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Autore: varietyofdreams    27/07/2016    0 recensioni
Polonia, 1942. L'unico modo per sentirsi liberi nella schiavitù è non negare sé stessi.
Anche se sei tedesco; anche se sei innamorato di un ragazzo polacco.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Olocausto
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Mi rigiro nel letto, tirandomi le coperte fin sopra i capelli. Provo a fare una smorfia per fermare le lacrime in arrivo ma non ci riesco. La pelle del viso tira come se fossi appena uscito da un bagno in mare lungo ore.
Non so quanto tempo sia passato da quando mi hanno fatto rivelare l’indirizzo di Dawid. So solo che da allora mi sembra che il cuore si sia fermato. Ogni tanto mi accorgo che non sto respirando e allora mi convinco di dover fare un sospiro profondo. Devo sopravvivere, per rivederlo, prima o poi.
Sempre che non sia già morto.
Dio, Dio, no. Non può essere morto. Come potrei vivere senza di lui? E’ del tutto assurdo.
Mi rigiro di nuovo. Non ce la faccio. Mi fa male lo stomaco, non riesco a prendere sonno. Nelle storie d’amore che si leggono nei libri non succede così. Uno dei due amanti si sacrifica per l’altro, per salvargli la vita. Io non ho avuto questo coraggio. Perché?
Sono anni ormai che sto insieme a lui. E sono diversi mesi che so che prima o poi, sarebbe finita così. Ma nel mio ideale, lui sopravvive perché io riesco a salvare entrambi. E invece eccomi qui, a cercare di cambiare un destino ormai segnato.
Mi mordo un labbro, cercando di non scoppiare in singhiozzi. Ogni sforzo è vano: come un bambino, mi rannicchio sotto le coperte e piango a calde lacrime, singhiozzando forte.
Se ci fosse Dawid mi abbraccerebbe, dicendomi che finirà tutto, che fra noi è un ‘per sempre’. Non ci saranno più tedeschi cattivi. E io appoggerei la testa nell’incavo del suo collo, accarezzando i suoi capelli lunghi e scuri, e lascerei il tempo mi faccia passare lo sconforto. Ci stenderemmo sul divano, abbracciati e ci addormenteremmo sicuri della presenza dell’altro.
Ma Dawid non è qui.
E io sono solo, stringendo al petto il cuscino ancora impregnato dell’odore del suo dopobarba.
Mi metto supino, allargo le braccia e lascio il cuscino di Dawid sul mio petto. Non c’è niente da dire, il countdown è terminato e il missile a cui è legato il filo che intreccia il destino di Dawid al mio è partito, lontano. Sta srotolando tutta la treccia. Ma si fermerà prima o poi, al nodo iniziale.
 
«Scusami, Dawid... per tutto.»
   
 
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