Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Sanae77    27/07/2016    8 recensioni
Tutto segue le regole: Sanae e Tsubasa felicemente sposati.
Una vita tranquilla.
Una nuova avventura lavorativa.
Vecchi conti rimasti in sospeso.
Un tarlo che s'insinua nella testa...
Che cosa può accadere se un 'SE' resta in sospeso?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Capitolo 07
 
 
… un mese dopo Amburgo
 
Tanto lo sapevo, nella mia vita le cose semplici non esistono.
E ne ho la conferma mentre rigiro il test di gravidanza tra le mani.
Due linee, due fottutissime linee compaiono in bella vista.
Che disastro! Un profondo è preannunciato disastro.
Passo una mano su tutto il volto.
È umido: ovvio sono sudata per l’angoscia, ma quando, dopo il calcolo effettuato, mi sono resa conto di avere un giorno di ritardo ero già consapevole di quale fosse il motivo.
“Allora?” chiede Genzo entrando in bagno.
“È positivo.”
“Merda” impreca lui sganciando un pugno contro la porta.
“Oh, ma bene, che persona matura.”
Lo guardo inespressiva aspettando una sua reazione.
S’inginocchia di fronte a me e abbraccia stretta.
“Scusa, scusa, non volevo reagire così, è solo che…”
“Lo so, lo sapevamo, per l’esattezza; non sappiamo di chi sia…”
“Vorrei soltanto che fosse mio; solo questo Sanae!”
“Anch’io Genzo, tutto sarebbe più facile per non dire perfetto, ma la mia strada con Tsubasa non è mai stata facile e ora… forse dovrei pensare bene a questa scelta, forse se è suo dovrei tornare indietro… oddio non so più che fare, come comportarmi.”
Tiro le ginocchia al petto e ci nascondo la testa aiutata dalle braccia.
Due possenti mani si posano sulle mie spalle. Mi cullano e accarezzano.
“Ehi, una cosa alla volta, anche se fosse figlio del Capitano non cambierà niente tra di noi, Sanae io ti amo troppo per lasciarti andare via, capito?”
Annuisco, ma proprio non ce la faccio a trattenere le lacrime. Perché deve complicarsi tutto così improvvisamente?
Perché non ho ascoltato Tsubasa quando ha suggerito che iniziassimo dopo il progetto del lavoro a mettere in cantiere un figlio? Sono proprio una sciocca, immatura, e ora ne pago le conseguenze.
“Sanae, non temere riusciremo a trovare un equilibrio. Inoltre potrebbe anche essere mio no?”
Già, potrebbe anche essere suo. Sorrido al pensiero perché sarebbe perfetto e bellissimo, ma ho la sgradevole sensazione che come al solito Ozora sia arrivato per primo.
“Devo chiamare Tsubasa.”
Sollevo lo sguardo e lo fisso tirando su con il naso.
Inarca un sopracciglio, ma annuisce.
“Sentiamo se può venire lui qua, non credo sia molto salutare stressarti con il volo… più di quanto, tu, non lo sia già.”
Non posso che dargli ragione perché un po’ la fatica lavorativa, un po’ lo stress della situazione e… ammettiamolo negli ultimi giorni un sonno devastante si era impadronito di me. Adesso ne conosco il motivo.
Avevo immaginato che ci fosse qualcosa di diverso, sentivo delle sensazioni strane, odori che improvvisamente mi schifavano, fitte a basso ventre, insomma sospettavo, già prima del test, di poter essere incinta.
“Ok, provo a chiamarlo io.”
Mi blocca per un braccio.
“Se non te la senti posso chiamarlo io, Sanae!”
Lo guardo fissandolo negli occhi.
“Non è necessario Genzo, non voglio creare tensioni tra di voi più di quanto già non ne abbia create, per favore.”
“Insisto, non voglio che tu ti agiti.”
Mi strappa un sorriso vederlo così in apprensione.
“Ehi, non sono moribonda o malata. Sai che sei davvero carino quando ti preoccupi così?”
Adagio una mano sulla sua guancia calda, si è rasato stamattina ed è morbidissimo.
“Comunque, penso io a Ozora.” Ribadisce.
Sollevo lo sguardo al cielo, perché so che sarà fiato sprecato con lui, tanto ha deciso così.
“Va bene papà” lo prendo in giro.
Si solleva e offre le sue mani, le afferro e letteralmente mi sento alzare da terra.
Meglio di un ascensore.
“Forza andiamo a fare colazione, mammina” mi esorta prendendomi un po’ in giro.
Con una sonora pacca sul sedere esco dal bagno; sa sempre come strapparmi un sorriso.
“Faccio una telefonata e ti raggiungo.”
Mi coglie alla sprovvista girando per la sala. Appoggiandomi allo stipite, vedo che afferra il cellulare dalla console.
 
“Hai deciso di affrontare subito il Capitano?”
“Meglio togliersi il dente.”
“Come farai a farlo venire qua?”
“Sanae, inutile girarci intorno, gli va detto.”
“Ma vuoi dirglielo così per telefono?”
“Altrimenti come scusa? Ah, sì, vecchio amico mio, sai dovrei parlarti… se mi manda a quel paese è più che lecito non trovi?”
“Giusto: quindi?”
“Non preoccuparti, ci penso io, tu vai pure a preparare la spremuta.”
“Agli ordini capo.”
“E piantala di prendermi per il culo” mi grida dietro scomparendo in sala.
Sghignazzo tornando sui miei passi, tutto questo nasconde perfettamente l’enorme angoscia che m’invade dalla risposta al test.
 
***
 
Scorro la rubrica fintanto che il cognome Ozora non compare.
È mattina ed è presto, spero che non dorma.
Scuoto la testa, impossibile che possa dormire; certamente sarà a correre.
Faccio partire la chiamata e quando sento il suo fiato corto so di aver colpito nel segno.
“Che vuoi?”
“Non voglio disturbarti: quindi andrò dritto al punto.”
“Bene, perché non ho tempo da perdere con te.”
Cerco di mantenere la calma.
Dopotutto non posso biasimarlo.
“Ascolta Tsubasa dovresti venire qua: dobbiamo parlare!”
“Ah, adesso vuoi parlare, e come? Da amico o da amante di mia moglie?”
Prendo un profondo respiro so che sta cercando lo scontro e vuole dirmene di cotte e crude, ma non credo sia proprio né il momento, né il caso.
“Dobbiamo affrontare una questione piuttosto seria – mi soffermo e butto fuori la bomba – Sanae è incinta.”
“Sai che diamine me ne frega se…”
Si blocca improvvisamente, cala un profondo silenzio tra noi.
Ok, ha perfettamente capito la situazione, dopo una risata amara e sarcastica.
“Non è tuo vero?”
“Non è possibile saperlo sai noi…”
“Sta zitto! Non voglio sapere nulla, domani prendo il primo volo e voglio parlare con mia moglie. Perché è ancora mia moglie, per ora, sia chiaro; da solo. Hai capito?”
Stringo un pugno tanto da farmi male, fortuna che è in un’altra nazione altrimenti lo avrei già attaccato al muro. So perfettamente che è ancora sua moglie, ma lei ha fatto la sua scelta, cazzo!
“Avrai il tuo tempo per parlare con lei senza essere disturbato, è una donna libera dopotutto, ma ricorda che non deve agitarsi.”
“Oh, ma come sei premuroso paparino!” mi sfotte.
“Tsubasa, di chiunque sia il bambino non ha colpe quindi, cerchiamo di comportarci da persone mature.”
“Fanculo Genzo, se tu non ti fossi intromesso, adesso gioiremo insieme di questa notizia, mi hai rovinato la vita.”
“Domandati piuttosto perché tua moglie è finita tra le mie braccia… forse le tue fottute colpe ce le hai anche tu. Non sei così immune sai, e neppure così perfetto. Come non lo sono io del resto. Quindi, fattene una ragione sono cose che succedono più spesso di quanto immagini.”
“Certo è la storia più vecchia del mondo rubare la moglie all’amico.”
“Ti ricordo che eravamo in due Ozora, certe cose non si fanno da soli.”
E aggancio perché davvero sono stufo delle sue accuse, affronteremo la cosa domani, da uomini, e non per telefono.
A grandi passi torno in cucina, Sanae sta prendendo i biscotti.
“Aspetta ti aiuto.”
Arrivo dietro di lei e le adagio un bacio sul collo, dopo afferro i biscotti.
“Tutto bene la telefonata?”
Intanto si volta e punta i suoi occhi dritti nei miei.
“Domani ha detto che viene.”
Rispondo senza cercare di far trasparire emozioni.
“Accidenti ha accettato subito, non avrei creduto.”
L’afferro per le spalle. “Senti Sanae, secondo me Tsubasa vuol tentare di riavvicinarsi a te con la scusa del bambino.”
Abbassa lo sguardo, la vedo è veramente confusa.
“Ehi, - intanto che parlo le metto due dita sotto al mento così che i suoi occhi tornino a tuffarsi nei miei – non voglio costringerti a nulla ma non farti condizionare dal bambino che porti in grembo. So che è difficile, ma devi pensare solo a chi ami davvero; indipendentemente da chi sia il padre di questo piccolino.”
Le sfioro la pancia in una tenera carezza.
La sua fronte appoggiata al petto è così calda.
“Vorrei tanto che fosse tuo Genzo.”
Lo bisbiglia, e poco dopo mi trovo circondato dalle sue braccia.
“Vedi hai già la risposta; se vuoi che sia mio… sai già chi ami e che cosa vuoi per il futuro, e anche se fosse del Capitano, lo amerei ugualmente perché comunque è una parte di te e ti amo così tanto… Sanae.”
 
 
…. Giorno dopo Amburgo
 
Suona il campanello vado ad aprire perché so perfettamente chi troverò di fronte.
Infatti la figura di Tsubasa a grandi falcate sta già percorrendo il vialetto d’ingresso.
Dal passo sostenuto non promette nulla di buono.
Si sofferma un attimo prima di attraversare la porta di casa.
Un solo cenno della testa tra noi e niente più, ma quando la sua spalla sfiora la mia non resisto, gli arpiono un braccio e continuando a guardare la strada sibilo tra i denti.
“Vedi di non farla agitare e di mantenere la calma, io sarò in cucina.”
Strattona l’arto e si libera dalla presa superandomi.
“È in sala; in fondo a destra.”
Giusto per mettere le cose in chiaro, non sarò così lontano.
Sbatto la porta e vado dove detto. Devo solo riuscire a mantenere la calma e non intromettermi nei loro discorsi: l’ho promesso a Sanae.
 
***
 
Entro in sala come una furia, parte già male, non pensavo davvero che ad accogliermi sulla porta ci fosse lui.
Ma appena varco la soglia della stanza la figura minuta in attesa che guarda fuori dalla finestra mi fa stringere il cuore.
Spero solo che questo amore non si trasformi in altro, perché se si tramutasse in odio non saprei come gestirlo, come arginarlo.
I miei passi riecheggiano, quel tanto che basta perché lei si volti.
La luce la illumina ed è proprio come la ricordavo, la mia Manager: bella!
“Sanae…” sussurro raggiungendola.
Poi quel gesto che non mi sarei mai aspettato.
Appena mi avvicino e faccio per abbracciarla lei indietreggia mettendo avanti le mani.
In automatico lascio cadere le mie lungo i fianchi.
“Ciao, Tsubasa.”
Il suo sguardo dritto nel mio, e adesso che cosa dobbiamo fare? Questa è la mia ultima occasione, è la possibilità di poterla riavere per me.
“Come stai?”
Parto da qualcosa di semplice per cercare di arrivare a tutto quello che voglio dirle dopo.
“Bene, grazie. Vieni sediamoci.”
Con un gesto della mano m’invita verso il divano di pelle nera che troneggia di fronte al grande camino.
Si siede mentre nervosamente contorce le dita chiuse tra le gambe.
“Tsubasa io…”
Ma decido di non farla neppure iniziare.
Le prendo le mani e le stringo tra le mie, sono così gelide.
“Ascolta Sanae, torna a casa e facciamo finta che tutto questo non sia mai esistito, è nostro questo bambino, lo sappiamo entrambi.”
Nega, vedo una lacrima solcarle il volto.
“Non è detto.”
La butta fuori lì a denti stretti.
“Non pensarci diciamo che è nostro e basta, torna a casa.”
Sgrana gli occhi incredula.
“Non posso tornare a casa Tsubasa, io non provo più gli stessi sentimenti di prima per te, e questo non posso ignorarlo, inoltre secondo te Genzo starebbe con le mani in mano sapendo che potrebbe essere suo figlio?”
Mollo la presa sulle sue mani.
Perché ho bisogno di stringerle a pugno e sfasciare qualcosa, ma espiro e inspiro aria per cercare di darmi un contegno.
“E pensi che io potrei fare altrimenti? Stare zitto e buono mentre mia moglie se la spassa con il mio migliore amico magari con in grembo mio figlio?”
Le ultime parole escono con un disprezzo tale che me ne meraviglio pure io.
Forse un briciolo di quell’amore folle si sta già trasformando in un altro sentimento.
“No… non ho detto questo, troveremo una soluzione”
Mi alzo di scatto, adesso basta! Devo riprendere in mano le redini di questa situazione.
Decido di inchinarmi fintanto che basta per arrivare vicino al volto. Mi guarda perplessa prima e dopo nelle iridi dei suoi occhi vedo passare un lampo di timore.
E fa bene ad averne, perché sono stato fin troppo paziente.
“Bene, Sanae, te la dico io la soluzione. Quando scopriremo di chi sarà questo bambino tutto si risolverà, perché se è mio non ti darò mai il consenso per portarlo fuori dalla Spagna… sono stato chiaro?”
Annuisce intimorita dal mio gesto.
Allungo due dita sotto al mento perché deve capire bene le mie intenzioni, non sto scherzando.
“Tu tornerai a casa e sarà vicino alla mia, se non vuoi abitare con me ma ricordati che IO non rinuncerò a mio figlio perché TU devi rotolarti tra le lenzuola con Wakabayashi. Siamo intesi?”
 
Come se si risvegliasse dal torpore si alza di scatto.
“STAI ROVINANDO TUTTO!” mi grida sul viso.
“NO, TU HAI ROVINATO TUTTO, POTEVA ESSERE IL MOMENTO PIÚ FELICE DELLA NOSTRA VITA, INVECE SI È TRASFORMATO IN UN DISASTRO!”
Le trema il labbro, è sull’orlo di una crisi di pianto. Vedo le ginocchia piegarsi e poi cade seduta sul divano.
Indietreggio e faccio per uscire, non credo ci sia molto altro da aggiungere.
Un’ombra mi passa veloce accanto e corre verso di lei.
S’inginocchia e la culla. Sento un’improvvisa acidità salire alla bocca dello stomaco.
Mi volto e imbocco l’uscita prima di commettere un gesto irreparabile.
 
 
… due mesi dopo casa genitori Wakabayashi
 
 
Di nuovo a cena a casa dei genitori di Genzo e stavolta sono in estremo e profondo imbarazzo.
“Dobbiamo dirglielo, non possono sapere la cosa dai giornali.”
Dichiara il portiere poco prima di entrare.
“Aspettiamo che sia nato per favore!”
“Sanae, non posso permettere che mia madre lo venga a sapere dai giornali, inoltre potrebbero anche aiutarci con i giornalisti se intervistati.”
Nego vistosamente con la testa.
“Non sono pronta per tutto questo.”
Afferra le mani dentro le sue e ci fissiamo in volto.
“Non abbiamo molto tempo, inoltre non posso nascondere una cosa così grande ai miei genitori, cerca di capire: io ho un ottimo rapporto con loro, non voglio rovinarlo.”
Annuisco e torno a guardarmi i piedi.
Due dita mi sollevano il mento.
“Ehi, vedrai che mia madre capirà ok?”
Si china e mi bacia.
Proprio in quel preciso istante la porta si apre e noi ci voltiamo come due idioti quindicenni sorpresi dalla mamma sulla porta di casa.
“Ommioddio” cinguetta la madre di Genzo.
“Che tempismo mamma, complimenti” borbotta infastidito tirandomi dentro per un polso.
Prevedo una serata molto differente da quella delle altre volte.
“Buon – Buonasera” riesco a dire prima di ritrovarmi in sala senza il cappotto.
Inizio già a perdere i passaggi della serata… andiamo proprio bene.
Ma non è tutto, la madre mi cattura un braccio e trascina in cucina.
Mi volto terrorizzata a fissare il portiere, e con tutta tranquillità che fa? Mi saluta con la mano, come per dire… andate tanto d’accordo! Bene sbrigatela tu, visto che quando siete insieme sono la vostra vittima sacrificale.
TI ODIO formo sul labiale della bocca.
Per tutta risposta mi manda un bacio seguito da un TI AMO.
 
Lo voglio morto: adesso!
 
Ok, sono prigioniera e me ne rendo conto quando spalle all’isola della cucina iniziano le domande.
“Sanae, dimmi: ci sono novità vero?”
Annuisco. Afferrandomi le mani mi avvolge in un caldo abbraccio.
Per gli Dei, come farò a dirle del bambino.
Ok, una cosa alla volta.
“Ho lasciato mio marito” bisbiglio ancora avvolta dalle sue braccia.
Si distacca e mi afferra la spalle.
“Lo avevo detto già la prima volta che eravate troppo affiatati, a Genzo l’ho subito fatto capire che eri perfetta per lui… quindi state insieme?”
“Sì, stiamo insieme da circa due mesi.”
Sento sopraggiungere dei passi, mi volto e finalmente si è degnato di venire in mio soccorso mister simpatia.
“Mamma non intimorirla.”
La madre lo scaccia con un gesto della mano.
“Zitto tu! L’avevo detto io che eravate fatti l’uno per l’altro”.
Lo vedo rigirare gli occhi al cielo e dopo sbuffare un sorriso.
“Mamma tu non vedevi l’ora di vedermi accasato” il tono è leggermente canzonatorio.
“Noioso, va via e lasciami chiacchierare con la mia splendida nuora.”
“Ehi, piano piano, mamma, rilassati ok? Stai correndo decisamente troppo.”
“Ci sarebbe anche un’altra novità signora” intervengo così da smezzare subito tutti gli entusiasmi.
Inarca un sopracciglio e dopo aggrotta l’intera fronte.
Adesso lui è al mio fianco, cingendomi la vita e allontanandomi da sua madre sembra quasi che voglia proteggermi.
“Sanae è incinta!” E la butta lì senza nessuna esitazione.
La madre si porta le mani al volto così da tappare la bocca.
Chissà forse sta tentando di soffocare un gridolino di gioia.
“Mamma aspetta perché c’è un problema.”
Ecco: fine della felicità! Il suo volto si fa improvvisamente serio.
E tocca decisamente a me questa parte, visto che il ‘casino’ l’ho combinato io.
“Vede… purtroppo è accaduto tutto così improvvisamente che…” ma non riesco a finire.
“Mamma non sappiamo di chi sia il bambino” ed è così che lui, completa la frase per me.
Ci guarda un secondo smarrita, mentre le sue pupille rimbalzano dall’uno all’altra.
“Com-com’è possibile?”
Inizio a girare per la stanza in preda alla frenesia di spiegare quanto io sia idiota.
La madre non interviene mai durante il mio monologo.
Finalmente mi fermo e resto a fissarli imbambolata.
Genzo mi sorride teneramente.
Sento il respiro affannato tanta è stata la foga nello spiegare.
La madre prima scuote la testa dopo copre la distanza che ci separa e… mi avvolge in un caldo abbraccio.
“Non devi agitarti altrimenti farà male al bambino.”
Annuisco tra le sue braccia, e devo dire che in questo istante mi viene anche da piangere… e lo faccio.
Sembra incredibile, ma riesco a lasciarmi andare tra le braccia della madre di Genzo, anche perché mia madre non l’ha presa proprio bene.
Prima mi ha dato dell’incosciente, dopo della cretina; non che avesse tutti i torti.
Una grande mano mi scompiglia i capelli, la riconoscerei tra mille.
È il mio portiere.
“Ehi, non piangere non posso vederti così.”
Tiro su con il naso e discosto dalla madre.
“Scusate e che mi son lasciata andare. Sapete l’agitazione…”
La donna mi avvicina un palmo alla guancia.
“Sai certe volte sfogarsi e piangere non può che far bene, allenta tutte le tensioni… Bene: andiamo a tavola che tuo padre ci aspetta.”
Così si congeda da noi lasciandoci soli.
“Sono un disastro” mormoro abbracciata al suo petto.
“Un bellissimo disastro.”
 
A tavola l’argomento è stato esposto anche al padre.
All’inizio ha scosso la testa, ma dopo ha sorriso perché ha detto di non aver mai visto suo figlio così felice, e che per lui è questo quello che conta.
Tutto si può affrontare con l’amore, ha detto.
Mi rendo conto di quanto io stia bene in questa famiglia, sentendomi protetta e coccolata, forse non mi sono mai sentita così.
Forse la lontananza da casa, prima per il Brasile, dopo per la Spagna, chissà… non mi ero resa conto di quanto mi mancasse la mamma, o comunque una figura vicina della famiglia.
Osservo ancora Genzo scherzare con i genitori… e spero proprio che noi riusciremo a costruire un rapporto bello e sereno come lui dimostra avere con i suoi.
Confortati dalle persone che più in questo momento ci sono vicine torniamo più leggeri verso casa.
In famiglia lo sanno e lo hanno accettato. Non potevamo chiedere di più.
   
 
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