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Autore: wrjms    26/07/2016    3 recensioni
Sherlock allaga l'appartamento.
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I don't have friends. I've just got one.'
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«C'è una falla».
John Watson passa delicatamente l'indice destro sulla superficie metallica, con calma, quasi temendo di ritrovarselo ricoperto di qualche strana melma radioattiva. Quando lo alza, è bagnaticcio: una goccia d'acqua più o meno trasparente si è infranta sulla sua pelle; il polpastrello umido conferma la sua tesi scomoda.
«Era solo una questione di tempo». La voce del consulente investigativo giunge, smorzata, dal salotto: come al solito, nello spazio di disoccupazione che intercorre fra un caso e l'altro, Sherlock Holmes è annoiato, dannatamente annoiato, ed ora giace sul divano a faccia in giù, con il volto premuto su un cuscino. I suoi riccioli ondeggiano mentre biascica le parole contro la federa violacea. «Chiunque avrebbe potuto indovinare la tua password ad occhi chiusi--».
John è abituato ai suoi sproloqui, e per un attimo quasi non sente il suo commento; continua, sottovoce, quasi parlando con se stesso: «ci servirà un idraulico, diamine... trovare un idraulico a Londra, nel pieno dell'estate». Poi registra, in ritardo, le parole di Sherlock. «Cosa-- no, no, nel tubo, Sherlock, non nel mio sito web...».
«Oh». Sherlock è immobile. «Beh, è comunque questione di tempo».
«... tubo che tu, gentilmente, dovresti provvedere a riparare, considerando che la colpa è tua».
«Colpa mia?». Sherlock alza la faccia dal divano, fissandolo di traverso.
«Mmh».
«E perché?»
John aggrotta le sopracciglia. I suoi occhi lampeggiano prima da uno e poi dall'altro lato della stanza, come cercando una spiegazione per la totale ingenuità dell'amico. «Non eri tu quello che, ieri sera, ha rimosso metà dei bulloni del lavandino perché – testuali parole - “ti servivano”?».
«... No?».
«Ah, sì. Ora ricordo. Sono stato io. O forse era Mrs Hudson?».
«John...».
«No, no, sono stato io. Come ho anche fatto quasi saltare in aria la cucina tentando di cuocere degli occhi umani nel forno a microonde».
Improvvisamente Sherlock balza in aria, alzandosi con uno strattone dal divano; John lo osserva mentre, tiratosi, barcollando, in piedi – deve aver passato cinque o sei ore in quella posizione – il consulente investigativo cammina senz'indugio sopra il tavolo, come se nulla fosse, facendo cadere a terra documenti e libri; poi di nuovo ridiscende, attraversa la stanza, giunge davanti alla cucina.
I suoi occhi diventano improvvisamente più grandi; Sherlock piega la testa da un lato. «John. Era importante. Mi serviva per un caso».
John ridacchia. Conosce bene quella tattica: occhi spalancati, capo chinato, voce suadente. Sherlock la utilizzava tutte le volte che doveva ottenere, in ordine di frequenza, sigarette, informazioni top-secret da Lestrade o il cinquantasettesimo tea della giornata da Mrs Hudson ("con biscotti!"). Ovviamente, raramente qualcuno ci cascava.
John lo oltrepassa, andandosi a sedere sulla propria poltrona. «Ho smesso di crederti almeno tre anni fa, Sherlock».
«Dovevo almeno tentare»
«Sai cosa, Sherlock?», mormora John, sfogliando le pagine del suo quotidiano sino a raggiungere la sezione sportiva, «non metterò mano a quel lavandino. Tu l'hai rotto, tu lo sistemi. E se non lo farai, non mi importa: metterai un bel paio di stivali e te ne andrai in giro in...».

 

«...tre dita di acqua putrescente».
È bastato un giorno.
Nelle prime ore Sherlock aveva vagato per l'appartamento come suo solito, completamente ignorando il ticchettio delle gocce che cadevano sul suolo, dove il lavandino aveva iniziato a perdere. Tic. Tic. Lestrade era passato portandogli della documentazione per un caso; “chiaramente un livello 5”, aveva borbottato lui, ed aveva acconsentito ad aiutarlo da casa, come faceva sempre in quelle situazioni. John era rimasto fuori per gran parte della giornata; lui, invece, aveva lavorato al caso fino al tardo pomeriggio, seduto al tavolo ingombro d'immondizia della cucina.
Qui erano cominciati i problemi.
Era snervante, quel piccolo suono che proveniva dalla sua sinistra: tic, tic. Sherlock non riusciva a pensare ad altro. Si distoglieva per un attimo, si concentrava sul suo lavoro per un mero secondo e poi quello ricominciava a sbeffeggiarlo: tic, tic, e cambiava un vetrino, tic, tic, eguardava nelle lenti del microscopio, tic, tic, versava la sostanza, tic, tic, ma quel suono non smetteva mai, mai...
Aveva preso una decisione.
Colmo d'ira e d'irritazione si era inginocchiato di fronte al lavabo. Le gocce s'erano fatte più persistenti; l'acqua cadeva dal tubo con più insistenza. Aveva chiuso gli occhi. Ci dev'essere qualcosa in questo dannato palazzo che mi possa servire. Ma niente: riconoscere la cenere, 243 tipi di tabacco, pattern delle ali delle falene...
In un lampo di disperazione Sherlock aveva dato uno scossone al tubo, girato qualche valvola, martellato sulle saldature per cercare di sistemare tutto senza i bulloni che – ovviamente – erano andati persi.
Per un attimo c'era stato silenzio.
Poi un getto d'acqua aveva invaso la cucina.

 

Ora, seduto sullo schienale della propria poltrona come un bambino nel bel mezzo di Il pavimento è lava, Sherlock osserva il tappeto fradicio d'acqua e i documenti del caso che, illeggibili, galleggiano su un sottile strato d'acqua che pervade cucina e salotto.
John, di fianco a lui, è al telefono con qualcuno – Lestrade? - e si sta passando una mano sulla faccia. Indossa degli stivali di gomma e ha i pantaloni arrotolati sino alle ginocchia. «Te l'ho detto, Greg. Tre dita di acqua putrescente...!». Si volta per mandare un'occhiata a Sherlock, ma lui sta, a tutti i costi, tentando di evitare il suo sguardo. «Va bene, va bene. Ti richiamo dopo».
John sospira, chiudendo gli occhi e strizzando la base del naso fra indice e pollice. Un segno riconoscibile: lo fa sempre, quando è nervoso. «Greg è furioso. Tutti quei documenti... top-secret, Sherlock, capisci? E ora sono persi. Se si accorgessero che sono spariti...! Sta rischiando il lavoro. Cristo, Sherlock. Mi stai ascoltando? Sherl--». John apre gli occhi: ma la poltrona è vuota; l'acqua tremola nei punti dove il consulente investigativo, andandosene, l'ha attraversata.
John sospira di nuovo. Un bel casino. Sta per richiamare Lestrade, ma poi lo vede.
Il suo laptop, immacolato, sistemato sulla mensola più alta del salotto. John se lo ricorda bene: la mattina prima lo aveva appoggiato sul pavimento, di fronte alla sua poltrona, dove ora v'è solo uno strato sottile di acqua putrida.
Gli occhi di John vagano da un punto all'altro della stanza. Da un lato, nell'acqua, una serie di documenti di importanza prioritaria, necessari non solo per la protezione di Lestrade, ma anche per la giustizia di varie vittime; dall'altro, messo al sicuro da ogni pericolo, il suo laptop, vecchio e sgangherato, particolare unicamente in vece del suo possessore.
John si guarda ancora in giro; poi osserva l'acqua dove Sherlock è passato.
Questo sì che era inaspettato.



Angolo autrice
"Inaspettato bc I wasn't expecting that" - cit.
Hola, mishamigos! Torno nel fandom per una shottina di passaggio, che io stessa non mi ero assolutamente aspettata di scrivere.
Appena terminato il rewatch non potevo trattenermi.
Enjoy! ~

   
 
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