorati. Erano
belli, spaventosi ma belli.
“Sono felice che
tu sia venuta …” sussurrò, accarezzandomi la guancia.
“Grazie per i
fiori. Sono stupendi. E grazie per il biglietto …” dissi, mettendo una mia mano
sulla sua.
“Ho semplicemente
scritto quello che penso …”
“Mi sei stato di
grande aiuto. Non merito tanta dolcezza”
“Si che la meriti
piccola. Tu sei un angelo …”
Sorrisi a quelle
parole … dette da lui sembravano quasi vere. Quasi, io ero un demone della
notte.
“Emm, promettimi
che per me ci sarai sempre … non voglio perderti …”
“Te lo prometto
piccola. Ci sarò sempre …”